Il nuovo ordine mondiale - 7 - Marco ed Elena
di
Perego65
genere
dominazione
La sveglia suonò alle 5.30 e come ogni mattina uscii immediatamente dal letto per iniziare la mia routine: 50 minuti di ginnastica, poi la barba, la doccia, sistemare la mia stanza e infine indossare l'uniforme da maggiordomo. All'inizio avevo trovato quella divisa umiliante: i pantaloni neri stretti, la camicia bianca aderente, il papillon e la giacca con le code. Non erano poi previste nè scarpe nè calze. Ora però quella divisa era diventata la mia seconda pelle e io ne ero quasi orgoglioso. Non che fossero venute meno le umiliazioni, anzi, Guido su questo era diventato ancora più sottilmente perververso, però quella divisa mi collocava nella parte alta della gerarchia di chi lavorava nella casa. Inoltre, a differenza di tutti gli altri che erano degli schiavi, io ed Elena, mia moglie, avevamo, almeno formalmente, mantenuto la nostra libertà, anche se aveva una valenza più simbolica che sostanziale. La verità, però, era che Guido iniziava ad apprezzare la mia precisione, la mia dedizione e in qualche modo anche la mia fedeltà ed io ero gratificato dai suoi riconoscimenti e dalle piccole concessioni che di tanto in tanto mi faceva. Così come è vero che la consapevolezza di avere un diritto nasce dall'abitudine ad esercitarlo, è vero anche il contrario: gli ultimi 4 anni, in cui ogni diritto mi era stato negato, mi avevano portato a ritenere normale che potessi aspirare solo alle concessioni del mio padrone. Razionalmente lo odiavo per quello che aveva fatto a me e ad Elena ma nell'inconscio ogni suo gesto di affetto o di stima nei miei confronti mi rendeva felice.
Dopo essermi preparato, feci un giro per vedere se tutto era in ordine e per ispezionare gli schiavi prima che iniziassero le loro mansioni. Ne punii una con 10 frustate perché aveva i collant leggermente smagliati e la sua diretta responsabile con 20 perché non se ne era accorta. Concordai i principali lavori che dovevano essere svolti quel giorno dalle varie squadre, e poi aprii la mail di Guido per vedere se c'era qualche messaggio importante. Scesi infine in cucina per preparare il caffè doppio e la spremuta che Guido voleva al suo risveglio. Come ogni mattina, in cucina incontrai mia moglie intenta a preparare la centrifuga per la sua padrona. Come sempre la trovai bellissima. Alta, magra, con la pelle chiarissima, i capelli biondi e un sorriso aperto. Era la mia omologa al servizio di Chiara, la moglie di Guido, e per questo indossava una divisa identica alla mia ma che addosso a lei faceva un effetto completamente diverso. In particolare i pantaloni neri aderenti ne esaltavano il culo perfetto mentre la camicia trasparente lasciava intravedere il seno. Inoltre lei portava delle scarpe nere con un tacco di 10 centimetri con i quali mi superava in altezza e che la rendevano ancora più slanciata ed elegante. Nella vita precedente io e lei eravamo stati innamorati, affiatati e complici. Elena è una donna ironica e spiritosa e con lei mi sono sempre divertito. Eravamo liberi, ricchi, felici e provavamo l’uno per l'altra un irresistibile desiderio sessuale. Per tutto il tempo in cui siamo stati insieme non ricordo un solo giorno in cui non abbiamo scopato. Il sesso con lei, in tutte le sue declinazioni e varianti, era una cosa naturale e irrinunciabile.
Stando al servizio di Guido e vedendo il rapporto che ha con la moglie mi sono convinto che lui invidiasse la nostra felicità e per questo ce l'ha voluta togliere. Con il suo matrimonio di convenienza non poteva tollerare la nostra gioia. Non a caso la prima privazione che ci impose, quella che ancora oggi trovo la più ingiusta e la più dolorosa, fu il divieto di poterci anche solo sfiorare e il divieto di parlare fra noi se non per questioni che riguardano la gestione della casa o comunque aspetti inerenti il nostro lavoro di maggiordomi. Quando mi incontravo con Elena ci scambiavamo quindi solo degli sguardi che all'inizio erano pieni di speranza, speranza che pian piano lasciò lo spazio alla nostalgia e al rimpianto per come mi ero fatto incastrare da Guido, cadendo come un ingenuo nella sua trappola.
Per prendere in giro il nostro amore sospeso, Chiara, in una delle rare serate in cui i nostri padroni stavano cenando insieme, ci disse che gli ricordavamo Emma Thompson ed Anthony Hopkins nel film “Quel che resta del giorno”.
Sempre durante quella cena ebbe poi inizio l'episodio da cui io ed Elena capimmo che Guido non ci avrebbe mai concesso di stare nuovamente insieme. Quello fu anche il momento in cui il mio rapporto con Elena iniziò ad incrinarsi. I due padroni iniziarono a discutere di un fatto del loro passato su cui avevano un ricordo diverso. Si impuntarono, ognuno forte della sua memoria, al punto che decisero di scommettere su chi avesse ragione. La posta fu proposta da Chiara: "chi vince si scopa il maggiordomo dell'altro". Appena pronunciata quella frase si voltò verso di me con uno sguardo malizioso. Sperai con tutte le mie forze che fosse lei a vincere la scommessa. Per quanto fosse stronza era anche estremamente attraente ed affascinante Quando eravamo ancora liberi, e di tanto in tanto ci frequentavamo, avevo fantasticato su un possibile scambio di coppia. Inoltre, all'epoca della scommessa erano già 3 anni che non toccavo una donna ed avevo la libido a livelli incontrollabili. Per mia sfortuna, invece, era lui che ricordava bene.
Per la sera successiva Guido mi ordinò di organizzare la cena nei suoi appartamenti. Elena arrivò indossando un tubino nero e dei sandali. I capelli, a differenza del solito, erano sciolti e le cadevano sulle spalle. Da quando avevamo perso la libertà era la prima volta che la vedevo senza divisa. Mi sembrò ancora più bella. Guido la fece accomodare su un divano e io gli portai l'aperitivo. Lui era stranamente galante e gentile. La riempì di complimenti e riuscì anche ad essere spiritoso. La conversazione continuò poi a tavola. Lui le raccontò della sua infanzia e degli anni passati in simbiosi con il suo amico Andrea e di come fossero legati, nonostante le diverse estrazioni sociali e le diverse ideologie. Poi le fece mille domande. Non l'avevo mai visto così. Elena all'inizio era imbarazza dalla mia presenza ma più aumentava il tasso alcolico e la conversazione fra loro diventava intima, più io diventavo invisibile ai suoi occhi. Preso il caffè si alzarono e iniziarono a spogliarsi a vicenda e una volta nudi si spostarono sul letto. Guido si inginocchiò fra le sue gambe e iniziò a leccarle la fica mentre lei, con gli occhi socchiusi, allungava una mano per accarezzargli i capelli. Sentivo i suoi mugolii di piacere che mi procurarono delle fitte di dolore e allo stesso tempo mi eccitarono. Il cazzo mi era diventato duro e i pantaloni stretti non riuscivano a nascondere la mia erezione.
Mi diventò improvvisamente chiaro quello che Guido stava facendo: la voleva allontanare da me e anche quella volta riuscì nel suo intento; da quel giorno io sentii quella che era mia moglie, o forse farei meglio a dire era stata mia moglie, un po' più fredda e un po' più lontana.
Dopo il primo orgasmo di Elena iniziarono a scopare cambiando varie posizioni. Finirono sdraiati, lui sotto e lei sopra con i corpi aderenti e sudati e il bacino di Elena che si muoveva lentamente. Ero ipnotizzato dal suo culo che saliva e scendeva per accogliere fino in fondo il cazzo di Guido. Elena venne per prima con un gemito che mi riportò indietro nel tempo, ma continuò a muoversi, aumentando il ritmo, fino a quando anche Guido raggiunse il suo orgasmo. Dopo pochi minuti si addormentarono; mi ricordai quanto era bello addormentarsi fra le sue braccia dopo aver fatto l'amore, soprattutto quando lo facevamo nei pomeriggi estivi, con la luce e il caldo che entravano dalle finestre. Rimasi immobile a fissarli e ad ascoltare il loro respiro profondo e regolare. Sembravano due modelli. La prima a riaprire gli occhi fu Elena; aveva un'espressione soddisfatta che tradiva il piacere provato. Mi lanciò uno sguardo tenero, fece una piccola smorfia e alzò le spalle come a dire: "è la vita, non ci possiamo fare niente, non è colpa di nessuno", per poi girarsi su un fianco concedendomi nuovamente la vista della schiena che tante volte le avevo massaggiato. Dopo qualche minuto si svegliò anche Guido. La bacio e le disse: "sei una donna notevole. Lo dovremo rifare". Elena rispose come era normale che rispondesse: "grazie. Mi è piaciuto moltissimo. Sarei felice di stare ancora con te" ma mi era chiaro che non stava mentendo. Guido con un gesto mi fece capire che a quel punto la mia presenza era superflua e io uscii. Saperli lì che chiacchieravano nudi nel letto fu ancora più insopportabile del sesso a cui avevo assistito.
Nei mesi successivi Guido negoziò con Chiara la possibilità di avere Elena qualche sera per sè mentre, purtroppo, non accadde mai il contrario.
La mattina successiva ai loro incontri mi sembrava di cogliere sul viso di Elena una luce diversa, luce che aveva anche quel giorno. Ero ossessionato dalla curiosità e dalla gelosia, sentimenti che diventavano sempre più forti man mano che la sentivo allontanarsi da me, mentre io la desideravo in modo sempre più forte. Mi rendevo poi conto che non ero geloso solo di lei, ma anche di Guido. Ritenevo almeno di avere il diritto di sapere, anche se ormai mi era chiaro che il termine diritto non apparteneva più al mio vocabolario, e se non esiste il termine non può neanche esistere il pensiero o il sentimento che quel termine rappresenta. Una cosa che però ancora non avevo completamente interiorizzato. Fatto sta che mentre eravamo fianco a fianco sul grande tavolo da lavoro della cucina, dando le spalle alla telecamera di videosorveglianza, con un filo di voce le chiesi: "anche questa notte sei stata con lui?". Avevo infranto una regola e già questo era elettrizzante. Elena spense la centrifuga si voltò verso di me con uno sguardo serio e rispose: "se siamo qui è solo per colpa tua quindi se c'è qualcuno che si può lamentare quello di certo non sei tu". Fu peggio di una frustata, era una verità che conoscevo ma che negli anni avevo provato a rimuovere. Come in un film, nella mia mente si susseguirono le fasi che ci avevano portato a diventare dei servi. Prima che si definisse il nuovo ordine io e Guido avevamo costruito due imperi finanziari che ci avevano portato ad essere fra gli uomini più ricchi del paese. Per una coincidenza venivamo dalla stessa provincia del nord est così, inevitabilmente, ci conoscevamo e di tanto in tanto ci frequentavamo, anche se fra noi non c'era una particolare empatia. Avevamo stili professionali e una visione del mondo opposti. Lui, a differenza mia, faceva affari senza nessuno scrupolo, guidato da un innato istinto predatorio. Io invece mi facevo molti più problemi di carattere etico. Poco prima che le principali aziende fossero statalizzate e la borsa venisse chiusa si presentò l'occasione di quella che sembrava una speculazione facile e iper redditizia. Una persona che ritenevo fidata mi informò, in via riservata, che il nuovo governo formato dall’élite avrebbe comprato pistole e teaser per il corpo di polizia in fase di costituzione da una piccola azienda che fabbricava armi nell'hinterland milanese. Sarebba stata una fornitura milionaria. Non appena la notizia fosse diventata pubblica le azioni della societa avrebbero almeno quadruplicato il loro valore. La stessa fonte mi lasciò anche intuire che Guido era interessato all'affare ed aveva iniziato a comprare le azioni dell'azienda. Mi sembrò un’opportunità che non mi dovevo far scappare. Più che dal facile guadagno ero attratto dalla possibilità di fregare Guido e questo mi fece dimenticare la mia abituale prudenza. Così, non solo impegnai tutta la mia liquidità in quell'affare, ma usai anche le mie linee di credito per garantirmi il futuro controllo della società. I miei acquisti fecero salire il valore delle azioni in una spirale che si autoalimentava, e così mi indebitai per un importo molto più alto di quello che avevo inizialmente preventivato. Il giorno che doveva coronare il successo della mia operazione fu invece una Waterloo: l'amministratore della società di cui io ormai ero l'azionista di maggioranza venne arrestato per corruzione e sui siti online dei giornali finanziari uscì la notizia che la gara era stata vinta da una società concorrente. Le mie azioni costate un patrimonio, nel giro di poche ore divennero carta straccia e quelli che fino al giorno prima consideravo amici iniziarono a non rispondere alle mie telefonate. Dopo pochi giorni ero sull'orlo della bancarotta e così con Elena decidemmo di chiamare Guido per chiedere un aiuto. Ci disse che potevamo andare a trovarlo per parlarne di persona. Lui e Chiara ci aspettavano nel giardino della loro villa, erano in costume a prendere il sole sui lettini a bordo piscina. Guido aveva un’espressione soddisfatta ed un sorriso beffardo. Capii subito che era lui il responsabile e il regista di quello che ci era successo. Ricordo le sue parole: "carissimi, sappiamo tutti quello che vi aspetta: l'arresto, un lungo periodo in un centro di formazione per schiavi e infine un mercato dove sarete venduti separatamente a chissà chi". Fece una pausa teatrale mentre io e Elena eravamo senza parole, poi continuò: "noi vi possiamo offrire un’alternativa. Io e Chiara stiamo cercando due maggiordomi volenterosi e ubbidienti. Se deciderete di lavorare per noi io coprirò i vostri debiti. Avete 10 minuti per decidere, o andate via oppure vi cambiate e prendete servizio". Mentre diceva queste parole, ci indicò un tavolo dove si trovavano accuratamente piegate due divise da camerieri. Si diressero poi verso la piscina ma prima entrare in acqua Chiara si girò: "se quando usciremo non sarete pronti la nostra offerta non sarà più valida". Fui raggiunto dagli schizzi del loro tuffo. Ero furibondo, umiliato, disperato. In quel momento desideravo solo vederli morti. Presi il vialetto per andare via ma dopo qualche passo mi resi conto che Elena era rimasta lì. Mi voltai e vidi che aveva raggiunto il tavolino e, lasciato scivolare ai suoi piedi il vestito estivo che indossava, si stava infilando la camicia bianca. Fra i due lei era sempre stata la più razionale e la più pragmatica. Guido aveva ragione: non avevamo altre alternative. Cercai così di controllare la rabbia e il senso di impotenza e umiliazione che provavo in quel momento, raggiunsi Elena e evitando di incrociare il suo sguardo iniziai a cambiarmi anch'io. Ripensare a quei momenti mi aveva messo di pessimo umore ed Elena se ne accorse: "dai, non essere triste" si infilò davanti a me dandomi le spalle, si piegò leggermente in avanti e iniziò a strusciare il culo sul mio cazzo, che reagì immediatamente. Sembrava non preoccuparsi che la persona addetta al posto di controllo potesse guardare proprio il monitor della videocamera che ci stava riprendendo. Evidentemente la confidenza che aveva costruito con Chiara e le scopate con Guido le garantivano una certa sicurezza che la spingeva ad essere intraprendente. Io, al contrario, ero terrorizzato ma anche molto eccitato. Dopo qualche minuto di quella deliziosa tortura si stacco e mi disse: "andiamo, altrimenti facciamo tardi e tu cerca di fare il bravo e di comportarti bene, Guido mi ha detto che sta pensando di prendere un'altra assistente personale"; poi mise la centrifuga su un vassoio e si diresse verso la stanza di Chiara. Quei pochi minuti con lei mi avevano sconvolto. Gelosia, desiderio e preoccupazione mi riempivano la mente, ma soprattutto le ultime parole mi avevano angosciato. Con questo stato d'animo entrai silenziosamente nella stanza di Guido, poggiai il vassoio sul tavolino e alzai di qualche centometro la serranda. Un fascio di luce attraversò il buio della stanza andando ad illuminare il parquet. Guido era da solo ma dalle lenzuola in disordine e da un paio di mutandine ai piedi del letto era evidente che durante la notte aveva avuto compagnia. Ero certo di sapere chi. Guido si alzò per andare a pisciare e io non resistetti alla tentazione di annusare gli slip, cercando di riconoscere e ricordare l'odore di Elena. Ero così preso da quell'odore che non mi accorsi di Guido che mi stava guardando dalla porta del bagno: "cosa stai facendo coglione?" divenni rosso dalla vergogna balbettando qualche scusa ma lui continuò con un sorriso del cazzo sulla faccia: "tanto lo sai di chi sono. Avevi proprio scelto bene, oltre a essere una splendida puttana ha anche un odore che mi fa impazzire; ora devo fare la doccia, vieni ad insaponarmi". Ricacciai indietro le lacrime di rabbia e lo raggiunsi in bagno mentre lui era gia sotto l'acqua. All'inizio questo compito mi aveva fatto schifo: non sopportavo l'idea di toccare un altro uomo. Con il passare del tempo, però, divento quasi piacevole: forse quell’astinenza forzata stava facendo emergere una mia componente bisex, e ora, quando gli insaponavo le palle e il pisello, provavo il desiderio di continuare fino a fargli una sega. Lui però non me lo ordinò mai e io non ebbi mai il coraggio di provare. Dieci minuti dopo, mentre stavo in ginocchio ad asciugargli i piedi e le gambe, arrivò la doccia fredda. Quasi con indefferenza Guido mi disse: "mi ha chiamato la direttrice del centro di rieducazione dicendomi che hanno una schiava bellissima che ha dimostrato ottime capacità organizzative e buona attitudine al comando, proprio quello che sto cercando. Prendi la Range Rover e fai chiedere a Chiara se vuole venire con noi. Intendo partire alle 10". Gli avrei voluto chiedere se mi voleva sostituire perché avevo fatto qualcosa di sbagliato e implorarlo di tenermi con lui, invece dissi solo: "va bene Signore, provvedo immediatamente". Appena finito con lui mi precipitai fuori a cercare Elena. La trovai che era fuori in giardino intenta leggere un libro. Ero colpito dalla libertà che era riuscita ad ottenere. Le riferii il messaggio di Guido ma soprattutto le dissi: "ti prego, aiutami. Parlaci tu con Guido". Elena prese un atteggiamento da sorella più grande che in un altro momento mi avrebbe infastidito ma che quella mattina mi tranquillizzò: "va bene, appena ne avrò l'occasione proverò a parlarci, lui mi ascolta e ama soddisfare i miei piccoli capricci, tu continua a lavorare normalmente, troveremo una soluzione".
Alle 10 in punto eravamo in macchina, io al volante, Elena al mio fianco e nei sedili di dietro i due padroni che parlavano fitto e ridevano spesso, dimostrando una grande intesa. La natura del loro rapporto per me rimaneva un mistero. Sull'autostrada, mentre cambiavo dalla quinta alla sesta, Elena allargava le gambe e la mia mano era a un millimetro dalla sua coscia. Non capivo perché mi volesse mettere così in difficoltà sottoponendomi a quella tortura, ero però contento che lo facesse. In un momento in cui dallo specchietto retrovisore vidi che dietro erano assorti ognuno con il suo cellulare allungai la mano per accarezzarle velocemente il polpaccio. Mi piaceva il contatto con il nylon delle calze velatissime che portava. Una volta arrivati, i cancelli si aprirono immediatamente senza che dovessimo fare nulla e ad attenderci nel piazzale, dove parcheggiammo, c'era la direttrice. I suoi salamelecchi erano imbarazzanti ma Guido e Chiara sembravano gradire quel teatrino. Andarono tutti a vedere questa meravigliosa schiava mentre io rimasi in macchina a spiare attraverso il parabrezza la vita all'interno del campo. Si percepiva che era terribile ed ebbi un brivido pensando che, se fossi stato cacciato da Guido, quello poteva rappresentare il mio futuro. Tornarono dopo un paio d’ore, seguiti da una ragazza stupenda dai lunghi capelli neri. Nonostante fosse nuda ostentava una certa dignità. Aprii gli sportelli posteriori per far entrare Guido e Chiara e poi tirai su il portellone per la nuova schiava. Saltò dentro con agilità mentre mi riservava uno sguardo quasi di superiorità. Tornai in macchina convinto che avrebbe rappresentato per me un problema. Quando mi voltai verso Elena, mi accorsi che anche il suo umore era cambiato: non era difficile immaginare che anche lei vedesse minacciato il suo ruolo di amante di Guido. Durante tutto il viaggio di ritorno guardò fissa la strada e le sue gambe rimasero chiuse.
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Dopo essermi preparato, feci un giro per vedere se tutto era in ordine e per ispezionare gli schiavi prima che iniziassero le loro mansioni. Ne punii una con 10 frustate perché aveva i collant leggermente smagliati e la sua diretta responsabile con 20 perché non se ne era accorta. Concordai i principali lavori che dovevano essere svolti quel giorno dalle varie squadre, e poi aprii la mail di Guido per vedere se c'era qualche messaggio importante. Scesi infine in cucina per preparare il caffè doppio e la spremuta che Guido voleva al suo risveglio. Come ogni mattina, in cucina incontrai mia moglie intenta a preparare la centrifuga per la sua padrona. Come sempre la trovai bellissima. Alta, magra, con la pelle chiarissima, i capelli biondi e un sorriso aperto. Era la mia omologa al servizio di Chiara, la moglie di Guido, e per questo indossava una divisa identica alla mia ma che addosso a lei faceva un effetto completamente diverso. In particolare i pantaloni neri aderenti ne esaltavano il culo perfetto mentre la camicia trasparente lasciava intravedere il seno. Inoltre lei portava delle scarpe nere con un tacco di 10 centimetri con i quali mi superava in altezza e che la rendevano ancora più slanciata ed elegante. Nella vita precedente io e lei eravamo stati innamorati, affiatati e complici. Elena è una donna ironica e spiritosa e con lei mi sono sempre divertito. Eravamo liberi, ricchi, felici e provavamo l’uno per l'altra un irresistibile desiderio sessuale. Per tutto il tempo in cui siamo stati insieme non ricordo un solo giorno in cui non abbiamo scopato. Il sesso con lei, in tutte le sue declinazioni e varianti, era una cosa naturale e irrinunciabile.
Stando al servizio di Guido e vedendo il rapporto che ha con la moglie mi sono convinto che lui invidiasse la nostra felicità e per questo ce l'ha voluta togliere. Con il suo matrimonio di convenienza non poteva tollerare la nostra gioia. Non a caso la prima privazione che ci impose, quella che ancora oggi trovo la più ingiusta e la più dolorosa, fu il divieto di poterci anche solo sfiorare e il divieto di parlare fra noi se non per questioni che riguardano la gestione della casa o comunque aspetti inerenti il nostro lavoro di maggiordomi. Quando mi incontravo con Elena ci scambiavamo quindi solo degli sguardi che all'inizio erano pieni di speranza, speranza che pian piano lasciò lo spazio alla nostalgia e al rimpianto per come mi ero fatto incastrare da Guido, cadendo come un ingenuo nella sua trappola.
Per prendere in giro il nostro amore sospeso, Chiara, in una delle rare serate in cui i nostri padroni stavano cenando insieme, ci disse che gli ricordavamo Emma Thompson ed Anthony Hopkins nel film “Quel che resta del giorno”.
Sempre durante quella cena ebbe poi inizio l'episodio da cui io ed Elena capimmo che Guido non ci avrebbe mai concesso di stare nuovamente insieme. Quello fu anche il momento in cui il mio rapporto con Elena iniziò ad incrinarsi. I due padroni iniziarono a discutere di un fatto del loro passato su cui avevano un ricordo diverso. Si impuntarono, ognuno forte della sua memoria, al punto che decisero di scommettere su chi avesse ragione. La posta fu proposta da Chiara: "chi vince si scopa il maggiordomo dell'altro". Appena pronunciata quella frase si voltò verso di me con uno sguardo malizioso. Sperai con tutte le mie forze che fosse lei a vincere la scommessa. Per quanto fosse stronza era anche estremamente attraente ed affascinante Quando eravamo ancora liberi, e di tanto in tanto ci frequentavamo, avevo fantasticato su un possibile scambio di coppia. Inoltre, all'epoca della scommessa erano già 3 anni che non toccavo una donna ed avevo la libido a livelli incontrollabili. Per mia sfortuna, invece, era lui che ricordava bene.
Per la sera successiva Guido mi ordinò di organizzare la cena nei suoi appartamenti. Elena arrivò indossando un tubino nero e dei sandali. I capelli, a differenza del solito, erano sciolti e le cadevano sulle spalle. Da quando avevamo perso la libertà era la prima volta che la vedevo senza divisa. Mi sembrò ancora più bella. Guido la fece accomodare su un divano e io gli portai l'aperitivo. Lui era stranamente galante e gentile. La riempì di complimenti e riuscì anche ad essere spiritoso. La conversazione continuò poi a tavola. Lui le raccontò della sua infanzia e degli anni passati in simbiosi con il suo amico Andrea e di come fossero legati, nonostante le diverse estrazioni sociali e le diverse ideologie. Poi le fece mille domande. Non l'avevo mai visto così. Elena all'inizio era imbarazza dalla mia presenza ma più aumentava il tasso alcolico e la conversazione fra loro diventava intima, più io diventavo invisibile ai suoi occhi. Preso il caffè si alzarono e iniziarono a spogliarsi a vicenda e una volta nudi si spostarono sul letto. Guido si inginocchiò fra le sue gambe e iniziò a leccarle la fica mentre lei, con gli occhi socchiusi, allungava una mano per accarezzargli i capelli. Sentivo i suoi mugolii di piacere che mi procurarono delle fitte di dolore e allo stesso tempo mi eccitarono. Il cazzo mi era diventato duro e i pantaloni stretti non riuscivano a nascondere la mia erezione.
Mi diventò improvvisamente chiaro quello che Guido stava facendo: la voleva allontanare da me e anche quella volta riuscì nel suo intento; da quel giorno io sentii quella che era mia moglie, o forse farei meglio a dire era stata mia moglie, un po' più fredda e un po' più lontana.
Dopo il primo orgasmo di Elena iniziarono a scopare cambiando varie posizioni. Finirono sdraiati, lui sotto e lei sopra con i corpi aderenti e sudati e il bacino di Elena che si muoveva lentamente. Ero ipnotizzato dal suo culo che saliva e scendeva per accogliere fino in fondo il cazzo di Guido. Elena venne per prima con un gemito che mi riportò indietro nel tempo, ma continuò a muoversi, aumentando il ritmo, fino a quando anche Guido raggiunse il suo orgasmo. Dopo pochi minuti si addormentarono; mi ricordai quanto era bello addormentarsi fra le sue braccia dopo aver fatto l'amore, soprattutto quando lo facevamo nei pomeriggi estivi, con la luce e il caldo che entravano dalle finestre. Rimasi immobile a fissarli e ad ascoltare il loro respiro profondo e regolare. Sembravano due modelli. La prima a riaprire gli occhi fu Elena; aveva un'espressione soddisfatta che tradiva il piacere provato. Mi lanciò uno sguardo tenero, fece una piccola smorfia e alzò le spalle come a dire: "è la vita, non ci possiamo fare niente, non è colpa di nessuno", per poi girarsi su un fianco concedendomi nuovamente la vista della schiena che tante volte le avevo massaggiato. Dopo qualche minuto si svegliò anche Guido. La bacio e le disse: "sei una donna notevole. Lo dovremo rifare". Elena rispose come era normale che rispondesse: "grazie. Mi è piaciuto moltissimo. Sarei felice di stare ancora con te" ma mi era chiaro che non stava mentendo. Guido con un gesto mi fece capire che a quel punto la mia presenza era superflua e io uscii. Saperli lì che chiacchieravano nudi nel letto fu ancora più insopportabile del sesso a cui avevo assistito.
Nei mesi successivi Guido negoziò con Chiara la possibilità di avere Elena qualche sera per sè mentre, purtroppo, non accadde mai il contrario.
La mattina successiva ai loro incontri mi sembrava di cogliere sul viso di Elena una luce diversa, luce che aveva anche quel giorno. Ero ossessionato dalla curiosità e dalla gelosia, sentimenti che diventavano sempre più forti man mano che la sentivo allontanarsi da me, mentre io la desideravo in modo sempre più forte. Mi rendevo poi conto che non ero geloso solo di lei, ma anche di Guido. Ritenevo almeno di avere il diritto di sapere, anche se ormai mi era chiaro che il termine diritto non apparteneva più al mio vocabolario, e se non esiste il termine non può neanche esistere il pensiero o il sentimento che quel termine rappresenta. Una cosa che però ancora non avevo completamente interiorizzato. Fatto sta che mentre eravamo fianco a fianco sul grande tavolo da lavoro della cucina, dando le spalle alla telecamera di videosorveglianza, con un filo di voce le chiesi: "anche questa notte sei stata con lui?". Avevo infranto una regola e già questo era elettrizzante. Elena spense la centrifuga si voltò verso di me con uno sguardo serio e rispose: "se siamo qui è solo per colpa tua quindi se c'è qualcuno che si può lamentare quello di certo non sei tu". Fu peggio di una frustata, era una verità che conoscevo ma che negli anni avevo provato a rimuovere. Come in un film, nella mia mente si susseguirono le fasi che ci avevano portato a diventare dei servi. Prima che si definisse il nuovo ordine io e Guido avevamo costruito due imperi finanziari che ci avevano portato ad essere fra gli uomini più ricchi del paese. Per una coincidenza venivamo dalla stessa provincia del nord est così, inevitabilmente, ci conoscevamo e di tanto in tanto ci frequentavamo, anche se fra noi non c'era una particolare empatia. Avevamo stili professionali e una visione del mondo opposti. Lui, a differenza mia, faceva affari senza nessuno scrupolo, guidato da un innato istinto predatorio. Io invece mi facevo molti più problemi di carattere etico. Poco prima che le principali aziende fossero statalizzate e la borsa venisse chiusa si presentò l'occasione di quella che sembrava una speculazione facile e iper redditizia. Una persona che ritenevo fidata mi informò, in via riservata, che il nuovo governo formato dall’élite avrebbe comprato pistole e teaser per il corpo di polizia in fase di costituzione da una piccola azienda che fabbricava armi nell'hinterland milanese. Sarebba stata una fornitura milionaria. Non appena la notizia fosse diventata pubblica le azioni della societa avrebbero almeno quadruplicato il loro valore. La stessa fonte mi lasciò anche intuire che Guido era interessato all'affare ed aveva iniziato a comprare le azioni dell'azienda. Mi sembrò un’opportunità che non mi dovevo far scappare. Più che dal facile guadagno ero attratto dalla possibilità di fregare Guido e questo mi fece dimenticare la mia abituale prudenza. Così, non solo impegnai tutta la mia liquidità in quell'affare, ma usai anche le mie linee di credito per garantirmi il futuro controllo della società. I miei acquisti fecero salire il valore delle azioni in una spirale che si autoalimentava, e così mi indebitai per un importo molto più alto di quello che avevo inizialmente preventivato. Il giorno che doveva coronare il successo della mia operazione fu invece una Waterloo: l'amministratore della società di cui io ormai ero l'azionista di maggioranza venne arrestato per corruzione e sui siti online dei giornali finanziari uscì la notizia che la gara era stata vinta da una società concorrente. Le mie azioni costate un patrimonio, nel giro di poche ore divennero carta straccia e quelli che fino al giorno prima consideravo amici iniziarono a non rispondere alle mie telefonate. Dopo pochi giorni ero sull'orlo della bancarotta e così con Elena decidemmo di chiamare Guido per chiedere un aiuto. Ci disse che potevamo andare a trovarlo per parlarne di persona. Lui e Chiara ci aspettavano nel giardino della loro villa, erano in costume a prendere il sole sui lettini a bordo piscina. Guido aveva un’espressione soddisfatta ed un sorriso beffardo. Capii subito che era lui il responsabile e il regista di quello che ci era successo. Ricordo le sue parole: "carissimi, sappiamo tutti quello che vi aspetta: l'arresto, un lungo periodo in un centro di formazione per schiavi e infine un mercato dove sarete venduti separatamente a chissà chi". Fece una pausa teatrale mentre io e Elena eravamo senza parole, poi continuò: "noi vi possiamo offrire un’alternativa. Io e Chiara stiamo cercando due maggiordomi volenterosi e ubbidienti. Se deciderete di lavorare per noi io coprirò i vostri debiti. Avete 10 minuti per decidere, o andate via oppure vi cambiate e prendete servizio". Mentre diceva queste parole, ci indicò un tavolo dove si trovavano accuratamente piegate due divise da camerieri. Si diressero poi verso la piscina ma prima entrare in acqua Chiara si girò: "se quando usciremo non sarete pronti la nostra offerta non sarà più valida". Fui raggiunto dagli schizzi del loro tuffo. Ero furibondo, umiliato, disperato. In quel momento desideravo solo vederli morti. Presi il vialetto per andare via ma dopo qualche passo mi resi conto che Elena era rimasta lì. Mi voltai e vidi che aveva raggiunto il tavolino e, lasciato scivolare ai suoi piedi il vestito estivo che indossava, si stava infilando la camicia bianca. Fra i due lei era sempre stata la più razionale e la più pragmatica. Guido aveva ragione: non avevamo altre alternative. Cercai così di controllare la rabbia e il senso di impotenza e umiliazione che provavo in quel momento, raggiunsi Elena e evitando di incrociare il suo sguardo iniziai a cambiarmi anch'io. Ripensare a quei momenti mi aveva messo di pessimo umore ed Elena se ne accorse: "dai, non essere triste" si infilò davanti a me dandomi le spalle, si piegò leggermente in avanti e iniziò a strusciare il culo sul mio cazzo, che reagì immediatamente. Sembrava non preoccuparsi che la persona addetta al posto di controllo potesse guardare proprio il monitor della videocamera che ci stava riprendendo. Evidentemente la confidenza che aveva costruito con Chiara e le scopate con Guido le garantivano una certa sicurezza che la spingeva ad essere intraprendente. Io, al contrario, ero terrorizzato ma anche molto eccitato. Dopo qualche minuto di quella deliziosa tortura si stacco e mi disse: "andiamo, altrimenti facciamo tardi e tu cerca di fare il bravo e di comportarti bene, Guido mi ha detto che sta pensando di prendere un'altra assistente personale"; poi mise la centrifuga su un vassoio e si diresse verso la stanza di Chiara. Quei pochi minuti con lei mi avevano sconvolto. Gelosia, desiderio e preoccupazione mi riempivano la mente, ma soprattutto le ultime parole mi avevano angosciato. Con questo stato d'animo entrai silenziosamente nella stanza di Guido, poggiai il vassoio sul tavolino e alzai di qualche centometro la serranda. Un fascio di luce attraversò il buio della stanza andando ad illuminare il parquet. Guido era da solo ma dalle lenzuola in disordine e da un paio di mutandine ai piedi del letto era evidente che durante la notte aveva avuto compagnia. Ero certo di sapere chi. Guido si alzò per andare a pisciare e io non resistetti alla tentazione di annusare gli slip, cercando di riconoscere e ricordare l'odore di Elena. Ero così preso da quell'odore che non mi accorsi di Guido che mi stava guardando dalla porta del bagno: "cosa stai facendo coglione?" divenni rosso dalla vergogna balbettando qualche scusa ma lui continuò con un sorriso del cazzo sulla faccia: "tanto lo sai di chi sono. Avevi proprio scelto bene, oltre a essere una splendida puttana ha anche un odore che mi fa impazzire; ora devo fare la doccia, vieni ad insaponarmi". Ricacciai indietro le lacrime di rabbia e lo raggiunsi in bagno mentre lui era gia sotto l'acqua. All'inizio questo compito mi aveva fatto schifo: non sopportavo l'idea di toccare un altro uomo. Con il passare del tempo, però, divento quasi piacevole: forse quell’astinenza forzata stava facendo emergere una mia componente bisex, e ora, quando gli insaponavo le palle e il pisello, provavo il desiderio di continuare fino a fargli una sega. Lui però non me lo ordinò mai e io non ebbi mai il coraggio di provare. Dieci minuti dopo, mentre stavo in ginocchio ad asciugargli i piedi e le gambe, arrivò la doccia fredda. Quasi con indefferenza Guido mi disse: "mi ha chiamato la direttrice del centro di rieducazione dicendomi che hanno una schiava bellissima che ha dimostrato ottime capacità organizzative e buona attitudine al comando, proprio quello che sto cercando. Prendi la Range Rover e fai chiedere a Chiara se vuole venire con noi. Intendo partire alle 10". Gli avrei voluto chiedere se mi voleva sostituire perché avevo fatto qualcosa di sbagliato e implorarlo di tenermi con lui, invece dissi solo: "va bene Signore, provvedo immediatamente". Appena finito con lui mi precipitai fuori a cercare Elena. La trovai che era fuori in giardino intenta leggere un libro. Ero colpito dalla libertà che era riuscita ad ottenere. Le riferii il messaggio di Guido ma soprattutto le dissi: "ti prego, aiutami. Parlaci tu con Guido". Elena prese un atteggiamento da sorella più grande che in un altro momento mi avrebbe infastidito ma che quella mattina mi tranquillizzò: "va bene, appena ne avrò l'occasione proverò a parlarci, lui mi ascolta e ama soddisfare i miei piccoli capricci, tu continua a lavorare normalmente, troveremo una soluzione".
Alle 10 in punto eravamo in macchina, io al volante, Elena al mio fianco e nei sedili di dietro i due padroni che parlavano fitto e ridevano spesso, dimostrando una grande intesa. La natura del loro rapporto per me rimaneva un mistero. Sull'autostrada, mentre cambiavo dalla quinta alla sesta, Elena allargava le gambe e la mia mano era a un millimetro dalla sua coscia. Non capivo perché mi volesse mettere così in difficoltà sottoponendomi a quella tortura, ero però contento che lo facesse. In un momento in cui dallo specchietto retrovisore vidi che dietro erano assorti ognuno con il suo cellulare allungai la mano per accarezzarle velocemente il polpaccio. Mi piaceva il contatto con il nylon delle calze velatissime che portava. Una volta arrivati, i cancelli si aprirono immediatamente senza che dovessimo fare nulla e ad attenderci nel piazzale, dove parcheggiammo, c'era la direttrice. I suoi salamelecchi erano imbarazzanti ma Guido e Chiara sembravano gradire quel teatrino. Andarono tutti a vedere questa meravigliosa schiava mentre io rimasi in macchina a spiare attraverso il parabrezza la vita all'interno del campo. Si percepiva che era terribile ed ebbi un brivido pensando che, se fossi stato cacciato da Guido, quello poteva rappresentare il mio futuro. Tornarono dopo un paio d’ore, seguiti da una ragazza stupenda dai lunghi capelli neri. Nonostante fosse nuda ostentava una certa dignità. Aprii gli sportelli posteriori per far entrare Guido e Chiara e poi tirai su il portellone per la nuova schiava. Saltò dentro con agilità mentre mi riservava uno sguardo quasi di superiorità. Tornai in macchina convinto che avrebbe rappresentato per me un problema. Quando mi voltai verso Elena, mi accorsi che anche il suo umore era cambiato: non era difficile immaginare che anche lei vedesse minacciato il suo ruolo di amante di Guido. Durante tutto il viaggio di ritorno guardò fissa la strada e le sue gambe rimasero chiuse.
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