Se non ci si aiuta tra cugini - Capitolo 1 - Bacio sotto casa
di
Minstrel.love
genere
incesti
Beatrice mi sorrise mentre strofinava con forza nella pentola. Io risposi con un sorriso leggermente imbarazzato, e tornai a sistemare gli scatoloni di materiale.
Il trasloco era appena iniziato, e c’era tantissimo da fare: fortunatamente Beatrice si era offerta di darmi una mano.
Causa lavoro mi sono dovuto trasferire in provincia, e se non fosse stato per Beatrice, non so cosa avrei fatto; mi aveva dato una grande mano a trovare casa, e adesso mi stava aiutando a disfare e sistemare. Il caso ha voluto che l’appartamento fosse proprio a poche decine di metri da casa sua.
Bea (così pretendeva di farsi chiamare dalle persone più intime) abitava in quella città da almeno vent’anni, per seguire il marito, anzi, ex marito per l’esattezza: avevano divorziato 3 anni fa, dopo più di 10 anni di matrimonio, visto che lui aveva un’altra. Una brutta storia, per cui Bea aveva sofferto molto, e forse ancora soffriva.
Bea è mia cugina, nonostante tra noi ci fosse una grande differenza di età: io appena concluso l’università, lei almeno 15-20 anni più grande di me. Fin da piccolo, nonostante fosse più grande di me, ha sempre preteso che la trattassi come quasi una coetanea in quelle rarissime occasioni in cui ci si vedeva tra parenti.
Ora invece, causa la nostra “solitudine”, visto che sono anche single, e vista anche la vicinanza, capitava spesso di passare tempo insieme, specialmente quei primi giorni dopo il trasloco.
“Stasera allora non scamperai al mio invito, Bea” dissi ad alta voce dall’altra stanza.
“Ok - mi rispose lei - credo di meritarlo”.
Finii di spostare dei libri, e andai in cucina: “Se non ci fossi stata tu, non saprei come avrei fatto questi primi tempi - dissi sorridendole - ti meriti una cena”.
Bea rise: “Sembra una vita che non esco a cena. Sembra quasi un appuntamento”. disse lei tornando a concentrarsi sul lavaggio delle pentole.
Tornai nell’altra stanza, pensando che effettivamente sembrava un appuntamento in piena regola. Cosa stava pensando Bea? Effettivamente non l’avevo ancora vista sotto quel punto di vista.
La mia mente si andò a posare sulla sua figura. Nonostante avesse superato i quaranta da pochissimo, Bea era ancora una bellissima donna: alta, capelli non lunghi ma nemmeno cortissimi castani, bel viso, labbra carnose, seno nella media, credo una terza, fianchi generosi e molto sensuali. Confesso che da piccolo qualche pensiero impuro c’era stato, specialmente in pubertà, ma nulla di più.
Anche in quei giorni, per qualche istante c’era stata una sorte di attrazione credo, ma non gli avevo dato un grande peso. Chissà cosa poteva riservare quella sera, pensai tra me e me.
Beatrice chiuse trafelata la portiera dietro di se, baciandomi velocemente sulla guancia.
“Ti prego scusami - disse dispiaciuta mentre abbassava l’aletta parasole per specchiarsi - ho fatto tardi perchè sono stata indecisa fino all’ultimo su cosa mettere”.
Le sorrisi mentre mettevo in moto.
“Voi donne - sospirai divertito - io ci ho messo dieci minuti a vestirmi”.
Bea mi fece una linguaccia, mentre si sistemava il rossetto rosso. La guardai imbambolato per qualche secondo mentre faceva quel gesto. All’improvviso sentii una voglia matta di saltarle addosso. Solo il clacson di un auto di passaggio mi interruppe da quel sogno ad occhi aperti. Misi la freccia e ci incamminammo verso il ristorante.
Durante il tragitto parlammo del più e del meno, mentre io ogni tanto buttavo l’occhio su di lei: indossava una camicetta floreale molto scollata,e una gonna fino al ginocchio ma con uno spacco vertiginoso. Scarpe con il tacco completavano il quadro.
“Ci avrai messo anche tanto tempo, ma stai davvero benissimo” dissi io anche se leggermente rosso.
“Grazie, che galantuomo che sei” disse lei sorridendo.
La serata passò vià serena e tranquilla: il cibo fù gustoso, e scherzavamo e ci divertivamo come fossero due vecchi amici. O due fidanzati. Bea era molto a suo agio, e la cosa non potè non farmi piacere, visto il suo passato tormentato: si meritava tanta felicità.
Durante il ritorno in auto, continuammo a scherzare, specialmente sul suo lavoro:
“Dai forza, oseresti negare che i ragazzi della tua classe non ti sbavano dietro?” dissi ridacchiando.
“Ma che dici - rispose lei dandomi un pugnetto sul braccio - sono dei ragazzini, che vuoi che ne sappiano. E poi io sono la loro professoressa di italiano, nulla di più. Ci sono colleghe molto più belle”.
“Sarà - risposi - ma so bene cosa pensano i ragazzi a quell’età, e ti assicuro che tu sei nei loro pensieri”.
“Ma smettila dai, e poi io … Aspetta aspetta aspetta!” fece Bea tenendomi il braccio.
“Cosa?” chiesi io guardandomi intorno.
“Voglio un cornetto, dai dai daiii” mi supplicò.
“Ma se abbiamo appena finito di cenare” risposi io ridendo.
Bea fece lo sguardo languido, e non potei più rifiutarmi. Dopo dieci minuti ero rientrato in auto con due cornetti, che ci gustammo fino a casa, non senza difficoltà per la cioccolanta calda che scendeva, al punto che era Bea ad imboccarmi.
Arrivati sotto casa sua, davanti al portone, spensi la macchina, e finimmo di mangiarli.
“Adesso direi che siamo veramente sazi” dissi io leggermente nervoso.
“Eh si - disse Bea mentre rovistava nella borsa - non trovo le chiavi … ah, eccole qui!!”
Mi guardò sorridendo. Io avevo il cuore che mi batteva fortissimo: adesso, a fine serata, sentivo l’attrazione verso di lei salire a livelli vertiginosi. Non avevo mai provato una sensazione così forte: la desideravo come non mai.
“Spero tu sia stata bene” le dissi mettendole una mano sul ginocchio.
Bea la guardò, poi disse, poggiando la sua mano sulla mia: “È stata una serata bellissima, era tantissimo che non stavo cì bene. Grazie a te, mi hai trattato davvero come una regina”.
Non ricordo bene in che modo avvenne, ma dopo qualche secondo le nostre labbra si sfiorarono, per poi tornare a toccarsi. Prima un leggerissimo tocco, poi la mia mano sul suo viso, e il bacio a lungo sognato.
Sembrò durare un secolo, o solo un secondo, ma Bea si ritrasse, abbassando lo sguardo: “È meglio che io salga. Si è fatto tardi e domani ho scuola”.
Mi guardò, abbozzò un sorriso, si allungò velocemente per darmi un bacio sulla guancia, e mi disse: “Buonanotte”, aprendo la portiera e andando verso il portone.
Mise le chiavi nella serratura, si girò per farmi un cenno di saluto, e mi lasciò solo in macchina, con i miei pensieri.
Racconto di fantasia -fatti e riferimenti a persone reali sono puramente casuali-
Come contattarmi
Mail: minstrel.love [@] gmail.com
Blog su cui trovate tutti i racconti, con immagini: http://desiderinascosti.blogspot.com/
Mi raccomando, aspetto i vostri feedback, commenti, curiosità.
Il trasloco era appena iniziato, e c’era tantissimo da fare: fortunatamente Beatrice si era offerta di darmi una mano.
Causa lavoro mi sono dovuto trasferire in provincia, e se non fosse stato per Beatrice, non so cosa avrei fatto; mi aveva dato una grande mano a trovare casa, e adesso mi stava aiutando a disfare e sistemare. Il caso ha voluto che l’appartamento fosse proprio a poche decine di metri da casa sua.
Bea (così pretendeva di farsi chiamare dalle persone più intime) abitava in quella città da almeno vent’anni, per seguire il marito, anzi, ex marito per l’esattezza: avevano divorziato 3 anni fa, dopo più di 10 anni di matrimonio, visto che lui aveva un’altra. Una brutta storia, per cui Bea aveva sofferto molto, e forse ancora soffriva.
Bea è mia cugina, nonostante tra noi ci fosse una grande differenza di età: io appena concluso l’università, lei almeno 15-20 anni più grande di me. Fin da piccolo, nonostante fosse più grande di me, ha sempre preteso che la trattassi come quasi una coetanea in quelle rarissime occasioni in cui ci si vedeva tra parenti.
Ora invece, causa la nostra “solitudine”, visto che sono anche single, e vista anche la vicinanza, capitava spesso di passare tempo insieme, specialmente quei primi giorni dopo il trasloco.
“Stasera allora non scamperai al mio invito, Bea” dissi ad alta voce dall’altra stanza.
“Ok - mi rispose lei - credo di meritarlo”.
Finii di spostare dei libri, e andai in cucina: “Se non ci fossi stata tu, non saprei come avrei fatto questi primi tempi - dissi sorridendole - ti meriti una cena”.
Bea rise: “Sembra una vita che non esco a cena. Sembra quasi un appuntamento”. disse lei tornando a concentrarsi sul lavaggio delle pentole.
Tornai nell’altra stanza, pensando che effettivamente sembrava un appuntamento in piena regola. Cosa stava pensando Bea? Effettivamente non l’avevo ancora vista sotto quel punto di vista.
La mia mente si andò a posare sulla sua figura. Nonostante avesse superato i quaranta da pochissimo, Bea era ancora una bellissima donna: alta, capelli non lunghi ma nemmeno cortissimi castani, bel viso, labbra carnose, seno nella media, credo una terza, fianchi generosi e molto sensuali. Confesso che da piccolo qualche pensiero impuro c’era stato, specialmente in pubertà, ma nulla di più.
Anche in quei giorni, per qualche istante c’era stata una sorte di attrazione credo, ma non gli avevo dato un grande peso. Chissà cosa poteva riservare quella sera, pensai tra me e me.
Beatrice chiuse trafelata la portiera dietro di se, baciandomi velocemente sulla guancia.
“Ti prego scusami - disse dispiaciuta mentre abbassava l’aletta parasole per specchiarsi - ho fatto tardi perchè sono stata indecisa fino all’ultimo su cosa mettere”.
Le sorrisi mentre mettevo in moto.
“Voi donne - sospirai divertito - io ci ho messo dieci minuti a vestirmi”.
Bea mi fece una linguaccia, mentre si sistemava il rossetto rosso. La guardai imbambolato per qualche secondo mentre faceva quel gesto. All’improvviso sentii una voglia matta di saltarle addosso. Solo il clacson di un auto di passaggio mi interruppe da quel sogno ad occhi aperti. Misi la freccia e ci incamminammo verso il ristorante.
Durante il tragitto parlammo del più e del meno, mentre io ogni tanto buttavo l’occhio su di lei: indossava una camicetta floreale molto scollata,e una gonna fino al ginocchio ma con uno spacco vertiginoso. Scarpe con il tacco completavano il quadro.
“Ci avrai messo anche tanto tempo, ma stai davvero benissimo” dissi io anche se leggermente rosso.
“Grazie, che galantuomo che sei” disse lei sorridendo.
La serata passò vià serena e tranquilla: il cibo fù gustoso, e scherzavamo e ci divertivamo come fossero due vecchi amici. O due fidanzati. Bea era molto a suo agio, e la cosa non potè non farmi piacere, visto il suo passato tormentato: si meritava tanta felicità.
Durante il ritorno in auto, continuammo a scherzare, specialmente sul suo lavoro:
“Dai forza, oseresti negare che i ragazzi della tua classe non ti sbavano dietro?” dissi ridacchiando.
“Ma che dici - rispose lei dandomi un pugnetto sul braccio - sono dei ragazzini, che vuoi che ne sappiano. E poi io sono la loro professoressa di italiano, nulla di più. Ci sono colleghe molto più belle”.
“Sarà - risposi - ma so bene cosa pensano i ragazzi a quell’età, e ti assicuro che tu sei nei loro pensieri”.
“Ma smettila dai, e poi io … Aspetta aspetta aspetta!” fece Bea tenendomi il braccio.
“Cosa?” chiesi io guardandomi intorno.
“Voglio un cornetto, dai dai daiii” mi supplicò.
“Ma se abbiamo appena finito di cenare” risposi io ridendo.
Bea fece lo sguardo languido, e non potei più rifiutarmi. Dopo dieci minuti ero rientrato in auto con due cornetti, che ci gustammo fino a casa, non senza difficoltà per la cioccolanta calda che scendeva, al punto che era Bea ad imboccarmi.
Arrivati sotto casa sua, davanti al portone, spensi la macchina, e finimmo di mangiarli.
“Adesso direi che siamo veramente sazi” dissi io leggermente nervoso.
“Eh si - disse Bea mentre rovistava nella borsa - non trovo le chiavi … ah, eccole qui!!”
Mi guardò sorridendo. Io avevo il cuore che mi batteva fortissimo: adesso, a fine serata, sentivo l’attrazione verso di lei salire a livelli vertiginosi. Non avevo mai provato una sensazione così forte: la desideravo come non mai.
“Spero tu sia stata bene” le dissi mettendole una mano sul ginocchio.
Bea la guardò, poi disse, poggiando la sua mano sulla mia: “È stata una serata bellissima, era tantissimo che non stavo cì bene. Grazie a te, mi hai trattato davvero come una regina”.
Non ricordo bene in che modo avvenne, ma dopo qualche secondo le nostre labbra si sfiorarono, per poi tornare a toccarsi. Prima un leggerissimo tocco, poi la mia mano sul suo viso, e il bacio a lungo sognato.
Sembrò durare un secolo, o solo un secondo, ma Bea si ritrasse, abbassando lo sguardo: “È meglio che io salga. Si è fatto tardi e domani ho scuola”.
Mi guardò, abbozzò un sorriso, si allungò velocemente per darmi un bacio sulla guancia, e mi disse: “Buonanotte”, aprendo la portiera e andando verso il portone.
Mise le chiavi nella serratura, si girò per farmi un cenno di saluto, e mi lasciò solo in macchina, con i miei pensieri.
Racconto di fantasia -fatti e riferimenti a persone reali sono puramente casuali-
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