Messa all'asta - capitolo 4
di
Alex08
genere
dominazione
La macchina si fermò su una strada sterrata. Trattenni il fiato. Sentii i suoi passi e poi e il portabagagli che si apriva. Mi prese per il guinzaglio e mi disse di inginocchiarmi. Stavolta obbedii senza esitare e subito sentii i sassi perforarmi le ginocchia e i palmi delle mani. Arrancai cosi per una ventina di metri, fino alle scale che portavano allentrata della casa, che salii sempre a quattro zampe. Continuò a portarmi cosí anche per la casa, fino a che arrivammo in una camera da letto, grande, luminosa, letto matrimoniale al centro. Vidi subito la gabbia che era posta davanti al letto, a distanza di qualche metro. Dentro c'erano due ciotole per cani, una coperta, un piccolo cuscino e anche un paio di giocattoli.. Rimasi inorridita, ma uno strano brivido mi attraversò la schiena. Sentii il guinzaglio tirare violentemente e quegli occhi verdi abbassarsi quasi al mio livello: "Questa è la mia stanza e quella è la gabbia in cui dormirai e in cui passerai il tuo tempo, a meno che non ti tiri fuori per usare il tuo corpo. Ogni volta che ti farò uscire da lí verrai a quattro zampe verso di me, mi bacerai i piedi, uno alla volta e poi attenderai buona buona i miei ordini, OGNI VOLTA CHE TI FARÒ USCIRE DALLA GABBIA, osa trasgredire questa regola e rimpiangerai di essere stata cosi sciocca. Ti sposterai sempre camminando a quattro zampe, ti rivolgerai a me chiamandomi Padrone e parlerai solo se sarai interpellata. Ora ti faccio vedere l'altra stanza in cui passerai il tuo tempo". Mi trascinò fuori, lungo il corridoio fino a una porta nera. La aprí e accese la luce, poi mi fece scendere i 3 gradini. Mi fece alzare in piedi e rimasi allibita da tutti gli strumenti che c'erano li dentro. Strumenti per lo spanking di tutti i tipi, catene, manette, dildi e vibratori di tutte le dimensioni, un tavolino pieno di aghi, ganci, molletti e strani uncini appuntiti.Un aplareccio per la mungitura e una specie di fuck machine. C'erano anche un paio di apparecchi a cui legare qualcuno a braccia e gambe divaricate, alcune catene che pendevano dal soffitto e molte altre cose che non ero riuscita a identificare. La cosa piu racappricciante però era una specie di cavallina in mezzo alla stanza sulla quale c'erano fissati due dildi, uno di fronte all'altro. Lui vide che li stavo fissando e mi presentò l'apparecchio: "Qui sopra passerai 3 ore la mattina e 3 ore la sera, verrai allenata a essere allargata. Ogni tre giorni infileremo dei dildi piú lunghi ma soprattutto piú grossi nei quali ti siederai, uno nella figa e uno nel culo. Allo spesso tempo io mi occuperò dei tuoi capezzoli, oppure ti colpirò la schiena, il culo, le gambe... Oppure te ne starai semplicemente li a farti allargare, in silenzio. È importante che tu capisca che devi obbedire, non importa se non ti piace, se ti fa male, se ti fa paura. Se esiti o ti rifiuti lo farai ugualmente, ma sarai anche punita." Prese un butt plug grande il doppio rispetto a quello che avevo infilato nel culo e uscimmo dalla stanza. Tornammo nella camera da letto. Si era fatto tardi, avremmo cominciato l'addestramento l'indomani. "Prima però togliamo questo giocattolino inutile dal tuo culo e mettiamo un vero butt plug, mettiti a quattro zampe, testa a terra e culo in alto, divarica le gambe". Eseguii, ma tremavo tutta. Il mio vecchio padrone non mi aveva quasi per nulla allenato il buco del culo. Me lo infilò in bocca, per bagnarlo, finchè mi infilava due dita nella figa: "Ma qui abbiamo una cagna bagnata.. Cosa ti ha eccitata, eh? La stanza che hai appena visto o il fatto che sei ai miei piedi a culo all'aria.. Ma guarda te che brava puttana, si eccita pure. Ora apriti il culo con le mani, tieni bene aperto". Cosí feci e lui iniziò a spingere dentro il butt plug. Era lungo una decina di centimetri e sentivo un dolore atroce, ma lui fece forza finchè non entrò di colpo. Sentii un bruciore intenso, ma lui mi accarezzò la testa e mi disse: "Brava la mia cagna, docile e ubbidiente, ora vai al tuo posto e riposati. Domani alle otto verrai impalata come si deve". Mi fece entrare nella gabbia e chiuse lo sportello, poi uscí dalla stanza e rimasi sola al buio.
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