Vittorio. Episodio 1.
di
170135
genere
tradimenti
Questo racconto è frutto di fantasie, sogni o fatti accaduti, realmente o nella mente. Non sarà mai dato saperlo. Se qualcuno dovesse riconoscersi nelle storie narrate probabile che fosse presente sui luoghi al tempo, o nella mia mente. Buona lettura.
Vittorio, 41 anni, maritato e signorino.
Alto il giusto, appeal da impiegato, attività fisica assente escludendo il masticare, l'alzarsi e sedersi o andare a dormire, pomeriggio e sera. Panza presente. Sguardo gradevole; tipo con fare autoritario reso necessario dai compiti svolti. Maritato con Anna, due figli.
Anna era il suo grande amore, in un certo senso per lei era stato il primo.
Signorino. Non si univa sessualmente con la moglie da tre anni; l'ultima volta avevano concepito il secondo figlio e poi il nulla.
Era d'uso confrontarsi con l'amico suo, di parte bassa, in giornaliere, pomeridiane e serrate occasioni di sfogo, fisico e mentale.
Inoltre aveva diversi amici e conoscenti, questi invece di carne e ossa; uno su tutti era il suo confidente fin dall'infanzia.
Vittorio era proprio bravo sul lavoro, gestiva e amministrava gli affari di Famiglia, quella della moglie. Padre premuroso, marito devoto e fedele; insomma tutto a posto, salvo "l'intoppo", come lo chiamava lui.
In una sera di fine estate, con l'amico di confidenza intavolarono un discorso preciso, come solevano fare quando davanti a loro di presentava un calice sempre pieno di syrah fresco ma non freddo, mai vuoto per almeno un'ora. Due sedie, un tavolinetto, una cassa da 6 bottiglie.
Il terrazzino sulla campagna si affacciava sulle colline dell'entroterra; poco più in là, oltre un arbusto stopposo, c'era un'insenatura che portava al paesello sul mare, quello dove erano nati e cresciuti. In genere questi incontri precipitavano in interminabili paradossi che partivano dall'uovo e finivano al gallo, che aveva comunque il suo ruolo nella nascita della gallina. Quella sera invece no, la cosa era seria: riguardava "l'intoppo".
Il cardine della questione riguardava Vittorio e il suo amore incondizionato per Anna.
Fin qui nulla di nuovo, il panorama era lo stesso di sempre, ogni pietra al suo posto, al più qualche zabbara (n.d.a. agave) prima verdastra ora virava al bruno. Salvo la diversa stagione il vino era sempre buono, solo qualche sfumatura poteva cambiare, tra il rubino e il viola.
L'intoppo però, dopo un consistente periodo di assestamento e profonda esplorazione psico-manuale delle sue due teste, l'una alta e l'altra bassa, stava covando nel tempo desiderio di estraneità. La zabbara in effetti cresceva lenta, prima un cespuglio, poi una macchia; alla fine esplodeva in alto, come una poderosa minchia protesa al cielo. Stava sempre più in alto, passava il tempo, cercava di guardarsi attorno alla ricerca di altri terreni fertili da fecondare; era fatta così, era natura.
L'amico suo di confidenza percepiva questo stato d'animo travagliato, percepiva il tumulto di Vittorio, castrato dagli eventi.
Vittorio dal canto suo era sicuro di comprendere e amare Anna, ma non era del tutto convinto dei motivi che lo avevano portato all'intoppo. All'epoca avevano parlato molto con Anna, più volte erano partiti nella conversazione, passando dall'atto profano alla sacra procreazione, all'espiazione dei peccati; lui aveva ascoltato, si era immedesimato, aveva annuito, ma era arrivato fino al discorso procreazione ... sacra o profana che fosse, di peccato non aveva capito molto.
Così si trovava a discutere con l'amico di confidenza e metteva in discussione il suo amore certo. Gli mancava quel qualcosa, che era tanto. Amava Anna sopra ogni cosa.
E sapeva che il bene della coppia passava anche dalla propria di lui felicità, detto amor proprio.
Ma se avesse trovato felicità fuori dalla coppia il suo "amore" sarebbe stato tradimento e avrebbe significato che non l'amava più, ad Anna. L'ennesimo paradosso, stavolta meno goliardico e saporito dell'uovo, il pollo, il gallo e la gallina.
I due amici erano menti illuminate, cervelli fini assai. Cos'era il tradimento?
Era la zabbara che cercava altri terreni fertili, per la continuità della specie. No, un attimo.
A chi tradiva? La zabbara poteva fare quello che gli pareva, mica aveva moglie e figli?
Lo faceva perchè una volta raggiunto il suo splendore si sarebbe inesorabilmente spenta; quella virilità tanto ostentata sarebbe divenuta cenere o se andava bene uno sgabello folkloristico o un tavolinetto, come quelli su cui loro stessi stavano accomodati.
Lui aveva procreato, quindi non aveva da cercare terreni fertili. Stava però inesorabilmente spegnendosi, nel mezzo della fioritura e di certo non voleva farsi sgabello per accomodare la famiglia. Ci doveva essere una via d'uscita.
Andando più sul sottile, guardando il resto del paesaggio videro che di specie di piante e d'armali ne esistevano tante. Una cosa in comune. Quelli - armali e piante - non è che lo facevano per piacere, lo facevano per necessità. Quindi giunsero via via a definire un percorso che in primisi doveva puntare alla soddisfazione di necessità; senza piacere.
Quello se c'era avrebbe delineato il tradimento e non era cosa.
Quale piacere?
C'è il piacere della conquista, del corteggiamento, della ficcata.
Anche a questo punto i due prodi, eredi di arabi calcolatori, decisero di osservare nuovamente il paesaggio. Il mare non si vedeva ma si sentiva la brezza sulle nuche ormai accaldate dai ragionamenti e dal vino forte, erano sul finire della quarta bottiglia.
Le zabbare mica corteggiavano o si facevano corteggiare. Un seme arrivava a terra, entrava prepotente, nasceva la pianta, fioriva lasciando i suoi semi e punto a capo. Il vento, la pioggia e qualche amico animale provvedevano a diffondere la specie, nulla di più, niente relazioni, corteggiamenti o conquiste.
Pertanto si guardarono e arrivarono muti alla stessa conclusione: anche Vittorio poteva farlo per necessità, come la zabbara, senza piacere, senza corteggiare o conquistare nessun'altra donna. Restava l'ultimo paletto per risolvere l'intoppo senza tradimento.
Una scopata avrebbe portato inevitalbilmente Vittorio a concludere e li nasceva un ulteriore paradosso tra necessità e piacere, confine tra l'amor proprio e quello per Anna.
Era sera, le cicale formavano un coro delicato. La brezza del mare sull'erba secca e arsa dal sole leniva il calore della pelle arrostita, metteva voglia di stendersi, magari con una fimmina, su un letto fresco. La cassa del vino era finita, si sentivano più confusi di qualche orata prima, quando erano stati convinti di essere più filosofi dei greci che li avevano conquistati e che si portavano nel sangue.
L'amico fidato, che aveva idea precisa di quale femmina lo poteva accompagnare nel sonno quella sera, scelse di tagliare corto, si vede che era anche un pò nordico dentro, pragmatico.
Fece per alzarsi, prese la giacca di lino che era poggiata sullo schienale, la girò e cacciò qualcosa dal taschino interno. Perse un attimo ad aprire il piccolo bottone, si vede che il contenuto era prezioso, da non smarrire.
Abbracciò l'amico Vittorio, lo guardò fisso negli occhi e fece intesa di cogliere quello che aveva lasciato sul tavolinetto, sotto al calice.
Il pizzino recitava "Mariella. 337564554. Amica fidata, senza elevate pretese".
Era sera tarda, decise che avrebbe riflettuto l'indomani mattina, a mente serena.
La settimana successiva Vittorio riportò con vivo dettaglio all'amico confidente quanto segue.
Una voce calda, siciliana d'accento, in perfetto italiano rispose. Le premesse erano buone, la voce dice tanto. Si sentì subito tremare le gambe e lo invase un calore che non provava da tempo. Si ricordò delle condizioni di non-tradimento, tornò in se stesso. Si misero d'accordo per incontrarsi la sera stessa; avrebbe detto ad Anna che un impegno di famiglia, quella di lui, lo chiamava al paesello e pertanto avrebbe passato la notte nella casa di campagna.
Vittorio infatti era andato ad abitare, subito dopo le nozze, con la moglie a Catania, dove la Famiglia di lei gestiva gran parte delle attività lavorative.
Tornavano in paese qualche volta durante l'anno; si erano tenuti quella casetta giusto per appoggio. Al paesello erano rimasti i parenti di lui, qualche lontano parente di lei e l'amico suo fidato, i luoghi della loro giovinezza, i ricordi, nulla di più.
Prese la statale per Terranova, un'ora scarsa ed era quasi arrivato. All'altezza dell'uscita per il paesello incrociò una macchina a lui familiare, gli prese quasi il panico.
Un colpo di luce lo investì, nel buio vide il riflesso del sorriso ampio dell'amico suo fidato.
Si rassenerò, non poco. Riferì poi all'amico della contentezza che lo prese quando ebbe certezza che fosse lui e che lo sentiva vicino, quasi ad accompagnarlo in questa inedita avventura.
Proseguì diritto, superò l'incrocio, direzione Terranova, quartieri di periferia.
Il palazzo si presentava anonimo, incastrato in un plesso di edifici tutti uguali, solo la targhetta col civico li distingueva. Il verde e i giardinetti curati, debolmente illuminati, donavano quel tocco che lo portava ad elevarsi un po' al di sopra dei quartieri dormitorio diffusi in zona.
Salì tre gradini, fece uno squillo; era il segnale, Mariella infatti non voleva si suonasse al citofono. Prese l'ascensore, non incrociò nessuno. Il più era fatto.
La porta semichiusa, chiese permesso di entrare, cauto e a bassa voce. Aveva il battito veloce, poi si ricordò delle condizioni imposte e per qualche secondo il battito tornò regolare. Lo accolse una gran bella donna, coetanea a occhio e croce, vestita bene. Chissà perchè si era immaginato di trovare una donna quasi all'orlo della vecchiaia, in camicia da notte, stuccata e pesantemente truccata. Forse era ancora turbato di quelle prime esperienze fatte negli squallidi bordelli di città, con gli amici di un tempo, tra timore, ilarità incosciente e brutti
scherzi. Ora era lì e non era affatto pentito della scelta, la situazione lo turbava felicemente. Mariella ispirava quel misto di devozione alla femmina e sensualità. Capelli lunghi ricci, raccolti. Viso fermo, pelle candida con occhi penetranti. Gli zigomi alti e definiti, il naso lievemente acquilino. Non un viso da bambola ma proprio da porca.
Una vestaglia lunga, leggermente aperta sui seni, lasciava trasparire ora un pezzo del reggiseno di pizzo nero, baroccamente decorato, ora una coscia liscia e bianca. Lo fece accomodare sul divanetto, lo mise subito a proprio agio. Parlarono giusto qualche minuto di
cose tanto scontate quali il tempo, le condizioni della strada e se avesse trovato facilmente il posto. Vittorio pensò a quanto era buffa - non gli veniva altro termine - quella situazione ma stava bene, si sentiva pronto. Aveva ben chiare le condizioni, prese il portafogli a clip, fece per aprirlo. Mariella lo fermò, disse che gli amici dei suoi amici pagavano alla fine, che era brutto iniziare così.
Lei lo invitò ad alzarsi, fece segno che si poteva mettere comodo e chiese se aveva necessità del bagno, anche per una rinfrescata. Vittorio, che era persona pulita e quasi maniaco dell'igiene non se lo fece ripetere. Si fiondò in bagno come un ragazzetto eccitato, chiuse la porta dietro di lui e aprì il rubinetto del bidet. Fece scorrere l'acqua, nel frattempo si soffermò sui particolari di quel bagno, scarno e pulitissimo. Nulla a che fare con le latrine putride che aveva visitato un tempo lontano, che lo avevano segnato nella gioventù.
C'erano tante tovaglie, bustine di sapone intimo monouso; segno dell'attività che si conduceva in quella casa.
Appena tornato trovò Mariella con la vestaglia leggermente slacciata. Poteva ammirare la lingerie raffinata, i giochi d'effetto tra la pelle quasi bianca a contrasto con i ricami neri.
Era proprio una bella donna, sensuale, sembrava istruita, chissà perchè si era data a quel mestiere?
Senza parlare la seguì nella camera da letto, anche questa linda e profumata, nulla di eccessivo. Il suo amico in fatto di gusti sessuali lo conosceva fin troppo bene, questa volta lo aveva consigliato proprio bene e non gli aveva tirato uno di quegli scherzi, a volte pesanti, che si scambiavano da sempre.
Lei era seduta sul bordo del letto, la vestaglia piegata e riposta sul comò. La luce soffusa proveniva da un abat jour sul comodino. Si spogliò completamente, si avvicinò al letto, aveva il cazzo in tiro. Lei lo guardò, lo prese saldamente con una mano e iniziò a passare soavemente la lingua sulla cappella. Proseguì facendo scorrere la bocca fino alla base, più volte, sentendo il membro divenire sempre più duro. Lo sfilò, lasciandolo pieno di saliva.
Provvidenziale fu il distacco, Vittorio a quella vista e quelle sensazioni stava venendo come un porco represso. Mariella prese dal comodino un condom, lo aprì delicatamente e glielo fece indossare. La pausa e la sensazione del lattice fecero scendere un pò l'impeto; meglio ora avrebbe potuto proseguire l'amplesso.
Vittorio avrebbe voluto assaggiare la fica con la sua bocca, perdersi tra le cosce, assaporare il suo gusto, stuzzicarla, sentirsi la bocca e il viso intriso di umori sapidi. Mariella era vecchia scuola, alcune cose non erano per i clienti.
Si distese supina, allargò le gambe e si mostrò in tutta la sua bellezza, di femmina e di puttana. Vittorio salì, carponi la raggiunse, delicato, come stesse assistendo ad una funzione mistica. Si sollevò sulle braccia, direzionò la minchia ed entrò d'un colpo.
Non si era dimenticato come si faceva. Certo era diverso, la femmina non era Anna, il letto non era il suo, il posto non era il suo. In tutto questo gli veniva da pensare all'ultima volta che aveva usato il preservativo, troppo tempo, bel tempo. Erano innamorati, stavano progettando la loro vita, erano freschi e giovani. Ancora non sapevano cosa sarebbero diventati.
Iniziò ad affondare sempre più, limitava il movimento per non venire subito. Lei lo assecondava, era brava, non urlava di piacere ma sembrava partecipe, con composta dignità. Si vede che era abituata: di clienti e cazzi ne aveva avuti tanti, tutti estranei nel proprio intimo.
La girò, la fece mettere sulle ginocchia per farsela a pecorina. Sentiva in fronte una gocciolina di sudore che si faceva strada verso il naso, per poi sboccare sulle labbra. Pensò
d'essere fortunato, tutte le distrazioni, il preservativo, il sudore, lo rallentavano nel venire. D'improvviso, intento a sbatterla con ritmo regolare, sentì un lamento soffuso, un respiro più forte. Era Mariella, forse godeva o forse aveva voglia di sbrigarsi.
Vittorio fu colto da un tremito forte, uno scatto furioso e improvviso.
Gli ultimi tre colpi violenti, forse troppo; lei era bocconi in avanti, sotto al suo peso.
Venne svuotandosi dai coglioni fino al cervello, fu felice.
Come da copione, chissà quante volte messo in scena, Mariella si sfilò, andò in bagno a ricomporsi. Seguì lui, si lavò accuratamente.
La incrociò all'uscita del bagno, la voleva baciare, ringraziare per quella emozione che aveva vissuto. Lei si scansò lesta, col sorriso malizioso non lo ammonì ma gli fece capire che non era cosa. Si ricomposero, la scena mutò come un flash back, si ritrovarono composti in salotto. Vittorio prese il portafogli a clip, fece per aprirlo. Mariella lo fermò, disse che aveva goduto tanto e aveva inteso il turbamento di Vittorio, si era divertita e aveva fatto una buona azione. Non volle denaro.
Il racconto di Vittorio era terminato. L'amico fidato lo aveva ascoltato impassibile, curioso, a tratti morboso, muto. Gli era venuta voglia.
VIttorio era sereno, meno turbato, era rimasto entro i paletti pertanto non era tradimento: glielo doveva dire?
Vittorio, 41 anni, maritato e signorino.
Alto il giusto, appeal da impiegato, attività fisica assente escludendo il masticare, l'alzarsi e sedersi o andare a dormire, pomeriggio e sera. Panza presente. Sguardo gradevole; tipo con fare autoritario reso necessario dai compiti svolti. Maritato con Anna, due figli.
Anna era il suo grande amore, in un certo senso per lei era stato il primo.
Signorino. Non si univa sessualmente con la moglie da tre anni; l'ultima volta avevano concepito il secondo figlio e poi il nulla.
Era d'uso confrontarsi con l'amico suo, di parte bassa, in giornaliere, pomeridiane e serrate occasioni di sfogo, fisico e mentale.
Inoltre aveva diversi amici e conoscenti, questi invece di carne e ossa; uno su tutti era il suo confidente fin dall'infanzia.
Vittorio era proprio bravo sul lavoro, gestiva e amministrava gli affari di Famiglia, quella della moglie. Padre premuroso, marito devoto e fedele; insomma tutto a posto, salvo "l'intoppo", come lo chiamava lui.
In una sera di fine estate, con l'amico di confidenza intavolarono un discorso preciso, come solevano fare quando davanti a loro di presentava un calice sempre pieno di syrah fresco ma non freddo, mai vuoto per almeno un'ora. Due sedie, un tavolinetto, una cassa da 6 bottiglie.
Il terrazzino sulla campagna si affacciava sulle colline dell'entroterra; poco più in là, oltre un arbusto stopposo, c'era un'insenatura che portava al paesello sul mare, quello dove erano nati e cresciuti. In genere questi incontri precipitavano in interminabili paradossi che partivano dall'uovo e finivano al gallo, che aveva comunque il suo ruolo nella nascita della gallina. Quella sera invece no, la cosa era seria: riguardava "l'intoppo".
Il cardine della questione riguardava Vittorio e il suo amore incondizionato per Anna.
Fin qui nulla di nuovo, il panorama era lo stesso di sempre, ogni pietra al suo posto, al più qualche zabbara (n.d.a. agave) prima verdastra ora virava al bruno. Salvo la diversa stagione il vino era sempre buono, solo qualche sfumatura poteva cambiare, tra il rubino e il viola.
L'intoppo però, dopo un consistente periodo di assestamento e profonda esplorazione psico-manuale delle sue due teste, l'una alta e l'altra bassa, stava covando nel tempo desiderio di estraneità. La zabbara in effetti cresceva lenta, prima un cespuglio, poi una macchia; alla fine esplodeva in alto, come una poderosa minchia protesa al cielo. Stava sempre più in alto, passava il tempo, cercava di guardarsi attorno alla ricerca di altri terreni fertili da fecondare; era fatta così, era natura.
L'amico suo di confidenza percepiva questo stato d'animo travagliato, percepiva il tumulto di Vittorio, castrato dagli eventi.
Vittorio dal canto suo era sicuro di comprendere e amare Anna, ma non era del tutto convinto dei motivi che lo avevano portato all'intoppo. All'epoca avevano parlato molto con Anna, più volte erano partiti nella conversazione, passando dall'atto profano alla sacra procreazione, all'espiazione dei peccati; lui aveva ascoltato, si era immedesimato, aveva annuito, ma era arrivato fino al discorso procreazione ... sacra o profana che fosse, di peccato non aveva capito molto.
Così si trovava a discutere con l'amico di confidenza e metteva in discussione il suo amore certo. Gli mancava quel qualcosa, che era tanto. Amava Anna sopra ogni cosa.
E sapeva che il bene della coppia passava anche dalla propria di lui felicità, detto amor proprio.
Ma se avesse trovato felicità fuori dalla coppia il suo "amore" sarebbe stato tradimento e avrebbe significato che non l'amava più, ad Anna. L'ennesimo paradosso, stavolta meno goliardico e saporito dell'uovo, il pollo, il gallo e la gallina.
I due amici erano menti illuminate, cervelli fini assai. Cos'era il tradimento?
Era la zabbara che cercava altri terreni fertili, per la continuità della specie. No, un attimo.
A chi tradiva? La zabbara poteva fare quello che gli pareva, mica aveva moglie e figli?
Lo faceva perchè una volta raggiunto il suo splendore si sarebbe inesorabilmente spenta; quella virilità tanto ostentata sarebbe divenuta cenere o se andava bene uno sgabello folkloristico o un tavolinetto, come quelli su cui loro stessi stavano accomodati.
Lui aveva procreato, quindi non aveva da cercare terreni fertili. Stava però inesorabilmente spegnendosi, nel mezzo della fioritura e di certo non voleva farsi sgabello per accomodare la famiglia. Ci doveva essere una via d'uscita.
Andando più sul sottile, guardando il resto del paesaggio videro che di specie di piante e d'armali ne esistevano tante. Una cosa in comune. Quelli - armali e piante - non è che lo facevano per piacere, lo facevano per necessità. Quindi giunsero via via a definire un percorso che in primisi doveva puntare alla soddisfazione di necessità; senza piacere.
Quello se c'era avrebbe delineato il tradimento e non era cosa.
Quale piacere?
C'è il piacere della conquista, del corteggiamento, della ficcata.
Anche a questo punto i due prodi, eredi di arabi calcolatori, decisero di osservare nuovamente il paesaggio. Il mare non si vedeva ma si sentiva la brezza sulle nuche ormai accaldate dai ragionamenti e dal vino forte, erano sul finire della quarta bottiglia.
Le zabbare mica corteggiavano o si facevano corteggiare. Un seme arrivava a terra, entrava prepotente, nasceva la pianta, fioriva lasciando i suoi semi e punto a capo. Il vento, la pioggia e qualche amico animale provvedevano a diffondere la specie, nulla di più, niente relazioni, corteggiamenti o conquiste.
Pertanto si guardarono e arrivarono muti alla stessa conclusione: anche Vittorio poteva farlo per necessità, come la zabbara, senza piacere, senza corteggiare o conquistare nessun'altra donna. Restava l'ultimo paletto per risolvere l'intoppo senza tradimento.
Una scopata avrebbe portato inevitalbilmente Vittorio a concludere e li nasceva un ulteriore paradosso tra necessità e piacere, confine tra l'amor proprio e quello per Anna.
Era sera, le cicale formavano un coro delicato. La brezza del mare sull'erba secca e arsa dal sole leniva il calore della pelle arrostita, metteva voglia di stendersi, magari con una fimmina, su un letto fresco. La cassa del vino era finita, si sentivano più confusi di qualche orata prima, quando erano stati convinti di essere più filosofi dei greci che li avevano conquistati e che si portavano nel sangue.
L'amico fidato, che aveva idea precisa di quale femmina lo poteva accompagnare nel sonno quella sera, scelse di tagliare corto, si vede che era anche un pò nordico dentro, pragmatico.
Fece per alzarsi, prese la giacca di lino che era poggiata sullo schienale, la girò e cacciò qualcosa dal taschino interno. Perse un attimo ad aprire il piccolo bottone, si vede che il contenuto era prezioso, da non smarrire.
Abbracciò l'amico Vittorio, lo guardò fisso negli occhi e fece intesa di cogliere quello che aveva lasciato sul tavolinetto, sotto al calice.
Il pizzino recitava "Mariella. 337564554. Amica fidata, senza elevate pretese".
Era sera tarda, decise che avrebbe riflettuto l'indomani mattina, a mente serena.
La settimana successiva Vittorio riportò con vivo dettaglio all'amico confidente quanto segue.
Una voce calda, siciliana d'accento, in perfetto italiano rispose. Le premesse erano buone, la voce dice tanto. Si sentì subito tremare le gambe e lo invase un calore che non provava da tempo. Si ricordò delle condizioni di non-tradimento, tornò in se stesso. Si misero d'accordo per incontrarsi la sera stessa; avrebbe detto ad Anna che un impegno di famiglia, quella di lui, lo chiamava al paesello e pertanto avrebbe passato la notte nella casa di campagna.
Vittorio infatti era andato ad abitare, subito dopo le nozze, con la moglie a Catania, dove la Famiglia di lei gestiva gran parte delle attività lavorative.
Tornavano in paese qualche volta durante l'anno; si erano tenuti quella casetta giusto per appoggio. Al paesello erano rimasti i parenti di lui, qualche lontano parente di lei e l'amico suo fidato, i luoghi della loro giovinezza, i ricordi, nulla di più.
Prese la statale per Terranova, un'ora scarsa ed era quasi arrivato. All'altezza dell'uscita per il paesello incrociò una macchina a lui familiare, gli prese quasi il panico.
Un colpo di luce lo investì, nel buio vide il riflesso del sorriso ampio dell'amico suo fidato.
Si rassenerò, non poco. Riferì poi all'amico della contentezza che lo prese quando ebbe certezza che fosse lui e che lo sentiva vicino, quasi ad accompagnarlo in questa inedita avventura.
Proseguì diritto, superò l'incrocio, direzione Terranova, quartieri di periferia.
Il palazzo si presentava anonimo, incastrato in un plesso di edifici tutti uguali, solo la targhetta col civico li distingueva. Il verde e i giardinetti curati, debolmente illuminati, donavano quel tocco che lo portava ad elevarsi un po' al di sopra dei quartieri dormitorio diffusi in zona.
Salì tre gradini, fece uno squillo; era il segnale, Mariella infatti non voleva si suonasse al citofono. Prese l'ascensore, non incrociò nessuno. Il più era fatto.
La porta semichiusa, chiese permesso di entrare, cauto e a bassa voce. Aveva il battito veloce, poi si ricordò delle condizioni imposte e per qualche secondo il battito tornò regolare. Lo accolse una gran bella donna, coetanea a occhio e croce, vestita bene. Chissà perchè si era immaginato di trovare una donna quasi all'orlo della vecchiaia, in camicia da notte, stuccata e pesantemente truccata. Forse era ancora turbato di quelle prime esperienze fatte negli squallidi bordelli di città, con gli amici di un tempo, tra timore, ilarità incosciente e brutti
scherzi. Ora era lì e non era affatto pentito della scelta, la situazione lo turbava felicemente. Mariella ispirava quel misto di devozione alla femmina e sensualità. Capelli lunghi ricci, raccolti. Viso fermo, pelle candida con occhi penetranti. Gli zigomi alti e definiti, il naso lievemente acquilino. Non un viso da bambola ma proprio da porca.
Una vestaglia lunga, leggermente aperta sui seni, lasciava trasparire ora un pezzo del reggiseno di pizzo nero, baroccamente decorato, ora una coscia liscia e bianca. Lo fece accomodare sul divanetto, lo mise subito a proprio agio. Parlarono giusto qualche minuto di
cose tanto scontate quali il tempo, le condizioni della strada e se avesse trovato facilmente il posto. Vittorio pensò a quanto era buffa - non gli veniva altro termine - quella situazione ma stava bene, si sentiva pronto. Aveva ben chiare le condizioni, prese il portafogli a clip, fece per aprirlo. Mariella lo fermò, disse che gli amici dei suoi amici pagavano alla fine, che era brutto iniziare così.
Lei lo invitò ad alzarsi, fece segno che si poteva mettere comodo e chiese se aveva necessità del bagno, anche per una rinfrescata. Vittorio, che era persona pulita e quasi maniaco dell'igiene non se lo fece ripetere. Si fiondò in bagno come un ragazzetto eccitato, chiuse la porta dietro di lui e aprì il rubinetto del bidet. Fece scorrere l'acqua, nel frattempo si soffermò sui particolari di quel bagno, scarno e pulitissimo. Nulla a che fare con le latrine putride che aveva visitato un tempo lontano, che lo avevano segnato nella gioventù.
C'erano tante tovaglie, bustine di sapone intimo monouso; segno dell'attività che si conduceva in quella casa.
Appena tornato trovò Mariella con la vestaglia leggermente slacciata. Poteva ammirare la lingerie raffinata, i giochi d'effetto tra la pelle quasi bianca a contrasto con i ricami neri.
Era proprio una bella donna, sensuale, sembrava istruita, chissà perchè si era data a quel mestiere?
Senza parlare la seguì nella camera da letto, anche questa linda e profumata, nulla di eccessivo. Il suo amico in fatto di gusti sessuali lo conosceva fin troppo bene, questa volta lo aveva consigliato proprio bene e non gli aveva tirato uno di quegli scherzi, a volte pesanti, che si scambiavano da sempre.
Lei era seduta sul bordo del letto, la vestaglia piegata e riposta sul comò. La luce soffusa proveniva da un abat jour sul comodino. Si spogliò completamente, si avvicinò al letto, aveva il cazzo in tiro. Lei lo guardò, lo prese saldamente con una mano e iniziò a passare soavemente la lingua sulla cappella. Proseguì facendo scorrere la bocca fino alla base, più volte, sentendo il membro divenire sempre più duro. Lo sfilò, lasciandolo pieno di saliva.
Provvidenziale fu il distacco, Vittorio a quella vista e quelle sensazioni stava venendo come un porco represso. Mariella prese dal comodino un condom, lo aprì delicatamente e glielo fece indossare. La pausa e la sensazione del lattice fecero scendere un pò l'impeto; meglio ora avrebbe potuto proseguire l'amplesso.
Vittorio avrebbe voluto assaggiare la fica con la sua bocca, perdersi tra le cosce, assaporare il suo gusto, stuzzicarla, sentirsi la bocca e il viso intriso di umori sapidi. Mariella era vecchia scuola, alcune cose non erano per i clienti.
Si distese supina, allargò le gambe e si mostrò in tutta la sua bellezza, di femmina e di puttana. Vittorio salì, carponi la raggiunse, delicato, come stesse assistendo ad una funzione mistica. Si sollevò sulle braccia, direzionò la minchia ed entrò d'un colpo.
Non si era dimenticato come si faceva. Certo era diverso, la femmina non era Anna, il letto non era il suo, il posto non era il suo. In tutto questo gli veniva da pensare all'ultima volta che aveva usato il preservativo, troppo tempo, bel tempo. Erano innamorati, stavano progettando la loro vita, erano freschi e giovani. Ancora non sapevano cosa sarebbero diventati.
Iniziò ad affondare sempre più, limitava il movimento per non venire subito. Lei lo assecondava, era brava, non urlava di piacere ma sembrava partecipe, con composta dignità. Si vede che era abituata: di clienti e cazzi ne aveva avuti tanti, tutti estranei nel proprio intimo.
La girò, la fece mettere sulle ginocchia per farsela a pecorina. Sentiva in fronte una gocciolina di sudore che si faceva strada verso il naso, per poi sboccare sulle labbra. Pensò
d'essere fortunato, tutte le distrazioni, il preservativo, il sudore, lo rallentavano nel venire. D'improvviso, intento a sbatterla con ritmo regolare, sentì un lamento soffuso, un respiro più forte. Era Mariella, forse godeva o forse aveva voglia di sbrigarsi.
Vittorio fu colto da un tremito forte, uno scatto furioso e improvviso.
Gli ultimi tre colpi violenti, forse troppo; lei era bocconi in avanti, sotto al suo peso.
Venne svuotandosi dai coglioni fino al cervello, fu felice.
Come da copione, chissà quante volte messo in scena, Mariella si sfilò, andò in bagno a ricomporsi. Seguì lui, si lavò accuratamente.
La incrociò all'uscita del bagno, la voleva baciare, ringraziare per quella emozione che aveva vissuto. Lei si scansò lesta, col sorriso malizioso non lo ammonì ma gli fece capire che non era cosa. Si ricomposero, la scena mutò come un flash back, si ritrovarono composti in salotto. Vittorio prese il portafogli a clip, fece per aprirlo. Mariella lo fermò, disse che aveva goduto tanto e aveva inteso il turbamento di Vittorio, si era divertita e aveva fatto una buona azione. Non volle denaro.
Il racconto di Vittorio era terminato. L'amico fidato lo aveva ascoltato impassibile, curioso, a tratti morboso, muto. Gli era venuta voglia.
VIttorio era sereno, meno turbato, era rimasto entro i paletti pertanto non era tradimento: glielo doveva dire?
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