Padre Padrone
di
asigno luc
genere
dominazione
RACCONTO NON MIO PRESO DA EROSITALIA.NET
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Laura, 20 anni appena compiuti e uscita da circa sei mesi da un prestigioso collegio all’estero dove ho completato il liceo classico. Mio padre decise che dopo la morte di mia madre fosse opportuno che frequentassi gli studi in collegio. Lui è spesso assente per lavoro e nessuno poteva occuparsi di me.
In realtà credo che abbia voluto allontanarmi per poter vivere tranquillamente la sua libertà.
Mio padre è un ricco imprenditore e non mi ha fatto mai mancare nulla, ma ritengo che sia anche in inguaribile libertino. Non mi mancano le dimostrazioni di quanto penso di lui. Ricordo ancora quando, appena dodicenne, sorpresi mio padre e mia madre in intimità. Mia madre era nuda e legata al letto mentre mio padre, a cavalcioni sul suo petto, le infilava il proprio sesso tra le labbra; ero ancora ingenua e non capivo le parole che mio padre le rivolgeva.
Molto dopo, avevo 17anni e mia madre era mancata da poco più di un anno, sorpresi una sera Antonio, il cameriere tuttofare di mio padre, che accompagnava una giovane ragazza nell’ufficio di mio padre. Li seguii senza farmi notare e potei osservare tutta la scena senza essere vista attraverso una finestra che dava sul terrazzo della villa. Mio padre era seduto in poltrona e non si mosse: Antonio ordinò alla ragazza di spogliarsi e di restare esposta allo sguardo di mio padre. Poi Antonio le legò le mani dietro alla schiena e le applicò una benda sugli occhi. Solo a quel punto mio padre si avvicinò e cominciò a toccare la ragazza. Potei assistere dal vivo a come mio padre ordinò ad Antonio di frustare la ragazza, a quali umiliazioni la sottopose ed a come, dopo essersi scaricato nella sua bocca, la lasciò a disposizione di Antonio affinché anche lui si soddisfacesse con lei.
Cominciai a capire la strana sottomissione di mia madre ed il tono arrogante con il quale mio padre si rivolgeva a lei: mio padre era un sadico e amava dominare le donne. Mi ritrovai a chiedermi se anche mia madre fosse stata costretta a sottostare alle voglie di Antonio.
Fatto sta che da quella sera guardai mio padre con occhi diversi.
Ritornata in collegio non riuscivo a togliermi dalla testa quello che avevo visto e la mia immaginazione fantasticava su chissà quali e quante altre situazioni avessero avuto mio padre protagonista. Tutte le notti ero costretta ad accarezzarmi, masturbandomi fino ad esserne esausta.
Durante gli anni maturai l’insano desiderio di essere io l’oggetto dei desideri di mio padre; cominciai a radermi il pube come la ragazza che avevo visto e ad indossare mini tanga sotto corte gonnelline. Potevo permettermi di rinunciare al reggiseno in quanto ancora giovane e dotata di due splendide tette.
Quando passavo dei periodi di vacanza con mio padre cercavo di esibire le gambe ed il seno il più possibile ma era come se non mi vedesse. Sorpresi invece diverse volte Antonio che mi sbirciava di nascosto, ma neanche quella via mi portò a realizzare i miei desideri e anzi, non faceva altro che aumentare la mia tensione erotica e la mia frustrazione per il rifiuto paterno.
Quando finalmente terminai gli studi potei lasciare il collegio per andare a vivere in villa con mio padre. Venne a prendermi in auto Antonio; io, sperando nella presenza di mio padre, avevo indossato un completo con gonna a portafoglio che si apriva lasciando completamente scoperte le gambe inguainate in calze velatissime e scure che arrivavano appena a metà coscia, sostenute da un reggicalze nero. Indossavo un minuscolo perizoma e sotto alla giacca avevo i seni nudi.
Dopo la delusione di trovare solo Antonio lo salutai a mi sedetti nel sedile posteriore dell’auto mentre lui caricava i miei bagagli; poi mi venne l’idea di divertirmi un poco con Lui ed allora cambiai posto accomodandomi sul sedile anteriore, di fianco a quello del guidatore. Accavallai le gambe e la gonna fece in pieno il suo dovere, aprendosi in modo indecente. Avevo le cosce totalmente esposte ed immaginai la faccia di Antonio: in fondo non capita tutti i momenti di trovarsi vicino una splendida ventenne seminuda. In effetti quando Antonio sali in auto rimase ad osservarmi a bocca aperta.
Ridendo dissi
“Dai Antonio, non mi dirai che non hai mai visto un paio di gambe…”
“Beh, signorina, devo ammettere che è diventata proprio una bellissima ragazza, suo padre sarà orgoglioso di lei! Assomiglia tanto a sua madre, anche lei era una donna stupenda… Molto sensuale!”
Senza accennare a ricoprirmi feci cenno ad Antonio di partire: l’ultima frase che aveva pronunciato, riguardo a mia madre, mi fece crescere ancora di più il desiderio e la curiosità sulle preferenze segrete di mio padre.
Viaggiammo senza quasi parlare e notai che Antonio non perdeva occasione per guardarmi le cosce che lasciavo apposta in bella vista; anzi, sistemandomi in modo più comodo la gonna scoprì ancora di più e io lasciai che si gustasse la vista, già profondamente eccitata e con un desiderio atroce che allungasse una mano a toccarmi. Se lo avesse fatto, pensai, avrei goduto come una puttana al solo tocco sulla pelle.
Ma lui non pareva propenso ad approfittare della situazione. Allora vinsi ogni remora e trascinata da un folle desiderio gli presi la mano a l’appoggiai sulla mia coscia, proprio dove finiva la calza e poteva sentire la pelle setosa e morbida. Lui quasi uscì di strada per la sorpresa ma non disse nulla.
Fui invece io a parlare:
“Davvero ti piaccio? Toccami pure se ti fa piacere…”
Allargai le cosce e lasciai che le sue dita mi accarezzassero il sesso attraverso il velo degli slip.
“Mi dispiace di avere indossato le mutandine, scusami Antonio. Spesso non le indosso… Vuoi che le tolga?”
Lui era visibilmente imbarazzato:
“No… no signorina… siamo quasi arrivati…”
“Fermati Antonio” Gli dissi “Voglio farti vedere come sono brava…”
Così dicendo gli poggiai una mano sulla bozza dei sui pantaloni, cominciando a massaggiarlo.
Lui accostò, io allora gli liberai il sesso e cominciai a succhiarglielo nel modo più lascivo che la mia ancora scarsa esperienza mi suggeriva. Dopo pochi minuti si liberò nella mia bocca e m’impegnai per non perderne neanche una goccia.
“Ti è piaciuto? Sono brava?”
“Signorina, lei mi mette in una situazione imbarazzante e comunque… Si non è per niente male, anche se si vede che è alle prime armi.”
“Insegnami Antonio, ti prego. Sarò una allieva perfetta…”
Così, spesso quando eravamo soli in casa Antonio m’insegnava come succhiare e baciare il sesso di un uomo. Durante quelle sedute spesso mi mostravo nuda a lui che però si accontentava di esplorarmi con le dita e di palparmi i seni, senza mai cercare di penetrarmi: in fondo ero la figlia del suo datore di lavoro.
Questa situazione si dimostro favorevole al mio intento d’interessare mio padre. Con Antonio potevo oramai parlare più o meno liberamente ed ero così informata sugli appuntamenti di mio padre. Venni a sapere che a volte, durante delle riunioni con altri uomini d’affari, mio padre incaricava Antonio di procurare delle ragazze per intrattenere i suoi ospiti e che queste ragazze dovevano essere giovani e sottomesse.
Venni informata inoltre che proprio poche sere dopo era in programma una di queste serate.
Riuscii a trovare il coraggio per proporre ad Antonio ciò che avevo sognato per anni:
“Antonio, ti prego, fammi partecipare a una di queste serate….”
“Laura, tu sei impazzita. Stai parlando di tuo padre e poi spesso le ragazze vengono torturate e frustate”
“So tutto Antonio, so di come mio padre ti lasci le sue donne per i tuoi capricci e di come le legate e umiliate per il vostro divertimento…”
Continuai a lungo ma lui non voleva sentire ragioni; allora giocai il tutto per tutto:
“Antonio, ti prego, so anche che la mamma era schiava di mio padre e che anche tu la usavi per i tuoi capricci….”
Avevo arrischiato ma evidentemente avevo fatto centro.
“E và bene Laura, come vuoi tu… Assomigli davvero molto a tua madre!”
Dicendo queste parole uscì dalla stanza.
Ero follemente felice: ciò che desideravo di più stava per avverarsi. Irresistibilmente cominciai a masturbarmi.
La sera del mio debutto mi preparai con cura seguendo le indicazioni di Antonio. Mi depilai accuratamente il pube e le terga, poi indossai un mini abito nero sul corpo nudo e delle scarpe con il tacco a spillo altissimo. Mi truccai vistosamente colorandomi le labbra di un rosso intenso poi indossai una maschera da gatta che mi copriva completamente la testa lasciando scoperte solamente gli occhi e la bocca. Quando Antonio venne a prendermi mi valutò un momento, poi passò la mano sotto alla cortissima gonna sul mio sesso e tra le natiche valutando la perfetta depilazione:
“Sei veramente bellissima Laura. Ho detto a tuo padre che ho trovato una puttanella di buona famiglia ancora vergine. E’ molto curioso di offrirti ai suoi ospiti. Sei sicura di voler correre questo rischio folle?”
“Si Antonio, senti, sono già tutta bagnata…”
Mi applicò un collare e delle polsiere di cuoio. Mi fissò i polsi dietro alla schiena e applicatomi un guinzaglio al collare mi trascinò fuori.
Venni introdotta nello studio di mio padre dove lui e altri tre uomini stavano cenando.
Tutti gli sguardi si voltarono ad ammirarmi; incrociando la sguardo di mio padre che mi valutava come se fossi un animale, non sospettando che sotto la maschera si celava sua figlia, sentii le ginocchia cedermi e per un attimo pensai che sarei caduta sopraffatta dall’eccitazione che cominciava a colarmi tra le cosce.
Commentarono in modo osceno e mi fecero avvicinare al tavolo dove tutti cominciarono ad allungare le mani, soppesandomi i seni e pizzicandomi i capezzoli in modo doloroso, ma mi ero ripromessa di non lasciar uscire neanche un lamento.
Mi toccarono senza nessuna delicatezza sotto alla gonna ma io ero completamente rapita dai movimenti di mio padre e dai suoi sguardi. Quando mi avvicinai a lui e sentii la sua mano strizzarmi una natica ebbi un orgasmo li in piedi davanti a tutti.
Poi di colpo l’interesse nei miei confronti cessò, rapido come era cominciato.
Antonio mi venne vicino e mi sfilò l’abito, ordinandomi di restare in piedi immobile ed esposta in attesa di ordini.
Rimasi li per una mezz’ora mentre gli uomini parlavano d’affari. Ogni tanto qualcuno con un cenno mi faceva avvicinare per palpeggiarmi e poi mi rimandava al mio posto.
Al caffè mio padre disse:
“Signori, la cagnetta è ancora vergine e non desidero che venga montata questa sera, per cui mi scuso con voi, Ma vedrete che sarà felice di offrire la sua bocca al vostro piacere!”
Poi si rivolse a me:
“Tu cagna, a quattro zampe!”
Obbedii e mio padre, strattonandomi per il guinzaglio, mi fece fare due o tre giri per la stanza in modo che tutti potessero gustare la visione delle mie intimità.
“Adesso vai sotto il tavolo e cerca di essere brava e guai a te se usi le mani!”
Mi infilai sotto il tavolo come mi era stato ordinato rimanendo a quattro zampe tra le gambe degli uomini. Poi uno di loro mi afferrò per i capelli e mi tirò fino che mi trovai con la bocca all’altezza della cerniera dei suoi pantaloni.
Con i denti cominciai a far scorrere la zip e usando le labbra riuscii ad estrarre il sesso già teso. Cominciai a succhiare con impegno, ricordandomi le lezioni di Antonio e dopo qualche minuto l’uomo si scaricò tra le mie labbra. Poi sempre usando solo la bocca rimisi il sesso nei boxer e richiusi la cerniera. Passai al vicino e ricominciai il mio compito.
Ogni tanto qualcuno infilava una mano sotto al tavolo per toccarmi un seno o il sesso. Quando finalmente arrivò il turno di mio padre ebbi qualche difficoltà in più perché lui indossava dei pantaloni abbottonati anziché con la cerniera e sbottonarlo, usando solo i denti e le labbra non fu per niente facile. Inoltre lui mise i piedi sopra le mie mani, schiacciandomi le dita sotto alla suola. Quando finalmente ebbi il suo sesso nella mia bocca cominciai a fremere dal desiderio e in pochi attimi provai il secondo orgasmo della serata.
L’uomo che in quel momento stava ispezionandomi il sesso se ne accorse e ridendo lo disse agli altri: “Ei, la cagnetta sta godendo! Le freme tutta la fighetta ed è succosa come un frutto maturo!”
Mentre raggiungeva l’orgasmo mio padre allungò una mano ad artigliarmi un seno e cominciò a strattonarmelo come se volesse mungermi. Finalmente si scaricò tra le mie labbra e potei gustare per la prima volta il suo sapore.
Quando tutti furono soddisfatti Antonio, tirandomi per il guinzaglio, mi fece uscire da sotto la tavola per condurmi via. Opposi un minimo di resistenza per potermi avvicinare alle gambe di mio padre e prostrandomi, cominciai a leccargli le scarpe con la lingua.
Mio padre restò a guardare poi ordinò:
“Antonio, porta via la cagna. Adesso dobbiamo parlare d’affari!”
Sollevò un piede ed appoggiandomelo sulla testa mi spinse via facendomi cadere di lato a gambe aperte; feci attenzione a non chiuderle lasciando godere agli uomini ancora per qualche attimo della visione del mio sesso.
Sempre trascinata a quattro zampe venni portata fuori.
Appena Antonio mi ebbe ricondotta nella mia stanza mi disse:
“E’ stata una pazzia, ma sei stata fantastica!”
“Antonio, di solito mio padre lascia che tu ti soddisfi con le sue ragazze, con me non vuoi approfittarne?”
Lui si aprì i pantaloni e si scaricò nella mia bocca. Poi, prima di andarsene, mi ispezionò il sesso commentando:
“Sei bagnata fradicia. Mi sa che sei veramente una puttana con i fiocchi..”
Quella notte prima di addormentarmi dovetti masturbarmi più volte per calmare la mia passione.
La mattina dopo mi svegliai raggiante: avrei dovuto accompagnare mio padre in un breve viaggio d’affari in una città vicina.
Feci una doccia e mi truccai leggermente ma accuratamente, indossai un mini abito scuro ed indossai delle scarpe con il tacco. Non indossai biancheria intima e mi ripromisi che non l’avrei mai più indossata quando ero in presenza di mio padre, in maniera di essere sempre cosciente di ciò che aspiravo diventare. L’esperienza della sera prime mi aveva convinto in modo definitivo che il mio massimo desiderio era diventare la schiava di mio padre.
Andai a fare colazione Antonio, servendomi il caffè, mi annunciò che mio padre era nel suo studio ed aspettava che fossi pronta per partire. Poi infilò una mano sotto la gonnellina e commentò:
“Non sei un tipo che rinuncia facilmente vero?”
“No Antonio! Ed oggi tu devi aiutarmi.”
Lui uscì a preparare l’auto e io finì in fretta il mio caffè ed andai a raggiungere mio padre che intanto era uscito in giardino con Antonio.
Salii sul sedile posteriore accomodandomi di fianco a mio padre: mentre mi sedevo in auto la gonnellina svolazzò lasciandomi per un istante con le natiche scoperte. Mio padre mi guardò un istante e poi disse:
“Buon giorno Laura. Non ti pare che il tuo abito sia poco adatto per una gita in compagnia di tuo padre?”
“Papà, sei l’uomo più affascinante che io conosca e l’unico amore della mia vita…”
Risposi ridendo. Sorrise anche lui e tornò ad immergersi nella lettura di un fascicolo di documenti.
Mentre Antonio guidava io guardavo il panorama e mio padre continuava a leggere: mi accorsi però che ogni tanto mi sbirciava le cosce. Fattami coraggio allargai leggermente le ginocchia scivolando lentamente in avanti e facendo risalire così la leggera e cortissima gonnellina. Ormai chiunque si fosse avvicinato all’auto poteva vedermi comodamente il sesso nudo e depilato: mio padre che era di fianco a me poteva solo intravederlo. Mi aspettavo di essere ripresa per quella posa oscena invece mio padre non disse nulla, continuando a leggere, o a fingere di farlo perché ormai sapevo con certezza che mi stava guardando.
Arrivati all’ufficio della persona che mio padre doveva incontrare lui mi disse:
“Ne avrò per circa due ore. Puoi andare a fare un giro intanto…”
“No papà, ti prego portami con te. Potrei esserti d’aiuto” Lo supplicai cercando di essere più seducente possibile.
“Ma, vestita così sarei imbarazzato a presentarti come mia figlia…..”
“Va bene. E tu allora dirai che sono una tua segretaria. Ti prego papà….”
“Ok! Ma zitta e buona, d’accordo?!”
“Grazie papà!” Gli gettai le braccia al collo e lo baciai sulla guancia, non troppo lontano dalla sua bocca che per un attimo sfiorò la mia. Abbracciandolo mi accorsi che era decisamente in erezione e bastò quello sfioramento per eccitarmi sessualmente: cominciai ad avvertire un piacevole tremore del mio sesso che si riempì istantaneamente di umori.
Venimmo ricevuti nell’ufficio e ci sedemmo su due poltrone sistemate di fronte alla scrivania della persona che doveva incontrare mio padre. Venni presentata come una sua collaboratrice e l’uomo cominciò ad osservarmi le cosce in maniera ossessiva. Mio padre se ne accorse ma non fece commenti. Cominciarono a parlare d’affari e dopo una mezz’ora una segretaria portò un bricco di caffè e altre bibite.
Colsi la palla al balzo e dissi:
“Se permettete vi servo io da bere.”
L’uomo fu ben felice di acconsentire, anche perché così poteva continuare ad esplorarmi anche da altre angolazioni. Mi alzai e mi chinai sul carrello per versare il caffè, ben conscia che così facendo offrivo la visuale dell’attaccatura delle natiche e di tutte le cosce.
Gli uomini restarono in silenzio per qualche istante, poi l’uomo disse a mio padre:
“Certo ingegnere lei sa scegliersi le collaboratrici….”
Mentre mi chinavo per servire il caffè all’uomo dissi decisa rivolta a mio padre:
“Ingegnere, se vuole posso infilarmi subito sotto la scrivania per soddisfare il nostro ospite. O preferisce che prima mi faccia vedere nuda?”
Mio padre mi guardò incredulo, ma si vedeva bene dal rigonfiamento nei pantaloni che la mia piccola esibizione aveva fatto effetto anche su di lui.
Nessuno dei due rispose e rimasero a guardarmi incerti: allora mi sfilai il mini abito restando completamente nuda. Poi mi inginocchiai a quattro zampe e cominciai a leccare le scarpe di mio padre come avevo fatto la sera prima.
Solo in quel momento lui realizzò cosa significasse quel gesto e guardandomi con disprezzo disse:
“Antonio lo uccido! Fila sotto il tavolo e cerca di essere brava con il nostro ospite”
Ubbidii e cominciai a succhiare l’uomo che se la stava godendo un mondo.
Quando si scaricò nella mia bocca uscii sempre a quattro zampe e restai li esposta in un angolo attendendo ordini.
Comunque sia mio padre concluse un buon affare e quando fu il momento di andarsene io chiesi docilmente:
“Ingegnere devo rivestirmi o preferisce portami via nuda?”
“Rivestiti cagna!”
Uscimmo senza dire una parola e quando fummo in auto mio padre assali verbalmente Antonio.
Ma intervenni subito io:
“Papà, Antonio non centra niente. Sono io che ho deciso tutto, punisci me se ti fa piacere ma ti prego, non mandarmi via. Sono anni che desidero essere tua schiava, come la mamma prima di me e come tante ragazze sconosciute. Usa me, ti prego. Prostituiscimi, frustami, fai di me ciò che vuoi. Voglio essere il tuo animale da compagnia, la tua serva da letto….”
Lui rimase in silenzio ad osservarmi, allora gli presi la mano e me la misi sul sesso fradicio:
“Senti papà, sono ancora vergine. Ho aspettato perché voglio che sia tu ad aprirmi come meglio preferisci o nel modo che ti diverte di più…”
Da allora sono passati sei mesi durante i quali sono diventata la schiava di mio padre.
Mi usa per divertire i suoi amici, spesso da sola ma a volte con altre ragazze.
Per sverginarmi decise che mi sarei impalata da sola su di un fallo artificiale davanti a lui ed ai suoi ospiti che cenavano. Fu un successone e dovetti ripeterlo anche con l’ano.
Non si lamenta più della lunghezza delle mie gonne ed anzi è lui ad impormene sempre di più oscene. Vuole che porti continuamente i segni della frusta sulle natiche, sui seni e sulle cosce e di questo se ne occupa Antonio, che può anche usarmi liberamente. Mi hanno spiegato che anche con mia madre era così ma che io sono più bella, sensuale e sottomessa.
Mio padre mi porta sempre con lui nei suoi viaggi e mi presenta come sua schiava.
Ama esibirmi seminuda o totalmente nuda, magari in catene o al guinzaglio, nei luoghi più svariati e vuole che le mie labbra, il sesso e l’ano siano costantemente a disposizione sua e di quelli cui mi presta. Quando è in ufficio mi tiene giornate intere incatenata a quattro zampe alla sua scrivania, o in altre fantasiose pose oscene, sia per potersi servire comodamente di me sia per stupire i suoi ospiti. Pochi giorni fa ho passato una serata rovesciata su un tavolino, immobile con le cosce spalancate ed un mazzo di fiori infilato nel sesso mentre gli ospiti di mio padre si divertivano a vedermi fare il vaso.
Tutte le mattine, mentre mio padre legge il giornale, io devo strusciarmi con il sesso sulle sue scarpe e poi lucidargliele con la lingua. E sono felice.
Da quando sono la schiava di mio padre la mia vita è cambiata radicalmente.
L'abbigliamento prima di tutto: assenza totale d'intimo, gonne cortissime e provocanti o minuscoli abiti, tacchi a spillo altissimi. Oppure completamente nuda con indosso solamente le scarpe con il tacco. Catene, collari e guinzagli fanno oramai parte del mio abbigliamento. La rasatura del pelo sul pube e sull'ano mi rendono, secondo mio padre, ancora più nuda. Ma il cambiamento più profondo è avvenuto a livello mentale: sono ogni giorno più felice della strada che, con molta superficialità, ho intrapreso. All'inizio si trattava solamente di una curiosità adolescenziale, un capriccio. Con il passare dei mesi mi sono resa conto di essere profondamente sottomessa caratterialmente e di vivere in uno stato di perenne tensione erotica se dominata.
Il fatto poi che il mio padrone assoluto sia mio padre rende tutto più perverso ed intrigante. Sapere che sto subendo quello che anche mia madre ha subito prima di me mi rende più profondamente femmina di qualunque altra possibile esperienza.
Essere usata da mio padre, da Antonio o dagli uomini a cui mi presta esclusivamente per la propria soddisfazione sessuale mi rende, incredibilmente, orgogliosa.
Subire le più oscene umiliazioni mi procura intensi e travolgenti orgasmi.
Nonostante i miei 20 anni mi sento molto più donna di molte mie coetanee, apprezzata, desiderata ed utilizzata esattamente per quello che sono, un animale da sesso.
Può sembrare incredibile ma quando mi viene ordinato di allargare le cosce per mostrare agli ospiti di mio padre il mio sesso, dalle labbra pronunciate e rosse, sono orgogliosa di poter mostrare una bella figa e di far fare una bella figura a mio padre. Così come sono felice quando mi toccano e mi esplorano e quando si accomodano dentro di me, nella mia bocca, nel sesso o nelle terga e mi trovano accogliente, calda e comoda
.Sono grata di essere punita e picchiata per ogni più piccola mancanza, anche perché ogni punizione si trasforma inevitabilmente in qualcosa di sessuale; se decidono di picchiarmi facilmente finiscono per colpirmi sul sesso sui seni, provocandomi ulteriori eccitazioni.
Mi dispiace moltissimo che mio padre demandi il compito di frustarmi e picchiarmi regolarmente ad Antonio, invece di farlo lui direttamente, ma credo che sia una ulteriore forma di dominazione: fare picchiare la propria schiava da altri per il proprio divertimento e gustarne poi il risultato visivo è, in fondo, null'altro che una ulteriore umiliazione.
Quando mio padre mi ordina di sedermi sulla sua scrivania, con i piedi sui braccioli della sua poltrona in modo che lui, seduto comodamente, possa gustare la visione del mi sesso esposto, faccio molta cura a sedermi sul bordo in modo da lasciare a portata di mano anche l'ano oltre che la figa: so che gli piace accarezzarmi ed esplorarmi comodamente. Ho anche imparato, a suon di schiaffi per la verità, a restare immobile in quella posizione anche quando qualcuno entra all'improvviso nello studio di mio padre, sia che si tratti di Antonio, sia che si tratti di estranei. Le prime volte la reazione istintiva di coprirmi e comunque di nascondere quella situazione imbarazzante faceva infuriare mio padre:
“Ma vuoi capire Laura che tu devi restare a disposizione qualunque sia la situazione in cui ti trovi?!”
E giù ceffoni:
“ Non sei altro che un oggetto, e quindi se io o chiunque altro ti sta toccando tu devi restare immobile ed esposta e lasciarti toccare anche se qualcuno entra improvvisamente nella stanza.”
Solo con il tempo ho capito che mio padre faceva apposta a farmi sorprendere in quelle umilianti situazioni per il proprio divertimento e per saggiare il mio livello di sottomissione.
Lui stesso ha dovuto ammettere che sono molto più sottomessa di mia madre e di tutte la ragazze che ha usato.
Fino al punto che ho accettato persino quello che mio padre e Antonio hanno pensato d'impormi qualche settimana fa.
Ho già raccontato nella precedente lettera di come mio padre non mi presenti mai come sua figlia, d'altronde non sarebbe possibile. Mi presenta sempre e semplicemente come la sua schiava, in maniera che i suoi ospiti sappiano da subito come comportarsi con me e non abbiano nessun tipo di remora nei miei confronti. Sanno da subito che possono pretendere da me ogni oscenità ed usarmi come desiderano.
Qualche settimana fa durante una delle cene di mio padre in cui io ero tenuta servire ad intrattenere i suoi ospiti, uno di questi, un medico proprietario di una importante clinica privata, era particolarmente affascinato dalla possibilità di avere una ragazza giovane e bella a propria completa disposizione. Continuava a chieder a mio padre quali fossero i limiti nell'utilizzarmi:
“Ingegnere, ma davvero è possibile picchiarla per divertirci?”
“Dottore, la mia schiava può picchiarla, palpeggiarla, esaminarla e montarla a suo piacere.”
“Posso picchiarla anche sul sesso?”
Mio padre sorrise, poi rivolto a me:
“Cagna, mettiti sul divano a cosce larghe che il dottore vuole divertirsi...”
Ubbidii e rimasi con il sesso esposto alla vista degli ospiti che mi guardavano in silenzio.
Poi ancora rivolto al suo ospite, mio padre disse:
“Vuole usare un frustino o preferisce usare le mani? Io le consiglierei di picchiarla a mani nude per gustare la morbidezza della labbra della sua figa, e poi, contrariamente a quello che potrebbe pensare, è più doloroso per lei, mi creda”
Il dottore si sedette accanto a me e cominciò a toccarmi il sesso:
“Dottore la colpisca forte, altrimenti la cagna gode...”
Allora cominciò a colpirmi sul pube, sempre più forte; mi avrà dato una cinquantina di colpi prima di fermarsi con la mano dolorante, lasciandomi in lacrime e con la figa gonfia e violacea a disposizione degli sguardi.
Poi la cena riprese e io continuai a servire mio padre e i suoi ospiti camminando a fatica per il dolore all'inguine.
A questo punto fui testimone della incredibile richiesta che mi riguardava.
Il dottore chiese a mio padre:
“Non ha mai pensato di farla lattare?”
“Cosa intende dottore?”
“Stavo pensando, una così bella femmina con quelle splendide mammelle che si ritrova sarebbe perfetta se producesse del latte. E' molto buono e nutriente. Sarebbe una rarità da offrire ai suoi ospiti, magari per allungare il caffè. Inoltre mungerla sarebbe un piacere:”
“Mi spieghi meglio dottore, come sarebbe possibile?”
Rispose mio padre già interessato.
“Con delle iniezioni nelle tette, dolorose ma abbiamo visto che la sua schiava subisce docilmente il dolore anzi, sarebbe una nuova divertente tortura. La manda da me in clinica tre volte alla settimana e io le assicuro latte di vacca giovane fresco in una settimana. Si ricordi però che dovrà farla mungere due volte tutti i giorni; se la cosa le venisse a noia sospendendo le punture in pochi giorni cesserebbe la montata lattea.”
Mio padre rimase in silenzio per qualche secondo, pensando alla assurda proposta, poi guardandomi chiese al dottore:
“Ma le tette si rovineranno?”
“Ma no ingegnere, è ancora giovane e non dovrebbero esserci problemi. Anzi, le verranno due belle tettone piene e sode con i capezzoli lunghi e sensibili. Certo se la cosa viene prolungata nel tempo è possibile che, quando si smetterà, le diventino un pò cadenti ma resterebbero comunque piacevoli da toccare, specialmente facendole penzolare...”
Mio padre guardò Antonio e poi me, infine disse:
“Dottore facciamo una prova. Domattina il mio segretario le porterà la schiava in clinica: cominci pure la cura a faccia in modo che sia dolorosa.”
Poi dovetti infilarmi sotto il tavolo per soddisfare il dottore, mio padre e gli altri due ospiti che a causa del discorso appena sentito, erano eccitatissimi.
La mattina dopo, dopo avere pulito le scarpe a mio padre come ogni mattina strusciandomi con la figa e leccandole con la lingua, Antonio mi condusse in clinica. Fummo ricevuti da una infermiera che ci disse: “Vi aspettavamo. Il dottore ci ha informato che la signora non ha avuto la montata lattea naturalmente e che quindi occorre procurargliela artificialmente.”
Ci accompagnò in uno studio e mi disse di scoprire i seni ed attendere l'arrivo del dottore.
Mi levai la giacca e rimasi con i seni nudi. Antonio si sedette e io restai in piedi in quanto non mi aveva dato il permesso di sedermi.
Dopo circa 10 minuti arrivò il dottore, accompagnato da due suoi colleghi; salutò Antonio e poi, indicandomi con la mano si rivolse ai colleghi:
“Che vi dicevo? Non è bella?!”
Poi rivolto a me:
“Levati anche la gonna... Come ti chiami, non lo so...”
Antonio rispose al mio posto:
“La chiami pure cagna: è abituata così...”
“Uhm..., fantastico: Va bene cagna, via la gonna. Voglio che i miei colleghi ti vedano bene. Non mi credevano quando ho raccontato loro cosa sei e quanto sei bella:”
Mi levai la gonna e rimasi esposta agli sguardi lascivi:
“Guardate, ha ancora la figa rossa e gonfia per gli schiaffi che si è beccata ieri sera. Non è fantastica?!”
Mi venne vicino e mi fece allargare di più le cosce per potermi toccare più comodamente.
Anche i suoi colleghi si avvicinarono e presero a palpeggiarmi senza ritegno, mentre il dottore parlava con Antonio:
“Solitamente utilizziamo tecniche che rendano il dolore meno intenso, ma l'ingegnere ha richiesto esplicitamente di farle male e quindi provvederemo in questo modo. Tutte le mattine che la porterà qui verrà sottoposta ad una sedute di schiaffi sulle mammelle, in modo da renderle più sensibili e doloranti. A questo provvederanno con piacere i miei collaboratore. Poi procederemo alle iniezioni direttamente nell'aureola dei capezzoli, dove è più doloroso, penetrando con l'ago per circa due centimetri.”
Antonio rispose: D'accordo, faccia lei.”
E così cominciò la tortura.
Mi legarono le braccia dietro la schiena, tirandole in alto e fissandole ad una catena che pendeva dal soffitto. In questo modo ero costretta a stare chinata in avanti a novanta gradi, lasciando penzolare i seni. Poi i due colleghi del dottore cominciarono a colpirmi i seni con la mano aperta, schiaffeggiandoli uno da una parte l'altro dall'altra, fino a quando le mie mammelle non furono rosse e doloranti.
Il dottore disse:
“Lasciamola qui per qualche minuto in modo che il dolore possa propagarsi a tutta la mammella. Intanto andiamo a farci un caffè.”
Uscirono per qualche minuto e quando rientrarono effettivamente il seni mi bruciavano come se vi avessero versato del liquido bollente. Mi liberarono le braccia ma non i polsi ed i due assistenti mi tennero per i gomiti mentre il dottore esaminava i miei seni. Poi, senza nessuna delicatezza e preavviso, mi afferrò una tetta con una mano ed infilò l'ago con decisione a pochi millimetri dal capezzolo. Urlai pensando di svenire per il dolore, ma non svenni ed il dottore ridendo disse:
“Fai la brava cagna, dobbiamo bucherellarti anche l'altra tetta e poi è meglio che ti abitui: questa cura dovrai farla tre volte alla settimana...”
Dopo una decina di giorni avevo le mammelle gonfie di latte ed i capezzoli di colore rosso bruno, duri e straordinariamente lunghi.
Da allora, ed è quasi un mese oramai, due volte al giorno, alla sera ed alla mattina, vengo munta.
A volte manualmente per divertire gli ospiti di mio padre, a volte meccanicamente con una mungitrice automatica. Si tratta di un apparecchio che viene utilizzato per le mucche e che è stato adattato per aspirare il latte dalle mie mammelle. Latte che mio padre usa per la propria colazione o da offrire ai sui ospiti, specificandone la provenienza. Capita spesso che però venga usato per i gatti di mio padre o che venga semplicemente buttato via.
Una sera che ne era avanzato, durante una delle cene di mio padre, uno degli ospiti che aveva bevuto più del dovuto prese la caraffa che conteneva il mio latte e ci urinò dentro, creando un miscuglio di urina, sperma e latte umano che mi ordinarono di leccare tutto a quattro zampe, con grande divertimento degli altri ospiti.
A volte devo strizzarmi le mammelle da sola per fare uscire il liquido che qualcuno succhia direttamente dal mio seno. Mio padre preferisce strizzarmi lui e succhiare, come un bambino, direttamente di miei capezzoli. In qui momenti sono felice.
Tre volte alla settimana vado in clinica per il trattamento ed il dottore spesso ne approfitta per soddisfarsi con il mio corpo. Capita di sovente che i suoi assistenti siano impegnati in qualche visita ed allora sono costretta a schiaffeggiarmi i seni da sola fino ad ottenere la giusta tonalità di viola. Non occorre più legarmi le braccia ed i polsi: come predetto dal dottore, mi ci sono abituata.
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Laura, 20 anni appena compiuti e uscita da circa sei mesi da un prestigioso collegio all’estero dove ho completato il liceo classico. Mio padre decise che dopo la morte di mia madre fosse opportuno che frequentassi gli studi in collegio. Lui è spesso assente per lavoro e nessuno poteva occuparsi di me.
In realtà credo che abbia voluto allontanarmi per poter vivere tranquillamente la sua libertà.
Mio padre è un ricco imprenditore e non mi ha fatto mai mancare nulla, ma ritengo che sia anche in inguaribile libertino. Non mi mancano le dimostrazioni di quanto penso di lui. Ricordo ancora quando, appena dodicenne, sorpresi mio padre e mia madre in intimità. Mia madre era nuda e legata al letto mentre mio padre, a cavalcioni sul suo petto, le infilava il proprio sesso tra le labbra; ero ancora ingenua e non capivo le parole che mio padre le rivolgeva.
Molto dopo, avevo 17anni e mia madre era mancata da poco più di un anno, sorpresi una sera Antonio, il cameriere tuttofare di mio padre, che accompagnava una giovane ragazza nell’ufficio di mio padre. Li seguii senza farmi notare e potei osservare tutta la scena senza essere vista attraverso una finestra che dava sul terrazzo della villa. Mio padre era seduto in poltrona e non si mosse: Antonio ordinò alla ragazza di spogliarsi e di restare esposta allo sguardo di mio padre. Poi Antonio le legò le mani dietro alla schiena e le applicò una benda sugli occhi. Solo a quel punto mio padre si avvicinò e cominciò a toccare la ragazza. Potei assistere dal vivo a come mio padre ordinò ad Antonio di frustare la ragazza, a quali umiliazioni la sottopose ed a come, dopo essersi scaricato nella sua bocca, la lasciò a disposizione di Antonio affinché anche lui si soddisfacesse con lei.
Cominciai a capire la strana sottomissione di mia madre ed il tono arrogante con il quale mio padre si rivolgeva a lei: mio padre era un sadico e amava dominare le donne. Mi ritrovai a chiedermi se anche mia madre fosse stata costretta a sottostare alle voglie di Antonio.
Fatto sta che da quella sera guardai mio padre con occhi diversi.
Ritornata in collegio non riuscivo a togliermi dalla testa quello che avevo visto e la mia immaginazione fantasticava su chissà quali e quante altre situazioni avessero avuto mio padre protagonista. Tutte le notti ero costretta ad accarezzarmi, masturbandomi fino ad esserne esausta.
Durante gli anni maturai l’insano desiderio di essere io l’oggetto dei desideri di mio padre; cominciai a radermi il pube come la ragazza che avevo visto e ad indossare mini tanga sotto corte gonnelline. Potevo permettermi di rinunciare al reggiseno in quanto ancora giovane e dotata di due splendide tette.
Quando passavo dei periodi di vacanza con mio padre cercavo di esibire le gambe ed il seno il più possibile ma era come se non mi vedesse. Sorpresi invece diverse volte Antonio che mi sbirciava di nascosto, ma neanche quella via mi portò a realizzare i miei desideri e anzi, non faceva altro che aumentare la mia tensione erotica e la mia frustrazione per il rifiuto paterno.
Quando finalmente terminai gli studi potei lasciare il collegio per andare a vivere in villa con mio padre. Venne a prendermi in auto Antonio; io, sperando nella presenza di mio padre, avevo indossato un completo con gonna a portafoglio che si apriva lasciando completamente scoperte le gambe inguainate in calze velatissime e scure che arrivavano appena a metà coscia, sostenute da un reggicalze nero. Indossavo un minuscolo perizoma e sotto alla giacca avevo i seni nudi.
Dopo la delusione di trovare solo Antonio lo salutai a mi sedetti nel sedile posteriore dell’auto mentre lui caricava i miei bagagli; poi mi venne l’idea di divertirmi un poco con Lui ed allora cambiai posto accomodandomi sul sedile anteriore, di fianco a quello del guidatore. Accavallai le gambe e la gonna fece in pieno il suo dovere, aprendosi in modo indecente. Avevo le cosce totalmente esposte ed immaginai la faccia di Antonio: in fondo non capita tutti i momenti di trovarsi vicino una splendida ventenne seminuda. In effetti quando Antonio sali in auto rimase ad osservarmi a bocca aperta.
Ridendo dissi
“Dai Antonio, non mi dirai che non hai mai visto un paio di gambe…”
“Beh, signorina, devo ammettere che è diventata proprio una bellissima ragazza, suo padre sarà orgoglioso di lei! Assomiglia tanto a sua madre, anche lei era una donna stupenda… Molto sensuale!”
Senza accennare a ricoprirmi feci cenno ad Antonio di partire: l’ultima frase che aveva pronunciato, riguardo a mia madre, mi fece crescere ancora di più il desiderio e la curiosità sulle preferenze segrete di mio padre.
Viaggiammo senza quasi parlare e notai che Antonio non perdeva occasione per guardarmi le cosce che lasciavo apposta in bella vista; anzi, sistemandomi in modo più comodo la gonna scoprì ancora di più e io lasciai che si gustasse la vista, già profondamente eccitata e con un desiderio atroce che allungasse una mano a toccarmi. Se lo avesse fatto, pensai, avrei goduto come una puttana al solo tocco sulla pelle.
Ma lui non pareva propenso ad approfittare della situazione. Allora vinsi ogni remora e trascinata da un folle desiderio gli presi la mano a l’appoggiai sulla mia coscia, proprio dove finiva la calza e poteva sentire la pelle setosa e morbida. Lui quasi uscì di strada per la sorpresa ma non disse nulla.
Fui invece io a parlare:
“Davvero ti piaccio? Toccami pure se ti fa piacere…”
Allargai le cosce e lasciai che le sue dita mi accarezzassero il sesso attraverso il velo degli slip.
“Mi dispiace di avere indossato le mutandine, scusami Antonio. Spesso non le indosso… Vuoi che le tolga?”
Lui era visibilmente imbarazzato:
“No… no signorina… siamo quasi arrivati…”
“Fermati Antonio” Gli dissi “Voglio farti vedere come sono brava…”
Così dicendo gli poggiai una mano sulla bozza dei sui pantaloni, cominciando a massaggiarlo.
Lui accostò, io allora gli liberai il sesso e cominciai a succhiarglielo nel modo più lascivo che la mia ancora scarsa esperienza mi suggeriva. Dopo pochi minuti si liberò nella mia bocca e m’impegnai per non perderne neanche una goccia.
“Ti è piaciuto? Sono brava?”
“Signorina, lei mi mette in una situazione imbarazzante e comunque… Si non è per niente male, anche se si vede che è alle prime armi.”
“Insegnami Antonio, ti prego. Sarò una allieva perfetta…”
Così, spesso quando eravamo soli in casa Antonio m’insegnava come succhiare e baciare il sesso di un uomo. Durante quelle sedute spesso mi mostravo nuda a lui che però si accontentava di esplorarmi con le dita e di palparmi i seni, senza mai cercare di penetrarmi: in fondo ero la figlia del suo datore di lavoro.
Questa situazione si dimostro favorevole al mio intento d’interessare mio padre. Con Antonio potevo oramai parlare più o meno liberamente ed ero così informata sugli appuntamenti di mio padre. Venni a sapere che a volte, durante delle riunioni con altri uomini d’affari, mio padre incaricava Antonio di procurare delle ragazze per intrattenere i suoi ospiti e che queste ragazze dovevano essere giovani e sottomesse.
Venni informata inoltre che proprio poche sere dopo era in programma una di queste serate.
Riuscii a trovare il coraggio per proporre ad Antonio ciò che avevo sognato per anni:
“Antonio, ti prego, fammi partecipare a una di queste serate….”
“Laura, tu sei impazzita. Stai parlando di tuo padre e poi spesso le ragazze vengono torturate e frustate”
“So tutto Antonio, so di come mio padre ti lasci le sue donne per i tuoi capricci e di come le legate e umiliate per il vostro divertimento…”
Continuai a lungo ma lui non voleva sentire ragioni; allora giocai il tutto per tutto:
“Antonio, ti prego, so anche che la mamma era schiava di mio padre e che anche tu la usavi per i tuoi capricci….”
Avevo arrischiato ma evidentemente avevo fatto centro.
“E và bene Laura, come vuoi tu… Assomigli davvero molto a tua madre!”
Dicendo queste parole uscì dalla stanza.
Ero follemente felice: ciò che desideravo di più stava per avverarsi. Irresistibilmente cominciai a masturbarmi.
La sera del mio debutto mi preparai con cura seguendo le indicazioni di Antonio. Mi depilai accuratamente il pube e le terga, poi indossai un mini abito nero sul corpo nudo e delle scarpe con il tacco a spillo altissimo. Mi truccai vistosamente colorandomi le labbra di un rosso intenso poi indossai una maschera da gatta che mi copriva completamente la testa lasciando scoperte solamente gli occhi e la bocca. Quando Antonio venne a prendermi mi valutò un momento, poi passò la mano sotto alla cortissima gonna sul mio sesso e tra le natiche valutando la perfetta depilazione:
“Sei veramente bellissima Laura. Ho detto a tuo padre che ho trovato una puttanella di buona famiglia ancora vergine. E’ molto curioso di offrirti ai suoi ospiti. Sei sicura di voler correre questo rischio folle?”
“Si Antonio, senti, sono già tutta bagnata…”
Mi applicò un collare e delle polsiere di cuoio. Mi fissò i polsi dietro alla schiena e applicatomi un guinzaglio al collare mi trascinò fuori.
Venni introdotta nello studio di mio padre dove lui e altri tre uomini stavano cenando.
Tutti gli sguardi si voltarono ad ammirarmi; incrociando la sguardo di mio padre che mi valutava come se fossi un animale, non sospettando che sotto la maschera si celava sua figlia, sentii le ginocchia cedermi e per un attimo pensai che sarei caduta sopraffatta dall’eccitazione che cominciava a colarmi tra le cosce.
Commentarono in modo osceno e mi fecero avvicinare al tavolo dove tutti cominciarono ad allungare le mani, soppesandomi i seni e pizzicandomi i capezzoli in modo doloroso, ma mi ero ripromessa di non lasciar uscire neanche un lamento.
Mi toccarono senza nessuna delicatezza sotto alla gonna ma io ero completamente rapita dai movimenti di mio padre e dai suoi sguardi. Quando mi avvicinai a lui e sentii la sua mano strizzarmi una natica ebbi un orgasmo li in piedi davanti a tutti.
Poi di colpo l’interesse nei miei confronti cessò, rapido come era cominciato.
Antonio mi venne vicino e mi sfilò l’abito, ordinandomi di restare in piedi immobile ed esposta in attesa di ordini.
Rimasi li per una mezz’ora mentre gli uomini parlavano d’affari. Ogni tanto qualcuno con un cenno mi faceva avvicinare per palpeggiarmi e poi mi rimandava al mio posto.
Al caffè mio padre disse:
“Signori, la cagnetta è ancora vergine e non desidero che venga montata questa sera, per cui mi scuso con voi, Ma vedrete che sarà felice di offrire la sua bocca al vostro piacere!”
Poi si rivolse a me:
“Tu cagna, a quattro zampe!”
Obbedii e mio padre, strattonandomi per il guinzaglio, mi fece fare due o tre giri per la stanza in modo che tutti potessero gustare la visione delle mie intimità.
“Adesso vai sotto il tavolo e cerca di essere brava e guai a te se usi le mani!”
Mi infilai sotto il tavolo come mi era stato ordinato rimanendo a quattro zampe tra le gambe degli uomini. Poi uno di loro mi afferrò per i capelli e mi tirò fino che mi trovai con la bocca all’altezza della cerniera dei suoi pantaloni.
Con i denti cominciai a far scorrere la zip e usando le labbra riuscii ad estrarre il sesso già teso. Cominciai a succhiare con impegno, ricordandomi le lezioni di Antonio e dopo qualche minuto l’uomo si scaricò tra le mie labbra. Poi sempre usando solo la bocca rimisi il sesso nei boxer e richiusi la cerniera. Passai al vicino e ricominciai il mio compito.
Ogni tanto qualcuno infilava una mano sotto al tavolo per toccarmi un seno o il sesso. Quando finalmente arrivò il turno di mio padre ebbi qualche difficoltà in più perché lui indossava dei pantaloni abbottonati anziché con la cerniera e sbottonarlo, usando solo i denti e le labbra non fu per niente facile. Inoltre lui mise i piedi sopra le mie mani, schiacciandomi le dita sotto alla suola. Quando finalmente ebbi il suo sesso nella mia bocca cominciai a fremere dal desiderio e in pochi attimi provai il secondo orgasmo della serata.
L’uomo che in quel momento stava ispezionandomi il sesso se ne accorse e ridendo lo disse agli altri: “Ei, la cagnetta sta godendo! Le freme tutta la fighetta ed è succosa come un frutto maturo!”
Mentre raggiungeva l’orgasmo mio padre allungò una mano ad artigliarmi un seno e cominciò a strattonarmelo come se volesse mungermi. Finalmente si scaricò tra le mie labbra e potei gustare per la prima volta il suo sapore.
Quando tutti furono soddisfatti Antonio, tirandomi per il guinzaglio, mi fece uscire da sotto la tavola per condurmi via. Opposi un minimo di resistenza per potermi avvicinare alle gambe di mio padre e prostrandomi, cominciai a leccargli le scarpe con la lingua.
Mio padre restò a guardare poi ordinò:
“Antonio, porta via la cagna. Adesso dobbiamo parlare d’affari!”
Sollevò un piede ed appoggiandomelo sulla testa mi spinse via facendomi cadere di lato a gambe aperte; feci attenzione a non chiuderle lasciando godere agli uomini ancora per qualche attimo della visione del mio sesso.
Sempre trascinata a quattro zampe venni portata fuori.
Appena Antonio mi ebbe ricondotta nella mia stanza mi disse:
“E’ stata una pazzia, ma sei stata fantastica!”
“Antonio, di solito mio padre lascia che tu ti soddisfi con le sue ragazze, con me non vuoi approfittarne?”
Lui si aprì i pantaloni e si scaricò nella mia bocca. Poi, prima di andarsene, mi ispezionò il sesso commentando:
“Sei bagnata fradicia. Mi sa che sei veramente una puttana con i fiocchi..”
Quella notte prima di addormentarmi dovetti masturbarmi più volte per calmare la mia passione.
La mattina dopo mi svegliai raggiante: avrei dovuto accompagnare mio padre in un breve viaggio d’affari in una città vicina.
Feci una doccia e mi truccai leggermente ma accuratamente, indossai un mini abito scuro ed indossai delle scarpe con il tacco. Non indossai biancheria intima e mi ripromisi che non l’avrei mai più indossata quando ero in presenza di mio padre, in maniera di essere sempre cosciente di ciò che aspiravo diventare. L’esperienza della sera prime mi aveva convinto in modo definitivo che il mio massimo desiderio era diventare la schiava di mio padre.
Andai a fare colazione Antonio, servendomi il caffè, mi annunciò che mio padre era nel suo studio ed aspettava che fossi pronta per partire. Poi infilò una mano sotto la gonnellina e commentò:
“Non sei un tipo che rinuncia facilmente vero?”
“No Antonio! Ed oggi tu devi aiutarmi.”
Lui uscì a preparare l’auto e io finì in fretta il mio caffè ed andai a raggiungere mio padre che intanto era uscito in giardino con Antonio.
Salii sul sedile posteriore accomodandomi di fianco a mio padre: mentre mi sedevo in auto la gonnellina svolazzò lasciandomi per un istante con le natiche scoperte. Mio padre mi guardò un istante e poi disse:
“Buon giorno Laura. Non ti pare che il tuo abito sia poco adatto per una gita in compagnia di tuo padre?”
“Papà, sei l’uomo più affascinante che io conosca e l’unico amore della mia vita…”
Risposi ridendo. Sorrise anche lui e tornò ad immergersi nella lettura di un fascicolo di documenti.
Mentre Antonio guidava io guardavo il panorama e mio padre continuava a leggere: mi accorsi però che ogni tanto mi sbirciava le cosce. Fattami coraggio allargai leggermente le ginocchia scivolando lentamente in avanti e facendo risalire così la leggera e cortissima gonnellina. Ormai chiunque si fosse avvicinato all’auto poteva vedermi comodamente il sesso nudo e depilato: mio padre che era di fianco a me poteva solo intravederlo. Mi aspettavo di essere ripresa per quella posa oscena invece mio padre non disse nulla, continuando a leggere, o a fingere di farlo perché ormai sapevo con certezza che mi stava guardando.
Arrivati all’ufficio della persona che mio padre doveva incontrare lui mi disse:
“Ne avrò per circa due ore. Puoi andare a fare un giro intanto…”
“No papà, ti prego portami con te. Potrei esserti d’aiuto” Lo supplicai cercando di essere più seducente possibile.
“Ma, vestita così sarei imbarazzato a presentarti come mia figlia…..”
“Va bene. E tu allora dirai che sono una tua segretaria. Ti prego papà….”
“Ok! Ma zitta e buona, d’accordo?!”
“Grazie papà!” Gli gettai le braccia al collo e lo baciai sulla guancia, non troppo lontano dalla sua bocca che per un attimo sfiorò la mia. Abbracciandolo mi accorsi che era decisamente in erezione e bastò quello sfioramento per eccitarmi sessualmente: cominciai ad avvertire un piacevole tremore del mio sesso che si riempì istantaneamente di umori.
Venimmo ricevuti nell’ufficio e ci sedemmo su due poltrone sistemate di fronte alla scrivania della persona che doveva incontrare mio padre. Venni presentata come una sua collaboratrice e l’uomo cominciò ad osservarmi le cosce in maniera ossessiva. Mio padre se ne accorse ma non fece commenti. Cominciarono a parlare d’affari e dopo una mezz’ora una segretaria portò un bricco di caffè e altre bibite.
Colsi la palla al balzo e dissi:
“Se permettete vi servo io da bere.”
L’uomo fu ben felice di acconsentire, anche perché così poteva continuare ad esplorarmi anche da altre angolazioni. Mi alzai e mi chinai sul carrello per versare il caffè, ben conscia che così facendo offrivo la visuale dell’attaccatura delle natiche e di tutte le cosce.
Gli uomini restarono in silenzio per qualche istante, poi l’uomo disse a mio padre:
“Certo ingegnere lei sa scegliersi le collaboratrici….”
Mentre mi chinavo per servire il caffè all’uomo dissi decisa rivolta a mio padre:
“Ingegnere, se vuole posso infilarmi subito sotto la scrivania per soddisfare il nostro ospite. O preferisce che prima mi faccia vedere nuda?”
Mio padre mi guardò incredulo, ma si vedeva bene dal rigonfiamento nei pantaloni che la mia piccola esibizione aveva fatto effetto anche su di lui.
Nessuno dei due rispose e rimasero a guardarmi incerti: allora mi sfilai il mini abito restando completamente nuda. Poi mi inginocchiai a quattro zampe e cominciai a leccare le scarpe di mio padre come avevo fatto la sera prima.
Solo in quel momento lui realizzò cosa significasse quel gesto e guardandomi con disprezzo disse:
“Antonio lo uccido! Fila sotto il tavolo e cerca di essere brava con il nostro ospite”
Ubbidii e cominciai a succhiare l’uomo che se la stava godendo un mondo.
Quando si scaricò nella mia bocca uscii sempre a quattro zampe e restai li esposta in un angolo attendendo ordini.
Comunque sia mio padre concluse un buon affare e quando fu il momento di andarsene io chiesi docilmente:
“Ingegnere devo rivestirmi o preferisce portami via nuda?”
“Rivestiti cagna!”
Uscimmo senza dire una parola e quando fummo in auto mio padre assali verbalmente Antonio.
Ma intervenni subito io:
“Papà, Antonio non centra niente. Sono io che ho deciso tutto, punisci me se ti fa piacere ma ti prego, non mandarmi via. Sono anni che desidero essere tua schiava, come la mamma prima di me e come tante ragazze sconosciute. Usa me, ti prego. Prostituiscimi, frustami, fai di me ciò che vuoi. Voglio essere il tuo animale da compagnia, la tua serva da letto….”
Lui rimase in silenzio ad osservarmi, allora gli presi la mano e me la misi sul sesso fradicio:
“Senti papà, sono ancora vergine. Ho aspettato perché voglio che sia tu ad aprirmi come meglio preferisci o nel modo che ti diverte di più…”
Da allora sono passati sei mesi durante i quali sono diventata la schiava di mio padre.
Mi usa per divertire i suoi amici, spesso da sola ma a volte con altre ragazze.
Per sverginarmi decise che mi sarei impalata da sola su di un fallo artificiale davanti a lui ed ai suoi ospiti che cenavano. Fu un successone e dovetti ripeterlo anche con l’ano.
Non si lamenta più della lunghezza delle mie gonne ed anzi è lui ad impormene sempre di più oscene. Vuole che porti continuamente i segni della frusta sulle natiche, sui seni e sulle cosce e di questo se ne occupa Antonio, che può anche usarmi liberamente. Mi hanno spiegato che anche con mia madre era così ma che io sono più bella, sensuale e sottomessa.
Mio padre mi porta sempre con lui nei suoi viaggi e mi presenta come sua schiava.
Ama esibirmi seminuda o totalmente nuda, magari in catene o al guinzaglio, nei luoghi più svariati e vuole che le mie labbra, il sesso e l’ano siano costantemente a disposizione sua e di quelli cui mi presta. Quando è in ufficio mi tiene giornate intere incatenata a quattro zampe alla sua scrivania, o in altre fantasiose pose oscene, sia per potersi servire comodamente di me sia per stupire i suoi ospiti. Pochi giorni fa ho passato una serata rovesciata su un tavolino, immobile con le cosce spalancate ed un mazzo di fiori infilato nel sesso mentre gli ospiti di mio padre si divertivano a vedermi fare il vaso.
Tutte le mattine, mentre mio padre legge il giornale, io devo strusciarmi con il sesso sulle sue scarpe e poi lucidargliele con la lingua. E sono felice.
Da quando sono la schiava di mio padre la mia vita è cambiata radicalmente.
L'abbigliamento prima di tutto: assenza totale d'intimo, gonne cortissime e provocanti o minuscoli abiti, tacchi a spillo altissimi. Oppure completamente nuda con indosso solamente le scarpe con il tacco. Catene, collari e guinzagli fanno oramai parte del mio abbigliamento. La rasatura del pelo sul pube e sull'ano mi rendono, secondo mio padre, ancora più nuda. Ma il cambiamento più profondo è avvenuto a livello mentale: sono ogni giorno più felice della strada che, con molta superficialità, ho intrapreso. All'inizio si trattava solamente di una curiosità adolescenziale, un capriccio. Con il passare dei mesi mi sono resa conto di essere profondamente sottomessa caratterialmente e di vivere in uno stato di perenne tensione erotica se dominata.
Il fatto poi che il mio padrone assoluto sia mio padre rende tutto più perverso ed intrigante. Sapere che sto subendo quello che anche mia madre ha subito prima di me mi rende più profondamente femmina di qualunque altra possibile esperienza.
Essere usata da mio padre, da Antonio o dagli uomini a cui mi presta esclusivamente per la propria soddisfazione sessuale mi rende, incredibilmente, orgogliosa.
Subire le più oscene umiliazioni mi procura intensi e travolgenti orgasmi.
Nonostante i miei 20 anni mi sento molto più donna di molte mie coetanee, apprezzata, desiderata ed utilizzata esattamente per quello che sono, un animale da sesso.
Può sembrare incredibile ma quando mi viene ordinato di allargare le cosce per mostrare agli ospiti di mio padre il mio sesso, dalle labbra pronunciate e rosse, sono orgogliosa di poter mostrare una bella figa e di far fare una bella figura a mio padre. Così come sono felice quando mi toccano e mi esplorano e quando si accomodano dentro di me, nella mia bocca, nel sesso o nelle terga e mi trovano accogliente, calda e comoda
.Sono grata di essere punita e picchiata per ogni più piccola mancanza, anche perché ogni punizione si trasforma inevitabilmente in qualcosa di sessuale; se decidono di picchiarmi facilmente finiscono per colpirmi sul sesso sui seni, provocandomi ulteriori eccitazioni.
Mi dispiace moltissimo che mio padre demandi il compito di frustarmi e picchiarmi regolarmente ad Antonio, invece di farlo lui direttamente, ma credo che sia una ulteriore forma di dominazione: fare picchiare la propria schiava da altri per il proprio divertimento e gustarne poi il risultato visivo è, in fondo, null'altro che una ulteriore umiliazione.
Quando mio padre mi ordina di sedermi sulla sua scrivania, con i piedi sui braccioli della sua poltrona in modo che lui, seduto comodamente, possa gustare la visione del mi sesso esposto, faccio molta cura a sedermi sul bordo in modo da lasciare a portata di mano anche l'ano oltre che la figa: so che gli piace accarezzarmi ed esplorarmi comodamente. Ho anche imparato, a suon di schiaffi per la verità, a restare immobile in quella posizione anche quando qualcuno entra all'improvviso nello studio di mio padre, sia che si tratti di Antonio, sia che si tratti di estranei. Le prime volte la reazione istintiva di coprirmi e comunque di nascondere quella situazione imbarazzante faceva infuriare mio padre:
“Ma vuoi capire Laura che tu devi restare a disposizione qualunque sia la situazione in cui ti trovi?!”
E giù ceffoni:
“ Non sei altro che un oggetto, e quindi se io o chiunque altro ti sta toccando tu devi restare immobile ed esposta e lasciarti toccare anche se qualcuno entra improvvisamente nella stanza.”
Solo con il tempo ho capito che mio padre faceva apposta a farmi sorprendere in quelle umilianti situazioni per il proprio divertimento e per saggiare il mio livello di sottomissione.
Lui stesso ha dovuto ammettere che sono molto più sottomessa di mia madre e di tutte la ragazze che ha usato.
Fino al punto che ho accettato persino quello che mio padre e Antonio hanno pensato d'impormi qualche settimana fa.
Ho già raccontato nella precedente lettera di come mio padre non mi presenti mai come sua figlia, d'altronde non sarebbe possibile. Mi presenta sempre e semplicemente come la sua schiava, in maniera che i suoi ospiti sappiano da subito come comportarsi con me e non abbiano nessun tipo di remora nei miei confronti. Sanno da subito che possono pretendere da me ogni oscenità ed usarmi come desiderano.
Qualche settimana fa durante una delle cene di mio padre in cui io ero tenuta servire ad intrattenere i suoi ospiti, uno di questi, un medico proprietario di una importante clinica privata, era particolarmente affascinato dalla possibilità di avere una ragazza giovane e bella a propria completa disposizione. Continuava a chieder a mio padre quali fossero i limiti nell'utilizzarmi:
“Ingegnere, ma davvero è possibile picchiarla per divertirci?”
“Dottore, la mia schiava può picchiarla, palpeggiarla, esaminarla e montarla a suo piacere.”
“Posso picchiarla anche sul sesso?”
Mio padre sorrise, poi rivolto a me:
“Cagna, mettiti sul divano a cosce larghe che il dottore vuole divertirsi...”
Ubbidii e rimasi con il sesso esposto alla vista degli ospiti che mi guardavano in silenzio.
Poi ancora rivolto al suo ospite, mio padre disse:
“Vuole usare un frustino o preferisce usare le mani? Io le consiglierei di picchiarla a mani nude per gustare la morbidezza della labbra della sua figa, e poi, contrariamente a quello che potrebbe pensare, è più doloroso per lei, mi creda”
Il dottore si sedette accanto a me e cominciò a toccarmi il sesso:
“Dottore la colpisca forte, altrimenti la cagna gode...”
Allora cominciò a colpirmi sul pube, sempre più forte; mi avrà dato una cinquantina di colpi prima di fermarsi con la mano dolorante, lasciandomi in lacrime e con la figa gonfia e violacea a disposizione degli sguardi.
Poi la cena riprese e io continuai a servire mio padre e i suoi ospiti camminando a fatica per il dolore all'inguine.
A questo punto fui testimone della incredibile richiesta che mi riguardava.
Il dottore chiese a mio padre:
“Non ha mai pensato di farla lattare?”
“Cosa intende dottore?”
“Stavo pensando, una così bella femmina con quelle splendide mammelle che si ritrova sarebbe perfetta se producesse del latte. E' molto buono e nutriente. Sarebbe una rarità da offrire ai suoi ospiti, magari per allungare il caffè. Inoltre mungerla sarebbe un piacere:”
“Mi spieghi meglio dottore, come sarebbe possibile?”
Rispose mio padre già interessato.
“Con delle iniezioni nelle tette, dolorose ma abbiamo visto che la sua schiava subisce docilmente il dolore anzi, sarebbe una nuova divertente tortura. La manda da me in clinica tre volte alla settimana e io le assicuro latte di vacca giovane fresco in una settimana. Si ricordi però che dovrà farla mungere due volte tutti i giorni; se la cosa le venisse a noia sospendendo le punture in pochi giorni cesserebbe la montata lattea.”
Mio padre rimase in silenzio per qualche secondo, pensando alla assurda proposta, poi guardandomi chiese al dottore:
“Ma le tette si rovineranno?”
“Ma no ingegnere, è ancora giovane e non dovrebbero esserci problemi. Anzi, le verranno due belle tettone piene e sode con i capezzoli lunghi e sensibili. Certo se la cosa viene prolungata nel tempo è possibile che, quando si smetterà, le diventino un pò cadenti ma resterebbero comunque piacevoli da toccare, specialmente facendole penzolare...”
Mio padre guardò Antonio e poi me, infine disse:
“Dottore facciamo una prova. Domattina il mio segretario le porterà la schiava in clinica: cominci pure la cura a faccia in modo che sia dolorosa.”
Poi dovetti infilarmi sotto il tavolo per soddisfare il dottore, mio padre e gli altri due ospiti che a causa del discorso appena sentito, erano eccitatissimi.
La mattina dopo, dopo avere pulito le scarpe a mio padre come ogni mattina strusciandomi con la figa e leccandole con la lingua, Antonio mi condusse in clinica. Fummo ricevuti da una infermiera che ci disse: “Vi aspettavamo. Il dottore ci ha informato che la signora non ha avuto la montata lattea naturalmente e che quindi occorre procurargliela artificialmente.”
Ci accompagnò in uno studio e mi disse di scoprire i seni ed attendere l'arrivo del dottore.
Mi levai la giacca e rimasi con i seni nudi. Antonio si sedette e io restai in piedi in quanto non mi aveva dato il permesso di sedermi.
Dopo circa 10 minuti arrivò il dottore, accompagnato da due suoi colleghi; salutò Antonio e poi, indicandomi con la mano si rivolse ai colleghi:
“Che vi dicevo? Non è bella?!”
Poi rivolto a me:
“Levati anche la gonna... Come ti chiami, non lo so...”
Antonio rispose al mio posto:
“La chiami pure cagna: è abituata così...”
“Uhm..., fantastico: Va bene cagna, via la gonna. Voglio che i miei colleghi ti vedano bene. Non mi credevano quando ho raccontato loro cosa sei e quanto sei bella:”
Mi levai la gonna e rimasi esposta agli sguardi lascivi:
“Guardate, ha ancora la figa rossa e gonfia per gli schiaffi che si è beccata ieri sera. Non è fantastica?!”
Mi venne vicino e mi fece allargare di più le cosce per potermi toccare più comodamente.
Anche i suoi colleghi si avvicinarono e presero a palpeggiarmi senza ritegno, mentre il dottore parlava con Antonio:
“Solitamente utilizziamo tecniche che rendano il dolore meno intenso, ma l'ingegnere ha richiesto esplicitamente di farle male e quindi provvederemo in questo modo. Tutte le mattine che la porterà qui verrà sottoposta ad una sedute di schiaffi sulle mammelle, in modo da renderle più sensibili e doloranti. A questo provvederanno con piacere i miei collaboratore. Poi procederemo alle iniezioni direttamente nell'aureola dei capezzoli, dove è più doloroso, penetrando con l'ago per circa due centimetri.”
Antonio rispose: D'accordo, faccia lei.”
E così cominciò la tortura.
Mi legarono le braccia dietro la schiena, tirandole in alto e fissandole ad una catena che pendeva dal soffitto. In questo modo ero costretta a stare chinata in avanti a novanta gradi, lasciando penzolare i seni. Poi i due colleghi del dottore cominciarono a colpirmi i seni con la mano aperta, schiaffeggiandoli uno da una parte l'altro dall'altra, fino a quando le mie mammelle non furono rosse e doloranti.
Il dottore disse:
“Lasciamola qui per qualche minuto in modo che il dolore possa propagarsi a tutta la mammella. Intanto andiamo a farci un caffè.”
Uscirono per qualche minuto e quando rientrarono effettivamente il seni mi bruciavano come se vi avessero versato del liquido bollente. Mi liberarono le braccia ma non i polsi ed i due assistenti mi tennero per i gomiti mentre il dottore esaminava i miei seni. Poi, senza nessuna delicatezza e preavviso, mi afferrò una tetta con una mano ed infilò l'ago con decisione a pochi millimetri dal capezzolo. Urlai pensando di svenire per il dolore, ma non svenni ed il dottore ridendo disse:
“Fai la brava cagna, dobbiamo bucherellarti anche l'altra tetta e poi è meglio che ti abitui: questa cura dovrai farla tre volte alla settimana...”
Dopo una decina di giorni avevo le mammelle gonfie di latte ed i capezzoli di colore rosso bruno, duri e straordinariamente lunghi.
Da allora, ed è quasi un mese oramai, due volte al giorno, alla sera ed alla mattina, vengo munta.
A volte manualmente per divertire gli ospiti di mio padre, a volte meccanicamente con una mungitrice automatica. Si tratta di un apparecchio che viene utilizzato per le mucche e che è stato adattato per aspirare il latte dalle mie mammelle. Latte che mio padre usa per la propria colazione o da offrire ai sui ospiti, specificandone la provenienza. Capita spesso che però venga usato per i gatti di mio padre o che venga semplicemente buttato via.
Una sera che ne era avanzato, durante una delle cene di mio padre, uno degli ospiti che aveva bevuto più del dovuto prese la caraffa che conteneva il mio latte e ci urinò dentro, creando un miscuglio di urina, sperma e latte umano che mi ordinarono di leccare tutto a quattro zampe, con grande divertimento degli altri ospiti.
A volte devo strizzarmi le mammelle da sola per fare uscire il liquido che qualcuno succhia direttamente dal mio seno. Mio padre preferisce strizzarmi lui e succhiare, come un bambino, direttamente di miei capezzoli. In qui momenti sono felice.
Tre volte alla settimana vado in clinica per il trattamento ed il dottore spesso ne approfitta per soddisfarsi con il mio corpo. Capita di sovente che i suoi assistenti siano impegnati in qualche visita ed allora sono costretta a schiaffeggiarmi i seni da sola fino ad ottenere la giusta tonalità di viola. Non occorre più legarmi le braccia ed i polsi: come predetto dal dottore, mi ci sono abituata.
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