Lupi per Agnelli Cap II
di
WERT
genere
incesti
Eugenia era da poco tornata nel suo alloggio, che fù raggiunta dalla Zia, che con fare raggiante la strinse a se, come avvenne alla stazione provò quella sensazione d’imbarazzo e piacere, poi quella voce vellutata che sussurrandogli all’orecchio, si complimentava per la bella figura fatta davanti al Conte e di come si sarebbero divertite insieme in questa nuova vita, intanto le esperte mani della Zia sfioravano il velluto nero del vestito che fasciava il corpo della protetta, un tocco delicato ma fermo, che lentamente slacciavano i lacci del vestito lasciando quel corpo, nudo in bella vista. Fù cosi che Eugenia rimase difronte alla sua Madrina nuda ed inerme ancora inebriata da quelle sensazioni del momentum che non fece nulla, anche quando Maria girandola su se stessa continuava a passare le sue mani sul corpo, come uno scultore ispeziona al tatto la sua opera in cerca della ruvidità da spianare.
Un lavoro certosino che la ragazza non respinse quasi a immaginare che fosse qualcosa di dovuto, mentre i capezzoli si indurivano e l’umore dalle piccole labbra faceva la sua comparsa.
La donna fini la sua ispezione a pochi centimetri da quel fiore roseo, un atto voluto, una prova che la ragazza supero quando si lascio scappare un profondo sospiro, segno di apprezzamento.
Cosi familiare alle sue orecchie, lo stesso gemito che sentiva ogni volta che con Laura (la Madre di Eugenia) si appartavano nel fienile della fattoria a Bressanone e si lasciavano cadere l’una tra le gambe dell’altra, assaporando ogni momento.
Alla fine la Zia fece accomodare la giovane sul letto e poi la lascio alcuni minuti da sola, mentre andava a prendere il necessario per la toiletta, fu in quei brevi momenti che Eugenia accortasi del laghetto di umori che si stava formando sul letto cerco di coprirlo con parte della coperta, la dolce e premurosa zia non potè fare altro che sorridere nel vedere un tale ingenuo gesto di pudicità e di come tutto questo la faceva godere a sua volta.
Rientrata preparò una scodella di peltro alla base del fiore vi verso dell’acqua calda e profumata quando la ragazza tento di fare da sola la donna la fermo e dicendo che era necessario una mano esperta e che si ricorda di quando ancora implumbe l’aiutava a farsi il bagno, cosi prese in mano letteralmente la situazione, da prima emulsionando la schiuma su tutto il monte di venere, la parte esterna delle labbra, spingendosi fino al bottoncino rosa, (un Lavoro Completo) poi impugnando un rasoio inizio il particolareggiato lavoro d’ Igene , Eugenia dal canto suo osservava la scena di riflesso nel grande specchio a parete difronte al letto, uno specchio fin troppo grande per una stanza da servitù ma di certo utile per colui che da dietro ad esso spiava ogni cosa che avveniva in quella stanza tra le due donne.
Ogni gemito ogni mossa ogni sussulto anche quella goccia di sudore che dalla guancia scivolava sul labbro della giovane era visto ed apprezzato da quel uomo, Maria ci sapeva fare, in pochi attimi che sembrarono eterni aveva reso cosi innocente e rosata quel fiore sbocciato da cosi poco tempo.
Eugenia che per tutto il tempo rimase con gli occhi chiusi ed un sospiro strozzato i gola, alla vista dei suoi genitali messi a nudo in prima provo vergogna ed istinto, se li copri con la mano ma quando i suoi stessi polpastrelli toccarono la dolce conchiglia carnosa ebbe un sussulto come se avesse riscoperto il suo essere donna.
La dolce madrina sempre pronta a cogliere l’attimo, confido che un tale servizio portava le conseguenze di un certo arrossamento e bruciore e che la cosa migliore era quella di massaggiare tutta la parte con la propria saliva. Eugenia non si oppose cosi portate le dita alla bocca le inumidì con la ligua per poi iniziare un delicato moto circolare sopra il monte di venere, nel vedere quel gesto cosi impacciato quanto innocente, la dolce madrina non potè fare altro che prima ridere poi prendere la mano di eugenia portarsela alla sua di bocca e dopo averla inumidita di saliva porla al centro del bocciolo della giovane, muovendola vigorosamente e provocando alla ragazza un mezzo orgasmo.
La donna prese posto accanto alla ragazza sul letto cosi poteva sussurrare all’orecchio i comandi giusti, le diceva come muoversi quando passare ad un altra parte del suo fiore e quando ribagnare di saliva la mano tutto questo senza venir meno di aiutare la giovane a tenere le gambe ben divaricate a favore dello specchio e del suo Nobile Osservatore.
Continua…
Un lavoro certosino che la ragazza non respinse quasi a immaginare che fosse qualcosa di dovuto, mentre i capezzoli si indurivano e l’umore dalle piccole labbra faceva la sua comparsa.
La donna fini la sua ispezione a pochi centimetri da quel fiore roseo, un atto voluto, una prova che la ragazza supero quando si lascio scappare un profondo sospiro, segno di apprezzamento.
Cosi familiare alle sue orecchie, lo stesso gemito che sentiva ogni volta che con Laura (la Madre di Eugenia) si appartavano nel fienile della fattoria a Bressanone e si lasciavano cadere l’una tra le gambe dell’altra, assaporando ogni momento.
Alla fine la Zia fece accomodare la giovane sul letto e poi la lascio alcuni minuti da sola, mentre andava a prendere il necessario per la toiletta, fu in quei brevi momenti che Eugenia accortasi del laghetto di umori che si stava formando sul letto cerco di coprirlo con parte della coperta, la dolce e premurosa zia non potè fare altro che sorridere nel vedere un tale ingenuo gesto di pudicità e di come tutto questo la faceva godere a sua volta.
Rientrata preparò una scodella di peltro alla base del fiore vi verso dell’acqua calda e profumata quando la ragazza tento di fare da sola la donna la fermo e dicendo che era necessario una mano esperta e che si ricorda di quando ancora implumbe l’aiutava a farsi il bagno, cosi prese in mano letteralmente la situazione, da prima emulsionando la schiuma su tutto il monte di venere, la parte esterna delle labbra, spingendosi fino al bottoncino rosa, (un Lavoro Completo) poi impugnando un rasoio inizio il particolareggiato lavoro d’ Igene , Eugenia dal canto suo osservava la scena di riflesso nel grande specchio a parete difronte al letto, uno specchio fin troppo grande per una stanza da servitù ma di certo utile per colui che da dietro ad esso spiava ogni cosa che avveniva in quella stanza tra le due donne.
Ogni gemito ogni mossa ogni sussulto anche quella goccia di sudore che dalla guancia scivolava sul labbro della giovane era visto ed apprezzato da quel uomo, Maria ci sapeva fare, in pochi attimi che sembrarono eterni aveva reso cosi innocente e rosata quel fiore sbocciato da cosi poco tempo.
Eugenia che per tutto il tempo rimase con gli occhi chiusi ed un sospiro strozzato i gola, alla vista dei suoi genitali messi a nudo in prima provo vergogna ed istinto, se li copri con la mano ma quando i suoi stessi polpastrelli toccarono la dolce conchiglia carnosa ebbe un sussulto come se avesse riscoperto il suo essere donna.
La dolce madrina sempre pronta a cogliere l’attimo, confido che un tale servizio portava le conseguenze di un certo arrossamento e bruciore e che la cosa migliore era quella di massaggiare tutta la parte con la propria saliva. Eugenia non si oppose cosi portate le dita alla bocca le inumidì con la ligua per poi iniziare un delicato moto circolare sopra il monte di venere, nel vedere quel gesto cosi impacciato quanto innocente, la dolce madrina non potè fare altro che prima ridere poi prendere la mano di eugenia portarsela alla sua di bocca e dopo averla inumidita di saliva porla al centro del bocciolo della giovane, muovendola vigorosamente e provocando alla ragazza un mezzo orgasmo.
La donna prese posto accanto alla ragazza sul letto cosi poteva sussurrare all’orecchio i comandi giusti, le diceva come muoversi quando passare ad un altra parte del suo fiore e quando ribagnare di saliva la mano tutto questo senza venir meno di aiutare la giovane a tenere le gambe ben divaricate a favore dello specchio e del suo Nobile Osservatore.
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