Franca e Pasquale
di
levante50
genere
scambio di coppia
Non tutte le ciambelle riescono col buco, ma sono buone lo stesso e vale la pena raccontarle. Scoparsi una coppia che non sia formata da una ninfomane e da un cornuto rassegnato è molto difficile, o hai culo o bisogna lavorarci, avere fiuto, una bella esperienza e tanta pazienza. Prima di essere un bull, come piace chiamarlo oggi, bisogna imparare ad essere un bravo facilitatore.
Franca puliva il palco, io sistemavo cavi e luci, Pasquale suo marito si occupava del buffè il resto delle mamme puliva la sala. Da bravi genitori si puliva il teatrino della scuola per la recita dei figlioletti. Franca sul palco spazzava e sgrattava nastri adesivi fissati al pavimento da vecchie recite, io da sotto il palco stendevo cavi e fili e tutto andava rilassato. Finchè Franca invece di inginocchiarsi a sgrattare si piegò e la pagnottina le si gonfiò bella tonda sotto i fusò quasi a un metro dalla mia faccia. Mi appassionai allo studio e i libri dicevano che era un bel culo, senza alcun segno di elastico probabilmente senza mutandine o con un filo di tanga infilato tra le chiappe. Pure la pagnottina senza solchetti faceva pensare a un triangolino di pezza o a uno strato di pelo invernale.
Spazzò fino a che ammucchiò una montagnetta di vecchi coriandoli e stelle filanti fino all'angolo della scaletta. Io le avvicinavo i sacchetti della spazzatura e glieli tenevo aperti. Lei con la paletta riempiva, poi ormai stanca cominciò ad accovacciarsi. Prima di fronte ma i visi erano troppo vicini e credo scattò in lei un senso di pudore e l'interno delle cosce non mi fu dato di apprezzarlo a lungo. Poi si accovaccio di lato e infine arrivata al bordo del palco, al filo del primo gradino, si arrangiò da sola accovacciandosi dandomi le spalle.
Era un tanga. Quando le cuciture dei fusò saltarono lo spago c'era, il triangolino di pezza pure, tanto pelo nero che usciva dalla stoffa e pure da sotto lo spago fino al punto in cui doveva esserci il buco del culo.
Da quel momento, dopo dieci anni, quando la incontro, il bianco invernale delle sue chiappe si sovrappone al suo viso. E dopo dieci anni lei non ha mai avuto l'esatta cognizione del se, del quanto e del cosa io abbia visto.
Si sedette d'istinto e poi si girò per vedere chi e cosa avessero visto del fattaccio. Per educazione o per non darle imbarazzo io avevo già calato lo sguardo anche se poi alla prima sega tornato a casa me ne ero già pentito.
Mi fece chiamare suo marito che trafficava coi tavoli dei dolcetti, si fece dare una tovaglia, se la leggò ai fianchi e si fece portare a casa.
La sera della recita non riuscii a vederla e neppure per molti mesi dopo. Credo mi evitasse mentre io speravo che la curiosità di sapere cosa avessi visto, prima o poi, la tradisse. Speravo che avesse raccontato tutto al marito e che il marito mi parlasse magari solo per farmi promettere di non parlarne con nessuno. Neanche io ho mai saputo se lei avesse raccontato al marito di aver messo la spaccazza del culo nudo a un metro della mia faccia.
Ci ritrovammo un anno dopo a una cena di amici comuni che inauguravano casa. Loro due mezzi parenti, io avevo dato una mano a ristrutturare. In verità con Franca non ci avevo mai parlato prima, in tutta la mia vita solo un grazie quando le porgevo i sacchetti e un chiama Pasquale quando si era seduta sul palco. Mi sembrava una poco loquace, sempre legata al marito. Era sui trentacinque, mora, ancora magra, belle tette, il cavallo un po largo, con quei femori un po distanti che le imponevano un'andatura un po innaturale. Girando per vedere la casa risistemata parlava poco, le altre amiche erano molto più ciarliere, sempre attaccata al braccio del marito. La visita guidata finì giù nella tavernetta dell'interrato.
Pensai che si sarebbe seduta per cenare al tavolo accanto al marito e che che i maschi sarebbero finiti inevitabilmente da un lato e le donne dall'altro. Succede sempre così coi tavoli lunghi, dopo tanti tentativi di prendere posto, io mi siedo qui, tu ti sedi li, anzi no, alla fine finisce con una spaccatura di genere. E in genere si formano due discussioni di interesse diverso ai due lati e quelli in mezzo spesso non sanno da che parte girasi. Feci l'investimento e mi sedetti al centro di uno dei due lati lunghi, resistetti anche quando mi accorsi di aver diviso una coppia di fidanzatini che probabilmente volevano stare vicini e alla fine me li ritrovai davanti sull'altro lato. Io di fronte a Franca e Pasquale leggermente alla mia destra.
Lucia, una cessa, per parlarmi o per dire qualcosa al suo fidanzato aveva il vizio di cominciare il discorso poggiando la sua mano sulla mia coscia, però più verso il ginocchio. Tra la faccia della Franca davanti con chissà quali pensieri nel cervello e la mano di Lucia che arrivava all'improvviso la prima parte della serata fu molto tesa. Col vino che dava alla testa e la mano di Lucia sempre meno precisa, nell'intervallo dopo il secondo piatto approfittai dell'alzata generale e cambiai sedia e posate col fidanzato di Lucia. Ora Pasquale mi era perfettamente di fronte.
Il perché questa storia merita di essere raccontata arriva subito. Messa la frutta sul tavolo, Pasquale prese una banana la sbucciò quasi platealmente, la indirizzò alla bocca della moglie e lei come la cosa più naturale che potesse fare una mogliettina a una cena con mezzi sconosciuti se la lasciò infilare in bocca per un buon tratto e poi la sezionò con le labbra. Si guardarono negli occhi e Pasquale sembrò l'uomo più felice del mondo, quasi compiaciuto di aver offerto un pezzo di vero teatro.
Fiutai il porco se non addirittura l'esibizionista se non proprio un vero cornuto e alla fine della cena uscendo da casa quando lui ringraziò la padrona di casa con un "bella cena e bella casa" mi avvicinai e ci aggiunsi al suo orecchio "e pure bella banana". Alzò le sopracciglia con una espressione complice, si prese sottobraccio la Franca e cominciò a risalire le scale col culo della Franca ancora una volta al mio orizzonte.
Arrivata l'estate me li ritrovai seduti sul muretto del lungomare come due fidanzatini. Io con la mia reflex professionale e loro piuttosto espansivi e sorridenti. Facci una foto e si misero in posa. Scattai due tre serie di raffiche per una cinquantina di foto tra primi piani e cose più panoramiche. Quando vollero vedere come erano usciti in foto mi sedetti tra di loro e girando lo schermo posteriore della macchina un po verso una e un po verso l'altro decisero che le foto erano bellissime e che piacevano tutte. Fu lui che disse allora "ma qui ne manca una" e si rimisero in posa. Primissimo piano, guancia a guancia, lui poggiò un dito sulle labbra di lei e poi lo infilò dentro. Un po si guardavano un po guardavano verso la macchina fotografica. Avrò sparato duecento scatti. Mi rimisi in mezzo a loro, il teleobiettivo col suo peso sfilava giù fino al cazzo e poi cominciò a risalire. Muovevo la macchina un po verso lui un po verso lei. Su certi scatti io e lui ridevamo e lei sbirciava curiosa chinandosi verso di noi poggiandomi le tette sull'omero e fiatandomi sul collo. Quando una donna vestita mi poggia le tette sull'omero impazzisco. Mi girai verso Pasquale e gli dissi nell'orecchio che quelli ultimi scatti meritavano di essere rifatti senza il dito ma con una banana, meglio ancora con una banana vera.
Aspettai che mi si sgonfiasse il cazzo, dissi a Pasquale quando passare per prendersi il cd con le foto e li lasciai.
Nello studio dove lavoro oltre al cd per Pasquale avevo anche approntato una sorta di presentazione delle foto su un bel monitor. Pasquale ne fu commosso e mi spiegò finalmente cosa rappresentasse quel gesto. Lo avevano iniziato prima di sposarsi, lui metteva il dito in bocca a lei quando non potevano parlarsi in casa dei genitori e lei mimava un pompino con la promessa di fargliene uno appena possibile, pure in un sottoscala, dietro un angolo, appena saliti in macchina. Quel gesto lo avevano replicato il giorno delle nozze al banchetto, con la banana al posto del dito e da quel giorno lo ripetevano appena gli si parava davanti una banana.
Mi anticipò dicendomi che forse sarebbe riuscito a convincerla a farsi fotografare con una banana in bocca e che la gigantografia di quello scatto l'avrebbe appesa pure in camera sopra il letto ma difficilmente Franca avrebbe accettato di farsi fotografare da un estraneo col suo cazzo in bocca.
A volte bisogna accontentarsi anche se io ci spero ancora.
Franca puliva il palco, io sistemavo cavi e luci, Pasquale suo marito si occupava del buffè il resto delle mamme puliva la sala. Da bravi genitori si puliva il teatrino della scuola per la recita dei figlioletti. Franca sul palco spazzava e sgrattava nastri adesivi fissati al pavimento da vecchie recite, io da sotto il palco stendevo cavi e fili e tutto andava rilassato. Finchè Franca invece di inginocchiarsi a sgrattare si piegò e la pagnottina le si gonfiò bella tonda sotto i fusò quasi a un metro dalla mia faccia. Mi appassionai allo studio e i libri dicevano che era un bel culo, senza alcun segno di elastico probabilmente senza mutandine o con un filo di tanga infilato tra le chiappe. Pure la pagnottina senza solchetti faceva pensare a un triangolino di pezza o a uno strato di pelo invernale.
Spazzò fino a che ammucchiò una montagnetta di vecchi coriandoli e stelle filanti fino all'angolo della scaletta. Io le avvicinavo i sacchetti della spazzatura e glieli tenevo aperti. Lei con la paletta riempiva, poi ormai stanca cominciò ad accovacciarsi. Prima di fronte ma i visi erano troppo vicini e credo scattò in lei un senso di pudore e l'interno delle cosce non mi fu dato di apprezzarlo a lungo. Poi si accovaccio di lato e infine arrivata al bordo del palco, al filo del primo gradino, si arrangiò da sola accovacciandosi dandomi le spalle.
Era un tanga. Quando le cuciture dei fusò saltarono lo spago c'era, il triangolino di pezza pure, tanto pelo nero che usciva dalla stoffa e pure da sotto lo spago fino al punto in cui doveva esserci il buco del culo.
Da quel momento, dopo dieci anni, quando la incontro, il bianco invernale delle sue chiappe si sovrappone al suo viso. E dopo dieci anni lei non ha mai avuto l'esatta cognizione del se, del quanto e del cosa io abbia visto.
Si sedette d'istinto e poi si girò per vedere chi e cosa avessero visto del fattaccio. Per educazione o per non darle imbarazzo io avevo già calato lo sguardo anche se poi alla prima sega tornato a casa me ne ero già pentito.
Mi fece chiamare suo marito che trafficava coi tavoli dei dolcetti, si fece dare una tovaglia, se la leggò ai fianchi e si fece portare a casa.
La sera della recita non riuscii a vederla e neppure per molti mesi dopo. Credo mi evitasse mentre io speravo che la curiosità di sapere cosa avessi visto, prima o poi, la tradisse. Speravo che avesse raccontato tutto al marito e che il marito mi parlasse magari solo per farmi promettere di non parlarne con nessuno. Neanche io ho mai saputo se lei avesse raccontato al marito di aver messo la spaccazza del culo nudo a un metro della mia faccia.
Ci ritrovammo un anno dopo a una cena di amici comuni che inauguravano casa. Loro due mezzi parenti, io avevo dato una mano a ristrutturare. In verità con Franca non ci avevo mai parlato prima, in tutta la mia vita solo un grazie quando le porgevo i sacchetti e un chiama Pasquale quando si era seduta sul palco. Mi sembrava una poco loquace, sempre legata al marito. Era sui trentacinque, mora, ancora magra, belle tette, il cavallo un po largo, con quei femori un po distanti che le imponevano un'andatura un po innaturale. Girando per vedere la casa risistemata parlava poco, le altre amiche erano molto più ciarliere, sempre attaccata al braccio del marito. La visita guidata finì giù nella tavernetta dell'interrato.
Pensai che si sarebbe seduta per cenare al tavolo accanto al marito e che che i maschi sarebbero finiti inevitabilmente da un lato e le donne dall'altro. Succede sempre così coi tavoli lunghi, dopo tanti tentativi di prendere posto, io mi siedo qui, tu ti sedi li, anzi no, alla fine finisce con una spaccatura di genere. E in genere si formano due discussioni di interesse diverso ai due lati e quelli in mezzo spesso non sanno da che parte girasi. Feci l'investimento e mi sedetti al centro di uno dei due lati lunghi, resistetti anche quando mi accorsi di aver diviso una coppia di fidanzatini che probabilmente volevano stare vicini e alla fine me li ritrovai davanti sull'altro lato. Io di fronte a Franca e Pasquale leggermente alla mia destra.
Lucia, una cessa, per parlarmi o per dire qualcosa al suo fidanzato aveva il vizio di cominciare il discorso poggiando la sua mano sulla mia coscia, però più verso il ginocchio. Tra la faccia della Franca davanti con chissà quali pensieri nel cervello e la mano di Lucia che arrivava all'improvviso la prima parte della serata fu molto tesa. Col vino che dava alla testa e la mano di Lucia sempre meno precisa, nell'intervallo dopo il secondo piatto approfittai dell'alzata generale e cambiai sedia e posate col fidanzato di Lucia. Ora Pasquale mi era perfettamente di fronte.
Il perché questa storia merita di essere raccontata arriva subito. Messa la frutta sul tavolo, Pasquale prese una banana la sbucciò quasi platealmente, la indirizzò alla bocca della moglie e lei come la cosa più naturale che potesse fare una mogliettina a una cena con mezzi sconosciuti se la lasciò infilare in bocca per un buon tratto e poi la sezionò con le labbra. Si guardarono negli occhi e Pasquale sembrò l'uomo più felice del mondo, quasi compiaciuto di aver offerto un pezzo di vero teatro.
Fiutai il porco se non addirittura l'esibizionista se non proprio un vero cornuto e alla fine della cena uscendo da casa quando lui ringraziò la padrona di casa con un "bella cena e bella casa" mi avvicinai e ci aggiunsi al suo orecchio "e pure bella banana". Alzò le sopracciglia con una espressione complice, si prese sottobraccio la Franca e cominciò a risalire le scale col culo della Franca ancora una volta al mio orizzonte.
Arrivata l'estate me li ritrovai seduti sul muretto del lungomare come due fidanzatini. Io con la mia reflex professionale e loro piuttosto espansivi e sorridenti. Facci una foto e si misero in posa. Scattai due tre serie di raffiche per una cinquantina di foto tra primi piani e cose più panoramiche. Quando vollero vedere come erano usciti in foto mi sedetti tra di loro e girando lo schermo posteriore della macchina un po verso una e un po verso l'altro decisero che le foto erano bellissime e che piacevano tutte. Fu lui che disse allora "ma qui ne manca una" e si rimisero in posa. Primissimo piano, guancia a guancia, lui poggiò un dito sulle labbra di lei e poi lo infilò dentro. Un po si guardavano un po guardavano verso la macchina fotografica. Avrò sparato duecento scatti. Mi rimisi in mezzo a loro, il teleobiettivo col suo peso sfilava giù fino al cazzo e poi cominciò a risalire. Muovevo la macchina un po verso lui un po verso lei. Su certi scatti io e lui ridevamo e lei sbirciava curiosa chinandosi verso di noi poggiandomi le tette sull'omero e fiatandomi sul collo. Quando una donna vestita mi poggia le tette sull'omero impazzisco. Mi girai verso Pasquale e gli dissi nell'orecchio che quelli ultimi scatti meritavano di essere rifatti senza il dito ma con una banana, meglio ancora con una banana vera.
Aspettai che mi si sgonfiasse il cazzo, dissi a Pasquale quando passare per prendersi il cd con le foto e li lasciai.
Nello studio dove lavoro oltre al cd per Pasquale avevo anche approntato una sorta di presentazione delle foto su un bel monitor. Pasquale ne fu commosso e mi spiegò finalmente cosa rappresentasse quel gesto. Lo avevano iniziato prima di sposarsi, lui metteva il dito in bocca a lei quando non potevano parlarsi in casa dei genitori e lei mimava un pompino con la promessa di fargliene uno appena possibile, pure in un sottoscala, dietro un angolo, appena saliti in macchina. Quel gesto lo avevano replicato il giorno delle nozze al banchetto, con la banana al posto del dito e da quel giorno lo ripetevano appena gli si parava davanti una banana.
Mi anticipò dicendomi che forse sarebbe riuscito a convincerla a farsi fotografare con una banana in bocca e che la gigantografia di quello scatto l'avrebbe appesa pure in camera sopra il letto ma difficilmente Franca avrebbe accettato di farsi fotografare da un estraneo col suo cazzo in bocca.
A volte bisogna accontentarsi anche se io ci spero ancora.
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