Il cesto della biancheria - 1
di
GayBothWay
genere
gay
Ciao a tutti! Esordisco sul sito con questo racconto... Spero vi piaccia!
Mi chiamo Davide, sono un ragazzo gay e faccio l'università. Abito in un paesino in provincia di Torino, e tutti gli amici che ho sono… etero. Nell'adolescenza mi sono sempre masturbato immaginando di scopare con i miei amici, ma sapevo benissimo che non ci sarebbe stata nessuna possibilità che accadesse mai nulla con nessuno di loro. Quando iniziai a frequentare l'università e a farmi una vita sessuale vera e propria la cosa smise di pesarmi, avendo io trovato diversi maschi con cui sfogare le mie voglie, ma si sa che gli amici etero d'infanzia rimangono sempre le fantasie più piccanti che ci siano. Loro sapevano della mia omosessualità, ma sapevo bene che non mi sarei mai tolto lo sfizio di toccare qualcuno dei miei amici… o almeno così credevo fino a un pomeriggio di qualche anno fa!
Mi trovavo a casa di Marco per studiare. Io non sono un brutto ragazzo (abbastanza magro, fisico asciutto anche se non faccio molto sport, capelli ricci e castani), ma lui era proprio sexy: il fisico era muscoloso grazie al nuoto e dalla palestra che faceva da anni, era non troppo alto ma ben piantato, con le spalle larghe, le mani grandi e forti e due gambe tra cui qualunque ragazzo passivo come me avrebbe sognato trovarsi. Sul viso si lasciava crescere una barba lievemente incolta che faceva molto cattivo ragazzo, i capelli neri avevano un taglio molto corto e sul petto aveva quel po' di peluria che gli dava quel tocco in più. Insomma, un adone! Peccato fosse fidanzato: da due anni e mezzo stava con una ragazza di nome Marta, conosciuta tramite amici di calcetto. Entrambi lavoravano: Marco non aveva fatto l'università come molti di noi, ma aveva seguito un corso di pasticceria dopo aver fatto la scuola alberghiera, e aveva trovato quasi subito lavoro, mentre Marta faceva l'infermiera. All'alba dei 24 anni così erano stati i primi del nostro gruppo di amici a prendere casa. Convivevano in un piccolo appartamento, che presto era diventato il nostro luogo di ritrovo per cene e feste insieme, ma l'avevano messa anche a disposizione per chi di noi volesse un posto tranquillo e silenzioso dove studiare senza dover per forza andare in aula studio a Torino. In sessione esami capitava spesso di trovarci in quattro o cinque a casa loro a studiare, per poi pranzare o cenare tutti insieme, a seconda dei loro turni.
Tutto cominciò in un pomeriggio piovoso di gennaio, un martedì. Marco era a casa e io e altri due nostri amici ci eravamo chiusi a studiare nel suo salotto; lui ci faceva compagnia (aveva preso a fare esercizi di inglese e di altre lingue per allenarsi e sfruttare anche lui quel clima di concentrazione). In quel periodo andavamo spesso da lui perché Marta aveva vinto una borsa di studio per una masterclass a Lucca che la costringeva a passare lì sei giorni al mese, durante i quali Marco era solo a casa. Dopo poco più di un'ora che avevamo iniziato decisi a un certo punto di andare in bagno, anche per fare una pausa e sgranchirmi un po' le gambe.
Mentre pisciavo lasciai vagare lo sguardo in giro per il bagno, annoiato dalla materia che non mi interessava un granché, quando l'occhio mi cadde sul cesto della biancheria sporca. Non l'avrei mai notato normalmente, e tutte le volte precedenti in cui ero stato in quel bagno non l'avevo mai fatto, ma questa volta un particolare catturò la mia attenzione. Il coperchio del cesto era mezzo sollevato a causa del mucchio di roba che stava strabordando da sotto, ma quello che mi aveva colpito era un pezzo di stoffa viola, con quella che sembrava una macchia viola scuro. Intuendo cosa potesse essere mi sgrullai l'uccello e lo rimisi nei pantaloni della tuta, poi tirai l'acqua e mi avvicinai. Lo presi in mano: sì, era proprio uno slip con una bella macchia grande e scura sul davanti. Non potei fare a meno di annusare. Sborra, altrochè. L'odore si levava intenso e inconfondibile… ma sotto c'era anche altro, un pungente odore di sudore. Era da tanto che non fantasticavo su Marco, ma appena mi ritrovai in mano con le sue mutande usate mi eccitai all'improvviso. Non ero mai stato così vicino al suo cazzo, figuriamoci alla sua sborra!
Diedi un'altra annusata profonda, a occhi chiusi. Sentivo la voglia di cazzo montare in me. Quando sale così tanto, c'è poco da fare, l'unica cosa a cui si riesce a pensare è di ricevere un bel cazzo da lavorare e venerare in tutti i modi possibili, non importa da dove arrivi o a chi appartenga. Annusai ancora, portando le mutande macchiate così vicine al naso che quasi mi sfioravano la bocca, desiderando di avere davanti il vero cazzo di Marco… abbassai la mano destra per toccarmi l'uccello duro, quando all'improvviso sentii dei passi che si avvicinavano. Riuscii ad allontanare in fretta le mutande dalla faccia, ma la porta si aprì mentre le avevo ancora in mano.
-Dave, sei caduto nel cesso o… ehi, che cazzo fai?- Era proprio Marco. Lo guardai, lo sguardo stupito, incorniciato dagli stipiti della porta aperta che non avevo chiuso a chiave. Mi affrettai ad appoggiare lo slip sul cesto della biancheria. -Erano cadute per terra, le ho solo raccolte- dissi, mentre mi sentivo arrossire. Mi lavai le mani in fretta.
-Ah… ok.- disse Marco. Non sembrava molto convinto, ma non disse altro. Seguii il suo sguardo e capii che aveva individuato la mia erezione, che si intravedeva da sotto la tuta. Rimanemmo in silenzio ancora un attimo, poi lui si scostò appena per permettermi di passare, ma fui comunque costretto a passargli molto vicino. Raggiunsi di nuovo gli altri in salotto e riaprii i libri, ma la testa era altrove. Sentivo ancora l'alito caldo di Marco sul collo, mentre lo superavo per uscire dal bagno.
Pensavo di seppellire l'imbarazzo e di non parlarne più, credendo che Marco avesse creduto alla mia bugia o almeno avesse finto di farlo, ma tre giorni dopo le cose cambiarono. Eravamo andati a studiare da Marco anche mercoledì e giovedì, ma visto quanto era successo avevo fatto ben attenzione a evitare di andare in bagno, per non dargli l'impressione di voler andare a cercare apposta le sue mutande. In realtà non volevo altro, in quelle sere mi ero segato furiosamente pensando a che sapore dovesse avere quella stoffa al gusto di sperma, ma un conto è fare la troia con degli scopamici, un altro è farti beccare da un amico con le sue mutande in mano. Non volevo si incrinasse il nostro rapporto.
Ma come scoprii presto non c'era pericolo.
Il venerdì Marco faceva pomeriggio così ci aveva invitati a studiare al mattino fino all'ora di pranzo, quando sarebbe andato a lavoro lasciandoci le chiavi per poter rimanere anche nel pomeriggio, se volevamo. Per studiare il più possibile eravamo andati da lui presto, alle 8.30 già eravamo chini sui libri, dopo un caffè lungo che ci aveva offerto. Quella mattina non potei resistere e fui costretto a tornare nel suo bagno; un po' mi vergognavo a immaginare cosa potesse pensare, ma mentre mi alzavo non mi degnò di uno sguardo. Appena entrato nel gabinetto però lo vidi: un altro paio di mutande, blu, lasciate sulla cima della pila di vestiti sporchi, nascoste nemmeno con troppa attenzione sotto una canottiera bianca. Le afferrai subito (stavolta chiusi la porta a chiave) e le sollevai: sporche anche queste, anzi, le macchie di sborra erano ancora fresche! Non riuscivo a crederci. Ormai dimenticato il bisogno di pisciare, sentii il cazzo indurirsi sotto i pantaloni e abbassai subito una mano a toccarmi. L'odore forte mi riempiva le narici e mi mandava in estasi. Andai a sedermi sul gabinetto, dopo essermi abbassato tuta e boxer con la mano destra afferrai il cazzo duro; con la sinistra mi tenevo le mutande di Marco a un centimetro di distanza dal naso, inspirando l'odore maschio che emanavano. Mi smanettavo sempre più velocemente, presi ad ansimare sottovoce, respirando con il naso praticamente attaccato agli slip sporchi. In preda all'eccitazione tirai fuori la lingua e lappai via le gocce che ancora rimanevano sulla stoffa. Cercai di gustarle il più possibile, assaporandole e passandole sulla lingua, ma il sapore era rovinato dalla sensazione ruvida della stoffa. Le tenni strette tra i denti e me le premetti sul naso, respirando sempre più forte, sempre più in profondità. Mi immaginai di essere a pecora sul letto di Marco, con lui che mi scopava schiacciandomi sul materasso mentre con una mano mi teneva quelle stesse mutande premute sul volto e mi ansimava sul collo…
Perso in questa immagine goduriosa esplosi in un orgasmo dirompente. Per fortuna riuscii a fermare la maggior parte dello sperma con la mano, anche se un po' finì sul tappeto e sul lavandino, mentre il mio gemito semi trattenuto fu soffocato dalla stoffa che ora, oltre alle tracce di sborra, era zuppa della mia saliva. Togliendole per posarle di nuovo nel cesto mi resi conto che me ne era addirittura colata un po' sul mento senza che me ne accorgessi.
Mi ripulii e pulii le tracce della mia sborrata. Tirai lo sciacquone e raggiunsi gli altri, simulando indifferenza.
-Svuotato?- mi chiese Marco.
-In che senso?- risposi, il mio tentativo di non impanicarmi già fallito.
-Sei rimasto in bagno un casino di tempo. Devi aver pisciato tutto il Po praticamente- disse a mo' di battuta, facendo ridere gli altri. Mi costrinsi a ridere anch'io e dissi qualcosa sul fatto che mi ero perso a guardare Facebook. Fui colpito da un pensiero che prima non avevo realizzato: le mutande erano messe nella stessa identica posizione di qualche giorno prima, erano nascoste malamente, in modo che non fossero del tutto coperte, e il coperchio del cesto non c'era, in modo che il caos fosse ben visibile. Certo, gli altri, etero com'erano, non avrebbero notato più di tanto un paio di mutande, erano un indumento come un altro, ma io non potevo farmele sfuggire. Sembrava proprio un'esca e sembrava che io avessi abboccato. Gli scrissi un messaggio: "A che gioco stai giocando?"
"In che senso?", mi rispose lui facendomi il verso.
"Dai, hai capito…"
"Ti giuro di no, parla chiaro"
"Le tue mutande in bagno"
"Che avevano? Di nuovo cadute a terra per caso?" Al messaggio aggiunse anche uno smile che faceva l'occhiolino. Ecco, avevo la prova che aveva sistemato la scena appositamente in quel modo.
"No non erano cadute, ma le lasci un po' troppo in giro…"
"Beh martedì non sembrava ti dessero così fastidio, o sbaglio?" Rimasi un po' stupito e imbarazzato: come sospettavo aveva capito benissimo cos'era successo. Ma ora non capivo dove volesse andare a parare.
"Di nuovo… a che gioco stai giocando?"
"Non posso dirtelo per messaggio, e ora ci sono gli altri. Se ti fermi stasera quando torno da lavoro te lo spiego."
Gli altri non si erano accorti del nostro scambio silenzioso. Al suo ultimo messaggio sentii un rimescolamento nella zona inguinale, ma non credevo che Marco avesse intenzione di provarci con me, dal momento che era anche fidanzato. Volevo capirci di più, ma a ogni mio nuovo messaggio lui rispondeva solo con "stasera". Così alla fine mi rassegnai ad aspettare.
Mi chiamo Davide, sono un ragazzo gay e faccio l'università. Abito in un paesino in provincia di Torino, e tutti gli amici che ho sono… etero. Nell'adolescenza mi sono sempre masturbato immaginando di scopare con i miei amici, ma sapevo benissimo che non ci sarebbe stata nessuna possibilità che accadesse mai nulla con nessuno di loro. Quando iniziai a frequentare l'università e a farmi una vita sessuale vera e propria la cosa smise di pesarmi, avendo io trovato diversi maschi con cui sfogare le mie voglie, ma si sa che gli amici etero d'infanzia rimangono sempre le fantasie più piccanti che ci siano. Loro sapevano della mia omosessualità, ma sapevo bene che non mi sarei mai tolto lo sfizio di toccare qualcuno dei miei amici… o almeno così credevo fino a un pomeriggio di qualche anno fa!
Mi trovavo a casa di Marco per studiare. Io non sono un brutto ragazzo (abbastanza magro, fisico asciutto anche se non faccio molto sport, capelli ricci e castani), ma lui era proprio sexy: il fisico era muscoloso grazie al nuoto e dalla palestra che faceva da anni, era non troppo alto ma ben piantato, con le spalle larghe, le mani grandi e forti e due gambe tra cui qualunque ragazzo passivo come me avrebbe sognato trovarsi. Sul viso si lasciava crescere una barba lievemente incolta che faceva molto cattivo ragazzo, i capelli neri avevano un taglio molto corto e sul petto aveva quel po' di peluria che gli dava quel tocco in più. Insomma, un adone! Peccato fosse fidanzato: da due anni e mezzo stava con una ragazza di nome Marta, conosciuta tramite amici di calcetto. Entrambi lavoravano: Marco non aveva fatto l'università come molti di noi, ma aveva seguito un corso di pasticceria dopo aver fatto la scuola alberghiera, e aveva trovato quasi subito lavoro, mentre Marta faceva l'infermiera. All'alba dei 24 anni così erano stati i primi del nostro gruppo di amici a prendere casa. Convivevano in un piccolo appartamento, che presto era diventato il nostro luogo di ritrovo per cene e feste insieme, ma l'avevano messa anche a disposizione per chi di noi volesse un posto tranquillo e silenzioso dove studiare senza dover per forza andare in aula studio a Torino. In sessione esami capitava spesso di trovarci in quattro o cinque a casa loro a studiare, per poi pranzare o cenare tutti insieme, a seconda dei loro turni.
Tutto cominciò in un pomeriggio piovoso di gennaio, un martedì. Marco era a casa e io e altri due nostri amici ci eravamo chiusi a studiare nel suo salotto; lui ci faceva compagnia (aveva preso a fare esercizi di inglese e di altre lingue per allenarsi e sfruttare anche lui quel clima di concentrazione). In quel periodo andavamo spesso da lui perché Marta aveva vinto una borsa di studio per una masterclass a Lucca che la costringeva a passare lì sei giorni al mese, durante i quali Marco era solo a casa. Dopo poco più di un'ora che avevamo iniziato decisi a un certo punto di andare in bagno, anche per fare una pausa e sgranchirmi un po' le gambe.
Mentre pisciavo lasciai vagare lo sguardo in giro per il bagno, annoiato dalla materia che non mi interessava un granché, quando l'occhio mi cadde sul cesto della biancheria sporca. Non l'avrei mai notato normalmente, e tutte le volte precedenti in cui ero stato in quel bagno non l'avevo mai fatto, ma questa volta un particolare catturò la mia attenzione. Il coperchio del cesto era mezzo sollevato a causa del mucchio di roba che stava strabordando da sotto, ma quello che mi aveva colpito era un pezzo di stoffa viola, con quella che sembrava una macchia viola scuro. Intuendo cosa potesse essere mi sgrullai l'uccello e lo rimisi nei pantaloni della tuta, poi tirai l'acqua e mi avvicinai. Lo presi in mano: sì, era proprio uno slip con una bella macchia grande e scura sul davanti. Non potei fare a meno di annusare. Sborra, altrochè. L'odore si levava intenso e inconfondibile… ma sotto c'era anche altro, un pungente odore di sudore. Era da tanto che non fantasticavo su Marco, ma appena mi ritrovai in mano con le sue mutande usate mi eccitai all'improvviso. Non ero mai stato così vicino al suo cazzo, figuriamoci alla sua sborra!
Diedi un'altra annusata profonda, a occhi chiusi. Sentivo la voglia di cazzo montare in me. Quando sale così tanto, c'è poco da fare, l'unica cosa a cui si riesce a pensare è di ricevere un bel cazzo da lavorare e venerare in tutti i modi possibili, non importa da dove arrivi o a chi appartenga. Annusai ancora, portando le mutande macchiate così vicine al naso che quasi mi sfioravano la bocca, desiderando di avere davanti il vero cazzo di Marco… abbassai la mano destra per toccarmi l'uccello duro, quando all'improvviso sentii dei passi che si avvicinavano. Riuscii ad allontanare in fretta le mutande dalla faccia, ma la porta si aprì mentre le avevo ancora in mano.
-Dave, sei caduto nel cesso o… ehi, che cazzo fai?- Era proprio Marco. Lo guardai, lo sguardo stupito, incorniciato dagli stipiti della porta aperta che non avevo chiuso a chiave. Mi affrettai ad appoggiare lo slip sul cesto della biancheria. -Erano cadute per terra, le ho solo raccolte- dissi, mentre mi sentivo arrossire. Mi lavai le mani in fretta.
-Ah… ok.- disse Marco. Non sembrava molto convinto, ma non disse altro. Seguii il suo sguardo e capii che aveva individuato la mia erezione, che si intravedeva da sotto la tuta. Rimanemmo in silenzio ancora un attimo, poi lui si scostò appena per permettermi di passare, ma fui comunque costretto a passargli molto vicino. Raggiunsi di nuovo gli altri in salotto e riaprii i libri, ma la testa era altrove. Sentivo ancora l'alito caldo di Marco sul collo, mentre lo superavo per uscire dal bagno.
Pensavo di seppellire l'imbarazzo e di non parlarne più, credendo che Marco avesse creduto alla mia bugia o almeno avesse finto di farlo, ma tre giorni dopo le cose cambiarono. Eravamo andati a studiare da Marco anche mercoledì e giovedì, ma visto quanto era successo avevo fatto ben attenzione a evitare di andare in bagno, per non dargli l'impressione di voler andare a cercare apposta le sue mutande. In realtà non volevo altro, in quelle sere mi ero segato furiosamente pensando a che sapore dovesse avere quella stoffa al gusto di sperma, ma un conto è fare la troia con degli scopamici, un altro è farti beccare da un amico con le sue mutande in mano. Non volevo si incrinasse il nostro rapporto.
Ma come scoprii presto non c'era pericolo.
Il venerdì Marco faceva pomeriggio così ci aveva invitati a studiare al mattino fino all'ora di pranzo, quando sarebbe andato a lavoro lasciandoci le chiavi per poter rimanere anche nel pomeriggio, se volevamo. Per studiare il più possibile eravamo andati da lui presto, alle 8.30 già eravamo chini sui libri, dopo un caffè lungo che ci aveva offerto. Quella mattina non potei resistere e fui costretto a tornare nel suo bagno; un po' mi vergognavo a immaginare cosa potesse pensare, ma mentre mi alzavo non mi degnò di uno sguardo. Appena entrato nel gabinetto però lo vidi: un altro paio di mutande, blu, lasciate sulla cima della pila di vestiti sporchi, nascoste nemmeno con troppa attenzione sotto una canottiera bianca. Le afferrai subito (stavolta chiusi la porta a chiave) e le sollevai: sporche anche queste, anzi, le macchie di sborra erano ancora fresche! Non riuscivo a crederci. Ormai dimenticato il bisogno di pisciare, sentii il cazzo indurirsi sotto i pantaloni e abbassai subito una mano a toccarmi. L'odore forte mi riempiva le narici e mi mandava in estasi. Andai a sedermi sul gabinetto, dopo essermi abbassato tuta e boxer con la mano destra afferrai il cazzo duro; con la sinistra mi tenevo le mutande di Marco a un centimetro di distanza dal naso, inspirando l'odore maschio che emanavano. Mi smanettavo sempre più velocemente, presi ad ansimare sottovoce, respirando con il naso praticamente attaccato agli slip sporchi. In preda all'eccitazione tirai fuori la lingua e lappai via le gocce che ancora rimanevano sulla stoffa. Cercai di gustarle il più possibile, assaporandole e passandole sulla lingua, ma il sapore era rovinato dalla sensazione ruvida della stoffa. Le tenni strette tra i denti e me le premetti sul naso, respirando sempre più forte, sempre più in profondità. Mi immaginai di essere a pecora sul letto di Marco, con lui che mi scopava schiacciandomi sul materasso mentre con una mano mi teneva quelle stesse mutande premute sul volto e mi ansimava sul collo…
Perso in questa immagine goduriosa esplosi in un orgasmo dirompente. Per fortuna riuscii a fermare la maggior parte dello sperma con la mano, anche se un po' finì sul tappeto e sul lavandino, mentre il mio gemito semi trattenuto fu soffocato dalla stoffa che ora, oltre alle tracce di sborra, era zuppa della mia saliva. Togliendole per posarle di nuovo nel cesto mi resi conto che me ne era addirittura colata un po' sul mento senza che me ne accorgessi.
Mi ripulii e pulii le tracce della mia sborrata. Tirai lo sciacquone e raggiunsi gli altri, simulando indifferenza.
-Svuotato?- mi chiese Marco.
-In che senso?- risposi, il mio tentativo di non impanicarmi già fallito.
-Sei rimasto in bagno un casino di tempo. Devi aver pisciato tutto il Po praticamente- disse a mo' di battuta, facendo ridere gli altri. Mi costrinsi a ridere anch'io e dissi qualcosa sul fatto che mi ero perso a guardare Facebook. Fui colpito da un pensiero che prima non avevo realizzato: le mutande erano messe nella stessa identica posizione di qualche giorno prima, erano nascoste malamente, in modo che non fossero del tutto coperte, e il coperchio del cesto non c'era, in modo che il caos fosse ben visibile. Certo, gli altri, etero com'erano, non avrebbero notato più di tanto un paio di mutande, erano un indumento come un altro, ma io non potevo farmele sfuggire. Sembrava proprio un'esca e sembrava che io avessi abboccato. Gli scrissi un messaggio: "A che gioco stai giocando?"
"In che senso?", mi rispose lui facendomi il verso.
"Dai, hai capito…"
"Ti giuro di no, parla chiaro"
"Le tue mutande in bagno"
"Che avevano? Di nuovo cadute a terra per caso?" Al messaggio aggiunse anche uno smile che faceva l'occhiolino. Ecco, avevo la prova che aveva sistemato la scena appositamente in quel modo.
"No non erano cadute, ma le lasci un po' troppo in giro…"
"Beh martedì non sembrava ti dessero così fastidio, o sbaglio?" Rimasi un po' stupito e imbarazzato: come sospettavo aveva capito benissimo cos'era successo. Ma ora non capivo dove volesse andare a parare.
"Di nuovo… a che gioco stai giocando?"
"Non posso dirtelo per messaggio, e ora ci sono gli altri. Se ti fermi stasera quando torno da lavoro te lo spiego."
Gli altri non si erano accorti del nostro scambio silenzioso. Al suo ultimo messaggio sentii un rimescolamento nella zona inguinale, ma non credevo che Marco avesse intenzione di provarci con me, dal momento che era anche fidanzato. Volevo capirci di più, ma a ogni mio nuovo messaggio lui rispondeva solo con "stasera". Così alla fine mi rassegnai ad aspettare.
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