Rose the Slut

di
genere
orge





Finalmente Rose si era decisa, superate paure e inibizioni. La strada era illuminata fiocamente solo dalle tenui luci del locale. Scese dalla macchina, si incamminò in quella strada sporca e mal tenuta. Si era vestita in modo quasi fiabesco, come una moderna cinderella. Completamente depilata, aveva indossato calze autoreggenti bianco-latte con un alto bordo di pizzo ricamato, una gonnellina leggera azzurra plissettata, un top bianco di organzina tagliato a balconcino per dar risalto al suo seno giovane e sodo, un collare di cuoio nero su cui piccoli diamanti componevano la scritta 'SLUT', il tutto coperto da una mantellina sempre azzurra come i suoi occhi chiari, che facevano un meraviglioso contrasto con la chioma folta, mossa e corvina. Rose guardo la punta delle ballerine nere che aveva indosso e che le ricordavano il giorno in cui aveva avuto il suo primo orgasmo, mentre danzava alla festa del Papà organizzata a scuola. Aveva dodici anni e la forte vibrante emozione degli occhi di tutti quei papà (c'erano tutti, ma proprio tutti... tranne il suo) puntati su di lei che volteggiava in frenetici passi di danza moderna, quel turbamento unito allo sfregamento rapido delle cosce in quei passi sinuosi e serpeggianti, a lungo studiati, le avevano provocato uno strano pizzicore pungente al basso ventre, seguito da quella indescrivibile ondata di piacere.

Si era truccata ma non molto, abbastanza da sottolineare i suoi occhi grandi e azzurri e la bocca dalle labbra sensualissime. Era il rossetto molto grasso e sfacciato che la trasformava completamente nella puttana succhiacazzi che si sentiva dentro.

Aveva deciso di rompere gli indugi, di passare dalle fantasie alla realtà: era una troietta sottomessa e voleva godere di questo.
Il locale l'aveva trovato per caso: era un ritrovo di camionisti di passaggio che bevevano guardando film porno e giocando i soldi a carte.
Entrò , la stanza era piena di fumo, di rumore, odore di sudore e altri odori acri non definibili.
Ci fu un improvviso silenzio e alcuni uomini si girarono guardandola prima con sorpresa e poi con molto, molto interesse. Rose ebbe paura, la tentazione di tornare indietro era forte, qui c'era la realtà! Non si trattava più di fantasia o chat coi segaioli nella notte, ma di uomini, uomini veri.

Prima che potesse prendere un'altra decisione fu però afferrata per un braccio da un uomo alto, di circa 40 anni con i capelli biondi unti e lunghi che esclamò: "Signorinella bella, venga si accomodi, è sola?" Rose abbassò gli occhi annuendo ripetutamente con la testa, quasi incapace di tirare il fiato. Si avvicinò un' altro uomo più basso, con pancia prominente, che la squadrò dalla testa ai piedi e disse: "Ma guarda che bella ninfetta tutta vestita a festa, ed è anche sexy!” Le pose due grasse manone sulle spalle e le strinse, scivolando poi coi pollici sulle tette fino a sfiorarle i capezzoli, che subito reagirono inturgidendosi. Lui strabuzzò gli occhi dall'eccitazione ma non poté andare oltre perché ne sopraggiunse un terzo, il gestore del locale, che bruscamente scostò tutti via e ponendole il faccione a tre centimetri dal naso berciò:”Che cosa cerchi verginella, vuoi forse metterci nei guai? Come come ti chiami?”

Rose era nel panico, ma riuscì balbettando a dire: “Mi chiamo Rose ehm, ecco... vorrei passare un po' di tempo qui con voi...se lo desiderate...”
Lui si mise a ridere, poi come a testare la veridicità di quell'incredibile affermazione, le afferrò una tetta spostandole il corsetto, provocando a Rose un singulto di piacere. Quindi disse: “E' incredibile ragazzi, è il nostro giorno fortun...” un improvviso sospetto gli blocco la frase a mezzo. Repentinamente le passo la mano sotto la gonna e con facilità raggiunse l'inguine che sfregò rudemente, trovandolo liscio e già inumidito ma soprattutto privo di quel tipo di sorpresa che aveva sospettato. Quindi riprese il discorso: “Si, si. C'è da divertirsi sul serio stasera, questa troietta desidera che ci occupiamo di lei! VERO !?" Lei abbassò lo sguardo e chinò il capo dicendo: "Si signore." Ci furono risate sghignazzanti generali. Il barista disse: portatela di là, che chiudo il locale, non vogliamo certo essere disturbati.

Rose si sentì perduta. Non era proprio quello che si era immaginato. Capì che stava per esser violentata e poi chissà... Stava per mettersi ad urlare quando vide il barista che aveva già calato la saracinesca a metà, indietreggiare spinto da una figura massiccia che gli puntava la mano sinistra sul petto. Con la destra reggeva, appoggiato sulla spalla, quello che aveva tutta l'aria di essere un Remington calibro dodici.

Rose scrutò nel controluce le fattezze del nuovo arrivato e riconosce finalmente Giò, il suo zione paterno, col quale aveva avuto molta confidenza sin da ragazza, quando lo conobbe per la prima volta... e anche qualche slancio imbarazzante, subito represso data la parentela.

“E' caricato a pallini”- disse il nuovo arrivato puntando l'arma, altezza ombelico - “ e non so quanto sarebbe ampia la rosa, ne' quanti di voi stramazzerebbero al primo colpo.”
La stanza piombò in un silenzio tombale, nessuno muoveva un solo muscolo, gli occhi di tutti puntati sulla bocca del fucile.
“Una così bella donna viene a farvi un regalo e voi è così che la ricambiate? Abusando di lei e poi? Metterla a tacere definitivamente e sbattere il cadavere sotto uno dei vostri teloni per poi sbarazzarvene oltre confine?”

Giò sputò a terra con disgusto: “Ora fate come vuole lei. Da bravi, tutti intorno almeno a mezzo metro di distanza e osservate come ci sa fare” I sette presenti si raccolsero intorno a Rose come comandato. “Tu!” - Giò indicò il barista con una mossa della canna del fucile - ”metti su musica”.

L'oste accese la radio e la struggente melodia di “Into my arms” cantata dalla calda voce di Nick Cave si diffuse nel locale: “I don't believe in the existence of angels, but looking at you I wonder if that's true...".

Al lento ritmo della musica Rose iniziò a danzare sinuosamente, usando la mantella a mo' di velo e accarezzando lascivamente ogni parte del suo corpo. Chiunque avesse visto "Nove settimane e mezzo" avrebbe potuto riconoscere le stesse figure, la stessa sensualità che Kim Basinger aveva mostrato nel film. Sedotti completamente da quello spettacolo i sette omaccioni presenti presero a toccarsi il basso ventre e alcuni iniziarono ad estrarre il loro arnese.

"Into my arms, oh Lord, into my arms...  " Nick continuava a cantare. Lentamente, sempre muovendosi in quella danza inebriante, con mosse che scoprivano e subito ricoprivano le parti più voluttuose del suo corpo, in equilibrio magico e precario su due sedie, Rose iniziò a sfilarsi il candido slip di pizzo bianco, lenta, lasciva... poi con uno scatto lo lancio a Giò, che era il più lontano, colpendolo sul volto. Giò li afferrò al volo e se li infilò in tasca, sapendo che più tardi le sarebbero serviti. Rose saltò su un tavolino per poi mettersi in ginocchio e poi seduta sui suoi piedi, morbidamente avvolti nelle ballerine. Civettuola prese a succhiarsi l'indice sinistro, allargando le ginocchia a mostrare a tutti la visione paradisiaca della sua fessura già gravida di succosi umori. Stette così per diversi secondi, sapientemente lasciati agli spettatori perché si pascessero di quella vista, mentre Giò faceva chiaramente intendere col fucile, che nessuno era autorizzato a toccare nulla di quelle divine forme. Poi, sempre succhiandosi ora l'indice ora il pollice di una mano, con l'altra prese a carezzarsi lentamente la vulva. La girava intorno a spirale, prima in un senso, poi nell'altro, con volute più ampie, più strette... i cazzi di tutti rizzavano le teste come dandosi voce l'un l'altro, le manacce callosa avvolte a sfregarne su e giù la pelle. Rose ora era a bocca spalancata, con la lingua che ruotava sulle labbra, occhi socchiusi, una mano a torturarsi il seno ed i capezzoli e l'altra aveva già indice e medio infilati nella figa a fare dentro e fuori, mentre col pollice si sfregava il clitoride.

L'unico non coinvolto in questo rituale, era Giò, che controllava tutti come se fosse il mistico guardiano di quella messa nera, in adorazione della Dea Sgualdrina la quale si dava al piacere solitario, coinvolgendo e sconvolgendo quella massa d'uomini adoranti. Ora le mani di Rose sono entrambe sulla figa, con una si penetra convulsamente con tutte le dita raggruppate e con l'altra si sfrega il clitoride a ritmo forsennato. Tutti i maschi stanno grugnendo assatanati a quella vista, menandosi gli uccelli all'impazzata e prendono a sborrare e schizzando in giro il loro sperma, sporcandosi l'un l'altro. Allora, mentre le ultime note della canzone si spengono “i-into my arms” la Dea si svela nella sua compiuta forma. Quella che era Rose, ora completamente nuda, sta levitando a circa un metro sopra il tavolino. Il volto fiero trasfigurato in un sorriso ineffabile, nella perfetta posizione del loto, a braccia aperte e le mani atteggiate entrambe nel segno del Gyan Mudra, con il pollice e l'indice uniti a cerchio. Il suo inguine è una fonte accecante di luce, di colore cangiante in tutto lo spettro dell'arcobaleno, che si irradia illuminando come un sole tutta la stanza. Tutti cadono in ginocchio, spinti da una forza sconosciuta, sembrano in trance, un mantra si leva dalle loro labbra chiuse, come un sordo, vibrante mormorio continuo: “Ohm!”

Solo Giò resta in piedi. Si succhia un dente con uno schiocco, riappoggia il suo fucile sulla spalla e si avvia a passo dinoccolato verso l'uscita.
scritto il
2020-04-09
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