Il pugile - parte 2

di
genere
tradimenti

Passai tutta la giornata a ripetermi che sarebbe stato solo un aperitivo, una cosa tranquillissima e che non avevo nessuna ragione di agitarmi. Ma qualcosa in fondo mi diceva che non sarebbe stato semplicemente l’incontro fra un pugile 22enne e la sua ex maestra. Era l’incontro fra due persone che si erano conosciute su una chat come Badoo, dove spesso le quattro chiacchiere degenerano in ben altro. Cercavo comunque di non pensarci e di affrontare tutte le commissioni che avrei dovuto fare. Andai a pranzo a casa dei miei dove mi trattenni tutto il pomeriggio. Passai il tempo rovistando dentro l’armadio, cercando qualcosa, fra i miei vecchi abiti, che mi stesse ancora bene e che magari avrei potuto mettere quella sera in cui, nonostante fossimo nemmeno a maggio, faceva già un bel caldo. Alla fine decisi per una canottiera nera e un paio di pantaloni di lino comodi, ma allo stesso tempo leggeri e sexy. Telefonai a mio marito, omettendo i miei piani per la serata e salutai i miei bambini. Poi si fece l’ora di scendere e aspettare che Kevin mi venisse a prendere.
Si presentò puntualissimo con il suo scooter, ci scambiammo un bacio leggero sulla guancia e salii dietro di lui. Nello stringermi a lui fu una sensazione stranissima: era come se stessi abbracciando una statua di marmo: i suoi muscoli erano durissimi ed era una sensazione che non avevo mai sentito prima in vita mia. Mi portò in un bar, dalle sue parti. Non era una zona tranquillissima, ma capii che lì lui era rispettato da tutti come fosse il capo. Chiacchierammo un po’, ma mentre parlavamo io osservavo i suoi tatuaggi e i suoi lineamenti, chiedendomi cosa fosse rimasto del bambino di tanti anni prima e rispondendomi che aveva ceduto il passo a un giovane uomo. Lui, da parte sua era bellissimo, con una camicia leggermente sbottonata e uno sguardo impossibile da evitare. E sentivo quel suo sguardo fissarmi, scutarmi, quasi accarezzarmi il collo, le braccia, le spalle, la scollatura della mia canottiera. “Ti devo confessare che da bambino avevo una cotta per te, lo sai? Ma ora sei ancora più bella e attraente”, mi disse accarezzandomi le mani. Penso di essere diventata rossa come un peperone farfugliando solo qualcosa. “Dai, Kevin, mi metti in imbarazzo così” e nel frattempo sentivo la sua mano che mi accarezzava i fianchi. “Penso che ora sia il momento di andare, dai”. Annuì e mi fece nuovamente salire sullo scooter, dietro di lui, con le mie mani sul suo petto. Questa volta però il tragitto fu più breve e diverso. Ci eravamo fermati a un paio di isolati da lì, e riconobbi casa sua. Non riuscii a muovere alcuna obiezione, perché appena scesi dallo scooter mi cinse con le sue mani e mi baciò. Io accennai un moto di resistenza, mi sembrava di riscivolare in un’esperienza del passato che avevo deciso di seppellire. E poi era solo un ragazzino, anche se il suo essere uomo mi stava travolgendo. Quasi mi trascinò attraverso il cancello di casa sua e mi ritrovai a baciare in modo osceno un ragazzino di 22 anni le cui mani mi perlustravano senza alcuno scrupolo. “Ti prego, basta adesso”. Come dissi queste parole si bloccò, ma lo fece solo per aprire la porta di casa e lasciarmi entrare. Io, contrariamente a ogni logica e a ogni mio proposito, lo seguii dentro casa sua.
In un attimo mi trovai schiacciata tra il mio giovane energumeno e la parete di casa sua, la sua bocca sul mio collo. Sentivo i suoi baci, i suoi morsi. Sentivo il suo cazzo, duro ed evidentissimo premere sui miei pantaloni sottilissimi. Le sue mani mi stringevano le tette, le misuravano, le facevano sue. Io ormai avevo abbandonato ogni raziocinio, perdendo ogni contatto con il mondo reale. “Meglio che smettiamo dai”, gli dissi senza poi tanta convinzione. “No, mae’ non hai capito: io ti voglio e ora qui comando io”, mi rispose con un ghigno mentre afferrato il mio braccio portava la mia mano sul suo cazzo. Ho sempre subito il fascino dell’uomo deciso e questo modo di fare non fece altro che farmi perdere ulteriormente i miei freni inibitori. Quindi fu così che strinsi fra le mie dita il suo cazzo, che sentivo caldo e durissimo e mentre la sua bocca succhiava la mia lingua io piano piano lo segavo. “Adesso tu ti inginocchi e me lo prendi in bocca, hai capito, mae’?”. Lo guardai dritto negli occhi e senza dire una parola mi abbassai, inginocchiandomi. Iniziai lentamente a leccarlo, dallo scroto fino alla punta. Il suo sapore era inebriante. I suoi modi da animale mi stavano facendo diventare un’altra. E fu quest’altra me, non la madre di famiglia, e prendere il suo grosso cazzo in bocca fino a sentirsi soffocare. Lui più passava il tempo e più diventava una bestia e come tale iniziò a scoparmi la bocca tenendomi la testa. I suoi grugniti non erano umani. Io da parte mia ci mettevo tutto il mio impegno per prenderlo in bocca il più possibile e per succhiarlo e assecondare i suoi istinti. Non so dire quanto durò, forse un’eternità o pochi minuti. Quello che ricordo meglio è il calore che mi riempì la bocca all’improvviso, denso e di un sapore mai sentito prima. Mi sforzai di ingoiare, ma una parte cospicua del suo seme uscì dalla mia bocca. Lui la raccolse con le dita e me la spalmò, come fosse una crema, sui seni.

(Continua)

alice.dt79@gmail.com
scritto il
2018-12-28
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