Deja-vu. 2di3
di
Ylgr
genere
pulp
Ripose il quotidiano sul tavolino del bar dopo averlo ripiegato con cura.
Lo osservò a lungo prima di toccarne un angolo con le dita, ad allineare i fogli con i tovaglioli di carta.
Si alzò e fece per voltarsi in direzione della cassa, ma esitò.
La tazzina non andava.
La fece ruotare sul piattino, fino a far risultare il manico parallelo alla linea tracciata col giornale e con i tovaglioli.
Così sarebbe andato bene.
Pagata la consumazione, uscì fuori dal bar.
Infilò i guanti e, un passo dopo l'altro, si perse, tra la folla.
La stessa folla che da bambino aveva evitato, osservandola da lontano, ora lo faceva sentire al sicuro, celato, cullato come dentro l'utero materno.
Frammenti di frasi giunsero alle sue orecchie.
Parlavano di compiti non eseguiti, i più giovani, si lamentavano di un lavoro non gradito, i più adulti.
Sempre così.
Anche quando lui era poco più che un bambino, pensavano solo al gioco.
Mai all'impegnarsi.
Alcuni, pochi, parlavano di quello che era capitato la notte precedente.
Non si sentì orgoglioso, della cosa, l'orgoglio è per chi si esalta quando vince il premio per l'impiegato dell'anno.
Lui era un professionista, qualsiasi cosa facesse.
E i professionisti non hanno premi, hanno standard.
Però Willy Pete, gli piaceva, come nome.
Breve, conciso, efficace.
Per un istante, un solo istante, lo immaginò sulla targhetta presente sulla sua scrivania e sorrise, come tantissime persone presenti tra la folla.
Aveva già controllato la zona, nei giorni precedenti ma, per sicurezza, si guardò con disinvoltura attorno, in cerca di telecamere.
Sfilò la mano dalla tasca ed infilò, senza quasi rallentare il passo, la lettera nella cassetta rossa.
Aveva atteso di proposito le festività, per compiere quel passo.
Il suo, personalissimo, regalo.
Non sapeva il perché, ma sentiva di doverlo fare.
Non sapere qualcosa lo aveva sempre indispettito.
Non sapere, implica l'assenza di controllo.
E senza controllo, c'è solo il caos.
Malgrado avesse allungato il tragitto per arrivare in ufficio, arrivò comunque prima dei colleghi.
La cosa non lo fece stupire.
Contattò telefonicamente i clienti, controllò le mail, tutto esattamente come tutti i giorni che avevano preceduto quello.
Nel pomeriggio avrebbe accompagnato una coppia a visitare alcuni appartamenti in centro.
Assunse il Modafinil a metà mattinata, proprio mentre il briefing, in stazione, si stava chiudendo.
L'identità della vittima era stata confermata.
Ancora una volta, nessun contatto con le precedenti vittime, nessuna frequentazione comune.
Fu riferito loro, dal superiore, che nei prossimi giorni il personale che si dedicava al caso avrebbe potuto contare sull'aiuto di alcuni profiler e altri cervelloni.
E che il suo culo rischiava di saltare.
Seduta sulla sedia, ascoltò con interesse nonostante per la maggior parte del tempo tenne lo sguardo sulla propria mano sinistra.
L'uomo seduto alla sua destra le sussurrò qualcosa, ma non colse il senso delle parole e, sollevato che ebbe lo sguardo, gli rivolse un'occhiata interrogativa.
Devo parlarti.
Questa volta, capì.
Non rispose, però.
Almeno, non lo fece con le parole.
Annuì, dopo aver riportato lo sguardo sul superiore.
Quando finì la riunione, aspettò qualche minuto prima di recarsi nei parcheggi.
Lo trovò già li, la sigaretta tra le dita.
Non lo salutò, ma si poggiò in silenzio accanto a lui.
Quando le passò la sigaretta, la prese in maniera quasi meccanica.
Continuava a pensare a quel qualcosa che le sfuggiva.
Che sfuggiva a tutti loro.
Doveva esserci per forza, qualcosa.
Fece un nuovo tiro, prima di ripassare la sigaretta.
Notò l'anello all'anulare dell'uomo.
Lo portava anche lui, quel giorno.
-Mia moglie lo sa.
Quattro parole. Soltanto quattro parole.
Era inevitabile.
Prima o poi uno dei due avrebbe dovuto fare un passo indietro, o sarebbe accaduto quello che stava accadendo.
-E?
Fece cenno con la mano in direzione della sigaretta, dopo averlo invitato a continuare.
-E dovrò andare via di casa, per un pezzo nel migliore dei casi. Per sempre se non le passa. Ha visto i tuoi messaggi. I nostri messaggi. Mi spiace ma
Non gli lasciò finire la frase, cogliendolo di sorpresa e in parte cogliendosi di sorpresa, con quel bacio.
Fosse uscito qualcuno, in quel momento, avrebbero dovuto spiegare la cosa.
Certe cose, tra colleghi, non son tollerate.
Certe cose, tra colleghi sposati, sono ancor meno tollerate.
Non se fatte alla luce del sole, anche quando si tratta del segreto di Pulcinella.
Si scostò a malincuore e cercò di sorridergli.
Era andata avanti per mesi e, di punto in bianco, sarebbe dovuta finire.
Le spiacque.
Soltanto dopo, seduta alla sua scrivania, si rese conto dei guai che avrebbe passato lui.
Le spiacque ancora di più.
Cenarono parlando del più e del meno e, a differenza del solito, suo marito s'interessò della sua giornata lavorativa.
Gli raccontò dell'espressione che aveva il superiore e gli propose la sua imitazione. Ci provò, a farlo ridere, e ci riuscì.
Quella notte, a letto, stesa sotto suo marito, lo fissò in volto per tutto il rapporto.
Qualcosa le sfuggiva.
Qualcosa non quadrava.
Sollevato sulle braccia, si muoveva su di lei, il bacino contro il suo con quella che le sembrava rabbia.
Non c'era dolcezza.
Gli chiese di far piano. Almeno un po'.
Non lo fece.
I baci divennero morsi.
Quelle che di solito erano carezze, si tramutarono in graffi, in morse dolorose.
Le posò la mano sulla gola e, sebbene non strinse, lei capì.
Cercò di lasciarsi andare, di far finta fosse solo un suo sospetto, dovuto alla coscienza sporca.
Non funzionò.
Uno schiaffo, uno solo, le provocò bruciore sulla guancia colpita.
Si sforzò e, anche se a fatica, sostenne il suo sguardo.
La chiamò troia, quando raggiunse l'orgasmo dentro lei.
Non ci fu bisogno le dicesse nulla.
Aveva capito.
Si alzò e, al buio, si mosse per la camera da letto per andare in bagno.
Chiuse la porta alle sue spalle e si lasciò scivolare, schiena contro l'uscio, fino a finir seduta a terra.
Non pianse, ma avrebbe voluto farlo.
Nuda, al buio, sollevò le ginocchia stringendole al petto con entrambe le braccia.
Quella notte, la sua vita coniugale si era probabilmente conclusa.
La sua relazione extraconiugale era finita quel giorno.
Era un bel casino. Di sicuro, una giornata di merda.
Ma riuscì a visualizzare quello che le era sfuggito per un pezzo.
Una piccola scintilla.
Lui avrebbe dovuto lasciare casa, fino a che la moglie non l'avrebbe perdonato.
Gli studenti e le studentesse fuori sede.
L'operaio.
La commessa.
Il pompiere.
Tutti gli altri.
L'indomani avrebbe controllato.
Quella notte, però, avrebbe dovuto raccogliere i cocci.
Lo osservò a lungo prima di toccarne un angolo con le dita, ad allineare i fogli con i tovaglioli di carta.
Si alzò e fece per voltarsi in direzione della cassa, ma esitò.
La tazzina non andava.
La fece ruotare sul piattino, fino a far risultare il manico parallelo alla linea tracciata col giornale e con i tovaglioli.
Così sarebbe andato bene.
Pagata la consumazione, uscì fuori dal bar.
Infilò i guanti e, un passo dopo l'altro, si perse, tra la folla.
La stessa folla che da bambino aveva evitato, osservandola da lontano, ora lo faceva sentire al sicuro, celato, cullato come dentro l'utero materno.
Frammenti di frasi giunsero alle sue orecchie.
Parlavano di compiti non eseguiti, i più giovani, si lamentavano di un lavoro non gradito, i più adulti.
Sempre così.
Anche quando lui era poco più che un bambino, pensavano solo al gioco.
Mai all'impegnarsi.
Alcuni, pochi, parlavano di quello che era capitato la notte precedente.
Non si sentì orgoglioso, della cosa, l'orgoglio è per chi si esalta quando vince il premio per l'impiegato dell'anno.
Lui era un professionista, qualsiasi cosa facesse.
E i professionisti non hanno premi, hanno standard.
Però Willy Pete, gli piaceva, come nome.
Breve, conciso, efficace.
Per un istante, un solo istante, lo immaginò sulla targhetta presente sulla sua scrivania e sorrise, come tantissime persone presenti tra la folla.
Aveva già controllato la zona, nei giorni precedenti ma, per sicurezza, si guardò con disinvoltura attorno, in cerca di telecamere.
Sfilò la mano dalla tasca ed infilò, senza quasi rallentare il passo, la lettera nella cassetta rossa.
Aveva atteso di proposito le festività, per compiere quel passo.
Il suo, personalissimo, regalo.
Non sapeva il perché, ma sentiva di doverlo fare.
Non sapere qualcosa lo aveva sempre indispettito.
Non sapere, implica l'assenza di controllo.
E senza controllo, c'è solo il caos.
Malgrado avesse allungato il tragitto per arrivare in ufficio, arrivò comunque prima dei colleghi.
La cosa non lo fece stupire.
Contattò telefonicamente i clienti, controllò le mail, tutto esattamente come tutti i giorni che avevano preceduto quello.
Nel pomeriggio avrebbe accompagnato una coppia a visitare alcuni appartamenti in centro.
Assunse il Modafinil a metà mattinata, proprio mentre il briefing, in stazione, si stava chiudendo.
L'identità della vittima era stata confermata.
Ancora una volta, nessun contatto con le precedenti vittime, nessuna frequentazione comune.
Fu riferito loro, dal superiore, che nei prossimi giorni il personale che si dedicava al caso avrebbe potuto contare sull'aiuto di alcuni profiler e altri cervelloni.
E che il suo culo rischiava di saltare.
Seduta sulla sedia, ascoltò con interesse nonostante per la maggior parte del tempo tenne lo sguardo sulla propria mano sinistra.
L'uomo seduto alla sua destra le sussurrò qualcosa, ma non colse il senso delle parole e, sollevato che ebbe lo sguardo, gli rivolse un'occhiata interrogativa.
Devo parlarti.
Questa volta, capì.
Non rispose, però.
Almeno, non lo fece con le parole.
Annuì, dopo aver riportato lo sguardo sul superiore.
Quando finì la riunione, aspettò qualche minuto prima di recarsi nei parcheggi.
Lo trovò già li, la sigaretta tra le dita.
Non lo salutò, ma si poggiò in silenzio accanto a lui.
Quando le passò la sigaretta, la prese in maniera quasi meccanica.
Continuava a pensare a quel qualcosa che le sfuggiva.
Che sfuggiva a tutti loro.
Doveva esserci per forza, qualcosa.
Fece un nuovo tiro, prima di ripassare la sigaretta.
Notò l'anello all'anulare dell'uomo.
Lo portava anche lui, quel giorno.
-Mia moglie lo sa.
Quattro parole. Soltanto quattro parole.
Era inevitabile.
Prima o poi uno dei due avrebbe dovuto fare un passo indietro, o sarebbe accaduto quello che stava accadendo.
-E?
Fece cenno con la mano in direzione della sigaretta, dopo averlo invitato a continuare.
-E dovrò andare via di casa, per un pezzo nel migliore dei casi. Per sempre se non le passa. Ha visto i tuoi messaggi. I nostri messaggi. Mi spiace ma
Non gli lasciò finire la frase, cogliendolo di sorpresa e in parte cogliendosi di sorpresa, con quel bacio.
Fosse uscito qualcuno, in quel momento, avrebbero dovuto spiegare la cosa.
Certe cose, tra colleghi, non son tollerate.
Certe cose, tra colleghi sposati, sono ancor meno tollerate.
Non se fatte alla luce del sole, anche quando si tratta del segreto di Pulcinella.
Si scostò a malincuore e cercò di sorridergli.
Era andata avanti per mesi e, di punto in bianco, sarebbe dovuta finire.
Le spiacque.
Soltanto dopo, seduta alla sua scrivania, si rese conto dei guai che avrebbe passato lui.
Le spiacque ancora di più.
Cenarono parlando del più e del meno e, a differenza del solito, suo marito s'interessò della sua giornata lavorativa.
Gli raccontò dell'espressione che aveva il superiore e gli propose la sua imitazione. Ci provò, a farlo ridere, e ci riuscì.
Quella notte, a letto, stesa sotto suo marito, lo fissò in volto per tutto il rapporto.
Qualcosa le sfuggiva.
Qualcosa non quadrava.
Sollevato sulle braccia, si muoveva su di lei, il bacino contro il suo con quella che le sembrava rabbia.
Non c'era dolcezza.
Gli chiese di far piano. Almeno un po'.
Non lo fece.
I baci divennero morsi.
Quelle che di solito erano carezze, si tramutarono in graffi, in morse dolorose.
Le posò la mano sulla gola e, sebbene non strinse, lei capì.
Cercò di lasciarsi andare, di far finta fosse solo un suo sospetto, dovuto alla coscienza sporca.
Non funzionò.
Uno schiaffo, uno solo, le provocò bruciore sulla guancia colpita.
Si sforzò e, anche se a fatica, sostenne il suo sguardo.
La chiamò troia, quando raggiunse l'orgasmo dentro lei.
Non ci fu bisogno le dicesse nulla.
Aveva capito.
Si alzò e, al buio, si mosse per la camera da letto per andare in bagno.
Chiuse la porta alle sue spalle e si lasciò scivolare, schiena contro l'uscio, fino a finir seduta a terra.
Non pianse, ma avrebbe voluto farlo.
Nuda, al buio, sollevò le ginocchia stringendole al petto con entrambe le braccia.
Quella notte, la sua vita coniugale si era probabilmente conclusa.
La sua relazione extraconiugale era finita quel giorno.
Era un bel casino. Di sicuro, una giornata di merda.
Ma riuscì a visualizzare quello che le era sfuggito per un pezzo.
Una piccola scintilla.
Lui avrebbe dovuto lasciare casa, fino a che la moglie non l'avrebbe perdonato.
Gli studenti e le studentesse fuori sede.
L'operaio.
La commessa.
Il pompiere.
Tutti gli altri.
L'indomani avrebbe controllato.
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