Che casino (capitolo 2)
di
Signor No
genere
incesti
Capitolo 2.
Non voglio star qui ad annoiarvi con eventi che non hanno nulla di esaltante. Quella domenica all’Ikea si è dimostrata meno angosciante di quanto mi aspettassi. Ho scoperto che tra Arianna e suo padre c’è un ottimo rapporto e che sanno intendersi molto bene. Mio cugino si è dimostrato impeccabile nel gestire la figlia e l’arredamento della camera. Solo una volta c’è stata una situazione di tensione e, proprio mentre mi stavo decidendo a intervenire, Roberto è stato capace di sciogliere il nodo con una diplomazia che non sapevo gli appartenesse. Arianna si è rivelata una ragazza in gamba, con la testa sulle palle e con ben presente ciò che vuole dalla vita, con un fascino e un’intelligenza che non esito a definire sopra la media.
Il problema è stato il mio averla intorno tutto il giorno con quella maglietta corta che lasciava intravedere un poco di pelle candida dal ventre e quei dannati leggings a fasciarle le cosce tornite e invitanti. E, se ve lo state chiedendo, il suo bel culo in mostra. Qualcuno pensa che portare i leggings senza nulla a coprire il bacino sia vergognoso, io invece ringrazio le fanciulle che lo fanno. Ci regalano panorami alquanto interessanti e godevoli. Così aveva fatto Arianna e c’era poco di lei che fosse lasciato all’immaginazione. Ho dovuto trattenermi con un discreto sforzo di volontà sia perché è nipote, ma anche perché potrebbe essere mia figlia con quei vent’anni in meno.
Quindi, se proprio devo trovare un lato negativo in quella domenica è l’aver avuto accanto una tale bellezza e, al tempo stesso, dover misurare gesti e parole.
Cosa che lei non ha fatto.
Ho notato presto che mi era sempre molto vicina e spesso, in un modo o nell’altro, trovava il modo di sfiorarmi. Più di una volta mi ha preso per mano per trascinarmi a vedere qualche mobile che aveva attirato la sua attenzione. Una di quelle volte siamo finiti dentro un salotto arredato, di quelli espositivi, mentre suo padre era intento a prendere le misure di un armadio. Non era la prima occasione che ci separavamo da Rob, ma era la prima in cui Arianna si metteva in mostra in quel modo. Infatti, mentre nessuno ci guardava e mi precedeva di qualche passo, si è piegata in avanti per prendere un soprammobile (o prendipolvere, come li chiamo io) a forma di coniglio bianco. Nel farlo si era guardata bene dal piegare le ginocchia e, in un attimo, mi ero ritrovato quel meraviglioso fondoschiena proprio sotto i miei occhi. I leggings neri e attillati non lasciavano nulla all’immaginazione ed ero riuscito a distinguere anche il contorno dell’intimo.
Quando si era tirata su e si era girata per mostrarmi quel cazzo di coniglio mi aveva chiaramente colto in fallo e mi ero sentito un perfetto ebete morto di figa. Lei, invece, aveva sorriso e da quell’espressione era risultato fin troppo chiaro che quel suo gesto non era stato fatto a caso.
«Ti piace zio?»
Non ero riuscito a capire se parlasse del suo culo o del coniglio. Avevo preferito pensare alla seconda opzione.
«Oh sì, è molto carino. Mettigli una tuba in testa e sembra saltato fuori da Alice nel paese delle meraviglie.»
Lei aveva sorriso maliziosa.
Per mia fortuna l’incidente, se così vogliamo chiamarlo, si era chiuso lì e non c’erano stati altri episodi pericolosi. Insieme all’impiegata ci eravamo organizzati per una consegna a domicilio e tutto era filato liscio.
Almeno fino al momento dei saluti. Da programma Arianna e suo padre sarebbero tornati a casa e lei sarebbe poi risaliti nel week end successivo per montare i mobili. Mi trovai a discutere con Rob. Ero certo che io e Arianna saremmo stati più che in grado di sistemare tutto e, alla fine, coalizzandoci, eravamo riusciti a vincere la battaglia. Io avrei preparato il letto e, una volta arrivata, avremmo montato tutto il resto.
Ci eravamo allora salutati. Arianna mi aveva abbracciato calorosamente e avevo sentito le sue tette contro il mio petto. Era un semplice abbraccio, ma dopo lo spettacolo di poche ore prima, mi era riuscito difficile viverlo in maniera innocente.
Ero tornato a casa, mi ero preparato la cena e la sera, davanti a Netflix, mi ero sorseggiato un whisky giapponese dal sapore forte e affumicato.
Tutto era filato liscio.
Ora Arianna vive da me da due mesi ormai. È una coinquilina perfetta. Continua ad aver un comportamento talvolta ambiguo nei miei confronti, e più di una volta mi sono trovato a fantasticare su di lei e su quel corpo sotto il mio, ma sono stato bravo. È mia cugina e ha la metà dei miei anni. Dovrei cercarmi una compagna.
Siamo a metà ottobre. È venerdì. Chiudo il borsone e faccio per uscire di casa. Questa sera mi aspetta una partita di calcetto coi colleghi. Devo confessare di non averne particolarmente voglia, ma è uno di quegli appuntamenti che non si possono saltare. Mentre attraverso il corridoio Arianna esce dalla sua camera e, per poco, non mi prende un colpo. Indossa un tubino nero attillato che la fascia senza lasciar nulla alla fantasia, le tette devono essere strette in un push-up perché non le ho mai viste così gonfie. Le gambe sono fasciare dalle calze, ai piedi due decolté con un tacco vertiginoso. È la prima volta che la vedo così truccata e resto spiazzata. Questa non è l’Arianna che conosco io, non ha nulla della ventenne che sono ormai abituato a vedermi girare per casa. Ho un tuffo al cuore. Non posso farci nulla, è davvero bella e, vestita così, davvero provocante. Sento un prurito diffondersi nel basso ventre.
«Ciao zio, esci?»
«Sì, partita a calcetto con i colleghi. Deduco che anche tu non resterai in casa.»
Intanto andiamo in sala, lei davanti a me. Non riesco a distogliere lo sguardo da quel culo e da quelle cosce e non riesco a smettere di pensare a quanto possa essere caldo là in mezzo.
«Vado a bere una cosa con i miei amici dell’università, poi andiamo a ballare per il compleanno della Sabrina.»
Sabrina… Sabrina… questo nome non mi è nuovo. All’improvviso ricordo. È la ragazza bionda che è nella foto profilo del Facebook di Arianna. Sì, se ve lo state chiedendo, siamo amici sul sociale e sì, ogni tanto vado a farmi i fatti suoi, a constatare quanto sia sempre stata bella e quanto, bene o male, sia piccola per me. Ah… avere dieci anni in meno…
«Vorrà dire che non ti aspetterò alzato allora.»
Mi sorride, non proprio con innocenza, e si avvicina per darmi un bacio su una guancia. Un’ondata di profumo, molto sensuale e seducente, mi travolge e mi turba ancora di più. Devo stare calmo. Devo trovarmi una donna.
«No zio, direi proprio di no.»
«Fai la brava però, mi raccomando, altrimenti tuo padre mi mette in croce.»
Mi guarda piena di rimprovero.
«Non sono una bambina, so badare a me stessa.»
Mi lascio scappare una smorfia. Ha ragione, sto parlando come un vecchio.
«Non è di te che mi preoccupo, ma degli altri.»
«Cosa vorresti dire?»
«Che sei una bella ragazza e non passi inosservata.»
La vedo mentre le si illuminano gli occhi e gonfia il petto. Ha un fisico che toglie il fiato e un viso da copertina. Anche a me si gonfia qualcosa…
«Ti piaccio zio? Sto bene vestita così?»
Colto in fallo. Sento le guance diventare rosse come se fossi uno stupido liceale. Arianna si liscia il vestito con le mani, io penso che farei il contrario, glielo tirerei su e la scoperei volentieri, ma resto in silenzio. Specie quando piega un ginocchio tirando su un piede e fa una giravolta mettendosi in mostra per me. Vorrei averla filmata…
«Sì Ari, sei… stai davvero bene così.»
Pensare che passerà la notte in discoteca, in quel carnaio di locale, mi fa male.
Le brillano gli occhi.
«Magari mi vesto così quando ti deciderai a portarmi a quel ristorante greco che mi raccontavi.»
No, così no, penso tra me e me, chissà chi penserebbero che siamo.
Qualche giorno fa, ormai anche qualcuno in più, le ho parlato di un ristorante greco dove si mangia davvero bene e le avevo promesso di portarcela. Poi la cosa mi è passata di mente, ho avuto diversi pensieri e la cosa è passata in secondo piano.
«Sarà un’uscita tranquilla, potrai vestire anche più comoda.»
La vedo rabbuiarsi.
«Vuoi dire che non mi vuoi così?»
Un momento. Cosa vuol dire che non ti voglio? Questa ragazza mi sta mettendo in crisi. È meglio che me ne vada. In fretta.
«Voglio dire che… prossima settimana, promesso, andiamo al greco.»
Mi butta le braccia al collo e mi stampa un altro bacio sulla guancia. Un sorrido che spazzerebbe via le peggiori tempeste.
E me ne vado.
La partita di calcetto si rivela più impegnativa di quanto mi aspettassi. Eravamo tutti tranquilli e rilassati all’inizio. Poi lo spirito di competizione si è impadronito dei nostri corpi e siamo diventati peggio dei demoni, correndo fino a sputare sangue e arrivando sulle caviglie dei nostri avversari nemmeno fossimo stati in guerra. Non pensiate poi che siamo dei gran calciatori! Tra i piedi a banana e i dribbling a se stessi la partita ha assunto una tonalità fantozziana quasi imbarazzante. Ma è stata divertente, con un conclusivo tre a due per loro e diversi infortuni, per quanto leggeri.
Seguono le consuete docce negli spogliatoi (No, nessuno si è piegato a raccogliere le saponette) e pizzata tutti insieme. Durante la cena mi arriva un messaggio da Arianna.
- Allora, chi ha vinto? -
- Loro, purtroppo. Ma si sono portati anche a casa più infortuni. -
- Che peccato… la prossima volta vengo a fare il tifo! Vi siete fatti male? -
- Credo ti annoieresti, non ne vale la pena. Qualche sbuccione qua e là, niente di serio. -
- Non vengo a divertirmi, ma a farvi vincere! ZIO! Mi fai stare in pensiero? -
Mi vengono in mente mille risposte diverse, nessuna di queste è adatta a mia nipote.
- Sono una roccia, nulla mi può spezzare. Tu? Tutto bene? Hai bevuto? -
- Sarà meglio! Certo zio, tutto bene. Certe cose non si mettono per iscritto. -
- Arianna… -
La sua risposta è un bacio con il cuore.
- Non vorrai farmi stare in pensiero tutta la notte, vero? -
- Farò la brava, promesso. Ora ti saluto che entriamo. Un bacione! -
- Divertiti, ciao! -
«Chi era? Nuove conquiste?» Mi chiede Mario, uno della mia squadra, quando mi vede mettere via il telefono.
«Ma che dici? È mia nipote.»
Gliene ho già parlato, sa di chi sta parlando e vi lascio immaginare i suoi commenti quando ha visto un paio di foto della ragazza.
«Ah. Lei. Io davvero non so come fai…»
«A far cosa?»
«A vivere con una tale sventola e non farci nulla.»
«Mario, se non fossi mio amico ti sarei già arrivato. Oltre a essere mia nipote, ha vent’anni. Quasi venti meno di me. Potrebbe essere mia figlia.»
«Ma non lo è» ghigna Luigi seduto di fronte a me, «io avrei già inzuppato il biscotto.»
«Altroché!»
«Siete due ritardati, ecco cosa siete.»
Posso forse dar loro torto? Arianna è di una bellezza e di un fascino non comuni. Non posso ammettere che sì, me la scoperei più e più volte se non ci fossero quelle due clausole. Forse, però, se non ci fossero, le nostre vite non si sarebbero nemmeno mai incrociate.
«E comunque, credo di doverti correggere.»
Guardo Mario senza capire.
«Hai detto che è figlia di Roberto, che è tuo cugino, giusto?»
«Sì.»
«Eh, vedi? Allora non è tua nipote. È tua cugina. Di secondo grado.»
Sospiro. Non ci ho mai capito nulla con i gradi di parentela.
«Non cambia molto la sostanza.»
Mario ghigna divertito. Luigi gli dà man forte.
«Come no? Come ben sai, è noto che non c’è cosa più divina che trombarsi la cugina!»
Scoppia una risata e non mi resta che arrendermi alla demenza dei miei colleghi/amici.
Dopo la pizzata i più ostinati, tra cui io, si concedono una birra prima di rientrare a casa.
Sono stanco, mi sento a pezzi quando finalmente mi chiudo l’uscio alle spalle. Butto il borsone in un angolo, ci penserò domani. Quando passo davanti alla porta della camera di Arianna mi fermo. Ho la tentazione di sbirciare dentro, ma la mia parte retta mi dice di non farlo.
«Una sbirciata che male può fare?»
Apro la porta. Mi sento un ladro. La camera non si può dire in ordine. Ci sono vestiti sparsi un po’ ovunque, sulla scrivania i libri, non tutti didattici. Il letto è sfatto, le lenzuola rosa ammucchiate da una parte. Tre paia di mutande allineate in ordine, in bella vista. Più che mutande sono straccetti, decisamente minimali. La prima è una culottes, un paio di mutande di microfibra normalissime nere e un tanga inesistente. Li immagino indosso a lei e ho un calo di pressione.
Chiudo la porta e vado in camera mia.
Non posso andare a dormire così.
Prima di coricarmi lo tiro fuori e mi sego pensando al culo di Arianna. Chissà se ha mai fatto sesso anale. Chissà se le piace. Non importa. Io fantastico. E vengo come poche volte ho fatto in vita mia.
Commenti, critiche o qualsiasi altra cosa:
signor.no.racconti@gmail.com
Non voglio star qui ad annoiarvi con eventi che non hanno nulla di esaltante. Quella domenica all’Ikea si è dimostrata meno angosciante di quanto mi aspettassi. Ho scoperto che tra Arianna e suo padre c’è un ottimo rapporto e che sanno intendersi molto bene. Mio cugino si è dimostrato impeccabile nel gestire la figlia e l’arredamento della camera. Solo una volta c’è stata una situazione di tensione e, proprio mentre mi stavo decidendo a intervenire, Roberto è stato capace di sciogliere il nodo con una diplomazia che non sapevo gli appartenesse. Arianna si è rivelata una ragazza in gamba, con la testa sulle palle e con ben presente ciò che vuole dalla vita, con un fascino e un’intelligenza che non esito a definire sopra la media.
Il problema è stato il mio averla intorno tutto il giorno con quella maglietta corta che lasciava intravedere un poco di pelle candida dal ventre e quei dannati leggings a fasciarle le cosce tornite e invitanti. E, se ve lo state chiedendo, il suo bel culo in mostra. Qualcuno pensa che portare i leggings senza nulla a coprire il bacino sia vergognoso, io invece ringrazio le fanciulle che lo fanno. Ci regalano panorami alquanto interessanti e godevoli. Così aveva fatto Arianna e c’era poco di lei che fosse lasciato all’immaginazione. Ho dovuto trattenermi con un discreto sforzo di volontà sia perché è nipote, ma anche perché potrebbe essere mia figlia con quei vent’anni in meno.
Quindi, se proprio devo trovare un lato negativo in quella domenica è l’aver avuto accanto una tale bellezza e, al tempo stesso, dover misurare gesti e parole.
Cosa che lei non ha fatto.
Ho notato presto che mi era sempre molto vicina e spesso, in un modo o nell’altro, trovava il modo di sfiorarmi. Più di una volta mi ha preso per mano per trascinarmi a vedere qualche mobile che aveva attirato la sua attenzione. Una di quelle volte siamo finiti dentro un salotto arredato, di quelli espositivi, mentre suo padre era intento a prendere le misure di un armadio. Non era la prima occasione che ci separavamo da Rob, ma era la prima in cui Arianna si metteva in mostra in quel modo. Infatti, mentre nessuno ci guardava e mi precedeva di qualche passo, si è piegata in avanti per prendere un soprammobile (o prendipolvere, come li chiamo io) a forma di coniglio bianco. Nel farlo si era guardata bene dal piegare le ginocchia e, in un attimo, mi ero ritrovato quel meraviglioso fondoschiena proprio sotto i miei occhi. I leggings neri e attillati non lasciavano nulla all’immaginazione ed ero riuscito a distinguere anche il contorno dell’intimo.
Quando si era tirata su e si era girata per mostrarmi quel cazzo di coniglio mi aveva chiaramente colto in fallo e mi ero sentito un perfetto ebete morto di figa. Lei, invece, aveva sorriso e da quell’espressione era risultato fin troppo chiaro che quel suo gesto non era stato fatto a caso.
«Ti piace zio?»
Non ero riuscito a capire se parlasse del suo culo o del coniglio. Avevo preferito pensare alla seconda opzione.
«Oh sì, è molto carino. Mettigli una tuba in testa e sembra saltato fuori da Alice nel paese delle meraviglie.»
Lei aveva sorriso maliziosa.
Per mia fortuna l’incidente, se così vogliamo chiamarlo, si era chiuso lì e non c’erano stati altri episodi pericolosi. Insieme all’impiegata ci eravamo organizzati per una consegna a domicilio e tutto era filato liscio.
Almeno fino al momento dei saluti. Da programma Arianna e suo padre sarebbero tornati a casa e lei sarebbe poi risaliti nel week end successivo per montare i mobili. Mi trovai a discutere con Rob. Ero certo che io e Arianna saremmo stati più che in grado di sistemare tutto e, alla fine, coalizzandoci, eravamo riusciti a vincere la battaglia. Io avrei preparato il letto e, una volta arrivata, avremmo montato tutto il resto.
Ci eravamo allora salutati. Arianna mi aveva abbracciato calorosamente e avevo sentito le sue tette contro il mio petto. Era un semplice abbraccio, ma dopo lo spettacolo di poche ore prima, mi era riuscito difficile viverlo in maniera innocente.
Ero tornato a casa, mi ero preparato la cena e la sera, davanti a Netflix, mi ero sorseggiato un whisky giapponese dal sapore forte e affumicato.
Tutto era filato liscio.
Ora Arianna vive da me da due mesi ormai. È una coinquilina perfetta. Continua ad aver un comportamento talvolta ambiguo nei miei confronti, e più di una volta mi sono trovato a fantasticare su di lei e su quel corpo sotto il mio, ma sono stato bravo. È mia cugina e ha la metà dei miei anni. Dovrei cercarmi una compagna.
Siamo a metà ottobre. È venerdì. Chiudo il borsone e faccio per uscire di casa. Questa sera mi aspetta una partita di calcetto coi colleghi. Devo confessare di non averne particolarmente voglia, ma è uno di quegli appuntamenti che non si possono saltare. Mentre attraverso il corridoio Arianna esce dalla sua camera e, per poco, non mi prende un colpo. Indossa un tubino nero attillato che la fascia senza lasciar nulla alla fantasia, le tette devono essere strette in un push-up perché non le ho mai viste così gonfie. Le gambe sono fasciare dalle calze, ai piedi due decolté con un tacco vertiginoso. È la prima volta che la vedo così truccata e resto spiazzata. Questa non è l’Arianna che conosco io, non ha nulla della ventenne che sono ormai abituato a vedermi girare per casa. Ho un tuffo al cuore. Non posso farci nulla, è davvero bella e, vestita così, davvero provocante. Sento un prurito diffondersi nel basso ventre.
«Ciao zio, esci?»
«Sì, partita a calcetto con i colleghi. Deduco che anche tu non resterai in casa.»
Intanto andiamo in sala, lei davanti a me. Non riesco a distogliere lo sguardo da quel culo e da quelle cosce e non riesco a smettere di pensare a quanto possa essere caldo là in mezzo.
«Vado a bere una cosa con i miei amici dell’università, poi andiamo a ballare per il compleanno della Sabrina.»
Sabrina… Sabrina… questo nome non mi è nuovo. All’improvviso ricordo. È la ragazza bionda che è nella foto profilo del Facebook di Arianna. Sì, se ve lo state chiedendo, siamo amici sul sociale e sì, ogni tanto vado a farmi i fatti suoi, a constatare quanto sia sempre stata bella e quanto, bene o male, sia piccola per me. Ah… avere dieci anni in meno…
«Vorrà dire che non ti aspetterò alzato allora.»
Mi sorride, non proprio con innocenza, e si avvicina per darmi un bacio su una guancia. Un’ondata di profumo, molto sensuale e seducente, mi travolge e mi turba ancora di più. Devo stare calmo. Devo trovarmi una donna.
«No zio, direi proprio di no.»
«Fai la brava però, mi raccomando, altrimenti tuo padre mi mette in croce.»
Mi guarda piena di rimprovero.
«Non sono una bambina, so badare a me stessa.»
Mi lascio scappare una smorfia. Ha ragione, sto parlando come un vecchio.
«Non è di te che mi preoccupo, ma degli altri.»
«Cosa vorresti dire?»
«Che sei una bella ragazza e non passi inosservata.»
La vedo mentre le si illuminano gli occhi e gonfia il petto. Ha un fisico che toglie il fiato e un viso da copertina. Anche a me si gonfia qualcosa…
«Ti piaccio zio? Sto bene vestita così?»
Colto in fallo. Sento le guance diventare rosse come se fossi uno stupido liceale. Arianna si liscia il vestito con le mani, io penso che farei il contrario, glielo tirerei su e la scoperei volentieri, ma resto in silenzio. Specie quando piega un ginocchio tirando su un piede e fa una giravolta mettendosi in mostra per me. Vorrei averla filmata…
«Sì Ari, sei… stai davvero bene così.»
Pensare che passerà la notte in discoteca, in quel carnaio di locale, mi fa male.
Le brillano gli occhi.
«Magari mi vesto così quando ti deciderai a portarmi a quel ristorante greco che mi raccontavi.»
No, così no, penso tra me e me, chissà chi penserebbero che siamo.
Qualche giorno fa, ormai anche qualcuno in più, le ho parlato di un ristorante greco dove si mangia davvero bene e le avevo promesso di portarcela. Poi la cosa mi è passata di mente, ho avuto diversi pensieri e la cosa è passata in secondo piano.
«Sarà un’uscita tranquilla, potrai vestire anche più comoda.»
La vedo rabbuiarsi.
«Vuoi dire che non mi vuoi così?»
Un momento. Cosa vuol dire che non ti voglio? Questa ragazza mi sta mettendo in crisi. È meglio che me ne vada. In fretta.
«Voglio dire che… prossima settimana, promesso, andiamo al greco.»
Mi butta le braccia al collo e mi stampa un altro bacio sulla guancia. Un sorrido che spazzerebbe via le peggiori tempeste.
E me ne vado.
La partita di calcetto si rivela più impegnativa di quanto mi aspettassi. Eravamo tutti tranquilli e rilassati all’inizio. Poi lo spirito di competizione si è impadronito dei nostri corpi e siamo diventati peggio dei demoni, correndo fino a sputare sangue e arrivando sulle caviglie dei nostri avversari nemmeno fossimo stati in guerra. Non pensiate poi che siamo dei gran calciatori! Tra i piedi a banana e i dribbling a se stessi la partita ha assunto una tonalità fantozziana quasi imbarazzante. Ma è stata divertente, con un conclusivo tre a due per loro e diversi infortuni, per quanto leggeri.
Seguono le consuete docce negli spogliatoi (No, nessuno si è piegato a raccogliere le saponette) e pizzata tutti insieme. Durante la cena mi arriva un messaggio da Arianna.
- Allora, chi ha vinto? -
- Loro, purtroppo. Ma si sono portati anche a casa più infortuni. -
- Che peccato… la prossima volta vengo a fare il tifo! Vi siete fatti male? -
- Credo ti annoieresti, non ne vale la pena. Qualche sbuccione qua e là, niente di serio. -
- Non vengo a divertirmi, ma a farvi vincere! ZIO! Mi fai stare in pensiero? -
Mi vengono in mente mille risposte diverse, nessuna di queste è adatta a mia nipote.
- Sono una roccia, nulla mi può spezzare. Tu? Tutto bene? Hai bevuto? -
- Sarà meglio! Certo zio, tutto bene. Certe cose non si mettono per iscritto. -
- Arianna… -
La sua risposta è un bacio con il cuore.
- Non vorrai farmi stare in pensiero tutta la notte, vero? -
- Farò la brava, promesso. Ora ti saluto che entriamo. Un bacione! -
- Divertiti, ciao! -
«Chi era? Nuove conquiste?» Mi chiede Mario, uno della mia squadra, quando mi vede mettere via il telefono.
«Ma che dici? È mia nipote.»
Gliene ho già parlato, sa di chi sta parlando e vi lascio immaginare i suoi commenti quando ha visto un paio di foto della ragazza.
«Ah. Lei. Io davvero non so come fai…»
«A far cosa?»
«A vivere con una tale sventola e non farci nulla.»
«Mario, se non fossi mio amico ti sarei già arrivato. Oltre a essere mia nipote, ha vent’anni. Quasi venti meno di me. Potrebbe essere mia figlia.»
«Ma non lo è» ghigna Luigi seduto di fronte a me, «io avrei già inzuppato il biscotto.»
«Altroché!»
«Siete due ritardati, ecco cosa siete.»
Posso forse dar loro torto? Arianna è di una bellezza e di un fascino non comuni. Non posso ammettere che sì, me la scoperei più e più volte se non ci fossero quelle due clausole. Forse, però, se non ci fossero, le nostre vite non si sarebbero nemmeno mai incrociate.
«E comunque, credo di doverti correggere.»
Guardo Mario senza capire.
«Hai detto che è figlia di Roberto, che è tuo cugino, giusto?»
«Sì.»
«Eh, vedi? Allora non è tua nipote. È tua cugina. Di secondo grado.»
Sospiro. Non ci ho mai capito nulla con i gradi di parentela.
«Non cambia molto la sostanza.»
Mario ghigna divertito. Luigi gli dà man forte.
«Come no? Come ben sai, è noto che non c’è cosa più divina che trombarsi la cugina!»
Scoppia una risata e non mi resta che arrendermi alla demenza dei miei colleghi/amici.
Dopo la pizzata i più ostinati, tra cui io, si concedono una birra prima di rientrare a casa.
Sono stanco, mi sento a pezzi quando finalmente mi chiudo l’uscio alle spalle. Butto il borsone in un angolo, ci penserò domani. Quando passo davanti alla porta della camera di Arianna mi fermo. Ho la tentazione di sbirciare dentro, ma la mia parte retta mi dice di non farlo.
«Una sbirciata che male può fare?»
Apro la porta. Mi sento un ladro. La camera non si può dire in ordine. Ci sono vestiti sparsi un po’ ovunque, sulla scrivania i libri, non tutti didattici. Il letto è sfatto, le lenzuola rosa ammucchiate da una parte. Tre paia di mutande allineate in ordine, in bella vista. Più che mutande sono straccetti, decisamente minimali. La prima è una culottes, un paio di mutande di microfibra normalissime nere e un tanga inesistente. Li immagino indosso a lei e ho un calo di pressione.
Chiudo la porta e vado in camera mia.
Non posso andare a dormire così.
Prima di coricarmi lo tiro fuori e mi sego pensando al culo di Arianna. Chissà se ha mai fatto sesso anale. Chissà se le piace. Non importa. Io fantastico. E vengo come poche volte ho fatto in vita mia.
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