Realtà e fantasia

di
genere
gay

Questa è una storia: Prima parte la realtà, seconda parte la fantasia che avrei voluto si realizzasse.

Ho 71 anni e la storia avvenne quando avevo appena compiuto i miei primi 18 anni
PRIMA PARTE – STORIA VERA
Ma iniziamo dal principio.
Frequentavo la 4° superiore e dopo tre anni di promozioni e buoni voti ed il quarto che si stava chiudendo ancora bene, chiesi ai miei come premio per il mio impegno, di poter andare in vacanza al mare: da solo! Nonostante che a quei tempi, (felici e di boom economico) i miei fossero abbastanza poveri, avevano fatto molti sacrifici per poter soddisfare la mia richiesta ed aiutati dai miei nonni, riuscirono a mettere da parte un piccolo gruzzoletto per potermi far felice ed andare in vacanza da solo.
Sapevo di una pensione a Rivabella che era economica ma buona e dove si mangiava bene, me l’avevano detto alcuni amici di scuola. Appena finita la scuola e saputi i risultati, non stavo più nella pelle, telefonai al proprietario dell’alberghetto per prenotare una settimana da lui. Purtroppo, anche se il costo era decisamente abbordabile per tanti, per il mio gruzzoletto non era ancora a portata! Ci rimasi talmente male che mi azzittii al telefono, tanto che il proprietario dell’albergo se ne accorse e mi propose una cosa per venirmi incontro: dividere la stanza con un altro ospite. Non avevo mai diviso la camera con uno sconosciuto e tentennai non poco ma la voglia di mare, di nuove avventure, di sentirmi più adulto di quanto fossi, mi convinsero ad accettare.
Avevo accettato senza neanche sapere con chi avrei diviso la stanza! Avrebbe potuto essere un anziano (come lo sono adesso) un mostro, uno sconsiderato e non so cosa altro poter pensare, ma tant’è, avevo accettato!
Arrivò il giorno della partenza! Ero eccitatissimo. I miei mi fecero centomila raccomandazioni, di stare attento, di non fidarmi di nessuno, di badare a quanto avrei speso e soprattutto di telefonare appena arrivato (allora non c’era il cellulare) ed ogni due giorni!
Presi il treno (non certo il freccia rossa) uno che faceva tutte e dico tutte le fermate da Bologna in giù! Arrivai a Rimini stanco ma eccitatissimo! Per andare a Rivabella (poco distante con l’auto) dovetti prendere un calesse che costava molto meno allora, dividendolo con altre tre persone che si recavano poco più in là di Rivabella (Viserba). Fu anche bello; guardavo il mare alla mia destra mentre percorrevamo la strada litoranea. Passammo sopra il ponte che scavalca il porto canale poi lungo una strada con a destra e sinistra gli alberi e le innumerevoli pensioni, hotel e piccole case che la costeggiavano.
Finalmente arrivammo! Allora Rivabella non era altro che un piccolissimo paese con poche case, piccole e basse, qualche alberghetto ed una spiaggia che si trovata giù di una scarpata di cemento fatta per proteggere la strada litoranea dalle onde marine e una spiaggia che si stava formando grazie agli scogli messi in quantità industriale, un cinema scoperto un lattaio, un benzinaio e poche tende, quelle rettangolari che un bagnino anziano e tutto rugoso per il sole preso tutta la vita, spostava seguendo il sole.
Quando mi presentai all’albergo, una gentile signora (scoprii dopo che era la moglie del proprietario) mi ricevette con tanta cortesia, allegria, tipiche dei romagnoli e mi disse che la mia camera era la 24 al secondo piano. Mi disse che il mio “coinquilino” era già arrivato.
Presi la mia borsa con dentro tutto l’occorrente (mia mamma mi avrebbe dato un baule pieno di vestiti, magliette, scarpe eccetera), ma io avevo vinto la battaglia e mi ero portato 4 magliette, un pantalone lungo oltre quello che avevo addosso e un paio di scarpe ed uno di sandali. Ero al mare, mica in America!
Salii le scale con tanta emozione, la mia prima volta da solo! Mi sentivo grande, indipendente ma ero un ragazzo che non era mai stato prima da solo, che avrebbe dovuto finire la scuola e fare ancora la naja ed inoltre, ai miei tempi, la maggior età si raggiungeva ai ventun anni.
Infilai la chiave nella toppa e…non girava! Già avevo dimenticato che il mio coinquilino era già arrivato! Chissà com’era? Quanti anni avrà avuto? Sarebbe stato gentile con me o mi avrebbe trattato da moccioso? Quante domande! La risposta arrivò immediata.
sentii distintamente che era una voce giovane. Entrai piano piano, quasi entrassi in una chiesa….
il mio coinquilino mi accoglieva con molta simpatia e gentilezza. Meno male pensai immediatamente. Risposi educatamente dicendogli il mio nome.
rispose lui.
Il tuo letto è quello li a sinistra, io ho preso questo a destra, ti dispiace? L’armadio dove puoi mettere le tue cose è quello lì, il bagno è nel corridoio, l’ultima stanza a destra. (allora i bagni negli alberghi erano fuori, nella stanza non c’erano, erano un lusso per gli hotel a tante stelle)
Lo guardai veramente ora per la prima volta. Era giovane! Dopo essermi presentato, gli chiesi l’età. Mi rispose che aveva 23 anni e mentre riponevo tutto nell’armadio (mia madre mi aveva raccomandato di appendere i pantaloni) mi disse che era rimasto orfano di padre due anni prima e che aveva dovuto farne le sue veci in famiglia. Ora per mantenerla faceva il tassista (professione del padre che gli aveva lasciato la vettura e la licenza). Abitava e lavorava a Milano, zona Niguarda.
Meno male, pensai, almeno non è un anziano ed oltre tutto era anche un bellissimo ragazzo! Alto più o meno un metro e 80, peso circa 75 kg, occhi chiari come i capelli anche se non biondi. Pettorali pronunciati (mi disse poi che faceva nuoto), vita stretta, piedi ben curati (era a piedi nudi in quel momento ed in slip -i boxer allora ancora non si usavano siamo nel 1966- ).
Erano ormai quale le 13 ed a quell’ora si andava a pranzo giù nella sala apposita. Vieni, mi disse andiamo a pranzo, vedrai, qui si mangia bene ed abbondantemente. Scendemmo le scale e lui mi mise un braccio intorno alle spalle e mi portò al nostro tavolo, quello contraddistinto dal numero 24, come la camera.
Ci sedemmo e lui mi chiese se bevessi vino. Gli dissi che ero astemio. Allora ordinò un quartino per lui di bianco e per me c’era la brocca dell’acqua già sulla tavola, con dentro qualche cubetto di ghiaccio (eravamo a luglio e faceva parecchio caldo). Mangiammo lasagne, pesce fritto e per finire una pesca (che ai giorni attuali potremmo definire gigantesca) che aveva un sapore fantastico. Inoltre, dato che era domenica anche una coppetta di gelato! Tombola! Allora ero molto magro ma mangiare tutta quella roba insieme rarissimamente l’avevo fatto! Sarei certamente ingrassato dopo una settimana se non mi fossi mosso e molto!
Insomma, per farla un po’ breve, passarono due giorni di spiaggia (dove correvamo la mattina presto sulla battigia, giocavamo a pallone, nuotavamo insieme, prendevamo il sole sdraiati sulla sabbia calda tanto da scottarsi un po’) divertendoci un sacco e facendo molta amicizia.
Lui mi trattava come un fratello minore ed io mi ero affezionato a lui come un fratello maggiore in due giorni appena!
Il terzo giorno, tornando dalla spiaggia mi recai nella stanza da bagno ove era situata la doccia ed entrando vidi che Andrea era già dentro. Vieni mi disse, non aspettare fuori, facciamo la doccia insieme.
Nei giorni precedenti avevo fatto la doccia da solo, oltre che i miei bisogni, e non avevo mai fatto la doccia insieme ad altri. Non praticavo uno sport di squadra e quindi non avendola mai fatta insieme ad altri, la doccia per me era una cosa solitaria, privata e non sapevo come comportarmi.
Lui, Andrea, si tolse gli slip e rimase nudo. Lo guardai, anzi lo fissai sorpreso ed ammirato. Il corpo era veramente bello, torace largo, aureole dei capezzoli molto grandi, gambe forti e muscolose, nessuna peluria se non quella intorno alle ascelle ed al pube, ed un uccello…..un uccello che a me parve enorme confronto al mio anche se era penzolante a riposo che ho sempre avuto una misura…medio piccola. Bello, penzolante sopra due palle molto grandi con una delle due che penzolava di più dell’altra. Emanava forza, vitalità, bellezza!
Vieni, mi ripetette, togliti gli slip e vieni a fare la doccia. Più che un invito fu un ordine. Io rimasi ancora fermo, ero come pietrificato. Vergogna di mostrarmi, vergogna ed imbarazzo per farmi vedere nudo e per vedere quel marcantonio nudo. Allora lui si avvicinò a me, mi abbracciò e con molta delicatezza mi tolse il costume da bagno. Rimasi nudo come un verme e misi le mie mani davanti a coprirmi la vergogna. Lui delicatamente mi spinse sotto la doccia. L’aveva già aperta e scendeva un’acqua calda, quasi bollente. Si insaponò le mani ed iniziò ad insaponarmi il torace; poi mi fece voltare ed iniziò ad insaponarmi la schiena. Ero come paralizzato, fermo come un palo. Arrivò al mio sedere. Insaponò delicatamente anche quello ed entrò nella fessura e con le dita insaponò per bene fino al buchino. Sentii un brivido lungo la schiena, nel sedere e nelle gambe!
Questo brivido mi risvegliò ed ero sorpreso, pauroso ma anche provavo una sensazione mai provata prima, una sensazione di benessere, di appartenenza, direi ora quasi di amore. Lui, senza scomporsi stava per girarmi ancora ed insaponarmi le parti basse ma lo fermai, dicendogli che l’avrei fatto io. Poi mi sciacquai sotto l’acqua.
A quel punto lui mi chiese di rendergli il favore. Iniziai ad insaponarlo come aveva fatto lui, ma non entrai fra le sue fesine meravigliose (iniziavo ad apprezzare il corpo maschile, cosa alla quale non avevo mai pensato prima, tutte le chiacchere fra amici, compagni erano rivolte alle ragazze). Allora lui mi disse: lavami.
Si voltò e prese la mia mano insaponata e se la portò sul pacco. Cazzo! Non avevo mai toccato un cazzo che non fosse il mio. Il tatto con quel bellissimo uccello fece alzare quasi di scatto il mio! Lui se ne accorse, sorrise e continuò a strofinare la mia mano sul suo arnese. Dopo un po’ anche il suo iniziò ad andare sul presentat’arm!
Ero rosso come un peperone e non per l’acqua bollente! Fermo immobile, la mia mano andava avanti ed indietro ma non comandata da me. Bene o male finii di insaponarlo e lui si risciacquò.
Finita la doccia, tornammo in camera. Io ero imbarazzatissimo. Mi rivestii e scendemmo insieme in sala da pranzo. Il pomeriggio tornammo in spiaggia ma rimasi quasi tutto il tempo in silenzio sotto la tenda.
Lui non insistette più di tanto e non parlammo di quanto avvenuto. Fu la sera, sdraiati sui nostri letti che lui iniziò a parlare. Sai, mi disse, oltre il corpo femminile è bello amare, accarezzare godere anche del corpo maschile. Anche se tutti trattano male quelli che la pensano così, vedrai che se lo apprezzerai, se lo capirai, ti piacerà molto. Non sapeva che aveva ragione, quanta ragione! Infatti, ora lo apprezzo e come! Tutto finì lì nella realtà, facemmo altre docce insieme, lo insaponai ancora provando piacere ma nient’altro. Ci salutammo e non lo rividi più alla fine della settimana. Ritornai a casa contento, eccitato e con un dubbio. Aveva ragione?

FINE PRIMA PARTE – PARTE REALE – continua con la seconda parte PARTE DI FANTASIA
di
scritto il
2019-06-01
3 K
visite
0
voti
valutazione
0
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto sucessivo

Metti la cera, togli la cera
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.