Lascio che sia

di
genere
tradimenti

Mi guardo ancora una volta allo specchio. Rifilo il rossetto sulle labbra, mi stiro addosso il vestito. Sono gesti dettati più dall'ansia che dalla necessità. L'orologio scandisce il tempo che galleggia svogliato e lento a fare da contraltare alla mia frenesia. Una candela profumata brucia pigra e impregna l'aria con la sua fragranza ruvida di legnami esotici. Sono consapevole d'esser sensuale. Le mie forme sottolineate dal tubino che mi fascia sono un'istigazione allo stupro. Non è presunzione. Semplice consapevolezza. Ho uno stuolo di corteggiatori che farebbero follie per avermi. Benevolenza di natura e impegno costante mi hanno reso una donna desiderabile, sensuale, eccitante. Nonostante questo, la mia vita sessuale si è sempre contenuta all'interno delle mie relazioni affettive. Mai una scopata occasionale. Assolutamente mai un tradimento. Fino a stasera.
Non che non abbia interesse per il sesso. Tutt'altro. Nella mia vita coniugale, ormai vicina al ventesimo anniversario, ho sperimentato molto e con grande piacere.
I miei pensieri sono interrotti dal suono del campanello. Non è una sorpresa. Era ciò che attendevo. Il cuore accelera, la bocca si secca. Fra le gambe invece sono già fradicia nonostante un senso latente di vergogna e irrequietezza.
Attraverso la finestra lo guardo tagliare il giardino ed avvicinarsi all'ingresso. Avvicinarsi a me. Dischiudo la porta e faccio un passo indietro. E un altro. E un altro ancora. Quando entra sono al centro della stanza. Confusa. Forse pentita. Ha un volto bambino, un sorriso impacciato e timidamente tenero che mi rassicura, anche se so che il suo aspetto esteriore non rispecchia l'arrogante decisione del suo animo.
Lo conosco da appena cinque giorni. Anzi, no. Non lo conosco. Da cinque giorni ci parlo, ma di lui non conosco un cazzo. E per essere proprio letterali, ci ho parlato solo ieri notte. Prima ci siamo solo scritti. Tanto.
Ho ricevuto un suo messaggio sul mio profilo su un social network. Evento assolutamente ordinario. Ogni giorno ricevo diversi tentativi di approccio più o meno sgraziati. Il più delle volte ignoro. Qualche volta, per diversivo alla noia, rispondo. Rispondo agli interlocutori più creativi, più audaci. Mi piace condurre i miei presuntuosi ammiratori sul filo dell'illusione per poi lasciarli cadere senza reti nel baratro della disillusione. Stronza e cinica senza mezze misure, a qualcuno ho fatto anche prenotare, inutilmente, costose camere da letto con la promessa fallace di farle diventare torride alcove.
Il suo primo messaggio mi arrivò una mattina. Mi augurava il buongiorno. Aveva una scrittura artificiosa, non sgradevole ma evidentemente ricercata per fare effetto. Sul momento lasciai correre, ma nel corso della giornata, rileggendolo, mi lasciai prendere dall'idea di dargli un po di spago, giusto per illuderlo d'aver fatto centro salvo poi segarlo perfidamente. Cercai di delinearlo un minimo navigando nelle pagine del suo profilo. Inaspettatamente mi trovai di fronte ad un'immagine piuttosto sfaccettata e complessa. Poche foto personali e mai nettamente definite, pochi appunti di vita quotidiana, diverse fotografie artistiche realizzate da lui. I testi scritti alternavano registri di satira acuta e di poesia malinconica. Indubbiamente  un soggetto fuori dagli schemi. Risposi al suo messaggio dando inizio ad una conversazione che divenne da subito abbastanza ritmata. Non risparmiavo ironie e provocazioni ma lui con classe e arguzia glissava riuscendo in poco tempo a trasformare la mia aggressività e maldisposizione in sottile e femminea curiosità. Mi ritrovai a cercarlo ogni qualvolta la mia routine coniugale me ne lasciava l'opportunità. Mi scoprivo delusa e contrariata quando le sue risposte si facevano attendere. Avevo completamente abbandonato, nel giro di una giornata, i toni della sfida diventando, nella mia stessa incredulità, permeabile e accogliente. Specularmente, anche i suoi registri cambiarono nella direzione di un elegante corteggiamento intriso di maliziosi doppi sensi ed impertinenti allusioni.
Le nostre conversazioni cominciarono a permearsi di un erotismo sussurrato, mai invadente eppure diffuso, ineludibile. L'attesa diventava languore. La lettura, brivido sulla pelle. Cesellava parole con una abilità magistrale. Non solo si era insinuato fra le mie difese, ma le aveva completamente divelte lasciandomi nuda e timida davanti al suo egocentrismo.
Non riuscivo a capacitarmi. Io, di solito impudica, stronza, presuntuosa, dominante, mi sentivo malleabile come argilla nelle mani di un artigiano.
S'era fatta notte e, al suo stupore per il mio essere disponibile in un orario in cui nei giorni precedenti l'avevo liquidato, gli confidai che mio marito era partito per uno dei suoi consueti viaggi di lavoro quel pomeriggio. Mi rispose inviandomi un numero di telefono senza aggiungere altra parola. Restai per una buona mezz'ora inerme ed indecisa. Non sapevo come comportarmi. Nel suo scrivermi riusciva sempre a prendermi in controtempo, a cogliermi impreparata e spiazzarmi. Mi era salvifico il tempo che potevo concedermi per elaborare una risposta che celasse le mie difficoltà a contestare la rotta che le sue parole imponevano alle mie emozioni. Avevo paura che la fluidità di una conversazione telefonica gli disvelasse il mio essere in sua balìa. Allo stesso tempo mi intrigava la possibilità di sentire la sua voce, di dare un timbro ed un suono alle sue parole.
Dopo molte titubanze accettai la sfida e composi quel numero animata, anche, dal proposito di ristabilire un mio ruolo di governo in quella strana relazione. Proposito che naufragò immediatamente fra le onde della sua voce calda, ferma, avvolgente. Non ricordo neanche più, eppure era solo ieri, cosa ci dicemmo. Parlava come se non fosse la nostra prima volta. Sorrideva spesso e spesso mi faceva sorridere. Era amabile e leggero, così leggero che il mio istinto di autodifesa restò sopito mentre la sua abilità di predatore mi conduceva lentamente lungo i sentieri della sensualità. Parlavamo da più di un paio d'ore anche se erano volate come fossero minuti, il mio sesso grondava umori. Abbandonata nel mio lettone ascoltavo le sue descrizioni minuziose di come le sue mani avrebbero voluto esplorare il mio corpo e con le mie dita replicavo sulla mia pelle i percorsi del suo desiderio. Il mio respiro si era fatto increspato, la voce languida. Appena ne ebbe percezione mutò nuovamente registro, assumendo, senza ammetere repliche, il controllo della mia mano. Non raccontava più desideri e fantasie, ma impartiva ordini ed io eseguivo come in trance. Succhiai a lungo le mie dita, voluttuosamente, e con i polpastrelli colanti saliva disegnai cerchi sulle areole. Accarezzavo i seni a palmo pieno, stringevo i capezzoli. Respiravo affannosamente. Tutto il mio corpo era attraversato da una tensione erotica vorace che strideva col tono calmo della sua voce, tuttavia non riuscivo a prendere iniziative personali. La mia figa bruciava dalla voglia di un contatto, ma le mie mani restavano ubbidienti solo al suo volere. Finalmente, dopo aver martoriato a lungo il mio seno, le mie dita furono condotte fra le mie gambe. Una discesa lenta lungo l'addome, fino al monte di Venere. Un lungo indugio, poi finalmente il contatto col clitoride gonfio e tumido che provocò un prolungato mugolìo e un fremito di intenso piacere.
Scivolavo, seguendo i suoi ordini, lungo le labbra del mio sesso sempre più gonfie e dilatate. Attendevo il permesso di affondare. Sentivo nell'altoparlante le incrinature della sua voce. Non era più così algido. Immaginavo che anche la sua mano stesse cercando piacere muovendosi sul suo sesso duro e caldo. Lo implorai di entrarmi dentro come se le mie dita fossero le sue ed io non ne avessi il controllo. Lui insisteva sul clitoride. Sentivo il respiro farsi faticoso. La sua guida mi conduceva verso l'orgasmo lasciandomi un senso di incompletezza. Volevo essere riempita. Ero ormai sulla soglia. Stavo per venire e finalmente mi condusse all'affondo. Due dita furono risucchiate nel momento stesso in cui le gambe si sciolsero alle convulsioni.
Ero stremata e sudata. La sua presenza mi coccolava in silenzio. Prendemmo commiato augurandoci una dolce notte. Subito  dopo mi giunse una foto che inquadrava un lembo di pelle cosparso da gocce lattiginose. Era la testimonianza della reciprocità del nostro piacere. Quell'immagine mi fece sentire meno disorientata, tracciando il senso di una intima complicità.
Avevo ripercorso fulmineamente i nostri momenti, nello spazio di tempo a lui necessario ad attraversare il giardino.
Siamo uno di fronte all'altro nella penombra della stanza. L'immaginazione me l'aveva proposto ben diverso. Non è certamente un tipo cui avrei concesso spazio verso la mia intimità se l'avessi conosciuto in un contesto differente, ma la sua sicurezza e decisione lo rendono ora magnetico, irresistibile.
Mi stringe fra le sue braccia senza dire nulla. Non può non sentire il mio tremore. Desiderio, rimorso, timore. Sono lì, sono altrove. Chiudo gli occhi al suo bacio intenso e delicato. Lascio che tutto sia...
di
scritto il
2017-07-16
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