Tutti al mare! Capitolo 1
di
Viktorie_M
genere
tradimenti
--PREMESSA: Sono passati anni, dall'ultima volta che ho messo mano alla tastiera per un racconto. Su provocazione di un'amica e di qualche vecchio lettore, ho deciso una cosa semplice, che si divertisse anche con un po' di stereotipi del genere, senza impegni, per carburare un po'. Il lettore sia clemente nel perdonare qualche sbavatura e colga l'ironia dei cliché. Se sentite odore di olio motore, è perchè non si avviava da molto.
Viktorie--
Tutti al mare!
Non era stato del tutto semplice, per Marco, decidere di andare in vacanza con i suoi amici:
non era certo quello che si potesse definire un “animale da festa” e, se con una certa dose di abitudine si era abituato alle serate fuori con i suoi amici al seguito di quell' animatore naturale che era Andrea, un'intera vacanza era ben altra cosa.
Orari di uscita, rientro, limiti di spostamenti, niente di tutto questo: la casa era tutta loro, niente genitori, niente conoscenti, potevano uscire alle due di notte e rientrare 24 ore dopo e nessuno avrebbe avuto da ridire.
Inutile sottolineare che la prospettiva di una vacanza in libertà solleticava gli appetiti di tutti:
il primo anno di Università aveva sparpagliato un po' i giovani in diversi posti e non vedevano l'ora di ritrovarsi, non c'erano lezioni da seguire, non c'era una convivenza con coinquilini ossessivi sui turni di lavaggio dei piatti o del bagno, e per chi non era fuori sede, non c'erano i genitori con cui fare i conti.
Questo ovviamente includeva anche ogni aspetto ormonale della situazione: i ragazzi non vedevano l'ora di potersi rimirare un po' di tette in bikini delle rispettive fidanzate, le nuove e le storiche, le ragazze si auspicavano dei momenti di intimità senza rispettare orari di lezione di conviventi o le scomodità di un sedile d'auto.
Era un aspetto che il povero Marco cercava di ignorare, ma sapeva che gli sarebbe toccata la sorte di quello nell'unico letto singolo sperando che le copule attorno non fossero troppo imbarazzanti.
Ma ormai era troppo tardi per dare pacco, doveva stare al gioco e mentre si apprestava a scendere dal treno che lo aveva portato nella cittadina sulla costa si augurò solo di non dover fare il reggitore di moccolo professionista.
“Felce! Oh, qui!!” una voce familiare arrivò alle orecchie di Marco, in direzione di un mezzo SUV guidato da Andrea in compagnia di Stefano e la sua tipa Anna e Luca detto Storto per la sua abitudine a fumare ogni sostanza combustibile nel raggio di due metri. Dopo dei virili buffetti e spintoni e dei cordiali baci sulle guance, il trolley del nostro protagonista finì nel bagagliaio e lui sul sedile anteriore.
“Oh Felce, che cazzo hai in quella valigia, sassi?” chiese interrogativamente Storto.
“No è che ho un appello a Settembre...”
“Ho capito ma non è che se fai Latino devi avere dietro le pergamene, oh!”
Nemmeno Marco poteva obbiettare a una considerazione simile, visto che l'età di docenti, testi, strutture della sua facoltà risaliva effettivamente all'epoca imperiale, forse anche prima. Così ridendo, il rombante macchinone da ben fornito figlio di papà di Andrea si fece largo tra le strade illuminate dal Sole.
Fu appena a casa che cominciarono a vedersi alcune problematiche della vacanza: il quadrilocale con due bagni era spazioso e ben organizzato, due camere sotto e due sopra in mansarda, ma il gruppo dei ragazzi era numeroso e accoppiato, rendendo la distribuzione complessa. Andrea e la sua tipa si sarebbero tenuti la padronale, Stefano e Anna una camera, Storto e la sua fidanzata mai vista da Marco il divano letto in salotto...
E a Marco, una poltrona letto in quella che era la cucina-sala da pranzo. Niente di grave, avrebbe aperto e chiuso ogni sera il suo giaciglio, e lo preoccupava di più la fame chimica che di sicuro avrebbe preso Luca una sera su due.
“Per me va bene se Storto non mi viene ad abbracciare di notte come quel Capodanno” aveva commentato tra l'ilarità generale, prima che Anna suggerisse di non sprecare tempo, che un giro in spiaggia si poteva ancora fare.
“Volete venire in spiaggia?” urlò Andrea verso la scala che collegava le due metà di casa prima di andare in bagno.
“Cosa?” dissero due voci. “Andare! In! Spiaggia!”
“Ma non avevamo detto che veniva tardi?”
“Dai Vitto, e muoviti!!” Storto incitò la sua ragazza, che dopo un minuto scese la scala sbuffando e piegando un telo da mare. Vittoria era una bella brunetta con i capelli corti che educatamente si presentò a Marco e mandò gentilmente a cagare il suo amore per averle fatto portare la sedia a sdraio di sopra per mezzora di utilizzo.
“Oh ma non scende?” sbottò Andrea prima di urlare di nuovo “Ohh! Vanee! Eddai! Muovi il culo!”
“Fottiti!” echeggiò una voce femminile
“... Ma che problemi hai??”
“Ma va a cagare...” continuò la voce da sopra: prima che Andrea dicesse altro, Marco gli mise una mano sulla spalla cominciando a salire la scala.
“Dai vado su io, non state a urlare come due deficienti...” Marco conosceva, dal Liceo, la ragazza di Andrea: erano la classica coppia da stereotipo, due fighetti alla moda, belli, con più soldi di paghetta di certi stipendi: ma mentre Andrea nella sua esuberante stupidaggine era un tipo tutto sommato disponibile e cordiale, la sua metà era spesso e volentieri indisponente, viziatella, classista, e con una concezione della convivenza civile più simile a un sistema di patriziato romano.
E sì che il ragazzo aveva molte carte a suo favore per trovarsi qualcuna di meno complicata, e le spiegazioni che gli amici si davano erano le più svariate:
amore della vita, masochismo, sindrome di Stoccolma, o banale capacità di traino del noto pelo di figa. Anche perché andava ammesso, la sua tipa era davvero bella quanto stronza...
Viktorie--
Tutti al mare!
Non era stato del tutto semplice, per Marco, decidere di andare in vacanza con i suoi amici:
non era certo quello che si potesse definire un “animale da festa” e, se con una certa dose di abitudine si era abituato alle serate fuori con i suoi amici al seguito di quell' animatore naturale che era Andrea, un'intera vacanza era ben altra cosa.
Orari di uscita, rientro, limiti di spostamenti, niente di tutto questo: la casa era tutta loro, niente genitori, niente conoscenti, potevano uscire alle due di notte e rientrare 24 ore dopo e nessuno avrebbe avuto da ridire.
Inutile sottolineare che la prospettiva di una vacanza in libertà solleticava gli appetiti di tutti:
il primo anno di Università aveva sparpagliato un po' i giovani in diversi posti e non vedevano l'ora di ritrovarsi, non c'erano lezioni da seguire, non c'era una convivenza con coinquilini ossessivi sui turni di lavaggio dei piatti o del bagno, e per chi non era fuori sede, non c'erano i genitori con cui fare i conti.
Questo ovviamente includeva anche ogni aspetto ormonale della situazione: i ragazzi non vedevano l'ora di potersi rimirare un po' di tette in bikini delle rispettive fidanzate, le nuove e le storiche, le ragazze si auspicavano dei momenti di intimità senza rispettare orari di lezione di conviventi o le scomodità di un sedile d'auto.
Era un aspetto che il povero Marco cercava di ignorare, ma sapeva che gli sarebbe toccata la sorte di quello nell'unico letto singolo sperando che le copule attorno non fossero troppo imbarazzanti.
Ma ormai era troppo tardi per dare pacco, doveva stare al gioco e mentre si apprestava a scendere dal treno che lo aveva portato nella cittadina sulla costa si augurò solo di non dover fare il reggitore di moccolo professionista.
“Felce! Oh, qui!!” una voce familiare arrivò alle orecchie di Marco, in direzione di un mezzo SUV guidato da Andrea in compagnia di Stefano e la sua tipa Anna e Luca detto Storto per la sua abitudine a fumare ogni sostanza combustibile nel raggio di due metri. Dopo dei virili buffetti e spintoni e dei cordiali baci sulle guance, il trolley del nostro protagonista finì nel bagagliaio e lui sul sedile anteriore.
“Oh Felce, che cazzo hai in quella valigia, sassi?” chiese interrogativamente Storto.
“No è che ho un appello a Settembre...”
“Ho capito ma non è che se fai Latino devi avere dietro le pergamene, oh!”
Nemmeno Marco poteva obbiettare a una considerazione simile, visto che l'età di docenti, testi, strutture della sua facoltà risaliva effettivamente all'epoca imperiale, forse anche prima. Così ridendo, il rombante macchinone da ben fornito figlio di papà di Andrea si fece largo tra le strade illuminate dal Sole.
Fu appena a casa che cominciarono a vedersi alcune problematiche della vacanza: il quadrilocale con due bagni era spazioso e ben organizzato, due camere sotto e due sopra in mansarda, ma il gruppo dei ragazzi era numeroso e accoppiato, rendendo la distribuzione complessa. Andrea e la sua tipa si sarebbero tenuti la padronale, Stefano e Anna una camera, Storto e la sua fidanzata mai vista da Marco il divano letto in salotto...
E a Marco, una poltrona letto in quella che era la cucina-sala da pranzo. Niente di grave, avrebbe aperto e chiuso ogni sera il suo giaciglio, e lo preoccupava di più la fame chimica che di sicuro avrebbe preso Luca una sera su due.
“Per me va bene se Storto non mi viene ad abbracciare di notte come quel Capodanno” aveva commentato tra l'ilarità generale, prima che Anna suggerisse di non sprecare tempo, che un giro in spiaggia si poteva ancora fare.
“Volete venire in spiaggia?” urlò Andrea verso la scala che collegava le due metà di casa prima di andare in bagno.
“Cosa?” dissero due voci. “Andare! In! Spiaggia!”
“Ma non avevamo detto che veniva tardi?”
“Dai Vitto, e muoviti!!” Storto incitò la sua ragazza, che dopo un minuto scese la scala sbuffando e piegando un telo da mare. Vittoria era una bella brunetta con i capelli corti che educatamente si presentò a Marco e mandò gentilmente a cagare il suo amore per averle fatto portare la sedia a sdraio di sopra per mezzora di utilizzo.
“Oh ma non scende?” sbottò Andrea prima di urlare di nuovo “Ohh! Vanee! Eddai! Muovi il culo!”
“Fottiti!” echeggiò una voce femminile
“... Ma che problemi hai??”
“Ma va a cagare...” continuò la voce da sopra: prima che Andrea dicesse altro, Marco gli mise una mano sulla spalla cominciando a salire la scala.
“Dai vado su io, non state a urlare come due deficienti...” Marco conosceva, dal Liceo, la ragazza di Andrea: erano la classica coppia da stereotipo, due fighetti alla moda, belli, con più soldi di paghetta di certi stipendi: ma mentre Andrea nella sua esuberante stupidaggine era un tipo tutto sommato disponibile e cordiale, la sua metà era spesso e volentieri indisponente, viziatella, classista, e con una concezione della convivenza civile più simile a un sistema di patriziato romano.
E sì che il ragazzo aveva molte carte a suo favore per trovarsi qualcuna di meno complicata, e le spiegazioni che gli amici si davano erano le più svariate:
amore della vita, masochismo, sindrome di Stoccolma, o banale capacità di traino del noto pelo di figa. Anche perché andava ammesso, la sua tipa era davvero bella quanto stronza...
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