La conquista

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La conquista

Conoscevo Alessandra da qualche mese ormai, una bella transessuale colombiana, alta e magra magra, fisico asciutto e pelle liscia. Mora e con un cazzetto lungo e dritto, sempre vispo, che adorava farselo succhiare.
Rimorchiata in un bar di Roma, in pieno giorno, è bastato pagare un caffè e mi ero fatta un’amica nuova, che fa sempre bene avere qualche amichetta con cui divertirsi…dal divertirsi a stare assieme c’è voluto poco, con quel carattere volitivo e passionale, una forza della natura sempre in movimento.

Il suo era un carattere dominante, era chiaro, si vedeva dal trasporto con cui mi teneva la testa bloccata sul cazzo, o quando voleva per forza restituirmi tutto, cm su cm, se per caso l’avevo montata a sangue un attimo prima. Rimaneva sempre solare e giocosa, ma se voleva qualcosa potevi stare sicuro che l’avrebbe ottenuta.

Già dopo un mese mi chiese di provare senza condom. Era solo il primo passo, ma io avevo paura, non si sa mai, sulla salute non si scherza. Lo chiese di nuovo, e poi di nuovo. E poi provò a farsi scopare senza, e poi provò ad appoggiarmelo, e di nuovo e di nuovo. Io non volevo, ma lei si.

Poi una sera andammo a cena, scegliemmo una pizzeria lontano da casa, lei si vestì sexy per mettermi subito in imbarazzo, jeans attillati, top e pancia scoperta. Già soltanto in macchina non aveva fatto altro che toccarmi, in pizzeria mi torturò incessantemente massaggiandomi il cazzo con il piede e spedendomi messaggi pornografici su whatsapp. Era carica, lanciatissima, ed io avevo rischiato di sborrarmi nei pantaloni già un paio di volte, e le mutande fradicie. A quel punto era chiaro che dovevamo scopare di brutto quella sera; paghiamo e guido di corsa verso casa sua, mentre mi ingoia il pisello fino in gola, succhiando avidamente e massaggiandomi le palle. Continuò senza sosta a spompinarmi anche mentre rollavo uno spinello, innervosito perché ansioso di spaccare quel culetto caldo, ma anche confuso dallo stato costante di eccitazione e privazione a cui mi stava sottoponendo da più di un ora.

Non ci pensai in quel momento, faceva parte del piano, ero sotto assedio: senza scorte, indebolito, e il dubbio che comincia a serpeggiare tra le truppe.
La canna fu un colpo di catapulta, un masso che si abbatte sulle mura, che apre un varco, tanta polvere e la luce che filtra tra le macerie; la vista annebbiata, la testa ovattata, la sensazione di calore che si spande lentamente nel corpo, e i brividi che diventano sferzate di piacere quasi dolorose, un piacere diverso, animale, di liberazione. L’invasione era iniziata, i soldati nemici entravano a flusso continuo, abbattendo una ad una le difese del castello, miravano alla torre più alta; ed io che dall’alto osservavo gli eventi, divertito e preoccupato, col ghigno spensierato di chi non sa a cosa sta andando incontro.

Mi dice “andiamo di là”, e mi accompagna tenendomi per mano fino in camera da letto, è dolce ed io sono lentissimo, mi spoglia nudo e mi fa mettere a pecora al centro del letto. La sento muoversi lentamente, si avvicina da dietro, e mi apre le natiche con le mani; lo sfintere si dilata quel poco da far passare un po’ d’aria, è un pizzico freddo lungo la spina dorsale, e un istante dopo una lingua umida mi esplora la carne, spingendo la punta a più a fondo possibile. Ero senza parole, trattenevo il respiro mentre mi sembrava che venissi violato morbidamente a ciclo continuo, sentivo il cazzo pulsare dolorosamente, come se ci fosse un pulsante nel mio ano che lo azionasse, e lei lo stesse spingendo con furia. Avevo i soldati alle porte della torre maestra, battevano sul legno con spade ed asce, io cominciavo a colare, e trattenevo il respiro troppo a lungo, tremando alla fine di piacere.

E via all’attacco, la sento che si allontana lentamente, prende il lubrificante e comincia a massaggiarmi lo sfintere e spingendo dentro il gel freddo, mentre mi massaggia il cazzo che ormai mi sta facendo male. Si alza e appoggia la cappella bollente sul buco appena lubrificato: è senza profilattico. Dico no, mi ritraggo leggermente, lei mi trattiene con dolcezza e spinge delicata mezzo centimetro in più. Dico no, con flebile voce, sono ad un passo dal cedere, vicino a lasciarmi andare, ma mi riprendo e dico no, ancora, non mi va.

Lei non si scompone, si allontana, scende dal letto e fa il giro per mettermisi davanti, con il cazzo puntato in faccia: un bel bastoncino circonciso, duro e leggermente curvo, facile a entrare ma senza pietà quando arriva in fondo. Mi guarda senza dire niente, io ancora a pecora, con la testa piegata in alto per guardarla a mia volta, ma non reggo il peso di quello sguardo e dopo pochi secondi mi ritrovo a guardare la sua cappella gonfia pulsarmi davanti agli occhi. “Apri”, mi dice dall’alto, io ci rifletto ma lentamente apro la bocca, lei mi prende la testa con due mani e con un colpo secco mi pianta il cazzo fino gola.
Lo tira fuori e… bum! Dritto in gola, secca e decisa come se stesse scopando una fica bagnata. Bum! Ancora, sussulto per il contraccolpo, mi toglie l’aria, mi lancia nell’oblio per un secondo e come riemergo... BUM! Ancora. BUM! Di nuovo. BUM! Ancora… e comincia a montarmi in bocca con rabbia. Un ariete contro il cancello, la torre è presa, il Re è in pericolo.

Quando si ferma riprendo il respiro e non so chi sono. Lei mi tira su il mento e me lo chiede, io prima sgrano gli occhi, ho il battito alle stelle, poi abbasso lo sguardo. “La tua troia”, sussurro.

La sala maestra è ora gremita dei soldati avversari, la battaglia è stata feroce, ma il trono ancora non è stato preso. Quindi senza parlare mi fa spostare più verso il muro, le braccia sulla testiera del letto, in ginocchio a gambe spalancate, il cazzo che gronda piacere e il culo in basso. Appoggia di nuovo la cappella bollente, senza la timidezza della prima volta, ma deciso, pronto a entrare. Mi prende il collo con una mano, da dietro, e comincia a entrare, aprirmi la carne, violare. Sento il cazzo come non l’avevo mai provato, in alta definizione, immaginare con dettaglio la cappella che si fa strada, sento la sua tensione in tutto il corpo, bloccato dal collo e tremante nello sforzo di spingermi il bastone fino al cervello, non si ferma e guadagna cm dopo cm, ogni tanto si ritrae e ritorna più in profondità, e comincia ad andare più veloce, più sicura di se, più padrona del mio corpo.
Vuole una vittoria esemplare, vuole il Re decapitato, e ormai è in delirio di forza, mi spinge e mi sbatte con tutto il corpo, ogni colpo mi sposta più verso il muro, colpo su colpo si avvicina e sento il calore della sua fatica, il respiro umido sul collo, le tette dure che si schiacciano sulla schiena, e ormai sono contro il muro, tra l’incudine e il martello, mi lecca selvaggiamente l’orecchio mentre mi monta come una vacca ansimando e respirando a fatica e preso a pugni dal piacere e poi di colpo si contrae come un arco e serra la presa brutale ed esplode e sborra violentemente; mi sbatte la testa al muro durante gli spasmi e mi sento inondare del liquido caldo, mi sembra di gonfiarmi tanto più quanti fiotti di sborra mi vengono schizzati direttamente nel culo. Si rilassa e si lascia andare ad un profondo sospiro, scivola via dandomi un bacio e si stende vicino a me.

Il Re è morto, la sua testa esposta in piazza a pubblico monito. Ora lei è la Regina, inchinatevi.
scritto il
2019-04-13
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