Una sorella, sei fratelli, un padre, tante gangbangs

di
genere
incesti

QUESTO RACCONTO E’ L’INIZIO DI UNA STORIA, REALMENTE ACCADUTA, DI UNA RAGAZZA CHE, PER ANNI FU SOTTOPOSTA A RIPETUTE GANGBANGS DAI SUOI SEI FRATELLI, INSIEME AL LORO PADRE. LA STORIA ACCADDE REALMENTE, ALL’INIZIO DEL NOVECENTO, IN UNA ZONA SPERDUTA, TRA I MONTI AL CONFINE TRA CALABRIA E LUCANIA. LA RAGAZZA PROTAGONISTA DELLA VICENDA E’ VISSUTA FINO ALL’INIZIO DEGLI ANNI OTTANTA DEL NOVECENTO. QUELLO CHE SEGUE SONO DEGLI ESTRATTI DEI SUOI DIARI, CHE NESSUNA CASA EDITRICE VOLLE PUBBLICARE.

Salve a tutti. Mi chiamo Sara e questa è la mia triste e lunga storia di schiavitù sessuale in famiglia.
Mia madre morì durante il mio parto, per cui mio padre Salvatore, rimase da solo ad allevare 6 figli maschi oltre a me, l'unica femminuccia. I miei fratelli sono: Sergio, il più grande, di 10 anni più grande di me, Carlo,un anno più piccolo, Arturo, 3 anni di meno, Rocco,4 anni di meno,Remo, 6 in meno, Livio 8 anni in meno e poi io, appunto di 10 anni più piccola di Sergio.
Mio padre aveva messo in cinta mia madre ancora più volte del numero dei figli nati vivi, infatti altri tre li abortì. In pratica in undici anni di matrimonio, mia madre ne aveva passati più di sei in cinta!
Mio padre era il classico padre-padrone, ha sempre trattato mia madre e i suoi figli come sue proprietà.
Una volta mia nonna mi ha raccontato che mia madre le aveva confidato che, in quegli anni di matrimonio, mio padre aveva voluto fare sesso tutti i giorni almeno una volta al giorno e, quasi sempre, l'atto sessuale doveva prevedere il rapporto anale. Molto spesso i rapporti sessuali erano più di uno al giorno, di solito uno a conclusione della giornata, la sera al letto, ma spesso durante il giorno mio padre le chiedeva un altro rapporto, se non più di uno. Questa frequenza giustificava le numerose gravidanze di mia madre. Naturalmente, durante le gravidanze, mio padre non diminuiva il numero delle richieste sessuali, anzi...
Mia nonna mi raccontava anche che, a seguito dei numerosissimi rapporti anali a cui mio padre sottoponeva mia madre, ella soffriva di incontinenza fecale, che la portava a dover usare dei pannolini per proteggersi da questo disturbo. Questo fatto era dovuto non solo alla frequenza dei rapporti anali, ma anche, sempre a detta di mia madre, a causa delle sproporzionate dimensioni del pene di mio padre, veramente enormi, anche a detta di molti, in paese...
I primi anni della mia fanciullezza passarono tranquilli,anche perchè in casa c'era mia nonna che faceva da donna di casa e si era presa cura soprattutto dei nipoti più piccoli,io e gli ultimi due maschi,Remo e Livio.
Purtroppo mia nonna morì quando io avevo da poco compiuto 16 anni. A quel punto rimasi,io, l'unica donna di casa.
La nostra famiglia viveva in una sperduta campagna sui monti al confine tra Calabria e Lucania. Il paese più vicino a noi distava almeno 10-15 Km. Questo aveva influito anche sull'abbandono scolastico di tutti i miei fratelli, mentre io non andai nemmeno a scuola. I miei fratelli si erano fermati alla quinta elementare, mentre io imparai a leggere e a scrivere tramite gli insegnamenti di mia nonna. Praticamente già da bambini, io e i miei fratelli, ci eravamo messi ad aiutare mio padre nella conduzione di quei pochi terreni e di quel poco bestiame che avevamo. Tutti vivevamo nella stessa casa, da me che avevo 16 anni, al primo dei miei fratelli, Sergio, che ne aveva 26. Io mi occupavo soprattutto della casa e del bestiame che avevamo nelle stalle, mentre mio padre e i miei fratelli, durante il giorno, erano nei campi a coltivare la terra.
Loro tornavano a casa per pranzo e la sera a cena. Durante il giorno io rifacevo i letti, pulivo le camere, i bagni, nutrivo gli animali e mungevo le vacche. Dopo di che mi mettevo a cucinare per i miei uomini. Quando loro tornavano erano affamati e parlavano sempre di lavoro, oltre a trattarmi come una serva. Si levavano le scarpe sporche di fango e gliele dovevo pulire, mi chiedevano dov’era quel tale maglione o quel tale giubbotto, volevano trovare il pranzo pronto in tavola e non mi rivolgevano quasi un saluto. Mi sgridavano alla minima mancanza. Non erano mai soddisfatti di come conducevo la casa. - Non fai un cazzo dalla mattina alla sera tu! Noi ci spacchiamo la schiena sui campi! Che ti credi, che ce ne stiamo al calduccio, in casa, come fai tu? – e via di seguito.
La mia vita stava progressivamente diventando un inferno. Specialmente da quando, ad ogni minima occasione di errore, secondo chiunque di loro, cominciarono a partire le percosse! Prima sotto forma di qualche sberla, ma poi, come una volta che non feci trovare la cena pronta al loro ritorno, anche qualche calcio e cinghiate.
Ormai mi stavo riducendo per loro peggio di una serva, anzi direi proprio che stavo diventando la loro schiava! Il fatto, poi, che stavano insieme nei campi dalla mattina alla sera e per 365 giorni all’anno, li aveva fatti diventare un gruppo molto unito, un vero e proprio clan! Tra loro erano molto affiatati e si trovavano d’accordo su tutto e specialmente su quello che diceva nostro padre, che su di loro aveva un’ascendenza potente. I figli erano quasi soggiogati dal padre. Se qualcuno stava parlando e interveniva il padre, tutti tacevano e si fermavano ad ascoltare il capo. Naturalmente,poi, tutti erano d’accordo su qualunque cosa avesse detto il boss!
In questo modo passai i due anni dai 16 ai 18. Due anni di “schiavitù”, ma per me il diciottesimo anno di età non voleva dire la libertà della maggiore età, anzi, gli anni successivi avrei rimpianto i due tra i 16 e i 18. Eccome che li avrei rimpianto! Per me dalla fase di serva della mia famiglia si stava passando a quella di schiava sessuale! I sette maschi della mia famiglia mi avrebbero trattata peggio di quanto un battaglione di marines avesse potuto trattare la peggior puttana di Bangkok!
Dalla gangbang alle doppie penetrazioni, alle triple penetrazioni, i bukkake, gli swallows, senza contare i pissing, i creampies e tutte le peggio porcate che senno umano potesse immaginare!
Col fatto che io ero praticamente segregata in casa, potevano disporre di me come quei maniaci che sequestrano per anni le loro vittime e gli fanno tutte le peggiori porcate, ingrvidandole e facendole figliare come cagne nei bunker in cui le tengono segregate, aspettando,poi, che i figli della loro colpa crescano per poter ingravidare anche quelli.
Ecco, per me fu lo stesso. Per venti lunghissimi anni sono stata la schiava sessuale di quei perversi dei miei sei fratelli e di mio padre. Fui ingravidata ben nove volte, da quei porci. Cinque di questi figli riuscirono a sopravvivere, tutte femminucce. Le prime due, nate dopo uno e due anni dalla mia segregazione, non appena adulte, vennero costrette anch’esse alle orge famigliari. Purtroppo anche loro vennero ingravidate e riuscirono a mettere al mondo tre bambini. Due la prima e uno la seconda. Dopo tutte queste sofferenze, un giorno decisi di fuggire e andai a denunciare tutti quanti alla stazione dei carabinieri del paese più vicino. Lì scoprii che tutti mi davano per morta il giorno stesso del parto di mia madre. Infatti, quel giorno mia madre partorì, oltre a me, un mio gemello, che morì anche lui subito dopo il parto. Mio padre andò al comune vicino, denunciò la morte della mamma e del bambino, ma non dichiarò la mia nascita! Praticamente per 38 anni ero stata un fantasma!
Questa è la storia della mia schiavitù sessuale.

PRIMA PUNTATA:
Come tutto ebbe inizio.

Da poco avevo compiuto diciotto anni e, come tutte le sere, avevo preparato la cena per mio padre e i miei sei fratelli.
Da un po’ di tempo, oltre ai soliti rimproveri o schiaffi per qualcosa che non andava, si erano aggiunti, sempre più frequenti, commenti sulla mia femminilità e palpatine non proprio innocenti. Qualche volta poteva capitare che qualcuno dei miei maschi, mentre veniva servito da me a tavola, mi stringesse a sé dicendo: “Ma avete visto che bella femminuccia che è venuta su nostra sorella?” , “Ma guardate che bel corpicino da verginella che ha!” , “Ma la nostra sorellina è diventata proprio una bella donnina!”, ed altre frasi del genere. Spesso mi lanciavano occhiate libidinose o mi dicevano frasi a doppio senso, accompagnate da sonore risate. Inoltre avevo notato che, sempre più spesso, qualcuno dei miei fratelli cercava di spiarmi mentre mi vestivo o facevo la doccia. Da un po’, inoltre, qualcuno aveva fatto delle vere e proprie avances sessuali, rifiutate da me in maniera energica.
Ma fino a quella sera non c’era stato niente di particolarmente “pericoloso”.
Io non lo sapevo, ma da tempo i miei fratelli stavano programmando di usarmi come loro oggetto sessuale, anche perché, vivendo isolati in campagna e praticamente non avendo nessuna conoscenza femminile, io ero l’unica persona dell’altro sesso con cui loro avessero a che fare. Per questo ero diventata l’oggetto delle loro attenzioni sessuali. Ero l’unica su cui avrebbero potuto sfogare i loro istinti sessuali repressi da anni di solitudine. E come si sarebbero sfogati con me!
Come dicevo, quindi, da tempo progettavano di possedermi sessualmente, ormai loro erano d’accordo, avevano stabilito anche le rispettive priorità, si andava per anzianità, quello che avrebbe deciso le regole del gioco era Sergio, il più grande, via via tutti gli altri. Alla decisione mancava solo il consenso di mio padre, il quale, comunque, essendo il più maiale di tutti, non negò di certo il suo consenso! Anzi, visto che lui per tanti anni si era sfogato con mia madre, adesso pretendeva qualcosa di più maialesco! Egli decise, infatti, che, come si dedicavano al lavoro tutti insieme, così si sarebbero “dedicati” a fare sesso con me: tutti insieme!
Una gangbang!
Tutti dovevano soddisfarsi con la stessa femmina, sullo stesso letto, nello stesso momento. Io sarei diventata una loro proprietà sessuale comune. Senza negare, comunque, la possibilità, ad ognuno di loro di prendermi da soli o in coppia o in qualsiasi altra variante numerica che il caso avrebbe prodotto. Io ero di tutti e tutti potevano disporre di me come meglio avrebbero voluto.
Adesso non si trattava che agire.
Così quella sera, non appena tornati da lavoro, dopo essersi alternati in bagno per lavarsi, vidi che, uno alla volta tutti i miei fratelli erano andati nella camera da letto di mio padre. A un certo punto, mentre io mi trovavo indaffarata ai fornelli, mio padre venne in cucina e mi disse, con tono autoritario: “Spegni tutto e vieni di là che ti dobbiamo parlare!”.
Io feci come mi aveva detto e lo seguii in camera da letto. Qui vi trovai i miei sei fratelli disposti uno di fianco all’altro, dal lato della stanza opposto alla porta di ingresso e oltre il lettone matrimoniale. Mio padre mi fece entrare nella stanza e chiuse la porta a chiave. “Siediti sul letto!”, mi disse. Io mi sedetti sul bordo del letto, dalla parte opposta ai miei fratelli. Ancora non avevo capito bene cosa volessero da me, anche perché, avrei capito uno o due di loro che mi potevano chiedere di fare sesso con me, ma tutti insieme, mai avrei potuto immaginarlo! Anche perché ero vergine di fica e di culo! Come avrei potuto soddisfarli sessualmente, mi avrebbero dilaniata!
Infatti mio padre iniziò dicendo:
“Senti, io e i tuoi fratelli abbiamo deciso che, oltre a servirci in casa, cucinare per noi, lavarci i panni sporchi, pulire la casa e cose di questo genere, non basta! Noi siamo uomini, e come uomini abbiamo necessità che ci sia in casa una donna che soddisfi anche i nostri bisogni sessuali! Noi lavoriamo, ci spacchiamo la schiena sui campi per dar da mangiare anche a te. Abbiamo diritto a soddisfarci con te anche sessualmente!
Tu non hai alternative, o accetti con le buone o per te sono legnate pesanti e, lo stesso, dovrai accettare. Tu devi capire che non puoi fare diversamente. Quindi, ora ti spogli e, visto che sei vergine, per stasera provvederò io a sverginarti, i tuoi fratelli, per stasera, li soddisferai con la bocca e ti farai leccare da loro, oltre a tutto quello che vorranno fare per sfogarsi, tranne la penetrazione vaginale e anale, che potrò fare solo io per oggi, giusto per sverginarti. Poi passerà qualche giorno per farti riprendere, dopo di che sarai di tutti e in ogni tuo buco. E’ tutto. Adesso spogliati e fai come ti ho detto! Puttana!”
A quelle parole io rimasi pietrificata! Mi venne in mente la nonna, ma lei non c’era più e non poteva difendermi. Per un attimo pregai mia madre, ma da lassù come avrebbe potuto intervenire! Pensai di mettermi a piangere, ma ormai, da anni, non avevo più lacrime da versare. Per un minuto restai come bloccata, ma poi, rendendomi conto che non avevo alternative, quasi meccanicamente, cominciai a spogliarmi.
“Brava!” disse a quel punto mio padre. I miei fratelli mi guardavano visibilmente eccitati dall’esperienza che stavano per fare. Una donna tutta per loro! Questo doveva essere un momento davvero emozionante per loro, che, fino ad allora, l’unica femmina che avevano visto era qualche femmina di vacca, di capra o di pecora.
Seduta sul bordo del letto cominciai col togliermi la maglietta che avevo addosso, eravamo in estate, rimasi col pantalone e il reggiseno. Dopo mi tolsi le scarpe e il pantalone. Restai in mutandine e reggiseno. Notai che i miei fratelli guardavano sempre più eccitati e si parlavano tra loro. Alla fine, con un po’ di paura, mi denudai completamente. Prima mi tolsi il reggiseno, mettendo in bella vista il mio seno abbondante. Poi mi tolsi le mutandine, mettendo in evidenza la mia folta peluria bruna in mezzo alle cosce.
Ora che ci penso, non mi sono ancora descritta. Sono una bella ragazza, alta un metro e settantatre, ho dei bei capelli nerissimi, lunghi e lisci come la seta. Come dicevo ho un bel seno abbondante, ma non troppo. Ma la parte migliore di me è sempre stata il mio culo. Anche se ora, dopo anni di penetrazioni multiple, da parte dei grossi cazzi dei miei fratelli, è completamente sfondato, il mio culo è sempre un bel culo sodo e tondo, duro come il marmo, tanto da sembrare scolpito, come quello di una statua. Ho un viso bellissimo, occhi neri e un bel nasino che sormonta una bocca dalle labbra carnose che hanno deliziato di pompini per anni i miei fratelli.
Nonostante le gravidanze e i maltrattamenti, il mio corpo resta sempre quello di una bellissima donna, forse anche perché tenuto sempre in attività dalle fatiche di casa e sessuali a cui mio padre e i miei fratelli mi hanno sottoposta per questi lunghissimi anni.
Tornando alla scena che stavo descrivendo, dicevo che ero rimasta completamente nuda e stavo in piedi, al lato del letto a farmi osservare dai miei maschi arrapatissimi.
A quel punto mio padre disse, rivolto ai miei fratelli: “E voi che cazzo aspettate! Forza spogliatevi, qui dobbiamo trombare, mica dobbiamo parlare! Forza!”. In un attimo mio padre e i miei fratelli si denudarono. Mio padre era di fronte a me e potevo vedere il suo cazzo già in tiro.
Mio padre aveva un corpo magro e tonico, rinforzato da anni di lavoro campestre. Era alto circa un metro e settantacinque. Dal suo corpo secco e nerboruto, spuntava un cazzo diritto come un paletto. Come mi avevano raccontato, effettivamente il suo cazzo era enorme! Figuratevi come lo era per me, che per la prima volta vedevo un cazzo! Sarà stato un 23-24cm, ma la cosa davvero impressionante era la sua larghezza, non saprei dire quanto, ma era veramente largo!Poi era anche pieno di vene che risaltavano sulla pelle tirata dall’eccitazione. Finiva con un glande turgido e lucido che svettava dall’asta, quasi prepotente.
Quando vidi che il cazzo di mio padre, lungo e grosso, fui terrorizzata! Quel cazzo avrebbe dovuto sverginarmi, ebbi una paura terribile, ma non sapevo come fuggire, non potevo fuggire!
Cominciai a tremare dalla paura, mio padre lo notò, mi guardò intensamente e sul suo viso comparve un ghigno di sadica soddisfazione!
Nel frattempo, i miei fratelli mi si erano disposti intorno e cominciavano ad avere i cazzi duri anche loro! La cosa che mi balzò subito all’occhio fu che i loro cazzi, mediamente, erano più lunghi e grossi di quello, già enorme, di mio padre! Povera me! Pensai, chissà come mi combineranno questi maiali!
E come mi hanno combinata in tutti questi anni! La mia carne è stata letteralmente dilaniata dai loro arnesi. Ormai mi ritrovo una vagina, ma soprattutto un buco di culo, letteralmente slabbrati. Anche io, come mia madre, anzi molto peggio di mia madre, mi ritrovo con una grave incontinenza fecale, dovuta alla enorme dilatazione del mio buco di culo, tanto che, attualmente, mi tocca andare in giro indossando dei pannolini, per contenere le eventuali perdite fecali, soprattutto se faccio degli sforzi. Mi hanno completamente sfondata, quei porci!
Da notare, che oltre alla semplice inculata, spesso, i maiali, si divertivano a farmi provare la doppia penetrazione anale! Immaginate: già avevano dei cazzi enormi, figuriamoci metterne due contemporaneamente nel mio retto! Mi hanno disastrata! Quegli stronzi,porci, perversi!
Riprendendo il discorso di prima, quindi tutti i maschi mi erano intorno, completamente nudi e con i grossi cazzi duri! Mio padre mi spinse con forza sul letto, io ricaddi di schiena sul grande materasso e le gambe penzolanti ai lati del letto. Qualcuno dei miei fratelli, allora, mi prese per le gambe e mi dispose sul letto completamente distesa sulla schiena. Qualche altro mi tirò verso il centro del letto e, in un attimo tutti mi furono intorno sul letto e, come bestie feroci che si nutrivano del loro pasto di carne, essi cominciarono a nutrirsi del mio corpo.
C’era chi si era buttato con la testa tra le mie cosce e aveva iniziato a leccarmi la fica e il buco di culo senza ritegno. Chi si dedicava a succhiarmi una mammella e chi succhiava l’altra. C’era chi mi prendeva la mano e si faceva carezzare il cazzo. C’era, poi, chi si dedicava alla mia bocca, ravanando la mia lingua con la sua e insozzandomi di saliva.
Tutti stavano su di me e si nutrivano con foga, per loro, come per me, era la prima esperienza sessuale: Per loro, come per me, il tutto aveva un sentore di animalesco, di primitivo, di crudo.
Mentre mi stavano addosso come delle belve, emettevano dei veri e propri grugniti, proprio come dei leoni che si stanno nutrendo di una gazzella, dopo un lungo periodo di fame. Fame atavica.
Mio padre assisteva, divertito, alla scena e si menava il cazzo, soddisfatto. Aspettava il suo turno, il maiale. Aspettava che i suoi servi mi scaldassero a dovere, poi lui avrebbe aperto la strada anche per loro. Mi avrebbe sverginato. Mi avrebbe sfondata per primo, davanti e dietro. Dopo di che i miei buchi sarebbero stati pronti per il passaggio delle altre verghe e i miei canali sarebbero stati pronti per farli divertire senza alcun ritegno. Ero la loro preda e dovevo accettarlo. Non c’erano alternative.
Dopo un attimo di confusione, riuscii a capire come, i miei fratelli, si erano distribuiti.
Sergio, il più grande, si beava dei sapori della mia fichetta vergine e del mio buco del culo ancora perfettamente elastico. Carlo, il secondo, era quello che mi baciava in bocca lasciandomi una scia di saliva sulla lingua, saliva che io ero costretta a ingoiare, visto che con la sua bocca mi tappava la mia. Arturo, il terzo, insieme a Remo, il quinto, mi succhiavano le mammelle. Rocco, il quarto, si faceva smanettare il cazzo. Cosa che faceva anche Livio, il sesto.
Questo assalto durò un bel po’, anche perché, dopo un po’, i miei fratelli, cominciarono ad alternarsi nei loro “compiti”.
Prima di andare avanti, però, voglio descrivervi i miei fratelli, in ordine di età:
Sergio: Un bestione di un metro e ottantotto, robusto, indurito dal lavoro in campagna. Era un bel ragazzone con dei capelli castani, il naso un po’ grosso e degli occhi castano scuro. Muscoloso, ma un po’ sovrappeso. Aveva un cazzo da paura! Era ancora più lungo e grosso di quello di mio padre. Anzi, in assoluto era il più dotato dei miei maschi! Il cazzo era lungo circa ventisette- ventotto centimetri, molto largo e con un capocchione molto sporgente dai lati dell’asta, pauroso!
Carlo: alto circa un metro e ottanta, decisamente sovrappeso, un po’ in carne, ma comunque molto muscoloso sotto la ciccia. Con i capelli nerissimi e gli occhi neri. Il viso aveva i lineamenti un po’ tozzi, da uomo di campagna. Dal suo fisico un po’ tracagnotto, spuntava un cazzo che, anche se di dimensioni inferiori a quello di Sergio e di mio padre, faceva sempre la sua bella figura. Vicino ai venti cm anche lui.
Arturo: alto anche lui, circa uno e ottantadue, magro, capelli ricci e castani, un naso un po’ prominente. Un po’ meno muscoloso degli altri fratelli. Naturalmente anche lui con un cazzo degno di nota. Lungo forse più di venti cm, ma un po’ più sottile degli altri.
Rocco: anche lui sull’uno e ottanta. Muscoloso, abbastanza robusto, ma con poco grasso. Capelli neri e un viso da duro. Anche lui cazzo sulle misure degli altri.
Remo: Il più basso di tutti, uno e settantacinque, magro, capelli castano scuro e occhi neri. Cazzo come gli altri.
Livio: Il più carino. Anzi proprio un bel ragazzo. Sotto sotto io ero anche un po’ innamorata di Livio. Infatti, se mio padre non mi avesse preso la verginità quella sera, credo proprio che l’avrei data a Livio. Egli era alto circa uno e ottantacinque. Bei capelli neri e lunghi. Un bel viso da statua greca, con un naso diritto e ben proporzionato al viso. Occhi blu e una bocca carnosa con bei denti bianchissimi. Un fisico magro, atletico. Proprio un bel ragazzo.
Del resto, devo dire, nonostante solitari e grezzi, i miei fratelli erano tutti, chi più, chi meno, dei bei ragazzi. I miei genitori, comunque, da ragazzi erano molto carini, sia mio padre che mia madre, una bellissima donna.
Continuando il racconto della mia prima gangbang, come dicevo, i miei fratelli si alternavano intorno a me, quasi con un ordine studiato. Chi mi aveva leccato fica e buco di culo, passava a farsi spompinare, mentre il cazzo di chi aveva già assaggiato la mia bocca, passava a farsi carezzare dalle mie mani, e così via. A un certo punto, Carlo e Remo mi sollevarono un po’ e mi disposero di fianco, mettendosi, insieme a leccare le mie intimità. Carlo la fica e Remo il buco di culo. L’odore di maschio aveva riempito l’aria di quella stanza, mischiato agli umori che uscivano dalla mia fica e dalla mia pelle leccata. Nella stanza si era creato un aroma di sesso che eccitava i maschi a dismisura. Oltre agli odori la stanza era piena dei gemiti arrapati dei maschi.
Nel frattempo quelle leccate, quelle palpate e tutte le attenzioni a cui mi sottoponevano i miei fratelli stavano avendo l’effetto voluto. Anche se riluttante, devo riconoscere che la mia paura iniziale, anche se ancora un po’ presente, si era affievolita, e aveva lasciato il posto a una sensazione di piacere che, inizialmente, cercavo di rifiutare, ma che, col passare del tempo e l’aumentare dei leccamenti, riuscivo sempre meno a nascondere. Infatti, dopo un po’ di tempo, ai gemiti eccitati dei miei fratelli, si unirono i miei sospiri, all’inizio soffocati, ma poi sempre più evidenti.
Di questo si era accorto il maiale di mio padre. Infatti, quando si stancò di guardare soltanto e si rese conto che ero stata riscaldata a dovere, disse imperioso: “Adesso basta! L’avete scaldata abbastanza, questa zoccoletta! Adesso ve la sfondo, così tra qualche giorno ve la potrete trombare anche voi! Via! Fatemi spazio che me la devo sverginare!”. A quell’ordine i miei fratelli subito si allontanarono dal mio corpo e io rimasi sul letto, distesa con le cosce oscenamente divaricate e le braccia lontane dal corpo, così come mi tenevano i miei fratelli per nutrirsi del mio corpo.
“Sergio, Carlo, Arturo, voi mi date una mano! Questa, quando il mio cazzone le sfonderà la fica, si metterà ad urlare e ad agitarsi. Per cui ho bisogno di qualcuno che me la tenga ben ferma mentre la monto e la sfondo! Tu Sergio le tieni le braccia, Carlo le tieni una gamba ben divaricata e tu Arturo, le tieni l’altra gamba. Così penso che basti ad immobilizzarla. Questa farà come un maialetto quando lo scanniamo, ora che le dilanierò l’imene. Mi ricordo che la mamma ha urlato di dolore fino a svenire, la prima notte di nozze! Poi per una settimana camminò a gambe divaricate per il dolore, finchè la ferita nella fica si rimarginò!” Disse mio padre.
Queste parole mi spaventarono molto, ma il problema era sempre lo stesso: dove potevo andare? Cosa potevo fare? Ero lì, serva di quei maschi, non avevo alternative.
Mi misi a tremare dalla paura.
“Ahahahah!!! Guardate come trema, la verginella! Si caca sotto dalla paura di essere sfondata! Ahahahah!” disse, ridendo, mio padre, mentre si stava inginocchiando sul letto, tra le mie cosce e col cazzo in mano, puntando alla mia fica per sverginarmi. “Su, non aver paura, ti farò un po’ male, ma, in futuro, vedrai quanto piacere sapremo darti usando i tuoi buchi! Ahahahah!!!” Continuò il porco. Io ero tenuta bloccata da tre dei miei fratelli, come aveva chiesto lui, però, nonostante tutto cercavo, muovendo il bacino, di ostacolare in qualche modo la penetrazione.
A quel punto mio padre si spazientì. Mi tirò due violenti schiaffi in faccia che mi arrossarono il viso. E si mise ad urlare con tutta la forza che aveva nei polmoni: “Adesso basta! Stà ferma! Fatti sfondare puttana! Guarda che se non la smetti ti dò tante di quelle mazzate che ti svergino a forza di legnate! Devi fare la brava, tanto da qua dove vai! Puttana! Hai capito che devi diventare la nostra puttana! Troia!” appena finì di dire questo mi sputò in faccia. Per lui non ero niente. Ero solo una femmina che doveva soddisfare lui e la sua mandria di figli. Ero un po’ come una delle sue bestie, sua proprietà. Non potevo disporre di me stessa. Ero un suo oggetto. Punto e basta.
Considerata l’assoluta impossibilità, da parte mia, di sottrarmi a quella sorte ingrata, mi rassegnai ad accettare passivamente gli eventi. Dentro di me si creò come un blocco, uno stand by, il mio corpo era lì, ma la mia mente era altrove.
Una volta che mi ero, per così dire, tranquillizzata, vidi mio padre che, stando in ginocchio tra le mie cosce divaricate e tunute bloccate dai miei fratelli, puntava decisamente il suo cazzone, enorme e durissimo, verso la mia fichetta vergine. Con la mano sinistra si poggiava sul mio inguine, mentre, tenendosi il cazzone con la destra, si piegava col corpo verso di me. Una volta che il suo capocchione si era avvicinato alla fessura stretta della mia fighetta, vidi mio padre che mi lanciò uno sguardo fisso e severo, i suoi occhi mi fissavano quasi che volesse penetrarmi anche con lo sguardo. Non voleva perdersi l’espressione della mia faccia nel momento in cui avrei perso la mia illibatezza, il perverso maiale!
A un certo punto lo sentii. Sentii il contatto insistente del suo enorme capocchione contro la mia fessurina vergine. Lui si fermò per un attimo, continuando a fissarmi con quel suo sguardo penetrante. Il contatto, in quei lunghissimi secondi, diventava sempre più pressante. Mio padre lo faceva apposta a desistere per un attimo. Voleva bearsi del mio viso in attesa. Tutto era pronto, lui doveva solo spingere e penetrare e io non sarei più stata vergine. Il momento era topico!
Tutto sembrava bloccato in attesa dello sfondamento.
E lo sfondamento arrivò.
Di scatto sentii l’affondo di mio padre. Prepotente il suo cazzo penetrò in tutta la sua lunghezza, scivolando dentro le pareti della mia vagina come un pistone che entra nel suo cilindro. Quando entrò per intero la sua capocchione si fermò contro il collo del mio utero, spingendolo indietro, visto che il cazzo di mio padre era più lungo della mia vagina.
Io, a quella penetrazione prepotente, avvertii un dolore lancinante ed emisi un urlo con tutto il fiato che avevo in corpo! “Aaaaaaaiiiiiiiiaaaaah “ si sentì rimbombare nella stanza! Dal dolore quasi svenni. Avevo avvertito le pareti del mio imene lacerarsi completamente dopo essersi dilatate al massimo. Avvertii proprio come un elastico tirato troppo che si era spezzato!
Non appena lacerato l’imene, in modo così doloroso, avvertii che la mia fica diventava umida, era il sangue che iniziava a colare! Mi stavo inzaccherando di sangue in mezzo alle cosce!
Ma il dolore che avevo provato in quell’attimo era niente in confronto a quello che stavo per provare! Cioè a quel dolore che avrei provato immediatamente dopo, quando mio padre, dopo un attimo di pausa, una volta penetrato fino in fondo il suo cazzo, cominciò il pompaggio!
E che dolore ad ogni affondo! Lui cominciò un regolare pompaggio che ad ogni movimento mi procurava una fitta lancinante nella vagina. In pratica, dopo la prima rottura dell’imene, quell’azione di pompaggio, ad ogni affondo, corrispondeva ad una lacerazione dei brandelli di imene rimasti. Mi stava proprio allargando il pertugio che, nei giorni successivi, avrebbero dovuto trovare bello libero i miei fratelli.
Comunque, al peggio non c’è mai fine. Dopo una prima fase, in cui mio padre un po’ si contenne, egli iniziò una fase di pompaggio più frenetico e violento. Prese a trombarmi senza alcun ritegno! Mi martellava come se fossi stata una puttanona rodata e non la figlia vergine! Praticamente mi massacrò! Quelle spinte violente mi causavano un dolore atroce, fino al punto che svenni!
Ma non feci in tempo a svenire che fui quasi subito svegliata da due o tre sonore sberle che mio padre mi rifilò non appena si accorse che avevo perso i sensi. Rinvenni mentre lui ancora dava poderosi colpi alla mia fichetta ex-vergine, “Ma che ti vuoi perdere il meglio!” disse sghignazzando e guardandomi fisso e autoritario.
Lui dette gli ultimi colpi guaiendo di piacere, finchè lo sentii inarcarsi e spingere a fondo il suo cazzo e, con un ululato, venne dentro di me. “Uuuuuuuuuuhhhaaaaaaarrrrggghhooooooooo!!!” urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. La stanza si riempì del suo ululato. Anche fuori dalla casa avrebbero potuto sentire questo urlo bestiale, se vi fosse stato qualcuno.
Dopo l’urlo, lui si abbattè su di me e rimase ansimante per un po’.
Quando lui rimase abbattuto su di me, per la prima volta dall’inizio del rapporto, rivolsi il mio sguardo verso i miei fratelli. Prima, per la vergogna avevo evitato di guardarli, ma adesso volevo vedere i loro volti, per osservare che effetto aveva fatto loro l’osservare la propria sorella sverginata dal padre. Tutti stavano intorno al letto a guardare come dei maiali arrapati. Si tenevano il cazzo in mano e ancora durissimo! Mi guardavano allupati. A loro non interessava niente che io ero stata appena deflorata, anzi pregustavano già il momento in cui la ferita nella mia fica si sarebbe rimarginata per poter disporre di me a loro piacimento.
Intanto mio padre si era ripreso, uscì dalla mia fica col cazzo moscio e grondande di sborra mista a sangue, il mio sangue virginale. Si dispose col cazzo grondande davanti a me e disse: “Ragazzi, che goduta! Mi sono proprio scialato! Che bellezza sverginare questa troietta della vostra sorellina! Adesso ve l’ho aperta, tra qualche giorno vi potrete sfogare anche voi a piacimento! Ahahahahah! Puttana! Adesso diventerai la nostra schiava sessuale! Serva!” e dicendo questo mi sputò un paio di volte, prima in faccia e poi sul corpo.
“Adesso potete un po’ sfogarvi a sborrarle dove più vi piace, ma non penetratela in fica, poverina è ancora fresca della mia rottura, la puttanella! Ahahahah!” disse mio padre allontanandosi da me.
A quel punto i miei fratelli, incuranti del fatto che ancora mi usciva sangue dalla fica, si misero intorno a me e cominciarono a masturbarsi davanti a me. Qualcuno pretese di farsi spompinare. Dopo un po’, visibilmente eccitati anche dalla scena che avevano appena visto, cominciarono a sborrarmi addosso, in bocca e sul viso. Non ricordo più chi era a sborrarmi di qua o dì là, ma mi inzaccherarono completamente di sborra. Qualcuno mi sborrò sulla fica insanguinata, qualche altro sulla pancia o sui seni, ci fu chi mi sborrò in faccia e chi scaricò il suo carico di sborra nella mia bocca. Anzi, visto che qualcuno riuscì a sborrare due o più volte, ricordo che, in quella mia prima serata di gangbang, dovetti ingoiare diversa sborra.
Alla fine di questo bagno di sborra, mio padre e i miei fratelli rimasero per un po’ in riposo, chi seduto su delle sedie che c’erano in camera, chi ai bordi del letto. Soddisfatti a guardare il mio corpo ricoperto di sborra e con la fica colante sangue e la sborra di mio padre. Io per un po’ rimasi lì, distesa ed esausta. Poi, mentre loro continuavano a rilassarsi, mi alzai dal letto e, timidamente e in silenzio, andai in bagno a lavarmi e curarmi la fica sfondata.
Uscita dal bagno me ne andai nella mia camera a dormire, cosciente di essere diventata la loro schiava sessuale. Quella notte pensai con terrore a tutto quello che avrei dovuto subire da loro, ma quello che pensai era niente in confronto a quello che, negli anni a venire, avrei dovuto subire per soddisfare tutte le loro perversioni sessuali. Anzi, quella prima sera, nonostante il dolore dello sverginamento, si era chiusa fin troppo presto e tranquillamente, rispetto a quello che avrei subito nelle successive gangbangs a cui mio padre e i miei sei fratelli mi avrebbero sottoposto. Proprio niente in confronto.
Faccio notare, inoltre, che quella prima sera non mi fu sverginato il culetto. Cosa a cui avrebbe provveduto di nuovo mio padre nella seduta successiva.
Finisco qui il racconto di questa mia prima gangbang di iniziazione, non senza preannunciarvi che quello che vi ho raccontato è assolutamente niente in confronto alle successive gangbangs a cui i miei famigliari mi sottoposero.
Successive gangbangs famigliari che non tarderò a raccontarvi…


scritto il
2012-01-01
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