Superdotato alle prime armi
di
Karin
genere
prime esperienze
Era già trascorso anche ferragosto. Ottobre si avvicinava inesorabilmente e con esso la data in cui avrei dovuto discutere la tesi di laurea e finalmente concludere il mio sudato percorso di studi.
Decisa a dedicarmi ad una full immersion di studio, lontana da ogni distrazione, salutai la mia famiglia e tornai nella città dove frequentavo l’ultimo anno di università e dove, ancora per qualche mese, avevo a disposizione il mio piccolo appartamento che condividevo assieme ad un’altra ragazza, la quale non sarebbe però tornata almeno fino alla fine di settembre.
Dopo un paio di giorni dal mio rientro ricevetti una telefonata. Una voce femminile mi diceva di aver preso il mio numero di telefono da alcuni annunci che avevo affisso per la città tempo prima, nei quali offrivo lezioni di recupero per liceali. La donna mi spiegava di avere un figlio che era stato ammesso con riserva al quinto anno di liceo, in quanto aveva riportato un’insufficienza in matematica che, se non avesse recuperato agli esami di riparazione a settembre, sarebbe stato bocciato e pertanto mi chiedeva di dargli delle ripetizioni.
Qualche soldino extra mi faceva comodo e poi, pensare ad altro qualche ora al giorno, non avrebbe potuto farmi che bene. Accettai la proposta ed invitai la donna a casa insieme al figlio per il giorno successivo alle ore 10:00, al fine di conoscerci e vedere insieme gli argomenti da trattare.
Il giorno successivo si presentarono a casa la donna e suo figlio “G”, il tipico ragazzo che definirei NERD, moro, non molto alto, esile, carnagione insolitamente chiara nonostante fossimo ancora ad agosto, indossava occhiali da vista neri ed in viso aveva una barba appena accennata che era più simile a della peluria.
La donna mi disse che “G” era un ragazzo timido, appassionato di videogiochi, a causa dei quali spesso trascurava lo studio, ma io la rassicurai dicendole che con il mio metodo, in sole due settimane non avrebbe avuto difficoltà a superare brillantemente gli esami di riparazione e così mi accordai per cominciare direttamente dal giorno seguente.
L’indomani “G” si presentò puntuale a casa, lo feci sedere a capotavola sul tavolo della cucina e, dopo una breve presentazione, cominciai con un po’ di teoria.
Il ragazzo era molto intelligente, capiva subito le mie spiegazioni e le metteva in pratica negli esercizi che gli sottoponevo, tuttavia, notavo che il suo interesse non era solo per le mie parole ma, molto spesso, il suo sguardo cadeva sulla protuberanza che la mia quarta misura di seno formava sotto la t-shirt che indossavo. La cosa non mi turbò, ero abituata a sguardi ben più maliziosi verso la mia scollatura rispetto a qualche fugace occhiata di un ragazzino. La lezione si concluse dopo un’ora e dissi al ragazzo di tornare il giorno dopo.
Nonostante fossero gli ultimi giorni di agosto, il caldo si faceva sentire come non mai, in città c’era un'afa insopportabile e, quella mattina, per non sudare troppo, indossai dei pantaloncini corti ed una canotta bianca senza il reggiseno. Realizzai che quelli non erano indumenti adatti ad impartire ripetizioni di matematica quando aprii la porta a "G" il quale, vedendomi, diventò visibilmente rosso, cercando in tutti i modi di non posare lo sguardo sulla mia scollatura. Ormai era tardi per cambiarmi, lo feci accomodare sul tavolo della cucina e gli diedi subito degli esercizi da svolgere per farlo concentrare sullo studio, posizionandomi dietro di lui con la scusa di verificarne la corretta esecuzione.
Quando “G” terminò l’ultimo esercizio mi avvicinai alla sua destra e mi chinai in avanti per capire come mai uno di questi non fosse stato svolto correttamente.
Mentre ero lì e cercavo di ripercorrere mentalmente ogni passaggio, notai che il mio seno era poggiato sulla spalla di “G” il quale, con la coda dell’occhio, stava sbirciando all’interno della scollatura, divenuta più accentuata a causa della posizione.
Stavo giusto per ritrarmi quando notai un particolare; “G" indossava dei bermuda elastici molto larghi ma, nella parte anteriore, si era formata una protuberanza molto, molto pronunciata.
La cosa stuzzicò la mia curiosità. Si trattava solo di una piega dei bermuda o lì sotto c’era un cazzo di proporzioni epiche? Però, pensandoci bene, come avrebbe potuto un ragazzino così smunto avere un affare enorme.
Finii di correggere l’esercizio e gliene sottoposi subito un altro.
Il particolare che avevo notato mi aveva turbata. Continuavo a pensare a cosa potesse celarsi lì sotto e, purtroppo, il periodo di astinenza dal sesso, dovuto alle intense sessioni di studio, non mi aiutava affatto.
Con la scusa di prendere un bicchiere d’acqua fresca, voltai le spalle a “G”, mi abbassai di nascosto la scollatura in modo da mostrare più seno possibile e mi andai a sedere sul posto a capotavola proprio di fronte a lui poi, con finta ingenuità, mi protesi in avanti fino a poggiare il mio seno sul tavolino, andando ad afferrare un ventaglio che si trovava su una mensola proprio lì davanti e cominciai a sventolarmi.
“G” era visibilmente turbato, lo vedevo alzare continuamente gli occhi e guardare nella mia scollatura, ma io, guardando altrove, facevo finta di non accorgermene lasciandolo fare.
Non appena ebbe terminato l’esercizio andai a sedermi proprio affianco a lui, così che potesse ammirare meglio i miei seni dall’alto della scollatura e, mentre stavo cancellando un passaggio errato con la gomma, feci volontariamente scivolare la matita che andò a cadere proprio sopra ai suoi bermuda.
Prima che il ragazzo realizzasse cosa fosse successo, mi fiondai con la mano a raccoglierla dalla sua patta e, proprio in quel momento, mi resi conto che non si trattava di una semplice protuberanza dei bermuda. La mia mano, nel raccogliere quella matita, si era poggiata sopra qualcosa di veramente grosso e già turgido.
Mi assalì un’irrefrenabile voglia di quel cazzo, lo volevo vedere, toccare e pompare alla grande, non mi importava che appartenesse ad un ragazzino appena maggiorenne.
Simulando una sorta di sconcerto per il contatto “involontario" appena avvenuto, ritrassi immediatamente la mano e fulminai “G” con un’occhiata di rimprovero, prima di scattare in piedi e mettermi di spalle al ragazzo con le braccia conserte.
“G” mortificato si alzò in piedi e disse: ”Mi dispiace, io non volevo.... non sono molto apprezzato dalle ragazze e quindi non sono abituato a stare da solo con loro, figuriamoci con una carina come lei….mi dispiace davvero, non volevo...”.
“Io” interrompendolo: "Che cosa non volevi? Non volevi fissarmi continuamente le tette? Non volevi eccitarti con chissà quale pensiero sconcio? Cosa non volevi esattamente?".
“G": "Io non volevo nulla di tutto ciò, sono mortificato".
Mi girai e lo vidi in piedi, con lo sguardo costernato rivolto a terra. Aveva capito chi comandava in quella casa.
Mi avvicinai a lui, con una mano sul mento gli alzai la testa e, guardandolo negli occhi gli dissi: “Quindi tu non volevi eh?”
“G”: No davvero mi dispia…..
Con la mano gli tappai la bocca prima che riuscisse a terminare la frase e gli dissi di ascoltarmi bene senza parlare.
“Io”: "Ho visto da subito che eri molto interessato alle mie tette, ma non immaginavo che soltanto la scollatura potesse farti eccitare in quel modo. A questo punto mi chiedo cosa succederebbe se tu mi vedessi in topless" e dicendo ciò abbassai le spalline della canotta fino a mostrare completamente i miei seni nudi, con i capezzoli già inturgiditi dall'eccitazione.
“G” era sbigottito e il confuso, non sapeva cosa stesse succedendo, tanto meno quello che fare, era come pietrificato. Presi la sua mano e me la poggiai sulle tette dicendogli: “Dai su, fammi vedere cosa vorresti fare con quello che volevi qui, a tua disposizione”.
Il ragazzo cominciò a palpare le mie tette, prima con una mano, poi con entrambe e, con lo sguardo simile a quello di un bambino che scarta il suo regalo il giorno di Natale, le fissava costantemente.
A quel punto lo afferrai per la nuca e affondai la sua faccia nel mio seno dicendo: “Non stai mica ammassando il pane, fammi vedere come le lecchi”.
“G” cominciò a leccarne ogni centimetro, per poi soffermarsi a ciucciare freneticamente i capezzoli.
Era eccitatissimo e lo sentivo gemere sempre più forte. Fu in quel momento che misi una mano sulla patta dei suoi bermuda e sentìì qualcosa di veramente esagerato.
Ero eccitatissima al pensiero di scoprire finalmente cosa si celasse lì sotto, quindi, spinsi “G” un passo indietro e, andandomi ad inginocchiare di fronte a lui, dopo aver afferrato con entrambe le mani le estremità dei suoi bermuda elastici, con un solo gesto tirai giù pantaloni e mutande.
Ciò che vidi in quell’istante fu conturbante. Un cazzo di dimensioni eccezionali, mai visto un affare così largo, cicciotto, con una cappella che assomigliava ad un enorme fungo ed una lunghezza davvero sorprendente. Mi trovavo proprio alla sua base, lo guardavo dal basso verso l’alto, era quasi grottesco, sembrava non appartenere nemmeno a “G" per quanto sproporzionato rispetto all’esile corpo del ragazzo. In quella posizione notai che le sue palle sembravano invisibili al cospetto di tanta abbondanza, in realtà, accarezzandole con la mano, mi accorsi che “G” era talmente eccitato che le sue palle erano già quasi sparite sotto il suo enorme membro.
Con la mano afferrai finalmente quel cazzone, accorgendomi di non riuscire nemmeno a chiuderla per quanto fosse ampio il diametro, più largo di quello di una lattina. Cominciai a segarlo per qualche istante poi, con la lingua, partendo dalla base, leccai tutta quell’asta infinita, arrivando fino all’apice, dove, un’enorme cappella a fungo si ergeva in tutta la sua maestosità. Aprii la bocca e cercai di infilarmela tutta dentro. Non era affatto facile aprire la bocca così tanto da contenerlo, le labbra mi tiravano e quel cazzone non riusciva ad entrare oltre qualche centimetro, nonostante altri cazzi fossero scesi per tutta la loro lunghezza fin dentro la mia gola. Cominciai a segare quell’enorme cazzo con la mano mentre cercavo di spingerlo più in profondità nella bocca. Con la lingua mi muovevo freneticamente sulla parte anteriore della cappella mentre con l’altra mano gli massaggiavo le palle.
Passarono veramente pochi istanti che “G" gemette. In quell’istante sentii sul palato uno schizzo caldo, molto forte, che andava a riempire ancora di più la mia bocca dolorante e già satura.
Allontanai di poco il suo cazzo pulsante dalla bocca, continuando però a leccare la cappella e pompando su e giù con la mano. Non so quante fiotte di calda sborra ne uscirono, so solo che sentivo il suo liquido denso, abbondante, colare sul mio mento e scivolare giù lungo i seni, segno che quel cazzo non sborrava da un bel pò.
Quando “G” ebbe finito di svuotare il suo piacere su di me, leccai via ogni gocciolina rimasta su quel pene, assicurandomi di pulire bene anche il suo interno ciucciandone avidamente la cappella.
Una volta terminato mi alzai, avevo ancora il mento ed il seno grondanti del suo sborro che, colando giù dal mio petto, era andato ad inzuppare completamente la canotta che avevo ancora ripiegata sotto al seno.
Andai in bagno, mi sciacquai per bene e mi cambiai. Quando tornai in cucina "G" era seduto al tavolo ed aveva un’espressione molto soddisfatta. Fu lui a prendere la parola dicendomi: “Riguardo a quello che è successo....." ma io lo interruppi subito dicendo: "Guarda che oggi non è successo assolutamente nulla, la lezione è terminata, ci vediamo domani alla stessa ora e se questa volta non sarai concentrato a sufficienza mi vedrò costretta a dire a tua madre che non potrò più averti come allievo".
“G” confuso: "Quindi non c'è possibilità che quello che è successo accada di nuovo?".
"Io": "Ti ripeto che oggi non è successo proprio nulla, non so cosa la tua fervida immaginazione possa aver elaborato. Tu sei qui per superare un esame di riparazione ed io vengo pagata affinché ciò si verifichi quindi, se pensi di riuscire nell’obiettivo ci vediamo domani alla stessa ora, altrimenti mi vedo costretta a chiamare tua madre, scusarmi per il mio insuccesso e dirle che sei molto meno intelligente di quanto pensassi."
“G”: "Ok, ha ragione, possiamo vederci domani allora?".
“Io": "Si, ma stavolta vedi di essere concentrato e non farti venire in mente strane idee".
Ed indicandogli l’uscita lo accompagnai fuori di casa.
Quel pomeriggio ripensai a ciò che era successo ed ero molto combattuta. Ci tenevo davvero ad onorare gli impegni presi, ma volevo anche essere posseduta da quel cazzone che non avevo avuto il piacere di accogliere dentro di me. Da un lato pensavo che, probabilmente, non avrei più incontrato un cazzo così grande, ma sapere che apparteneva ad un ragazzino che mi sarei difficilmente scollata di dosso e che non avrebbe perso tempo a vantarsi con gli amici delle sue prodezze, mi frenava un pò.
Non riuscivo a togliermi l’immagine di quel cazzo dalla testa. Ricordarlo mi eccitava al punto che andai in bagno, presi dalla cesta dei panni sporchi la canotta che indossavo quella mattina e l'annusai intensamente. Aveva un odore un pò acre ed era incrostata da tutta la sborra che aveva raccolto. Mi distesi sul letto con la figa già tutta bagnata e, sempre annusando quella canotta, cominciai con tre dita ad accarezzare, con movimenti circolari, il mio clitoride. I movimenti delle mie dita si fecero sempre più frenetici fino a che, l’intensa sensazione di calore e formicolio che stavo provando, aumentò tramutandosi in un fortissimo orgasmo, reso ancora più dirompente da quell’odore acre che amplificava il mio piacere.
Trascorse una settimana da quel giorno. “G” si presentava quotidianamente a casa ed io, vestita sempre in maniera decisamente casta, con indumenti larghi e coprenti, mi comportavo con lui come se nulla fosse mai successo, limitandomi a fare del mio meglio come brava insegnante e lui sembrava aver capito, tanto che, salvo rare eccezioni, aveva smesso perfino di fissarmi il seno. Mancava ormai una sola settimana al suo esame di riparazione e “G" aveva fatto enormi progressi. Avevamo appena terminato la lezione e “G" stava mettendo via le sue cose prima di andarsene. Gli chiesi come mai, nonostante fosse ancora estate, era così bianco. Lui mi rispose di avere giusto un paio di amici, i quali si erano trasferiti al mare per l’estate e lui, rimasto solo in città, aveva preferito trascorrere il tempo sui videogiochi. Gli chiesi se avesse una fidanzata e lui mi rispose di essere estremamente timido e di non riuscire ancora a relazionarsi spontaneamente con le ragazze, che lo mettevano sempre in forte imbarazzo. Gli chiesi poi se si sentiva preparato a sostenere l'esame e se la madre gli avesse promesso qualche ricompensa per l'eventuale superamento. Lui mi disse che, al contrario, la madre era rimasta molto delusa dall’insufficienza che aveva riportato e gli avrebbe proibito di giocare ai videogiochi per l'intero anno scolastico se fosse stato rimandato, ma lui questa volta si sentiva preparato.
A quel punto lo guardai negli occhi e gli dissi: "Facciamo così, se verrai promosso sarò io a farti un regalo ok? Verrai qui a casa, mi chiederai cosa vuoi ed io ti accontenterò.”
“G”: “Farai qualunque cosa io ti chieda?"
“Io”: “Certamente”.
“G”: “Quindi anche….."
Gli tappai la bocca con una mano e, guardandolo dritto negli occhi, con voce suadente: "Si, sarò io il tuo premio e ti farò qualunque cosa vorrai."
In quel momento notai che qualcosa nei suoi pantaloni cominciava a muoversi, quindi, mi affrettai a farlo uscire di casa prima di ritrovarmi nuovamente in ginocchio con il suo cazzo in bocca.
Giunse finalmente il giorno dell’esame e, quello stesso pomeriggio, ricevetti una telefonata dalla madre di “G" che, nel ringraziarmi, mi comunicò del buon esito dell’esame ed aggiunse che i miei metodi erano stati davvero molto efficaci. Mi disse che avevo fatto appassionare davvero il figlio alla materia tanto che, ultimamente, lo vedeva trascorrere più tempo sui libri rispetto ai videogiochi e lo vedeva davvero motivato. Mi chiese se, all’occorrenza, avessi potuto aiutarlo anche durante l’anno scolastico ma gli spiegai che di lì a poco, dopo la discussione della tesi che sarebbe avvenuta i primi di ottobre, avrei lasciato quella città. La donna mi disse poi che “G" avrebbe avuto piacere a ringraziarmi personalmente ed io gli risposi che sarebbe potuto venire a trovarmi alla solita ora il giorno successivo.
Alle 10:00 in punto del giorno seguente suonò il campanello. Guardai dallo spioncino assicurandomi che fosse “G" e che non ci fosse nessun altro sul pianerottolo, quindi aprii la porta. Ero truccata pesantemente, come una troia, indossavo tacchi a spillo rossi, calze a rete nere ed una sorta di canotta, che tanto apprezzava il mio ex ragazzo, completamente fatta di rete a maglie molto larghe, la quale mostrava il mio seno nudo.
“G" rimase lì fermo immobile per un attimo con aria sbigottita, finché con un braccio non lo tirai dentro casa e chiusi la porta dietro di lui dicendo: “Il tuo premio ti stava aspettando”.
“G" inebetito: “non mi aspettavo di trovarla così, lei è veramente sexy...”
“Io": "Ti ho detto che questa mattina sono il tuo premio, non la tua insegnante, quindi vedi di darmi del tu e dimmi cosa vorresti da me”. Prendendolo per mano lo accompagnai in camera dove avevo già preparato la stanza in penombra, con le tapparelle semichiuse, luce soffusa che filtrava dalle finestre ed un ventilatore acceso per rinfrescare la stanza.
“G” era come pietrificato, con la bocca aperta, non riusciva a staccarmi gli occhi di dosso.
Mi distesi sul letto con le gambe piegate e guardandolo dritto negli occhi gli dissi “Allora?”
Lui, deglutendo: “Vorrei tanto cominciare palpando..." lo interruppi: "Non devi dire cosa vorresti farmi, vieni qui e fallo".
“G" si avvicinò timidamente al letto e cominciò a toccarmi le tette, dapprima delicatamente poi con foga sempre crescente, abbassandosi a leccare i miei capezzoli turgidi che fuoriuscivano dalle maglie della canotta, mentre la mia mano era già finita sulla patta dei suoi pantaloni ad accarezzare quello che in realtà sarebbe stato il mio premio.
Mentre “G” era ancora impegnato a strizzare e ciucciare i miei capezzoli, gli sfilai la t-shirt e gli sbottonai i pantaloni. Lui quindi si staccò da me, in un attimo si sfilò scarpe e pantaloni rimanendo solo con i boxer, i quali non riuscivano più a fare il loro dovere, in quanto, una bella porzione di cazzo vi si trovava già abbondantemente fuori. “G" si avvicinò nuovamente a me, mi sfilò le scarpe col tacco poi le calze a rete. Non indossavo intimo quindi rimasi con in dosso la sola canotta di rete con la quale giocò per un altro po’ prima di sfilarla.
Appena fui completamente nuda, afferrai il capo di “G” e lo indirizzai verso la mia figa bagnata e vogliosa dicendo: “Fammi vedere come la lecchi".
“G” non sembrava avere per nulla dimestichezza, ma la cosa gli piaceva e, piano piano, i movimenti della sua lingua si fecero sempre più ampi e circolari, andando a raccogliere tutti gli umori che copiosi sgorgavano dalla mia figa. Prima di esplodere in un dirompente orgasmo lo fermai, gli sfilai i boxer e mi ficcai in bocca il suo cazzo più che potevo. Anche questa volta non fu facile, le labbra tiravano e la mandibola mi faceva male, ma la sensazione di quella enorme e liscia cappella che mi riempiva la bocca e tentava di avanzare in gola, fino a quasi soffocarmi, mi faceva eccitare moltissimo. Stavolta ero riuscita, aiutandomi con un po’ di apnea e dolore, a spingere quel cazzone fin dentro alla mia gola, ma la cosa mi aveva fatto lacrimare molto e sentivo il nero dell'eyeliner sciogliersi e solcare tutte le mie guance.
Avrei voluto pompare e succhiare quel cazzone per ore ma, ricordando che l’ultima volta mi ero ritrovata coperta di sborro prima ancora di avvicinarlo alla mia figa mi fermai.
Distendendomi supina sul letto guardai “G" negli occhi e dissi: "il tuo regalo aspetta di sapere come compiacerti, vuoi scoparmi?".
“G" non se lo fece ripetere due volte, salì sopra di me e cercò goffamente di infilare il suo enorme cazzo nella mia figa umida e vogliosa. Lo vidi agitarsi, era in forte difficoltà, non riusciva ad indirizzare bene quel suo attrezzo dentro di me, per cui gli dissi di calmarsi, afferrai con la mano il suo cazzo e lo indirizzai dentro la mia figa.
Provai immediatamente una sensazione di piacere intensissimo misto quasi a dolore, mi sentivo… "piena” e quella sensazione di riempimento aumentava sempre di più ad ogni spinta pelvica di “G", che cercava comunque di essere molto delicato. Mi sentivo la figa dilaniata da quel cazzo enorme che si faceva strada dentro di me e sembrava non finire mai. Ricevetti poi una spinta molto più forte delle precedenti e lanciai un urlo. “G” si affrettò a chiedermi se stessi bene, ma ero così eccitata che, nonostante il dolore, gli dissi di continuare esattamente così. Ormai l’enorme cazzo di "G" si trovava tutto dentro di me, era bellissimo, una sensazione di riempimento unica, mista ad un po’ di dolore che però, in quel momento, avvertivo come ulteriore piacere. Sentivo persino il mio clitoride sollecitato, andare su e giù, sfregato da quel cazzo che, quando entrava completamente dentro di me, mi devastava ed arrivava più in profondità di qualunque cosa fosse mai entrata lì prima d’ora. Non so quanto tempo “G" trascorse sopra di me, a scoparmi con foga sempre crescente, so che venni così tante volte da perdere il conto. Ad un certo punto “G" rallentò il ritmo, mi disse che stava per venire e che avrebbe voluto sborrarmi sulle tette. Ingorda di quel cazzo, con voce maiala gli dissi di non fermarsi, di scoparmi più forte che poteva e riempirmi la figa di sborro. "G" si eccitò molto a sentire quelle parole e riprese a spingere con una foga impressionante. Il suo cazzo, già spropositato, si fece ancora più duro, tanto che mi ritrovai a stringere con tutta la forza delle mani le lenzuola mentre ormai sentivo la fica andarmi letteralmente a fuoco. “G” cominciò a gemere forte e diede degli ultimi colpi così vigorosi che mi sconquassarono. Nemmeno la sua sborra, che andò a lubrificare le pareti della mia figa stremata, riuscì a darmi sollievo.
Quando “G” ebbe finito di riversare il suo piacere dentro di me, sfilò con un colpo solo il suo cazzone dalla mia figa e stramazzò sul letto esausto.
Io ero lì, di fianco a lui, con le gambe aperte e non riuscivo nemmeno a chiuderle per il dolore. La figa mi bruciava e quando mi alzai per andare a lavarmi, notai di aver perso anche molto sangue. Quella mattina, prima che “G” arrivasse, avevo pensato che mi sarebbe piaciuto concedergli anche un bis, ma quella scopata mi aveva davvero messa K.O. Tornando in camera lo vidi disteso sul letto, con il suo cazzo ormai rilassato rivolto da un lato, ma comunque così grande da sfiorare il letto. Mi distesi affianco a lui e gli feci i complimenti per la sua virilità. Lui mi disse che, per non fare brutta figura, si era segato tutti i giorni almeno due volte al giorno pensandomi, prima di venire da me. Ammise che quella era stata la sua prima volta ed io, per non mortificarlo, gli dissi che non sembrava affatto, nonostante in verità, se fosse stato solo per lui, si sarebbe trovato ancora a cercare di capire dove infilarlo.
Mi chiese poi come mai lo avevo fatto sborrare dentro di me e se ora rischiavo di rimanere incinta. Sorridendo gli dissi che esistevano metodi anticoncezionali come la pillola, che io prendevo regolarmente. Lui rispose di sapere che esisteva ma temeva solo che io non ne facessi uso.
Domandò infine se, incontri come quello, sarebbero potuti proseguire anche in futuro ma gli spiegai la mia situazione, che avrei lasciato quella città dopo qualche giorno e difficilmente vi avrei fatto ritorno. Vidi il suo sguardo incupirsi immediatamente e, per farlo felice, mi feci lasciare il suo numero, dicendo che un giorno lo avrei chiamato per un caffè, poi gli dissi di vincere, nel frattempo, la sua timidezza con le ragazze e diventare più intraprendente. Ci rivestimmo, “G” mi ringraziò e se ne andò dicendo che, comunque fossero andate le cose, non mi avrebbe mai dimenticata.
Decisa a dedicarmi ad una full immersion di studio, lontana da ogni distrazione, salutai la mia famiglia e tornai nella città dove frequentavo l’ultimo anno di università e dove, ancora per qualche mese, avevo a disposizione il mio piccolo appartamento che condividevo assieme ad un’altra ragazza, la quale non sarebbe però tornata almeno fino alla fine di settembre.
Dopo un paio di giorni dal mio rientro ricevetti una telefonata. Una voce femminile mi diceva di aver preso il mio numero di telefono da alcuni annunci che avevo affisso per la città tempo prima, nei quali offrivo lezioni di recupero per liceali. La donna mi spiegava di avere un figlio che era stato ammesso con riserva al quinto anno di liceo, in quanto aveva riportato un’insufficienza in matematica che, se non avesse recuperato agli esami di riparazione a settembre, sarebbe stato bocciato e pertanto mi chiedeva di dargli delle ripetizioni.
Qualche soldino extra mi faceva comodo e poi, pensare ad altro qualche ora al giorno, non avrebbe potuto farmi che bene. Accettai la proposta ed invitai la donna a casa insieme al figlio per il giorno successivo alle ore 10:00, al fine di conoscerci e vedere insieme gli argomenti da trattare.
Il giorno successivo si presentarono a casa la donna e suo figlio “G”, il tipico ragazzo che definirei NERD, moro, non molto alto, esile, carnagione insolitamente chiara nonostante fossimo ancora ad agosto, indossava occhiali da vista neri ed in viso aveva una barba appena accennata che era più simile a della peluria.
La donna mi disse che “G” era un ragazzo timido, appassionato di videogiochi, a causa dei quali spesso trascurava lo studio, ma io la rassicurai dicendole che con il mio metodo, in sole due settimane non avrebbe avuto difficoltà a superare brillantemente gli esami di riparazione e così mi accordai per cominciare direttamente dal giorno seguente.
L’indomani “G” si presentò puntuale a casa, lo feci sedere a capotavola sul tavolo della cucina e, dopo una breve presentazione, cominciai con un po’ di teoria.
Il ragazzo era molto intelligente, capiva subito le mie spiegazioni e le metteva in pratica negli esercizi che gli sottoponevo, tuttavia, notavo che il suo interesse non era solo per le mie parole ma, molto spesso, il suo sguardo cadeva sulla protuberanza che la mia quarta misura di seno formava sotto la t-shirt che indossavo. La cosa non mi turbò, ero abituata a sguardi ben più maliziosi verso la mia scollatura rispetto a qualche fugace occhiata di un ragazzino. La lezione si concluse dopo un’ora e dissi al ragazzo di tornare il giorno dopo.
Nonostante fossero gli ultimi giorni di agosto, il caldo si faceva sentire come non mai, in città c’era un'afa insopportabile e, quella mattina, per non sudare troppo, indossai dei pantaloncini corti ed una canotta bianca senza il reggiseno. Realizzai che quelli non erano indumenti adatti ad impartire ripetizioni di matematica quando aprii la porta a "G" il quale, vedendomi, diventò visibilmente rosso, cercando in tutti i modi di non posare lo sguardo sulla mia scollatura. Ormai era tardi per cambiarmi, lo feci accomodare sul tavolo della cucina e gli diedi subito degli esercizi da svolgere per farlo concentrare sullo studio, posizionandomi dietro di lui con la scusa di verificarne la corretta esecuzione.
Quando “G” terminò l’ultimo esercizio mi avvicinai alla sua destra e mi chinai in avanti per capire come mai uno di questi non fosse stato svolto correttamente.
Mentre ero lì e cercavo di ripercorrere mentalmente ogni passaggio, notai che il mio seno era poggiato sulla spalla di “G” il quale, con la coda dell’occhio, stava sbirciando all’interno della scollatura, divenuta più accentuata a causa della posizione.
Stavo giusto per ritrarmi quando notai un particolare; “G" indossava dei bermuda elastici molto larghi ma, nella parte anteriore, si era formata una protuberanza molto, molto pronunciata.
La cosa stuzzicò la mia curiosità. Si trattava solo di una piega dei bermuda o lì sotto c’era un cazzo di proporzioni epiche? Però, pensandoci bene, come avrebbe potuto un ragazzino così smunto avere un affare enorme.
Finii di correggere l’esercizio e gliene sottoposi subito un altro.
Il particolare che avevo notato mi aveva turbata. Continuavo a pensare a cosa potesse celarsi lì sotto e, purtroppo, il periodo di astinenza dal sesso, dovuto alle intense sessioni di studio, non mi aiutava affatto.
Con la scusa di prendere un bicchiere d’acqua fresca, voltai le spalle a “G”, mi abbassai di nascosto la scollatura in modo da mostrare più seno possibile e mi andai a sedere sul posto a capotavola proprio di fronte a lui poi, con finta ingenuità, mi protesi in avanti fino a poggiare il mio seno sul tavolino, andando ad afferrare un ventaglio che si trovava su una mensola proprio lì davanti e cominciai a sventolarmi.
“G” era visibilmente turbato, lo vedevo alzare continuamente gli occhi e guardare nella mia scollatura, ma io, guardando altrove, facevo finta di non accorgermene lasciandolo fare.
Non appena ebbe terminato l’esercizio andai a sedermi proprio affianco a lui, così che potesse ammirare meglio i miei seni dall’alto della scollatura e, mentre stavo cancellando un passaggio errato con la gomma, feci volontariamente scivolare la matita che andò a cadere proprio sopra ai suoi bermuda.
Prima che il ragazzo realizzasse cosa fosse successo, mi fiondai con la mano a raccoglierla dalla sua patta e, proprio in quel momento, mi resi conto che non si trattava di una semplice protuberanza dei bermuda. La mia mano, nel raccogliere quella matita, si era poggiata sopra qualcosa di veramente grosso e già turgido.
Mi assalì un’irrefrenabile voglia di quel cazzo, lo volevo vedere, toccare e pompare alla grande, non mi importava che appartenesse ad un ragazzino appena maggiorenne.
Simulando una sorta di sconcerto per il contatto “involontario" appena avvenuto, ritrassi immediatamente la mano e fulminai “G” con un’occhiata di rimprovero, prima di scattare in piedi e mettermi di spalle al ragazzo con le braccia conserte.
“G” mortificato si alzò in piedi e disse: ”Mi dispiace, io non volevo.... non sono molto apprezzato dalle ragazze e quindi non sono abituato a stare da solo con loro, figuriamoci con una carina come lei….mi dispiace davvero, non volevo...”.
“Io” interrompendolo: "Che cosa non volevi? Non volevi fissarmi continuamente le tette? Non volevi eccitarti con chissà quale pensiero sconcio? Cosa non volevi esattamente?".
“G": "Io non volevo nulla di tutto ciò, sono mortificato".
Mi girai e lo vidi in piedi, con lo sguardo costernato rivolto a terra. Aveva capito chi comandava in quella casa.
Mi avvicinai a lui, con una mano sul mento gli alzai la testa e, guardandolo negli occhi gli dissi: “Quindi tu non volevi eh?”
“G”: No davvero mi dispia…..
Con la mano gli tappai la bocca prima che riuscisse a terminare la frase e gli dissi di ascoltarmi bene senza parlare.
“Io”: "Ho visto da subito che eri molto interessato alle mie tette, ma non immaginavo che soltanto la scollatura potesse farti eccitare in quel modo. A questo punto mi chiedo cosa succederebbe se tu mi vedessi in topless" e dicendo ciò abbassai le spalline della canotta fino a mostrare completamente i miei seni nudi, con i capezzoli già inturgiditi dall'eccitazione.
“G” era sbigottito e il confuso, non sapeva cosa stesse succedendo, tanto meno quello che fare, era come pietrificato. Presi la sua mano e me la poggiai sulle tette dicendogli: “Dai su, fammi vedere cosa vorresti fare con quello che volevi qui, a tua disposizione”.
Il ragazzo cominciò a palpare le mie tette, prima con una mano, poi con entrambe e, con lo sguardo simile a quello di un bambino che scarta il suo regalo il giorno di Natale, le fissava costantemente.
A quel punto lo afferrai per la nuca e affondai la sua faccia nel mio seno dicendo: “Non stai mica ammassando il pane, fammi vedere come le lecchi”.
“G” cominciò a leccarne ogni centimetro, per poi soffermarsi a ciucciare freneticamente i capezzoli.
Era eccitatissimo e lo sentivo gemere sempre più forte. Fu in quel momento che misi una mano sulla patta dei suoi bermuda e sentìì qualcosa di veramente esagerato.
Ero eccitatissima al pensiero di scoprire finalmente cosa si celasse lì sotto, quindi, spinsi “G” un passo indietro e, andandomi ad inginocchiare di fronte a lui, dopo aver afferrato con entrambe le mani le estremità dei suoi bermuda elastici, con un solo gesto tirai giù pantaloni e mutande.
Ciò che vidi in quell’istante fu conturbante. Un cazzo di dimensioni eccezionali, mai visto un affare così largo, cicciotto, con una cappella che assomigliava ad un enorme fungo ed una lunghezza davvero sorprendente. Mi trovavo proprio alla sua base, lo guardavo dal basso verso l’alto, era quasi grottesco, sembrava non appartenere nemmeno a “G" per quanto sproporzionato rispetto all’esile corpo del ragazzo. In quella posizione notai che le sue palle sembravano invisibili al cospetto di tanta abbondanza, in realtà, accarezzandole con la mano, mi accorsi che “G” era talmente eccitato che le sue palle erano già quasi sparite sotto il suo enorme membro.
Con la mano afferrai finalmente quel cazzone, accorgendomi di non riuscire nemmeno a chiuderla per quanto fosse ampio il diametro, più largo di quello di una lattina. Cominciai a segarlo per qualche istante poi, con la lingua, partendo dalla base, leccai tutta quell’asta infinita, arrivando fino all’apice, dove, un’enorme cappella a fungo si ergeva in tutta la sua maestosità. Aprii la bocca e cercai di infilarmela tutta dentro. Non era affatto facile aprire la bocca così tanto da contenerlo, le labbra mi tiravano e quel cazzone non riusciva ad entrare oltre qualche centimetro, nonostante altri cazzi fossero scesi per tutta la loro lunghezza fin dentro la mia gola. Cominciai a segare quell’enorme cazzo con la mano mentre cercavo di spingerlo più in profondità nella bocca. Con la lingua mi muovevo freneticamente sulla parte anteriore della cappella mentre con l’altra mano gli massaggiavo le palle.
Passarono veramente pochi istanti che “G" gemette. In quell’istante sentii sul palato uno schizzo caldo, molto forte, che andava a riempire ancora di più la mia bocca dolorante e già satura.
Allontanai di poco il suo cazzo pulsante dalla bocca, continuando però a leccare la cappella e pompando su e giù con la mano. Non so quante fiotte di calda sborra ne uscirono, so solo che sentivo il suo liquido denso, abbondante, colare sul mio mento e scivolare giù lungo i seni, segno che quel cazzo non sborrava da un bel pò.
Quando “G” ebbe finito di svuotare il suo piacere su di me, leccai via ogni gocciolina rimasta su quel pene, assicurandomi di pulire bene anche il suo interno ciucciandone avidamente la cappella.
Una volta terminato mi alzai, avevo ancora il mento ed il seno grondanti del suo sborro che, colando giù dal mio petto, era andato ad inzuppare completamente la canotta che avevo ancora ripiegata sotto al seno.
Andai in bagno, mi sciacquai per bene e mi cambiai. Quando tornai in cucina "G" era seduto al tavolo ed aveva un’espressione molto soddisfatta. Fu lui a prendere la parola dicendomi: “Riguardo a quello che è successo....." ma io lo interruppi subito dicendo: "Guarda che oggi non è successo assolutamente nulla, la lezione è terminata, ci vediamo domani alla stessa ora e se questa volta non sarai concentrato a sufficienza mi vedrò costretta a dire a tua madre che non potrò più averti come allievo".
“G” confuso: "Quindi non c'è possibilità che quello che è successo accada di nuovo?".
"Io": "Ti ripeto che oggi non è successo proprio nulla, non so cosa la tua fervida immaginazione possa aver elaborato. Tu sei qui per superare un esame di riparazione ed io vengo pagata affinché ciò si verifichi quindi, se pensi di riuscire nell’obiettivo ci vediamo domani alla stessa ora, altrimenti mi vedo costretta a chiamare tua madre, scusarmi per il mio insuccesso e dirle che sei molto meno intelligente di quanto pensassi."
“G”: "Ok, ha ragione, possiamo vederci domani allora?".
“Io": "Si, ma stavolta vedi di essere concentrato e non farti venire in mente strane idee".
Ed indicandogli l’uscita lo accompagnai fuori di casa.
Quel pomeriggio ripensai a ciò che era successo ed ero molto combattuta. Ci tenevo davvero ad onorare gli impegni presi, ma volevo anche essere posseduta da quel cazzone che non avevo avuto il piacere di accogliere dentro di me. Da un lato pensavo che, probabilmente, non avrei più incontrato un cazzo così grande, ma sapere che apparteneva ad un ragazzino che mi sarei difficilmente scollata di dosso e che non avrebbe perso tempo a vantarsi con gli amici delle sue prodezze, mi frenava un pò.
Non riuscivo a togliermi l’immagine di quel cazzo dalla testa. Ricordarlo mi eccitava al punto che andai in bagno, presi dalla cesta dei panni sporchi la canotta che indossavo quella mattina e l'annusai intensamente. Aveva un odore un pò acre ed era incrostata da tutta la sborra che aveva raccolto. Mi distesi sul letto con la figa già tutta bagnata e, sempre annusando quella canotta, cominciai con tre dita ad accarezzare, con movimenti circolari, il mio clitoride. I movimenti delle mie dita si fecero sempre più frenetici fino a che, l’intensa sensazione di calore e formicolio che stavo provando, aumentò tramutandosi in un fortissimo orgasmo, reso ancora più dirompente da quell’odore acre che amplificava il mio piacere.
Trascorse una settimana da quel giorno. “G” si presentava quotidianamente a casa ed io, vestita sempre in maniera decisamente casta, con indumenti larghi e coprenti, mi comportavo con lui come se nulla fosse mai successo, limitandomi a fare del mio meglio come brava insegnante e lui sembrava aver capito, tanto che, salvo rare eccezioni, aveva smesso perfino di fissarmi il seno. Mancava ormai una sola settimana al suo esame di riparazione e “G" aveva fatto enormi progressi. Avevamo appena terminato la lezione e “G" stava mettendo via le sue cose prima di andarsene. Gli chiesi come mai, nonostante fosse ancora estate, era così bianco. Lui mi rispose di avere giusto un paio di amici, i quali si erano trasferiti al mare per l’estate e lui, rimasto solo in città, aveva preferito trascorrere il tempo sui videogiochi. Gli chiesi se avesse una fidanzata e lui mi rispose di essere estremamente timido e di non riuscire ancora a relazionarsi spontaneamente con le ragazze, che lo mettevano sempre in forte imbarazzo. Gli chiesi poi se si sentiva preparato a sostenere l'esame e se la madre gli avesse promesso qualche ricompensa per l'eventuale superamento. Lui mi disse che, al contrario, la madre era rimasta molto delusa dall’insufficienza che aveva riportato e gli avrebbe proibito di giocare ai videogiochi per l'intero anno scolastico se fosse stato rimandato, ma lui questa volta si sentiva preparato.
A quel punto lo guardai negli occhi e gli dissi: "Facciamo così, se verrai promosso sarò io a farti un regalo ok? Verrai qui a casa, mi chiederai cosa vuoi ed io ti accontenterò.”
“G”: “Farai qualunque cosa io ti chieda?"
“Io”: “Certamente”.
“G”: “Quindi anche….."
Gli tappai la bocca con una mano e, guardandolo dritto negli occhi, con voce suadente: "Si, sarò io il tuo premio e ti farò qualunque cosa vorrai."
In quel momento notai che qualcosa nei suoi pantaloni cominciava a muoversi, quindi, mi affrettai a farlo uscire di casa prima di ritrovarmi nuovamente in ginocchio con il suo cazzo in bocca.
Giunse finalmente il giorno dell’esame e, quello stesso pomeriggio, ricevetti una telefonata dalla madre di “G" che, nel ringraziarmi, mi comunicò del buon esito dell’esame ed aggiunse che i miei metodi erano stati davvero molto efficaci. Mi disse che avevo fatto appassionare davvero il figlio alla materia tanto che, ultimamente, lo vedeva trascorrere più tempo sui libri rispetto ai videogiochi e lo vedeva davvero motivato. Mi chiese se, all’occorrenza, avessi potuto aiutarlo anche durante l’anno scolastico ma gli spiegai che di lì a poco, dopo la discussione della tesi che sarebbe avvenuta i primi di ottobre, avrei lasciato quella città. La donna mi disse poi che “G" avrebbe avuto piacere a ringraziarmi personalmente ed io gli risposi che sarebbe potuto venire a trovarmi alla solita ora il giorno successivo.
Alle 10:00 in punto del giorno seguente suonò il campanello. Guardai dallo spioncino assicurandomi che fosse “G" e che non ci fosse nessun altro sul pianerottolo, quindi aprii la porta. Ero truccata pesantemente, come una troia, indossavo tacchi a spillo rossi, calze a rete nere ed una sorta di canotta, che tanto apprezzava il mio ex ragazzo, completamente fatta di rete a maglie molto larghe, la quale mostrava il mio seno nudo.
“G" rimase lì fermo immobile per un attimo con aria sbigottita, finché con un braccio non lo tirai dentro casa e chiusi la porta dietro di lui dicendo: “Il tuo premio ti stava aspettando”.
“G" inebetito: “non mi aspettavo di trovarla così, lei è veramente sexy...”
“Io": "Ti ho detto che questa mattina sono il tuo premio, non la tua insegnante, quindi vedi di darmi del tu e dimmi cosa vorresti da me”. Prendendolo per mano lo accompagnai in camera dove avevo già preparato la stanza in penombra, con le tapparelle semichiuse, luce soffusa che filtrava dalle finestre ed un ventilatore acceso per rinfrescare la stanza.
“G” era come pietrificato, con la bocca aperta, non riusciva a staccarmi gli occhi di dosso.
Mi distesi sul letto con le gambe piegate e guardandolo dritto negli occhi gli dissi “Allora?”
Lui, deglutendo: “Vorrei tanto cominciare palpando..." lo interruppi: "Non devi dire cosa vorresti farmi, vieni qui e fallo".
“G" si avvicinò timidamente al letto e cominciò a toccarmi le tette, dapprima delicatamente poi con foga sempre crescente, abbassandosi a leccare i miei capezzoli turgidi che fuoriuscivano dalle maglie della canotta, mentre la mia mano era già finita sulla patta dei suoi pantaloni ad accarezzare quello che in realtà sarebbe stato il mio premio.
Mentre “G” era ancora impegnato a strizzare e ciucciare i miei capezzoli, gli sfilai la t-shirt e gli sbottonai i pantaloni. Lui quindi si staccò da me, in un attimo si sfilò scarpe e pantaloni rimanendo solo con i boxer, i quali non riuscivano più a fare il loro dovere, in quanto, una bella porzione di cazzo vi si trovava già abbondantemente fuori. “G" si avvicinò nuovamente a me, mi sfilò le scarpe col tacco poi le calze a rete. Non indossavo intimo quindi rimasi con in dosso la sola canotta di rete con la quale giocò per un altro po’ prima di sfilarla.
Appena fui completamente nuda, afferrai il capo di “G” e lo indirizzai verso la mia figa bagnata e vogliosa dicendo: “Fammi vedere come la lecchi".
“G” non sembrava avere per nulla dimestichezza, ma la cosa gli piaceva e, piano piano, i movimenti della sua lingua si fecero sempre più ampi e circolari, andando a raccogliere tutti gli umori che copiosi sgorgavano dalla mia figa. Prima di esplodere in un dirompente orgasmo lo fermai, gli sfilai i boxer e mi ficcai in bocca il suo cazzo più che potevo. Anche questa volta non fu facile, le labbra tiravano e la mandibola mi faceva male, ma la sensazione di quella enorme e liscia cappella che mi riempiva la bocca e tentava di avanzare in gola, fino a quasi soffocarmi, mi faceva eccitare moltissimo. Stavolta ero riuscita, aiutandomi con un po’ di apnea e dolore, a spingere quel cazzone fin dentro alla mia gola, ma la cosa mi aveva fatto lacrimare molto e sentivo il nero dell'eyeliner sciogliersi e solcare tutte le mie guance.
Avrei voluto pompare e succhiare quel cazzone per ore ma, ricordando che l’ultima volta mi ero ritrovata coperta di sborro prima ancora di avvicinarlo alla mia figa mi fermai.
Distendendomi supina sul letto guardai “G" negli occhi e dissi: "il tuo regalo aspetta di sapere come compiacerti, vuoi scoparmi?".
“G" non se lo fece ripetere due volte, salì sopra di me e cercò goffamente di infilare il suo enorme cazzo nella mia figa umida e vogliosa. Lo vidi agitarsi, era in forte difficoltà, non riusciva ad indirizzare bene quel suo attrezzo dentro di me, per cui gli dissi di calmarsi, afferrai con la mano il suo cazzo e lo indirizzai dentro la mia figa.
Provai immediatamente una sensazione di piacere intensissimo misto quasi a dolore, mi sentivo… "piena” e quella sensazione di riempimento aumentava sempre di più ad ogni spinta pelvica di “G", che cercava comunque di essere molto delicato. Mi sentivo la figa dilaniata da quel cazzo enorme che si faceva strada dentro di me e sembrava non finire mai. Ricevetti poi una spinta molto più forte delle precedenti e lanciai un urlo. “G” si affrettò a chiedermi se stessi bene, ma ero così eccitata che, nonostante il dolore, gli dissi di continuare esattamente così. Ormai l’enorme cazzo di "G" si trovava tutto dentro di me, era bellissimo, una sensazione di riempimento unica, mista ad un po’ di dolore che però, in quel momento, avvertivo come ulteriore piacere. Sentivo persino il mio clitoride sollecitato, andare su e giù, sfregato da quel cazzo che, quando entrava completamente dentro di me, mi devastava ed arrivava più in profondità di qualunque cosa fosse mai entrata lì prima d’ora. Non so quanto tempo “G" trascorse sopra di me, a scoparmi con foga sempre crescente, so che venni così tante volte da perdere il conto. Ad un certo punto “G" rallentò il ritmo, mi disse che stava per venire e che avrebbe voluto sborrarmi sulle tette. Ingorda di quel cazzo, con voce maiala gli dissi di non fermarsi, di scoparmi più forte che poteva e riempirmi la figa di sborro. "G" si eccitò molto a sentire quelle parole e riprese a spingere con una foga impressionante. Il suo cazzo, già spropositato, si fece ancora più duro, tanto che mi ritrovai a stringere con tutta la forza delle mani le lenzuola mentre ormai sentivo la fica andarmi letteralmente a fuoco. “G” cominciò a gemere forte e diede degli ultimi colpi così vigorosi che mi sconquassarono. Nemmeno la sua sborra, che andò a lubrificare le pareti della mia figa stremata, riuscì a darmi sollievo.
Quando “G” ebbe finito di riversare il suo piacere dentro di me, sfilò con un colpo solo il suo cazzone dalla mia figa e stramazzò sul letto esausto.
Io ero lì, di fianco a lui, con le gambe aperte e non riuscivo nemmeno a chiuderle per il dolore. La figa mi bruciava e quando mi alzai per andare a lavarmi, notai di aver perso anche molto sangue. Quella mattina, prima che “G” arrivasse, avevo pensato che mi sarebbe piaciuto concedergli anche un bis, ma quella scopata mi aveva davvero messa K.O. Tornando in camera lo vidi disteso sul letto, con il suo cazzo ormai rilassato rivolto da un lato, ma comunque così grande da sfiorare il letto. Mi distesi affianco a lui e gli feci i complimenti per la sua virilità. Lui mi disse che, per non fare brutta figura, si era segato tutti i giorni almeno due volte al giorno pensandomi, prima di venire da me. Ammise che quella era stata la sua prima volta ed io, per non mortificarlo, gli dissi che non sembrava affatto, nonostante in verità, se fosse stato solo per lui, si sarebbe trovato ancora a cercare di capire dove infilarlo.
Mi chiese poi come mai lo avevo fatto sborrare dentro di me e se ora rischiavo di rimanere incinta. Sorridendo gli dissi che esistevano metodi anticoncezionali come la pillola, che io prendevo regolarmente. Lui rispose di sapere che esisteva ma temeva solo che io non ne facessi uso.
Domandò infine se, incontri come quello, sarebbero potuti proseguire anche in futuro ma gli spiegai la mia situazione, che avrei lasciato quella città dopo qualche giorno e difficilmente vi avrei fatto ritorno. Vidi il suo sguardo incupirsi immediatamente e, per farlo felice, mi feci lasciare il suo numero, dicendo che un giorno lo avrei chiamato per un caffè, poi gli dissi di vincere, nel frattempo, la sua timidezza con le ragazze e diventare più intraprendente. Ci rivestimmo, “G” mi ringraziò e se ne andò dicendo che, comunque fossero andate le cose, non mi avrebbe mai dimenticata.
1
1
voti
voti
valutazione
5.1
5.1
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Un threesome inaspettato.racconto sucessivo
Come soddisfare un feticista dei piedi in autogrill
Commenti dei lettori al racconto erotico