Metti la cera, togli la cera

di
genere
gay

Mi aveva fatto firmare un contratto in base al quale io in due week-end su quattro sarei stato suo schiavo. Lui avrebbe potuto usarmi come avrebbe voluto lui, senza limitazioni a parte quelle che avevamo stabilito insieme e cioè niente segni che non scompaiano in 24 ore, niente soffocamenti o similari, niente leccaggio stivali o cose similari. Per il resto sarebbe stato libero di usarmi ed abusarmi come avrebbe voluto lui.
Avevo già passato due week-end da lui, nei quali lui mi aveva usato come sgabello, come maggiordomo, mi aveva torturato un po’ ma sempre con molta calma e mai a fondo.
Il giovedì precedente a quel week-end che non scorderò facilmente, mi chiamò dicendomi di prepararmi che il venerdì sera sarebbe passato lui a prendermi. Avrei dovuto lavarmi a fondo, fare un clistere per svuotarmi, non indossare biancheria intima e mettermi il collare quello borchiato.
Ero un po’ sorpreso per le richieste ma non obbiettai. Era scritto nelle condizioni che lui avrebbe potuto ordinarmi qualsiasi cosa e non avrei dovuto e potuto obiettare alcunché. L’unica cosa era che avrei dovuto anticipare la mia schiavitù al venerdì sera alla 21 ma anche questo era previsto nel contratto. Una volta ogni 4 avrebbe potuto chiedermi di anticipare al venerdì sera la mia disponibilità.
Arrivò il momento ed io ero molto in ansia non sapendo cosa avesse in mente. Suonò al mio citofono e senza dire nulla scesi ed entrai in macchina posizionandomi nei sedili posteriori e sdraiandomi sugli stessi. Non potevo stare ritto, non ero un passeggero qualsiasi ma uno schiavo. Appena fui in quella posizione il mio padrone agganciò il guinzaglio al collare e mi ordinò di stare in quella posizione pena supplizi per punizione se non avessi obbedito.
Dopo circa una mezz’ora di viaggio, arrivammo davanti una villetta fuori città. Il padrone parcheggiò la macchina e poi prendendo il guinzaglio mi fece scendere usando un po’ di ruvidità nei gesti, cosa anche questa inaspettata visti i due precedenti di schiavitù nei quali pur torturandomi era stato sempre gentile nei modi.
Arrivati alla soglia della villetta mi mise un cappuccio in testa anzi era più che un cappuccio quasi un telo che mi copriva fino ai piedi. Poi suonò e vennero ad aprire.
Entrammo e sentii proferire queste parole:
Antonio, così si chiama uno dei due che sono nella villetta, tirò su il sacco ed io mi ritrovai in mezzo a loro, con guinzaglio e collare ed il loro stupore.
Ecco la sorpresa disse il mio padrone, uno schiavo da usare, torturare a piacimento stasera, stanotte e domani e magari anche domenica.
Basta rispettare i limiti che ora vi dirò (e li enunciò ai suoi ospiti) e potremo fare con lui e di lui quello che ci piacerà di più per sollazzarci e divertirci.
La sorpresa fu molto apprezzata dai due amici del padrone che passarono appunto dallo stupore alla felicità di potersi divertire con un corpo a loro disposizione.
Forza verme, disse il mio padrone, denudati che siamo ansiosi di usarti. Obbedii con molta paura di quello che sarebbe potuto accadere, ma non potevo far nulla a quel punto, certo non mi aspettavo questo aspetto del contratto anche se lo avevo temuto ed anche un po’ sperato.
Finito di spogliarmi sentii i primi apprezzamenti. Ah ah merita di essere umiliato, disprezzato, torturato e soprattutto usato!
Forza ragazzi, allora iniziamo.
L’altro ospite, che chiamavano Luciano, mi prese per i capelli e mi ordinò di aprire la bocca.
Diamogli il benvenuto! Forza boys…inizio io…e mi sputò in viso e poi in bocca. Dai Antonio, dai Mario (il mio padrone) favorite anche voi! Ed anche loro mi sputarono in viso ed in bocca. Inghiotti verme, questa è l’acqua che riceverai in questi giorni se avrai sete e se proprio sarai assetato di più anche il nostro piscio come dissetante! Ah ah ah….e giù risate
Con gli sputi negli occhi ingoiai la loro saliva, e mentre lo facevo uno dei due mi spinse a terra e mi mise un piede sulla testa. Ora leghiamogli le mani dietro la schiena, così non potrà ripararsi e subirà ben bene quel che gli faremo.
L’altro prese una corda e mi legò le mani dietro la schiena, alte verso il collo. Ero completamente alla loro mercè. Iniziai ad avere veramente timore che potessero andare oltre i limiti. Sentivo la pressione del piete sulla mia testa e in parte sul mio volto.
Suggerirei di farci fare un bel pompino a testa tanto per iniziare, disse il mio padrone. Così dicendo si sedette sul divano che era di fronte ad un camino che era spento essendo estate. Anche gli altri due si sedettero e il padrone tenendomi per il guinzaglio mi avvicinò a lui e dicendo che era per lo “ius primae noctis” avrebbe profittato della mia bocca. Infatti mi fece aprire la bocca e me lo infilò dicendo di leccare per il momento dalla base alla cappella. Così feci, d’altronde ero abituato a farlo con lui. Ma dopo due minuti il padrone passò il guinzaglio ad Antonio che prendendomi anche per i capelli me lo infilò subito in bocca e aiutò il movimento facendo andare il mio capo su e giù. Il suo cazzo aveva un sapore un po’ aspro, molto probabilmente aveva pisciato da poco, ma era bello duro e pieno di belle venuzze che si sentivano al palato.
Anche lui limito a due tre minuti il pompino dopo di ché fu Mario ad usarmi nello stesso modo. Tutti i tre non affondarono e non insistettero per il momento. Volevano solo provarmi. A quel punto il padrone disse: Cosa intendi chiesero gli altri due.
Ora vedrete. Prendete le candele e le vostre cinghie più larghe oppure una frusta se l’avete. Appena si procurarono queste cose mi presero di forza, mi slegarono le mani dietro la schiena e mi posizionarono su un tavolino, bloccandomi e legandomi mani e piedi alle gambe dello stesso.
Ero in questa posizione scomoda e completamente alla mercé dei tre con la schiena ed il culo completamente facilmente raggiungibili.
Potevo muovere la testa e voltandola vidi che stavano accendendo le candele ognuno ne aveva una o due di un colore diverso. La tortura iniziò. Mi colavano da varie altezze la cera che si scioglieva dalle candele e la mia schiena ed il mio culo stavano diventando, fra i miei lamenti e grida, multicolori.
Andarono avanti per cinque minuti e vi assicuro che fu molto doloroso. Ecco, disse il padrone, abbiamo fatto metti la cera, ora facciamo leva la cera. Prendete la frusta, che era stata trovata, e le cinture, ora leviamo la cera dallo schiavo. Iniziarono così a frustarmi e a cinghiarmi togliendo così ad ogni colpo parte delle gocce di cera che mi avevano poco prima fatto colare. Gridavo ad ogni colpo ed il mio culo e la mia schiena prima multicolori, erano diventati di un solo colore, rosso vivo.
Inoltre mi avevano ordinato di contare i colpi e ringraziare ad ogni colpo. Mi arrivarono così 60 fra frustate e cinghiate, 20 per ogni aguzzino. Avevano anche proposto di farmi indovinare chi aveva inferto il colpo pena la ripetizione del colpo, ma il padrone disse di non esagerare.
Alla fine del divertimento (per loro non certo per me) mi slegarono e mi bloccarono le mani dietro la schiena.
Ora stavano pensando a cosa farmi per divertirsi. Mario mi riprese per i capelli e mi trascinò in bagno. Fece scivolare fuori il suo bel cazzone dalle mutande e posizionandosi sul water iniziò a pisciare e strattonandomi sempre per i capelli avvicinò il mio viso al suo uccello. Finito di pisciare mi ordinò di pulirgli il cazzo.
Schifato per l’odore ma eccitato, obbedii all’ordine. Con ancora il suo uccello in bocca si spostò tornando in sala dove gli altri due aspettavano.
Come ci di vertiamo ora? Bene, è l’ora di cenare. Facciamogli preparare la cena e mentre noi mangiamo prima lui ci servirà e poi lo piazzeremo sotto il tavolo e ci terrà l’uccello in caldo, a turno.
Così fecero. Dovetti preparare un sugo per fare la pasta, poi tagliare del formaggio e del salame. Una volta preparato il tutto loro si sedettero al tavolo e li servii, nudo come un verme. Mi dileggiarono ancora a lungo, mi dettero pacche sul culo dolorante ancora per le frustate. Poi mi ordinarono di mettermi sotto il tavolo e slinguare i loro cazzi che penzolavano dopo esserseli fatti uscire dalle patte.
Fra una slinguata e l’altra mi gettavano qualche pezzo di formaggio o salame e mi dissero di mangiare i loro avanzi anzi per maggiore umiliazione Antonio mi tirò per il guinzaglio ed una volta vicino a lui mi ordinò di aprire la bocca e mi sputò in bocca una parte di ciò che stava masticando e mi obbligò di finire di masticarla e di ingoiarla, seguito poi dagli altri due che fecero lo stesso.
A fine serata, fra altre pacche, frustate, schiaffi ed altro, si decisero di andare a letto, tanto c’erano altri due giorni per divertirsi con me.
Il padrone mi ordinò di sdraiarmi a fianco del suo letto, sempre nudo come un verme e tenendomi al guinzaglio che fissò ad un pomello del letto. Dormi bene, mi disse, domani è un altro giorno e sarà un duro giorno per te, finora abbiamo scherzato e giocato, domani inizieremo a torturarti veramente.

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scritto il
2021-01-25
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