Unico Desiderio

di
genere
poesie

Roberto si alzò al suono della sveglia, andò in bagno, una doccia, un caffé. L'ascensore, l'auto, l'ufficio. La mensa, l'ufficio, l'auto, l'ascensore, casa. Le sei di pomeriggio. Steso sul divano davanti alla tv, telecomando in mano, birra sul tavolo affianco, l'uomo pensava. Un'altra giornata inutile, come tutte da quel giorno in poi, casa-lavoro-casa-amici-forse una scopata-casa-sonno-... in un ciclo inutile e ripetitivo.
"Maledetto il giorno che ti ho conosciuta!" - pensò - Da allora la vita gli sembrava vuota e senza senso, non provava nessun piacere in tutto ciò che sino a quel giorno lo aveva soddisfatto.
"Non sono passati neanche venti giorno e mi sono ridotto ad una larva."
Squillò il telefono, due passi, la cornetta, una voce immediatamente riconoscibile.
- Ciao profugo!
- Ciao, Francesco, come va?
- A me tutto bene. Tu, almeno a giudicare dalla voce, non sei in gran forma, vero?
- Preferisco non parlarne, a che ora ci vediamo?
- Noi andiamo al "Arcans" per le undici, ci vediamo la?
- Ok, a più tardi.
Ora di uscire, scale, auto, semaforo.
"Ma dove cazzo vado?" - si chiese Roberto - "Non ho nessuna voglia di andare in quel inutile pub"
Al semaforo invece di girare a destra (La strada che lo avrebbe portato all'Arcans) tirò dritto, verso la periferia. Uscì dalla città, e guidò senza fermarsi sino a restare senza benzina.
Notte fonda, aperta campagna, una stradina senza luce e per nulla trafficata, nulla nello specchietto retrovisore, nulla davanti al parabrezza.
"Eccomi qua, bell'idiota che sono" - si disse - "Mettere benzina in città no! Era troppo normale per me! E ora come me ne vado da questo posto dimenticato da Dio?"
Per sua fortuna quella notte la temperatura non si abbassò di molto, e quindi non soffrì particolarmente il freddo. I primi raggi di sole lo svegliarono, scese dall'auto e iniziò a camminare in cerca di un qualche posto dove la civiltà avesse messo radici (E un telefono).
Decise di andare avanti, perché lungo la strada che aveva percorso in auto non ricordava di aver incontrato case di recente. Camminò a lungo, per ore, ma di case, o di qualsiasi altra forma di vita diversa dagli insetti che gli ronzavano intorno non ne vide neanche l'ombra. Spinto anche dalla fame che iniziava a farsi sentire andò avanti, sempre dritto per non perdere la strada del ritorno."Ma verso chi? Verso cosa" - Si chiese.
Un ponte! Un'opera umana! Iniziò a correre verso il ponte, inciampò, ruzzolò a terra, in una pozzanghera di acqua e fango, mentre si rialzava guardò verso il ponte "No è sparito!" Gli mancarono di colpo le forze, e si lasciò cadere di nuovo a terra. Chiuse gli occhi, li riaprì, ma vide ancora e solo la strada dritta e arida, riprovò ancora, chiuse e aprì più volte gli occhi, sino a quando non vide davanti a lui, con una mano tesa ad aiutarlo Claudia, la donna che aveva conosciuto venti giorni prima, e per la quale stava impazzendo. Si rialzò, cercò goffamente di scrollarsi di dosso il fango, lei con uno strattone lo tirò verso il suo corpo, portò le sue labbra sopra quelle sporche di Roberto, e in quel momento "DRIN DRIN....."
"Cazzo la sveglia! È ora di alzarmi che se arrivo tardi in ufficio anche oggi mi licenziano!"
di
scritto il
2009-12-07
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