Quella notte

di
genere
etero

Gianna era la collega più anziana dell'equipe, anche se in realtà l'ultima ad essere stata assunta.
Aveva 45 anni e li dimostrava serenamente. Non aveva la bellezza fenomenale di quelle donne per cui il tempo sembrava essersi fermato eppure aveva una femminilità che surclassava di molte leghe le colleghe più giovani, che pure sfoggiavano una bellezza brillante di freschezza giovanile e fitness maniacale.
La cifra peculiare di Gianna era la semplicità. La sua era una femminilità senza clamori, discreta ed elegante, che ti si insinuava nei sensi con una lentezza inesorabile, sino a restarne ammaliato senza scampo.
La sua figura era snella senza essere esile, agile ma morbida, con un seno pieno e maturo e fianchi ipnotici. Fin da subito aveva attratto la mia attenzione ed il mio desiderio e, giorno dopo giorno sono riuscito a conquistare la sua fiducia e benevolenza.
Cominciammo a sentirci al di fuori del lavoro. Per lo più messaggi, ed in qualche occasione un caffè fugace. Era piacevole conversare con lei.
Con un atteggiamento di timida impertinenza le avevo fatto capire il mio desiderio nei suoi confronti. Messaggio dopo messaggio avevo studiato le geografie entro cui muovermi e i confini che potevo violare. Lei appariva lusingata e divertita dalle avance di un ragazzo più giovane.
Non aveva certamente l'aria di una mangiauomini, ma non era neanche una suora e nelle discussioni conviviali fra colleghi non aveva certo nascosto un vitale apprezzamento per i piaceri della sensualità.
A dispetto di una complicità che era ormai diventata evidente a tutti gli altri colleghi, e sulla quale in diverse occasioni erano state fatte allusioni e battute più o meno imbarazzanti, non ero però riuscito a scardinare il limite del gioco verbale. Gianna non si sottraeva alle provocazioni ed ai doppi sensi, non si scandalizzava alle allusioni più esplicite, ma poneva decisi limiti alla fisicità, stroncando con ferma gentilezza ogni tentativo di contatto fisico più malizioso.
Era ormai trascorso quasi un anno dall'assunzione di Gianna ed il suo contratto volgeva al termine. Nonostante le promesse dei vertici aziendali di un sicuro rinnovo con trasformazione del rapporto in un tempo indeterminato, i suoi pensieri erano spesso screziati dal timore che la sua esperienza potesse arrivare a termine da lì a pochi giorni. L'azienda aveva una politica di estremo riserbo sulle questioni contrattuali, ed abitualmente non lasciava trapelare nessuna comunicazione fino al giorno prima della scadenza. Avevamo passato tutti questa specie di limbo struggente e soffocante di incertezza sul proprio destino ma non riuscivamo a tranquillizzare le sue ansie.
Quella sua malinconia aveva però, su di me, un effetto paradossale: la rendeva ai miei occhi, ed ai miei sensi, ancora più desiderabile e mi struggevo nella voglia di poterla, almeno per una volta, stringere fra le mie braccia. Fantasticavo su i nostri amplessi, sulle arti amatorie che avrei sfoderato per farla godere, cercavo di immaginare quale sarebbe stato il suo modo di fare l'amore. Aggressivo o remissivo, fantasioso o convenzionale? Le piacevano i preliminari? Avrebbe urlato o mugolato in modo sommesso? Mi perdevo in queste fantasie sempre più spesso ma da qualche giorno avevo tirato i remi in barca anche relativamente ai nostri giochi verbali, cogliendo evidenti segnali di indisponibilità da parte sua.
Il suo ultimo turno da contratto sarebbe stato un notturno. Poi avrebbe usufruito di un paio di giorni di ferie residue attendendo comunicazioni sull'eventuale termine o rinnovo della collaborazione.
Lavoriamo in una struttura residenziale di assistenza a persone con disabilità. Il turno di notte solitamente si svolge con un solo operatore a vigilare sugli ospiti ed un reperibile in caso di necessità. Per quella notte, l'operatore reperibile ero io. Gli ospiti attualmente residenti erano persone molto tranquille e gestibili. Le reperibilità, da diversi mesi a questa parte erano solo un proforma. L'ultimo intervento di un operatore reperibile risaliva a quasi 9 mesi prima.
Mi apprestai a dormire quella notte, quindi, senza particolari ansie, convinto che come molte altre volte sarei rimasto tranquillo nel mio letto coniugale.
Contrariamente ad ogni previsione, però, il mio telefono squillò verso le 2 del mattino. All'altro capo della cornetta sentivo la voce di Gianna trafelata e preoccupata. Uno dei residenti era scivolato in bagno e aveva riportato un taglio sul mento. Aveva già chiamato il 118 e quindi era necessaria la mia presenza per un eventuale trasferimento in pronto soccorso.
Raggiunsi la sede di lavoro in meno di 20 minuti. Gianna era profondamente turbata, a dispetto di un apparente algido autocontrollo. Era il primo incidente grave durante un suo turno, e nonostante non fosse assolutamente sua responsabilità, temeva che quell'episodio potesse influire sulle sue sorti.
Al mio arrivo era già presente sul posto l'ambulanza del 118 e i soccorritori avevano escluso ogni gravità della ferita. Insomma, tanto spavento e poco danno.
L'abbondante sanguinamento era dovuto alla capillarizzazione del punto, ma non vi erano tagli profondi, non vi era necessità di sutura nè vi erano elementi che potessero far temere un trauma cranico. Il medico d'emergenza reputò inutile il trasferimento al pronto soccorso.
Il trambusto però aveva svegliato gli altri ospiti e creato una certa agitazione. Decisi quindi di fermarmi il tempo necessario affinchè tutti si tranquillizzassero e riprendessero a dormire serenamente.
Dopo meno di un'oretta la residenza protetta era ripiombata nel silenzio assoluto, fatta eccezione per qualche rantolo e russamento, che alle nostre orecchie risuonava come una rassicurante melodia.
Potevo tornare a casa, ma la vista di Gianna ancora in preda ad emozioni contrastanti mi stringeva il cuore. Non l'avevo mai vista così. Allo stesso tempo, si faceva spazio nei miei pensieri una strana sensazione di erotismo. Quella sua fragilità, quella sua difficoltà me la rendevano estremamente sensuale nonostante tutto. Nonostante i suoi capelli raccolti in una grossolana coda, nonostante la divisa stazzonata, nonostante lo sguardo stanco. Seguivo la curva dei suoi seni che si gonfiavano al ritmo del respiro. Seguivo la linea dei suoi glutei, che da sempre mi aveva ipnotizzato nella sua perfezione. Fra le mie gambe esplose una prepotente erezione che cercai di dissimulare con un certo imbarazzo.
Le proposi, per stemperare la situazione, di prepararci un caffè. Ci spostammo in cucina e si adoperò a preparare la moka. Intorno a noi c'era un silenzio irreale. Io ero poco dietro di lei, mentre si allungava sulla punta dei piedi per prendere il pacco del caffè dalla mensola. Quel movimento esaltava il suo fondoschiena. Ne ero ipnotizzato. Mentre tirava giù il pacco di macinato urtò un barattolo vicino che cominciò a barcollare sull'orlo della mensola in una danza incerta. Istintivamente mi portai in avanti per raccoglierlo nella sua caduta e in questo gesto d'impeto mi ritrovai a schiacciarla sul tavolo sottostante, con il mio sesso prepotentemente eretto a causa della visione di pochi istanti prima, che premeva sul solco perfetto delle sue natiche e lei, che incastrata fra il mio corpo e il tavolo aveva assunto una posizione a 90 gradi.
Per un istante infinito rimasi immobile ed inebetito. Un istinto di correttezza mi spingeva ad allontanarmi immediatamente, ma la mia malizia strepitava per prendere il sopravvento e mi suggeriva di attendere una sua reazione che intanto non arrivava.
In quel silenzio innaturale e pregnante, nei miei sensi allerta esplose il sibilo di un rantolo di inequivocabile eccitazione, a cui seguì poco dopo un movimento lento ma deciso del suo bacino verso la mia durezza ferrea. Il cuore cominciò a pulsarmi nelle tempie. La artigliai per i fianchi e cominciai a strusciarmi su di lei senza più remore. Sentivo il suo respiro increspato, il suo corpo venirmi incontro. Mi chinai sulle sue spalle, le mie labbra cominciarono a risalire sul collo. Il suo corpo era tutto un tremore. Ben presto fummo labbra su labbra, in un bacio scomodo ma vorace. Le lingue si intrecciavano con una urgenza schizofrenica, il respiro si fondeva cercando di non squarciare quel silenzio intorno, che ci garantiva una labile tranquillità. Eravamo coscienti di star rischiando il nostro posto di lavoro, ma quest'ansia invece di stemperare l'eccitazione l'acuiva a dismisura.
Mi staccai un attimo da lei, sentii il vivo disappunto, ma non lasciò la sua posizione curva che anzi accentuò invitandomi ad abbassarle in pantaloni della divisa. Scoprii un perizoma nero che nella sua estrema semplicità enfatizzava il suo culo fantastico. Tondo, sodo, perfetto. La mia immaginazione non era neanche riuscita a sfiorare quella perfezione. La stoffa era già fradica e alcune goccioline di umore brillavano sul pelo rado e corto che si intravedeva sul pube. Nel frattempo avevo anche io abbassato i miei pantaloni a mezza gamba. L'irruenza del desiderio unita alla labilità di quella situazione non concedevano spazio a tentennamenti e preliminari. C'era un urgenza inderogabile di sensi e circostanze e senza ulteriori indugi le puntai la cappella paonazza e gonfia sul solco del suo sesso dischiuso e gocciolante. Al primo contatto con le sue intime labbra però, Gianna mi fermo con un "aspetta" rantolato e con la mano puntò il mio bastone sulla sua rosellina anale. Questo gesto ebbe un effetto deflagrante sulla mia libido già stratosferica. Mi artigliai ai suoi fianchi e con un movimento deciso cominciai a spingere. Mi aspettavo di entrare con facilità, accomunando pregiudizialmente quella sua decisione ad una abitudinarietà ma fui subito contraddetto da un rantolo di dolore ed una richiesta di delicatezza.
"Non lo faccio quasi mai li" sussurrò, facendomi realizzare che quello che mi stava concedendo era molto più che una sveltina.
Senza allentare troppo il contatto allungai le mani verso la mensola del caffè, che sorreggeva anche una piccola oliera. Lasciai scorrere un piccolo rivolo nel solco dei glutei e subito dopo vi cominciai a strofinare il mio sesso ungendo la rosetta, che sentivo rispondere con piccole dilatazioni. Cominciai a spingere lentamente. Gianna dal canto suo, veniva incontro alla mia cappella. Dopo una piccola forzatura i muscoli anali si arresero e mi ritrovai ad affondare senza più freni. Sentì un lungo sospiro commisto di piacere, sorpresa e dolore. Rimasi fermo qualche secondo per farla abituare, poi cominciai a muovere. Oltre alle sensazioni della carne stretta sullla mia erezione, mi stordiva la vista della tonda perfezione di quel culo trafitto dal lmio cazzo duro. La curva dei fianchi, la pienezza compatta dei glutei, la simmetria. Sembrava un disegno di Manara. La scopavo, nonostante la situazione, senza ansia. Non volevo bruciare l'istante con un amplesso frettoloso ed isterico. Sentivo dentro me che quell'intimità sarebbe rimasta un episodio e volevo che le restasse indimenticabile. Affondavo lentamente, gustando la sensazione della stretta dei suoi muscoli anali sulla mia carne gonfia. Il sui mugolìo contratto e contenuto a fatica mi esplodeva in testa. Senza interrompere il ritmo mi chinai di nuovo sulla sua schiena, leccandola sul collo e sull'orecchio. La tirai un pò su per poter portare le mie mani sui suoi seni. Mi dovetti accontentare di stropicciarli da sulla stoffa. Spogliarla era sin troppo rischioso e insinuarsi sotto gli strati di divisa troppo arduo. Cominciò a ripetere il mio nome come una litania e chiedere maggiore irruenza. Non mi feci pregare. Cominciai ad affondare con spinte più prepotenti. In quel silenzio, lo schiocco dell'urto del mio bacino sui suoi glutei deflagrava come una raffica di poccole esplosioni. I suoi rantolii si fusero in un sommesso ululato. Questo ritmo sincopato durò un paio di minuti che sembrarono eterni, poi le sue gambe cedettero e tutto il suo corpo fu attraversato da un denso tremore. Il suo orgasmo fu lungo e continuo. Le sue contrazioni si trasmisero al mio cazzo che finalmente esplose dentro lei con una serie di fiotti lunghi e densi. Ci accasciammo inerti e silenziosi uno sull'altro. Restammo così per qualche istante, immobili ed esausti. Poi si sfilò e mi si pose davanti. Ci guardammo per la prima volta negli occhi, diretti e muti. Avvicinò il suo viso al mio, e cercò le mie labbra. Mi bacio con stanca passionalità. Un bacio lungo di lingue intrecciate e saliva calda, mentre la sua mano carezzava il mio cazzo ancora semi eretto. La mia, invece, indugiava ancora sulle mezzelune del suo bacino. Con le dità sentii un filo di sperma che fuoriusciva e scivolava lungo la coscia. Restammo in quel deliquio per un tempo indefinito, poi, bruscamente fummo richiamati alla realtà da un vociare che proveniva dal corridoio delle stanza. Ci ricomponemmo in fretta e furia, non senza un certo imbarazzo. Mi allontanai per andare a controllare. Gli ospiti avevano cominciato a svegliarsi, ma la situazione era tranquilla.
Tornai in cucina per rassicurare Gianna che nel frattempo si era ricomposta ed aveva acceso la famosa moka del caffè. Non parlammo. Restammo inebetiti a guardare la fiamma baluginare sotto la caffettiera ed a scontornare i suoni del risveglio intorno a noi. L'aroma del caffè finalmente gorgogliato ci sempbrò spazzare via l'intenso odore di sesso che con divertita preoccupazione chi sembrava avesse impregnato l'aria di quella stanza. Riempì il mio bicchiere e con un sorriso mi chiese "senza zucchero, vero?"
La semplicità di quel gesto quietò tutte le ansie e gli interrogativi del dopo. Bevvi il caffè bollente con lentezza e poi mi avvicinai per accommiatarmi con un bacio. Mi porse la guancia con un sorriso e con una pacca sul sedere mi invitò ad andare.
Non c'era bisogno di altro per capire che quella notte sarebbe stata una meravigliosa, preziosa ed unica eccezione.

di
scritto il
2020-08-30
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