Ludovica #1.2
di
movement
genere
etero
Girava una storia, in classe tanti anni fa: che Ludovica avesse perso la verginità sul sedile posteriore della Clio che i suoi le avevano regalato per i diciott’anni.
Prima di quella diceria non era mai finita sul radar delle mie fantasie e comunque non durò molto: meglio Fabiana e le sue tettone incontenibili durante le ore di pallavolo.
Ma ovviamente ieri sera le ho dedicato una gran sega.
Seguo il sentiero e la trovo lì dove mi ha detto: sulla battigia, concentrata nel saluto al sole.
È prestissimo e c’è già gente in giro che approfitta della temperatura sopportabile, mentre io sono qua solo per indugiare ancora un po’, riempirmi gli occhi di lei finché posso.
La raggiungo mentre siede a gambe intrecciate su un asciugamano azzurro.
«non scherzavi su questa cosa del saluto al sole», esordisco fissando indifferente un punto a caso dell’orizzonte
«sei davvero anche tu un mattiniero!»
«assolutamente»
Mento sapendo di mentire.
Ludovica espira con calma estenuante, fino ad alzare lo sguardo su di me - è inevitabile, da quella prospettiva, che la prima cosa che mette a fuoco sia il mio sesso esposto alla brezza mattutina.
«quindi che si fa dopo il saluto al sole?»
«una passeggiata, o un bagnetto rilassante, magari un po’ di yoga se il sole non picchia già troppo. Poi raggiungo le altre, tanto prima delle dieci non le svegli nemmeno a cannonate»
Forse, penso, il caffè è un’abitudine troppo routinaria per trovare posto in questa timeline vacanziera.
«vuoi provare delle posizioni yoga? L’hai mai fatto?»
«sono elastico quanto un paracarro, voto per passeggiata e bagnetto»
«è per questo che dovresti imparare, fa super bene!»
«è questo che fai a Dubai quindi, insegni yoga?», butto lì per sviare la conversazione mentre molliamo tutto e ci incamminiamo verso un promontorio e poi più in là.
«anche. faccio la consulente per un team di equitazione in realtà»
«…?»
«tipo la nutrizionista dei cavalli, ecco»
Chiusa una serie di racconti che sanno di riccanza, a confronto coi miei che no, Ludovica se ne esce con il più inutile dei «non è meraviglioso qui?». Dato che qualcuno dei due prima o poi avrebbe dovuto dirlo, mi trovo a ribattere: «ma non è soprattutto strano?».
«come?»
«eh. non ci vediamo da vent’anni e ci incontriamo su un’isola, per di più su una spiaggia nudista?»
«boh, è la vita no?»
Disarmante.
«io in realtà ci vengo almeno un paio di volte all’anno. È selvaggio, comodo con l’aereo. Qualche volta sono stata anche a Lanzarote ad esempio. Là altrimenti non posso tanto…»
«non puoi tanto…?»
In realtà ho capito benissimo che la sua è una filosofia di vita e non una situazione occasionale come la mia, che mi trovo di passaggio. Questione di atteggiamento e della sua evidente familiarità con questa dimensione egalitaria e primordiale per me assai strana. È molto a suo agio, è tutto molto normale per lei e dal colore della pelle si direbbe che non abbia mai indossato un costume.
«non posso tanto praticare, il naturismo dico»
«ah beh. giusto. certo, ovvio»
«ho iniziato anni fa a Bali, come con lo yoga, e non ho più smesso» (che banalità!)
«boh, per me è la prima volta ma mi ci sto abituando. Più o meno...»
«si vede!»
«in che senso?»
«i segni dell’abbronzatura! costume, maglia – anche i calzini! E ancora ti guardi in torno un po’ stranito»
Ludovica allora parte con una specie di sermone sul fatto di essersi resa conto che non dovrebbe esistere il pudore, che noialtri “tessili” viviamo schiavi di convenzioni autoimposte e poi l’ecologia, la natura, i vegani e cose così, che diventano solo un brusio di fondo a ciò che i miei sensi colgono su questo tratto di spiaggia a ridosso delle rocce.
i primi ombrelloni aperti, il colore degli asciugamani stesi, il generico vociare intontito della mattina,
il cinquantenne dalla pelle bruciata che fuma coi piedi ammollo, che mentre gli giriamo attorno mi accorgo si porta appresso un pisello spropositato,
il gruppetto di ventenni che lotta in acqua,
la valchiria che ha tatuato “CANDY” in lettere gotiche sulla pancia piatta e la sua amica rotonda che pare guardarla con invidia,
anziani vestiti solo del tempo,
una mora che posa la testa sul grembo del suo compagno, a pochi centimetri dal membro di lui, piuttosto ridicolo ma durissimo,
seni e pance e cazzi di tutte le forme e dimensioni,
ben cosciente che se questo è una specie di zoo umano io altro non sono che una delle tante bestie.
Forse, in fondo, ha ragione Ludovica.
Prima di quella diceria non era mai finita sul radar delle mie fantasie e comunque non durò molto: meglio Fabiana e le sue tettone incontenibili durante le ore di pallavolo.
Ma ovviamente ieri sera le ho dedicato una gran sega.
Seguo il sentiero e la trovo lì dove mi ha detto: sulla battigia, concentrata nel saluto al sole.
È prestissimo e c’è già gente in giro che approfitta della temperatura sopportabile, mentre io sono qua solo per indugiare ancora un po’, riempirmi gli occhi di lei finché posso.
La raggiungo mentre siede a gambe intrecciate su un asciugamano azzurro.
«non scherzavi su questa cosa del saluto al sole», esordisco fissando indifferente un punto a caso dell’orizzonte
«sei davvero anche tu un mattiniero!»
«assolutamente»
Mento sapendo di mentire.
Ludovica espira con calma estenuante, fino ad alzare lo sguardo su di me - è inevitabile, da quella prospettiva, che la prima cosa che mette a fuoco sia il mio sesso esposto alla brezza mattutina.
«quindi che si fa dopo il saluto al sole?»
«una passeggiata, o un bagnetto rilassante, magari un po’ di yoga se il sole non picchia già troppo. Poi raggiungo le altre, tanto prima delle dieci non le svegli nemmeno a cannonate»
Forse, penso, il caffè è un’abitudine troppo routinaria per trovare posto in questa timeline vacanziera.
«vuoi provare delle posizioni yoga? L’hai mai fatto?»
«sono elastico quanto un paracarro, voto per passeggiata e bagnetto»
«è per questo che dovresti imparare, fa super bene!»
«è questo che fai a Dubai quindi, insegni yoga?», butto lì per sviare la conversazione mentre molliamo tutto e ci incamminiamo verso un promontorio e poi più in là.
«anche. faccio la consulente per un team di equitazione in realtà»
«…?»
«tipo la nutrizionista dei cavalli, ecco»
Chiusa una serie di racconti che sanno di riccanza, a confronto coi miei che no, Ludovica se ne esce con il più inutile dei «non è meraviglioso qui?». Dato che qualcuno dei due prima o poi avrebbe dovuto dirlo, mi trovo a ribattere: «ma non è soprattutto strano?».
«come?»
«eh. non ci vediamo da vent’anni e ci incontriamo su un’isola, per di più su una spiaggia nudista?»
«boh, è la vita no?»
Disarmante.
«io in realtà ci vengo almeno un paio di volte all’anno. È selvaggio, comodo con l’aereo. Qualche volta sono stata anche a Lanzarote ad esempio. Là altrimenti non posso tanto…»
«non puoi tanto…?»
In realtà ho capito benissimo che la sua è una filosofia di vita e non una situazione occasionale come la mia, che mi trovo di passaggio. Questione di atteggiamento e della sua evidente familiarità con questa dimensione egalitaria e primordiale per me assai strana. È molto a suo agio, è tutto molto normale per lei e dal colore della pelle si direbbe che non abbia mai indossato un costume.
«non posso tanto praticare, il naturismo dico»
«ah beh. giusto. certo, ovvio»
«ho iniziato anni fa a Bali, come con lo yoga, e non ho più smesso» (che banalità!)
«boh, per me è la prima volta ma mi ci sto abituando. Più o meno...»
«si vede!»
«in che senso?»
«i segni dell’abbronzatura! costume, maglia – anche i calzini! E ancora ti guardi in torno un po’ stranito»
Ludovica allora parte con una specie di sermone sul fatto di essersi resa conto che non dovrebbe esistere il pudore, che noialtri “tessili” viviamo schiavi di convenzioni autoimposte e poi l’ecologia, la natura, i vegani e cose così, che diventano solo un brusio di fondo a ciò che i miei sensi colgono su questo tratto di spiaggia a ridosso delle rocce.
i primi ombrelloni aperti, il colore degli asciugamani stesi, il generico vociare intontito della mattina,
il cinquantenne dalla pelle bruciata che fuma coi piedi ammollo, che mentre gli giriamo attorno mi accorgo si porta appresso un pisello spropositato,
il gruppetto di ventenni che lotta in acqua,
la valchiria che ha tatuato “CANDY” in lettere gotiche sulla pancia piatta e la sua amica rotonda che pare guardarla con invidia,
anziani vestiti solo del tempo,
una mora che posa la testa sul grembo del suo compagno, a pochi centimetri dal membro di lui, piuttosto ridicolo ma durissimo,
seni e pance e cazzi di tutte le forme e dimensioni,
ben cosciente che se questo è una specie di zoo umano io altro non sono che una delle tante bestie.
Forse, in fondo, ha ragione Ludovica.
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