E invece eccomi qui
di
Aurora22
genere
etero
Non ci vediamo da mesi, i nostri sguardi non si incrociano da quell'ultimo abbraccio che mi hai dato in aeroporto, prima che io prendessi il volo per ritornare a Roma. E invece adesso eccomi qui. Eccomi qui inchiodata a te, alle tue provocazioni, alle trappole che mi tendi ogni volta che hai voglia di vedermi e ci riesci, per Dio se ci riesci. Nonostante i litigi, nonostante io ti abbia vomitato addosso tutta la rabbia per avermi incastrata, illusa, tradendo la mia fiducia. "Ti amo", è così che mi dicesti mesi fa. Solo perché volevo mettere fine al nostro gioco perverso, fatto di sesso, orgasmi, porcate, fotografie oscene, messaggi bollenti in pieno pomeriggio. "Ti amo", solo perché ti stavo scivolando dalle mani. E così mi hai incastrata di nuovo perché, anche se non te l'ho mai detto, tu lo sapevi bene che ti amavo.
Sono in vacanza a Londra, nella città in cui sei trasferito, ma stavolta non ci sono venuta per te. Un tuo messaggio, puntuale come Kant, mi fa saltare il cuore in gola. "Ci vediamo?". Razza di bastardo. Piombi nella mia vita ancora, di nuovo, come se tra noi non fosse successo mai niente. Ma io me lo so ricordo sai, mi ricordo di quando mi hai scaricata con un messaggino su WhatsApp, dicendomi che no, noi non possiamo, che io per te sono troppo giovane. Cinque giorni prima però mi amavi e piccola non lo ero. I fiori a casa, le attenzioni, gli "amore cosa fai?". Razza di bastardo, mi ferisci e neanche te ne rendi conto. Mantengo il punto, ti rispondo male, litighiamo. "Almeno vediamoci per chiarire". Cos'è? Una sfida? Hai voglia di vedermi, forse? Io ne ho. Ma nei messaggi sono fredda, lapidaria. Sono le 23 inoltrate, mi metto in metro per raggiungerti. Ho indosso una gonna jeans a vita alta, aderente, che mi scopre le gambe affusolate e mette in evidenza quel culo che ti ha fatto sbavare infinite volte, quello che mi imploravi di mandarti in foto per masturbarti fino allo sfinimento. Sopra un top basic, nero, che risalta il mio seno piccolo. Arrivo da te, sei coi tuoi amici nel solito punto di ritrovo vicino casa tua. Mi vieni incontro, mi stampi due baci sulle guance, sorridi e mi presenti a quelli che non conosco. Sei bellissimo. Accendo una sigaretta per il nervosismo e mando giù la prima pinta, nel mentre parlo con agli altri, intavoliamo discorsi di vario tipo, dalla politica al vestiario. Qualcuno mi dà veramente noia, ma almeno mi esercito con l'inglese. Forse te ne accorgi, mi prendi sotto al braccio e mi porti su un muretto. "Parliamo, cosa devi dirmi?" intoni. Che sei uno strafottente e opportunista. E pronuncio questa frase guardandoti negli occhi. Nei tuoi stupendi occhi. E che ti amo ancora. Ma questo proprio non riesco a dirlo, le parole mi si strozzano in gola. "Sai, quando mi piacevi..." e io non capisco più niente. Il cuore mi si ferma, ho voglia di piangere, quel passato verbale che usi mi uccide. Era solo quattro mesi fa. Vorrei sparire, mi sento un cesso, una ragazzina insignificante con l'autostima sotto i piedi, perché infierisci così? "Mi piacevi ma non ho mai avuto la certezza di piacerti", ecco che la colpa ricade su me. Ho macinato chilometri per vederti e dimostrarti quanto fossi attratta da te, cosa cazzo stai dicendo? Non sono stata abbastanza dolce, forse? Prendere un volo solo per te non è stato abbastanza, forse? Ti è mancato un "ti amo anch'io", forse? Non l'ho mai detto perché io di te non mi fidavo, il mio istinto mi diceva che mentivi. E infatti.
Rispondo a una telefonata, mentre parlo al cellulare ti avvicini a me e cominci a baciarmi una guancia. Mi dai un bacio, ti stacchi da me e mi guardi. Mi dai un altro bacio, ti stacchi da me e mi guardi. E continui così, finché non metto giù. Adesso mi sposti i capelli dalle spalle, inizi ad annusarli, ad annusarmi il collo, sento il tuo respiro addosso. Mi volto verso te e mi baci la guancia, ancora, ma stavolta ti avvicini pericolosamente alle mie labbra. Sono persa di te. La tua bocca è incollata alla mia, mi era mancato il tuo sapore. Non riesco a smettere di baciarti, ti ho desiderato così tanto. Scendi sul collo, mi dai dei baci lascivi, mi annusi ancora e mi mordi un orecchio. Dio mio, pronuncio un flebile "no...". Siamo davanti a tutti, non possiamo. Mi dai un altro abbraccio e andiamo via. Il mio appartamento è lontano da qui, mi chiedi di salire un attimo da te, prenderò un taxi per ritornare a casa. Entriamo nel portone del palazzo, ricordo quando mesi fa l'abbiamo percorso mano nella mano. Il corridoio stretto ci conduce verso la porta di casa tua, infili la chiave nella toppa et voilà. "Non facciamo rumore", i tuoi genitori sono venuti a trovarti e dormono nella stanza accanto. Ti siedi sul divano, io accanto a te. Credo di essere ubriaca, tra birra, vino e cicchetti per i miei standard ho esagerato. Ed emano un odore pungente di tabacco. Mi prendi la mano, ci guardiamo negli occhi e istintivamente ricominciamo a baciarci. Ma io stavolta ho fame, vorrei ne avessi anche tu di me. Mi sento ancora un cesso, una ragazzina imbecille, nella mia testa rimbomba quel "mi piacevi". Ti mordo il collo, lo bacio, lo succhio avida. Lecco il tuo orecchio, dapprima fuori e poi dentro, ti sento ansimare. Mi sposto a cavalcioni su di te, sento la tua erezione premere sul mio perizoma, che grande invenzione le gonne. Mi struscio su di te, sono eccitata, ti sbottono la camicia senza staccare la bocca dal tuo lobo. Sto cominciando a godere e sono bagnata fradicia. "Lo facciamo romantico?", questa tua richiesta non la capisco. Non ti capisco, cosa cazzo vuoi da me? "Ci sono i miei genitori di là", perché me lo dici? Vuoi che mi fermi, forse? Io sono fuori controllo, sono ubriaca di alcol, ubriaca di te, non posso smettere adesso. Se vuoi la partita la termini tu. Non ti ascolto, sono ancora più eccitata di prima, tu lo sai che sono irriverente, immorale, edonista, perversa come lo sei tu. E l'idea che potremmo essere colti in flagrante da un momento all'altro mi manda ulteriormente fuori di testa. Io non ti voglio romantico, ti voglio animale stanotte, porco, sporco, senza freni, pudore, incosciente, malato. Mi abbassi il top e mi lecchi e succhi i capezzoli pungenti, uno alla volta, la mia mano destra è sulla tua testa, a spingerla verso me, mentre ondeggio sul tuo cazzo durissimo e godo con la testa reclinata all'indietro e gli occhi chiusi. Mi metti due dita dentro, senza preavviso, entrano facilmente e io trattengo i gemiti. Ti apri i pantaloni, abbassi il tuo slip, alzi la mia gonna e sposti il filo del perizoma a destra. Mi entri dentro, senza troppi complimenti. Mi sento piena, godo senza precedenti, godo dei tuoi gemiti, del tuo respiro pesante, dei tuoi movimenti pieni di voglia. Ti sposto le mani sul mio culo, voglio che mi tocchi, che mi palpi, che me lo stringa. La mia mano invece va sulla tua bocca, sai com'è, di là ci sono i tuoi genitori. Mi sollevi adagiandomi sul divano, con le mani sullo schienale e a pecorina verso di te. Adesso sei completamente nudo, mi stringi per i fianchi e affondi dentro me. Godo, ancora, vorrei che non finisse mai. "Scopami", è l'unica cosa che riesco a dire piano mentre mi ansimi nell'orecchio, col tuo petto che aderisce perfettamente alla mia schiena. Mi trascini in un'altra stanza, io ancora vestita, sudata, coi capelli in disordine e il perizoma oscenamente spostato a destra. Chiudi la porta e mi costringi a 90 sul comò davanti allo specchio. Guardo il tuo riflesso, guardo me, ho uno sguardo insaziabile da troia, è così che mi fai sentire. Ti sputi sulla cappella e la accarezzi con la mia fica, poi la sposti sul buco del culo. Cominci a spingere. "Rilassati", mi sussurri e io rispondo al tuo ordine. Spingi sempre più a fondo, fino a far toccare le palle sul mio culo. Mi stai scopando il culo, prima piano poi forte, a me gira la testa. Vorrei che tu mi inondassi l'intestino, non so perché non riesco a chiedertelo, ho ancora delle riserve con te. Eppure basterebbe un "Vienimi in culo". Sei gonfio, bagnato, duro, arrapato, hai quello sguardo da maiale che mi fa perdere il senno, ti vengo incontro nelle spinte. Sei al limite, "dove vengo?" "Vienimi in faccia". Mi inginocchio a te e ti succhio le palle, poi te lo prendo in bocca e tu mi dai il ritmo, con le mani sulla mia testa. Ti guardo negli occhi mentre te lo pompo, per la prima volta non ho vergogna di farlo. "Sputaci sopra, mi eccita", lo faccio obbediente. Cominci a masturbarti e sei così sexy. Aspetto seduta a terra, perversa, sottomessa, la tua sborrata in faccia. Arriva subito, la tua espressione contorta dal piacere, gli occhi semichiusi, il respiro affannoso. Mi aiuti ad alzarmi, a ripulirmi. "Ce l'hai aperto come nei porno" e mi dai uno schiaffo sulla pacca destra. "I miei stanno dormendo", come a voler ricordare a te stesso che non puoi. "Solo un altro, ti prego", mi guardi attraverso lo specchio accarezzandomi il culo senza accontentarmi. "Ti scongiuro", pianti i tuoi occhi nei miei e ci metti tutta la forza che hai, il suono dello schiaffo rimbomba nel silenzio della casa. Ci addormentiamo insieme, io tra le tue braccia, soddisfatta, innamorata. Che razza di uomo sei, adesso sparirai come hai sempre fatto. Il mio cuore si fa a pezzi al pensiero che questa potrebbe essere stata l'ultima volta, che ti innamorerai di qualcuna, ti perderò e non ti avrò mai come vorrei. Da domani tornerai a sparire per settimane o magari per sempre, le regole del gioco le detti tu. Che razza di uomo sei.
(Storia vera)
Sono in vacanza a Londra, nella città in cui sei trasferito, ma stavolta non ci sono venuta per te. Un tuo messaggio, puntuale come Kant, mi fa saltare il cuore in gola. "Ci vediamo?". Razza di bastardo. Piombi nella mia vita ancora, di nuovo, come se tra noi non fosse successo mai niente. Ma io me lo so ricordo sai, mi ricordo di quando mi hai scaricata con un messaggino su WhatsApp, dicendomi che no, noi non possiamo, che io per te sono troppo giovane. Cinque giorni prima però mi amavi e piccola non lo ero. I fiori a casa, le attenzioni, gli "amore cosa fai?". Razza di bastardo, mi ferisci e neanche te ne rendi conto. Mantengo il punto, ti rispondo male, litighiamo. "Almeno vediamoci per chiarire". Cos'è? Una sfida? Hai voglia di vedermi, forse? Io ne ho. Ma nei messaggi sono fredda, lapidaria. Sono le 23 inoltrate, mi metto in metro per raggiungerti. Ho indosso una gonna jeans a vita alta, aderente, che mi scopre le gambe affusolate e mette in evidenza quel culo che ti ha fatto sbavare infinite volte, quello che mi imploravi di mandarti in foto per masturbarti fino allo sfinimento. Sopra un top basic, nero, che risalta il mio seno piccolo. Arrivo da te, sei coi tuoi amici nel solito punto di ritrovo vicino casa tua. Mi vieni incontro, mi stampi due baci sulle guance, sorridi e mi presenti a quelli che non conosco. Sei bellissimo. Accendo una sigaretta per il nervosismo e mando giù la prima pinta, nel mentre parlo con agli altri, intavoliamo discorsi di vario tipo, dalla politica al vestiario. Qualcuno mi dà veramente noia, ma almeno mi esercito con l'inglese. Forse te ne accorgi, mi prendi sotto al braccio e mi porti su un muretto. "Parliamo, cosa devi dirmi?" intoni. Che sei uno strafottente e opportunista. E pronuncio questa frase guardandoti negli occhi. Nei tuoi stupendi occhi. E che ti amo ancora. Ma questo proprio non riesco a dirlo, le parole mi si strozzano in gola. "Sai, quando mi piacevi..." e io non capisco più niente. Il cuore mi si ferma, ho voglia di piangere, quel passato verbale che usi mi uccide. Era solo quattro mesi fa. Vorrei sparire, mi sento un cesso, una ragazzina insignificante con l'autostima sotto i piedi, perché infierisci così? "Mi piacevi ma non ho mai avuto la certezza di piacerti", ecco che la colpa ricade su me. Ho macinato chilometri per vederti e dimostrarti quanto fossi attratta da te, cosa cazzo stai dicendo? Non sono stata abbastanza dolce, forse? Prendere un volo solo per te non è stato abbastanza, forse? Ti è mancato un "ti amo anch'io", forse? Non l'ho mai detto perché io di te non mi fidavo, il mio istinto mi diceva che mentivi. E infatti.
Rispondo a una telefonata, mentre parlo al cellulare ti avvicini a me e cominci a baciarmi una guancia. Mi dai un bacio, ti stacchi da me e mi guardi. Mi dai un altro bacio, ti stacchi da me e mi guardi. E continui così, finché non metto giù. Adesso mi sposti i capelli dalle spalle, inizi ad annusarli, ad annusarmi il collo, sento il tuo respiro addosso. Mi volto verso te e mi baci la guancia, ancora, ma stavolta ti avvicini pericolosamente alle mie labbra. Sono persa di te. La tua bocca è incollata alla mia, mi era mancato il tuo sapore. Non riesco a smettere di baciarti, ti ho desiderato così tanto. Scendi sul collo, mi dai dei baci lascivi, mi annusi ancora e mi mordi un orecchio. Dio mio, pronuncio un flebile "no...". Siamo davanti a tutti, non possiamo. Mi dai un altro abbraccio e andiamo via. Il mio appartamento è lontano da qui, mi chiedi di salire un attimo da te, prenderò un taxi per ritornare a casa. Entriamo nel portone del palazzo, ricordo quando mesi fa l'abbiamo percorso mano nella mano. Il corridoio stretto ci conduce verso la porta di casa tua, infili la chiave nella toppa et voilà. "Non facciamo rumore", i tuoi genitori sono venuti a trovarti e dormono nella stanza accanto. Ti siedi sul divano, io accanto a te. Credo di essere ubriaca, tra birra, vino e cicchetti per i miei standard ho esagerato. Ed emano un odore pungente di tabacco. Mi prendi la mano, ci guardiamo negli occhi e istintivamente ricominciamo a baciarci. Ma io stavolta ho fame, vorrei ne avessi anche tu di me. Mi sento ancora un cesso, una ragazzina imbecille, nella mia testa rimbomba quel "mi piacevi". Ti mordo il collo, lo bacio, lo succhio avida. Lecco il tuo orecchio, dapprima fuori e poi dentro, ti sento ansimare. Mi sposto a cavalcioni su di te, sento la tua erezione premere sul mio perizoma, che grande invenzione le gonne. Mi struscio su di te, sono eccitata, ti sbottono la camicia senza staccare la bocca dal tuo lobo. Sto cominciando a godere e sono bagnata fradicia. "Lo facciamo romantico?", questa tua richiesta non la capisco. Non ti capisco, cosa cazzo vuoi da me? "Ci sono i miei genitori di là", perché me lo dici? Vuoi che mi fermi, forse? Io sono fuori controllo, sono ubriaca di alcol, ubriaca di te, non posso smettere adesso. Se vuoi la partita la termini tu. Non ti ascolto, sono ancora più eccitata di prima, tu lo sai che sono irriverente, immorale, edonista, perversa come lo sei tu. E l'idea che potremmo essere colti in flagrante da un momento all'altro mi manda ulteriormente fuori di testa. Io non ti voglio romantico, ti voglio animale stanotte, porco, sporco, senza freni, pudore, incosciente, malato. Mi abbassi il top e mi lecchi e succhi i capezzoli pungenti, uno alla volta, la mia mano destra è sulla tua testa, a spingerla verso me, mentre ondeggio sul tuo cazzo durissimo e godo con la testa reclinata all'indietro e gli occhi chiusi. Mi metti due dita dentro, senza preavviso, entrano facilmente e io trattengo i gemiti. Ti apri i pantaloni, abbassi il tuo slip, alzi la mia gonna e sposti il filo del perizoma a destra. Mi entri dentro, senza troppi complimenti. Mi sento piena, godo senza precedenti, godo dei tuoi gemiti, del tuo respiro pesante, dei tuoi movimenti pieni di voglia. Ti sposto le mani sul mio culo, voglio che mi tocchi, che mi palpi, che me lo stringa. La mia mano invece va sulla tua bocca, sai com'è, di là ci sono i tuoi genitori. Mi sollevi adagiandomi sul divano, con le mani sullo schienale e a pecorina verso di te. Adesso sei completamente nudo, mi stringi per i fianchi e affondi dentro me. Godo, ancora, vorrei che non finisse mai. "Scopami", è l'unica cosa che riesco a dire piano mentre mi ansimi nell'orecchio, col tuo petto che aderisce perfettamente alla mia schiena. Mi trascini in un'altra stanza, io ancora vestita, sudata, coi capelli in disordine e il perizoma oscenamente spostato a destra. Chiudi la porta e mi costringi a 90 sul comò davanti allo specchio. Guardo il tuo riflesso, guardo me, ho uno sguardo insaziabile da troia, è così che mi fai sentire. Ti sputi sulla cappella e la accarezzi con la mia fica, poi la sposti sul buco del culo. Cominci a spingere. "Rilassati", mi sussurri e io rispondo al tuo ordine. Spingi sempre più a fondo, fino a far toccare le palle sul mio culo. Mi stai scopando il culo, prima piano poi forte, a me gira la testa. Vorrei che tu mi inondassi l'intestino, non so perché non riesco a chiedertelo, ho ancora delle riserve con te. Eppure basterebbe un "Vienimi in culo". Sei gonfio, bagnato, duro, arrapato, hai quello sguardo da maiale che mi fa perdere il senno, ti vengo incontro nelle spinte. Sei al limite, "dove vengo?" "Vienimi in faccia". Mi inginocchio a te e ti succhio le palle, poi te lo prendo in bocca e tu mi dai il ritmo, con le mani sulla mia testa. Ti guardo negli occhi mentre te lo pompo, per la prima volta non ho vergogna di farlo. "Sputaci sopra, mi eccita", lo faccio obbediente. Cominci a masturbarti e sei così sexy. Aspetto seduta a terra, perversa, sottomessa, la tua sborrata in faccia. Arriva subito, la tua espressione contorta dal piacere, gli occhi semichiusi, il respiro affannoso. Mi aiuti ad alzarmi, a ripulirmi. "Ce l'hai aperto come nei porno" e mi dai uno schiaffo sulla pacca destra. "I miei stanno dormendo", come a voler ricordare a te stesso che non puoi. "Solo un altro, ti prego", mi guardi attraverso lo specchio accarezzandomi il culo senza accontentarmi. "Ti scongiuro", pianti i tuoi occhi nei miei e ci metti tutta la forza che hai, il suono dello schiaffo rimbomba nel silenzio della casa. Ci addormentiamo insieme, io tra le tue braccia, soddisfatta, innamorata. Che razza di uomo sei, adesso sparirai come hai sempre fatto. Il mio cuore si fa a pezzi al pensiero che questa potrebbe essere stata l'ultima volta, che ti innamorerai di qualcuna, ti perderò e non ti avrò mai come vorrei. Da domani tornerai a sparire per settimane o magari per sempre, le regole del gioco le detti tu. Che razza di uomo sei.
(Storia vera)
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