Quel passato così presente - Parte II

di
genere
prime esperienze

- Ci tengo a ringraziare tutti per i commenti positivi, che mi spingono a continuare volentieri la mia storia -

Erano passati pochi giorni dal nostro primo incontro e non ero ancora riuscita ad interpretare le mie emozioni, non ero ancora sicura di aver reagito positivamente a quell'esperienza per me così nuova, così particolare.
Mi venne a prendere alle 9 sotto casa. Cercai di esibire un'espressione sicura, di ostentare tranquillità. Non volevo mi considerasse una bambina, dopo tutto c'erano 14 anni di differenza tra noi e non volevo di certo farglieli pesare. Ma salendo in macchina mi sentii all'improvviso goffa ed impacciata ed ero certa che lui lo avesse percepito.
"Ciao piccola A."
Non feci in tempo a rispondere che immediatamente estrasse dalla tasca un foulard che usò per bendarmi. 
"Tu non devi sapere dove stiamo andando" disse. 
Subito il mio cuore cominciò a battere all'impazzata, eccola di nuovo quella strana sensazione: un misto di ansia, eccitazione, curiosità, paura.
"Hai paura A.?"
"Un po' sì"
"Bene, vedo che sei sincera con me adesso"
Per un po' cercai di capire in che direzione stessimo andando, sperai che nessuno mi vedesse. Ma la sua mano interruppe di colpo i miei pensieri. L'appoggiò con decisione sul mio ginocchio ed io sussultai. Avvertii una serie di brividi risalire la coscia e fermarsi proprio all'altezza dell'inguine. Rimase fermo così, spostandosi di tanto in tanto per guidare. Avvertivo il calore della sua mano che paradossalmente mi infondeva sicurezza.
Guidò per una ventina di minuti, poi parcheggiò, informandomi che eravamo appena arrivati sotto casa sua.
"Sto per portarti nel mio appartamento. Ti toglierò la benda, ma fai attenzione a tenere la testa bassa, non devi guardare nulla, mi sono spiegato?" 
Annuii cominciando a tremare come una foglia, l'adrenalina era a mille. 
Ci incamminammo nel buio. Non potevo fare a meno di domandarmi dove fossimo, forse fuori Bologna. Ma obbediente non alzai lo sguardo, nemmeno in ascensore. 
Arrivammo di fronte alla porta del suo appartamento e a quel punto la curiosità ebbe la meglio: una sbirciatina al campanello, giusto per accertarmi che ci fosse davvero scritto il suo nome, il che effettivamente mi tranquillizzò un pochino. Riabbassai gli occhi, certa che non se ne fosse neanche accorto. 
L'appartamento era piccolo ma accogliente, "Ti piace?" mi chiese. 
"Sì, bello..." la mia voce tradì tutta la mia angoscia. Lo capì e mi accarezzò dolcemente i capelli.
Andammo in cucina, "versami da bere" mi disse, indicandomi dove prendere un bicchiere pulito. 
Guardai la sua mano grande e decisa afferrare il bicchiere e portarlo alla bocca. Ricordai che quella stessa mano aveva frugato nelle mie mutandine con forza e brutalità. Strinsi le gambe, ricordando quel momento così eccitante.
"Vieni" disse "andiamo in camera"
Mi fece camminare davanti a lui e una volta arrivati nella sua stanza da letto chiuse la porta a chiave. 
Feci per girarmi e mi diede uno schiaffo in faccia talmente forte che persi l'equilibrio. 
Fu subito su di me, mi teneva per i polsi e il peso del suo corpo mi toglieva il fiato. 
"Ti avevo detto di non guardare niente troietta"
Allora se n'era accorto. 
Mi pentii immediatamente di averlo fatto, ma era decisamente tardi. 
Mi afferrò il viso e inaspettatamente passò le labbra sulla guancia, lì dove la mia pelle arrossata pulsava per effetto di quello schiaffone. 
"Scusami" gli dissi.
Ora il suo naso era ad un centimetro dal mio, desideravo ardentemente che mi baciasse.
Invecè si alzò, si sedette sul letto e mi ordinò di spogliarmi completamente. 
Mi vergognavo tremendamente, ma questa volta non esitai ad obbedire. 
Rimasi immobile di fronte allo sguardo divertito e trionfante di quello sconosciuto che osservava il mio corpo nudo e vulnerabile. Si alzò in piedi, venne di fronte a me. 
Mantenendo un certo distacco fra i nostri corpi mi mise una mano fra le cosce, spinse con violenza due dita dentro di me. Provai a protestare, ma mi immobilizzò.
"Sei bagnata" mi guardò divertito.
Sentii un terzo dito penetrarmi e avvertii dolore, provai a spostarmi e quelle dita affondarono ancora di più in me. 
"Mi fai male..."
"Lo so"
E spinse ancora.
Estrasse di colpo le dita e mi venne una gran voglia di piangere. Al tempo stesso sentivo i miei umori gocciolare fra le cosce. 
Se la mia mente era piena di perplessità, il mio corpo non aveva dubbi. Rispondeva ad L. come un cagnolino obbediente risponde al suo padrone. Ricordai che era stato lui a paragonarmi ad una cagnetta che riconosce il suo padrone. 
Si sedette di nuovo sul letto, mi fece inginocchiare e si slacciò i pantaloni. Era grosso e turgido. 
Istintivamente mi avvicinai. Lo sfiorai con le labbra e afferrai l'asta con la mano.
"Bravissima, succhiamelo come si deve questa volta"
Mi sentii offesa. Anche l'altra volta glielo avevo succhiato bene.
Schiusi le labbra e lasciai che affondasse nella mia bocca, mi spinse giù la testa e sentii la punta del suo membro spingermi nella gola. 
Mossi la lingua, lo massaggiai alla base del pene e cominciai a succhiarglielo più velocemente. Muovevo ritmicamente la testa avanti e indietro, volevo pensasse che nessuna era mai riuscita a fargli un pompino così. 
Leccai l'asta incrociando volutamente il suo sguardo. Strinse gli occhi, evidentemente eccitato e ripresi a succhiarglielo cercando di spingerlo sempre più giù. Mi afferrò con forza i capelli e mi fece aumentare il ritmo.
Adesso la situazione era diventata irresistibilmente eccitante anche per me. Ero completamente nuda, inginocchiata sul pavimento e lui stava per venire, solo con i pantaloni abbassati, sfruttandomi per il suo piacere, fisico e visivo. 
Mi stava usando.
Ed era quello che mi mandava letteralmente in estasi.
Credevo mi sarebbe esploso in bocca, ero pronta a ricevere il suo seme, invece tirandomi i capelli con una violenza quasi esagerata, mi allontanò da lui e schizzò sul pavimento. 
Guardai il suo pene pulsare davanti ai miei occhi. Pensai ciò che non dovevo pensare: immaginai vividamente che fosse dentro di me, che mi stesse riempiendo con quegli schizzi caldi e forti, che mi stesse venendo dentro.
Non l'avevo mai fatto. E soprattutto non l'avevo mai desiderato. 
Aveva il respiro affannoso. Mi guardò con un'espressione indecifrabile.
"Adesso lecca il pavimento A. - Voglio che raccogli il mio sperma, da brava cagnetta" 
Quella richiesta mi sconvolse. Ma sapevo che l'avrei fatto.
Cercai di ignorare il senso di disgusto e umiliazione che si stavano impossessando di me.
Mi misi carponi, dandogli le spalle. Eseguii riluttante il suo ordine cercando di leccare il meno possibile. 
Ero completamente esposta al suo sguardo, avverti i suoi occhi su di me e di nuovo il mio corpo rispose. 
Mi bagnai, ero certa che fosse evidente.
Passò un dito lungo la mia fessurina, indugiando un momento sul clitoride.
Mi fece impazzire e senza accorgermene stavo leccando più energicamente il suo seme dal pavimento.
Si alzò, mi afferò per i capelli e mi fece alzare.
"Adesso vestiti, ti porto a casa"
Voleva portarmi a casa. Tremante di voglia, bagnatissima di desiderio. Pensavo mi avrebbe presa, volevo lo facesse!
Era frustrante a dir poco. 
Mi vestii lentamente, sperando cambiasse idea.
Sembrò leggermi nel pensiero: "Smettila di guardarmi vogliosa. Non mi va di scoparti stasera"
SAPEVO che non era vero. 
E quel gioco perverso mi eccitò ancora di più. 
Nel tragitto verso casa mi bendò nuovamente, anche se non avrei sbirciato comunque.
"Buonanotte L."
"A presto piccola A."
Non vedevo l'ora.
di
scritto il
2011-07-30
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