George e Teresa 4/7

di
genere
incesti

Dopo quello strano incontro in cui grazie a quella vacca di Teresa ero riuscito a far scandalizzare la signora Celeste non avevo potuto fare a meno di pensare a quanto sarebbe stato bello non solo mostrare a quella zoccola quanto lo avessi grosso ma piazzarglielo dentro e farmi una bella chiavata in quella bella figa che doveva avere fra le gambe e magari ciucciare a dovere i suoi bei cocomeri maturi.
Così da allora quando mi accadeva di incontrarla per caso non potevo fare a meno di immaginare la cosa e di fissarla con lo sguardo molto interessato.
Di solito indossava dei vestiti interi di colore scuro con ampie scollature che facevano danzare le grosse mammelle gonfie ciondolanti e le gambe ben fatte.
Il culo un po’ grosso ondeggiava a ogni passo, la faccia rugosa sembrava adattissima a una pompa con ingoio.
Ogni volta le sorridevo col cazzo bello duro e lei si limitava ad abbassare lo sguardo mostrandosi un po’ irritata e tirava dritto.
Comunque i benefici della signora Celeste li aveva soprattutto Teresa (a parte ovvio le mie care nonnine) perché dopo quegli incontri mi si rizzavano il cazzo e con l'uccello già dritto mi presentavo a casa sua e senza darle il tempo di spalancare la porta già le avevo messo una mano sotto al vestito.
La sua ciornia pelosa e bavosa non coperta da mutande era lì pronta e io gliela palpavo, gliela accarezzavo, mi solleticavo col suo pelazzo. Le infilavo dentro due dita e la sgrillettavo con forza.
Gliela mungevo di grilletti con una tal forza da farle male ma a quella vecchia vaccona non dispiaceva affatto.
Anzi pur sospirando per l'intensità con cui le ficcavo le dita su per l'utero si spicciava ad afferrarmi l'uccello e me lo segava di buona voglia.
“Ma quanto mi piace questo uccellone” diceva tutta felice.
Un attimo dopo l'avevo già fatta poggiare contro il muro o contro un mobile. Il vestito era caduto a terra, il culone bello teso, la gnocca pronta.
Mi aggrappavo ai suoi fianchi ciccioni e la prendevo di forza così... all'impiedi.
“Hey mira bene, mira bene”.
“Stò mirando bene puttana”.
“No aia no...., hai sbagliato buco cazzo!”.
“E' giusto troia stai ferma che sennò ti faccio male davvero”.
“Haia mi sfondi il culo aia aia aia. Bastardo maiale porco!”.
Ormai il cazzo gli era entrato nel culo per una buona metà.
“Godi troia dai che ti sfondo”.
“Bastardo mi spacchi il culo, me lo spacchi, me lo spacchi aia”.
Faceva tante parole ma in fondo le piaceva.
Infatti bastavano due o tre minuti di ficcata in quel grasso culo accompagnate da qualche schiaffone su quelle enormi flaccide chiappe che già era lei a muoversi avanti e indietro invocando di essere sfondata.
Quando sentivo di essermi divertito abbastanza glielo sfilavo dal culo la facevo girare e glielo porgevo perchè se lo portasse alla bocca.
Una bello spompinata e conclusione con un lavaggio di sborra alla sua faccia da troia.
A quel punto era lei a poter scegliere perchè generosamente sapeva che ora ero disposto a sollazzarle quella vecchia sorca pelosa e portarla all'orgasmo. Così a seconda delle sue preferenze si faceva chiavare sul letto, in cucina o sul divano del salotto.
Spesso si piazzava sotto a gambe spalancate lasciando che le afferrassi le tettone con le mani mentre il pisello la sfondava con colpi di spada lunghi e profondi.
Altre volte lo preferiva a pecorina ma le piaceva molto farmi sedere sdraiato e montarmi sopra con tutta la sua mole. Cavalcarmi col cazzo ficcato dentro, le tettone che ballonzolavano in tutte le direzioni, la ciccia di quel pancione che mi eccitava ondeggiando a tutto spiano.
Era in questo modo che le facevo raggiungere l'orgasmo massimo. Una goduta per cui la vecchia troia mi era grata e che annunciava con un ululato incontenibile. “Porca puuuuuttanaaaaaaaa godo, godo, godo è il paradiso, il paradiso”.
In quell'istante credo la sentissero venire anche quelli del paese vicino.
di
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2020-05-15
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