Palermo. Agosto, parte seconda.

di
genere
etero

Questo racconto è frutto di fantasie, sogni o fatti accaduti, realmente o nella mente.
Non sarà mai dato saperlo, buona lettura.

La scena rimase li, sospesa, come un'istantanea dai colori smorti sulla carta opaca.
Lei guardò Lui, compiaciuta. Sapevano entrambi di trovarsi appena all'antipasto,
ma erano già quasi sazi. Si accomodarono a terra, come adolescenti; uno ammirava il sorriso ebete ed estasiato dell'altra.
Si denudarono completamente. Lui supino, col cazzo ormai dolente. La frescura del pavimento di marmo bianco fu un elisir, per il corpo e per la fantasia. Lei con fare felino, carponi si avvicinava. La schiena di Lui bollente sul pavimento. Quel viso carico di sesso, come Lui lo aveva immaginato, avanzava.
Poggiò le sue labbra sopra il glande; gli diede un bacio a labbra chiuse, quasi materno.
Iniziò ad osservare attenamente quello strumento: era proporzionato, ben eretto e duro. La venatura in rilievo si ramificava, a volte appariva delineata e prepotente, poi spariva per perdersi alla base. Quello che la incuriosiva maggiormente era la lieve curvatura conca che aveva turbato la diritta crescita dell'arbusto; pensò eredità delle tante seghe che avevano
accompagnato Lui e la sua libido dall'adolescenza fino a quel momento.
Era completamente scappellato, la fossetta col glande di un rosa vivo, umido; il resto olivastro, di netto contrasto col bianco pube dai riccioli castani. Notò con piacere che il pelo era lievemente spuntato, quasi in risalto con la peluria, a tratti rada ma incolta, che si dipartiva dal basso per crescere sempre più, attraversando la pancia fino al petto.
Dischiuse le labbra, avvolse la cappella, serrò nuovamente le labbra e scese, fino a farlo scomparire quasi del tutto. Si fermò, restò a mezz'asta. Con la testa ferma iniziò a far roteare la lingua calda, avvolgente, usando come fulcro la cappella.
Lui aveva chiuso gli occhi, dopo averla ammirata dedicarsi al suo cazzo. Non durò molto, aveva voglia di guardarla nuovamente mentre lo spompinava. Quel suo istinto che lo accompagnava da tanto: il dubbio, le soglie ... erano già un lontano e sbiadito ricordo; la mente era ora libera.
Lei si accorse subito degli occhi puntati, anche intenta com'era a procuragli piacere. Erano ad un bivio, sentiva pulsare la vena, carica di sperma. Lui voleva tratternersi, Lei capì. Si allontanò con un risucchio costante e lieve; iniziò a cesellare l'asta con la punta della lingua.
Si mise a seguire lentamente la linea ad ogiva del glande, non abbandonando mai i suoi occhi. Lei si era accovacciata su un fianco, Lui disteso completamente. Ci fù rapida intesa. Lei voleva sentirlo godere dentro. Lui desiderava dare sfogo alla costrizione subita.


Salì inarcando una coscia, in quella falcata si intravide il suo sesso curato ma accaldato, carico di umori, per il riflesso di un raggio di luce che in quel momento la colpiva tra le gambe. Sentì i suoi seni abbondanti e sodi accomodarsi sul suo petto, mentre Lei con una mano invitava l'ospite a visitarla.
L'affondo fu lento, inesorabile. Lei alzò la schiena per sedersi completamente sul cazzo.
Lui non potè fare a meno di dare un colpo di reni per assestare il colpo. Lo gradirono entrambi. Rimasero qualche secondo così; ebbe inizio la danza, al ritmo di uno swing lento, che introduce alle grandi improvvisazioni. Il ritmo era regolare, accompagnato dai corpi. I bacini si inseguivano lentamente, con forza, contrastando l'uno all'altro. Al momento di ritrarsi Lui coglieva in Lei un respiro sincopato, una increspatura percettibile, segno che con la punta stava accarezzando il punto giusto.
Le mani di Lui sfioravano i seni, i capezzoli, voleva raggiungerli con la bocca.
Lei lo respingeva al pavimento: lo voleva sottomesso.
Il ritmo regolare non poteva perdurare ancora, Lui decise di sciogliere quell'intensità e iniziare a stantuffare, aumentando la velocità e perdendo contemporaneamente il vigore dei colpi lenti e assestati. Lui si rassegnò ad assecondarla e tenerla per i fianchi; a volte scendeva giù a mano piena su quelle natiche così sode, desiderando di conservare quel senso del tatto per ancora molto termpo.
Sentiva via via diminuire la viscosità della vagina, già bagnata a dovere. Fu egoista, pensò che il limite era arrivato; Lei lo avrebbe perdonato e Lui sapeva come farsi perdonare.
L'orgasmo covava da tempo, lo sentì salire lento, stava traboccando. La pulsazione della cappella fu evidente, più turgida, man mano che toccava il fondo ingrossava la tempesta.
Lei lo ammirò, avevano tenuto gli sguardi dall'inizio senza proferire parola.
Solo a quel punto si udì nel silenzio sacro la voce di Lei, tremula ma decisa:"Riempimi, ora!".
Lui non riuscì a liberare la bocca serrata, entrò in apnea, incotrollato iniziò a sborrare. Sentirono distinti i fiotti, potenti, caldi, tanto attesi. La penetrazione proseguiva, senza più regole, senza ritmo. Veloce ad istanti, poi lenta e poderosa.
Aveva toccato l'apice ed era consapevole del declino, che fù veloce.
Lei mutò espressione, serena ad un tempo, interrogativa all'altro. Forse era abituata a proseguire con più vigore, ma lo sentiva sempre meno duro e presente.
Lui sorrise, le mascelle stanche prima serrate avevano riportato il suo viso dalle sembianze stracangiate ad uno sguardo conosciuto.


Rimasero un minuto o poco più così, distesi, lontani. Erano stati vicini con la mente e con il corpo. Iniziarono, ora, a parlare.
Si dissero quanto fosse stato eccitante, quanto Lei fosse stata sprovveduta a bussare alla porta così, senza se e senza ma. Quanto fosse per loro strano e coinvolgente fare sesso con un partner diverso dal proprio, quello di sempre. Tornarono quei primi dubbi, ma ora erano
più miti, meno pressanti. Dopotutto finiva li, avevano tradito, ma non avrebbero avuto un seguito. Lei aveva tradito il suo lui. Lui aveva tradito la sua lei e anche se stesso, sicuro come era sempre stato della propria fedeltà.
Tutto appariva paradossale, in certi intervalli sembrava assistere a monologhi muti.
Erano così attratti l'uno dall'altra da non sfiorarsi nemmeno, quasi a contemplare il qui ed ora.
Senza guardare l'orologio capirono che il tempo era passato, ma ancora ne avevano: voglia e tempo.
Per Lui quella visione, tanto desiderata, era li, a propria e totale disposizione. Tanto bastava per mettere sotto terra quella consapevolezza che lo turbava.
Altrettanto Lei era turbata. Non pensava minimamente alle conseguenze, al suo lui, al tradimento. Era fimmina dura. Aveva già compreso la netta separazione tra il dovere e il piacere, con tutte le accezioni del caso. Stava bene con il proprio lui; aveva scopato bene con l'altro Lui.
La turbava un'altra richiesta, una necessità che cresceva dentro la testa per farsi grande al ventre: aveva voglia della minchia dura, voleva soddisfazione.
Lo osservava, osservava quel pezzetto di carne tra le gambe, moscio, brutto, irriconoscibile. Abituata com'era al sesso coniugale, togliendo i primi anni di attrazione pura, era ormai convinta che sarebbe tornata a casa e avrebbe represso il suo piacere da sola, sul suo letto.
Lui era ancora intrappolato tra ragionamenti filosofici sulla sua condizione di tradimento interiore e di ammirazione asettica e idealizzata del suo desiderio fatto realtà.
Lo scompose solo un particolare, era un osservatore.
C'era qualcosa nel quadro che non tornava. La guardava nel suo splendore, poi la studiava pezzo a pezzo, anatomicamente. La fissava in volto, cercava poi di memorizzare ogni anfratto, ogni imperfezione, ogni linea per farla sua, per sempre, nella sua testa.
Voleva conservare un ricordo indelebile, che invece avrebbe perso qualche tempo dopo.
Ripercorse mentalmente ogni istante, andò avanti, avanti veloce, poi stop - pausa, indietro, di nuovo.
Quasi casualmente Lui si portò una mano al volto, per un prurito sul naso: ecco!
un odore diverso, buono ma diverso. Era il suo pollice, lo aveva tenuto immerso diversi minuti dentro al culo di Lei, odorava di sesso, forte e dolciastro. Aveva finalmente fermato l'immagine, aveva deciso che sarebbe riuscito a farla godere di culo.


Certo un conto sarebbe stato prenderla e stuzzicarla durante il momento di magia che si era creato prima. Ora diveniva impresa ardua, cosa meritevole di abilità a Lui sconosciute.
Era piuttosto bravo nelle relazioni di società ma affrontare dal nulla discorsi così intimi e nascosti, con una donna con la quale aveva poca confidenza, non sembrava cosa.
Si era creata una rapida complicità, figlia del momento. Non aveva di contro la minima idea di come potesse apparire a Lei quella cosa che Lui voleva.
Lei lo voleva ? Durante quella prima leccata intensa non aveva fatto alcun cenno, ma Lui non si era neanche reso conto di averla masturbata analmente.
Assorto com'era non potè notare il sorriso malizioso e risolutorio che Lei da qualche tempo gli stava riservando.
Vuoi per l'atmosfera, per la cosa inedita, per quel filo di vento che ora si palesava raso al pavimento, la cosuccia che si trovava in mezzo alle gambe sembrò ora riprendere coraggio. Sembrava si stesse stiracchiando dopo una lunga dormita, iniziava ad prendere forma; il prepuzio si stava ora ritraendo facendo spazio al glande appena scoperto.
Si riprese dagli inconcludenti ragionamenti quando vide Lei accovacciarsi sulla sua coscia, con un sorriso pieno e la lingua stuzzicante.
Ebbe un'erezione che lo lasciò meravigliato; quante volte ancora doveva dimenticare che la pancia ragiona più del cervello?
La lasciò fare per un po', giusto il tempo di lucidarlo a dovere. Sentiva l'impegno e la foga sensuale di Lei, felice e incredula davanti a quel desiderato risveglio.
Lei prese l'iniziativa ancora una volta, si alzò sinuosa, tese una mano e si accomodò seduta sulla scrivania; come poco prima era già stata.
Stavolta Lui non si inginocchiò di fronte a tanta meraviglia, resto in piedi, col cazzo proteso. Si avvicinò a Lei con passo meccanico e trovò l'incastro perfetto, in quella fica che lo chiamava al dovere.
Continuò da dove aveva lasciato prima, quando erano distesi sul pavimento. Iniziò a penetrarla forte e deciso, eccitato dai gemiti incontrollati che ora Lei lasciare scappare. Riusciva a controllare perfettamente il movimento, lento e veloce, sempre presente e poderoso, sempre in affondo. La posizione di Lei non le permetteva di guidarlo; la sua influenza era solo dettata dalla contrazione pelvica e si rese presto conto che aveva il suo effetto. Lui aveva un piano, non era il momento di perdere il controllo, lo avrebbe perso volentieri dopo.
Si cinse un po' in avanti, mentre la scopava a ritmo lento con la bocca raggiunse un capezzolo, lo avvolse e cominciò a stuzzicarlo, a mordicchiarlo. Lei non riusciva più a
trattenersi, si portò una mano alla bocca, quasi a soffocare un urlo che non voleva palesare. Il tutto era parte di un piano ben preciso, Lui così chino voleva abbracciarla da sotto arrivando con le dita a sfiorare la meta. Con le dita carezzava la rosellina, mentre sentiva col resto della mano il suo cazzo poco sopra che apriva una vagina che lo stava divorando. Gli umori erano abbondanti e colavano, lubrificando l'ano.
Con la punta dell'indice il movimento divento pressione, lo accolse un buco elastico e bagnato, voglioso di piacere. Lei rimase con la mano sulla bocca, i suoi occhi però cambiarono. Quello che prima era uno sguardo appuntito divenne vago, perso. Le palpebre da aperte si costrinsero, tracciando un meraviglioso spiraglio attorno all'iride.
Lui era felice come non mai.
Resisteva, godeva ma senza quel senso impellente di esplodere. Sfilò la mano dall'abbraccio, la fece scivolare tra le cosce e la penetrò con due dita intere, giunte e umide. Sentiva nettamente il canale liscio, elastico e avvolgente. Poteva ruotare i polpastrelli di mezzo giro, fino a sentire il proprio cazzo che andava su e giù. Una parete sottile lo separava, a tratti aveva l'impressione di premere qualcosa di spugnoso e soffice, un rigonfiamento che assecondava il piacere. La guardò gemere e godere, poi sfilò l'uccello tendendo le dita penetranti nel culo. Lo prese in mano e iniziò a strusciare la cappella sul clitoride, lieve e lenta.
Lei ebbe un subitaneo rilassamento di tutti i muscoli, che partiva dall'esterno per poi abbandonarsi anche a quelli interni.
Forse soffriva di piacere. Abbandonò la presa del bordo liscio della scrivania, con la mano prese la minchia in mano e la puntò diritta nel suo profondo.
Lui era riuscito a spingerla dove forse Lei voleva già da prima, ma questo non lo avrebbe potuto sapere mai.
Con la faccia imperlinata di sudore, le braccia assenti da percezione di fatica a sorreggere le sue gambe, si spinse delicatamente sull'orifizio.
Entrò solo la cappella, facilmente, segno di una buona dose di massaggi e volontà. Immaginava di trovare più resistenza, invece l'elasticità era tanto presente quanto delicata. Non voleva forzare o entrare tutto, non conosceva Lei ed era la prima volta che entrava in quel culo. Lo sfilò delicatamente, con le mani sentiva sulle sue gambe l'apprezzamento di Lei. Lei era li con gli occhi chiusi, respiro regolare, si stava godendo quel momento. Lui iniziò lentamente a penetrarla, sempre e solo la cappella, sempre con lo stesso ritmo. Sentiva che quella elasticità iniziale stava mutando, apprezzava il buco semiaperto ogni volta che lo sfilava.
Decise che era il momento giusto. Provo qualche affondo sempre più dentro, sempre con la minchia dura come il marmo. Si faceva strada come nel burro fuso. A differenza di prima non percepiva più le contrazioni occasionali, volute o spontanee della fica. Ora sentiva il pene avvolto e caldo, umido e instradato in un budello.
Entrò tutto, conscio anche che la strada era pronta e il proprio affare non avrebbe creato problemi. Sentì Lei iniziare un lamento basso, rauco, come di fusa fatte da una gatta in calore. Sentì le sue gambe avvolgere il fondo schiena, cercando l'incrocio come ad ammorsarlo. Sentì un brivido ribollire e salire lungo il cazzo. Sentì Lei che a voce calda e labile diceva "Vengo!!!". Sentì un fastidioso ronzio nella sua mente.
No, era reale, il campanello. Si alzò, andò alla porta: era il postino, c'era da firmare.
Tornò alla scrivania e si sentì confuso, non aveva tradito la moglie, aveva tradito se stesso.
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scritto il
2019-09-13
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