Teresa #3

di
genere
etero

È una delle nostre tipiche serate. Teresa ha noleggiato un dvd, ci siamo messi sul suo letto stretto io appoggiato alla testata, lei sul mio petto - e lo guardiamo, più o meno interessati.
È una scusa, un’introduzione; col senno di poi: netflix and chill.

A dirla tutta ho ancora in testa Marta e le capriole che abbiamo fatto l’altro ieri. Solo che Marta c’è quando le va e ultimamente le va sempre meno. Invece è comodo mettere in stand by un pezzettino di vita per tre giorni e venire qui sapendo che Teresa c’è sempre.

Alla luce dello schermo, ogni tanto la stuzzico infilandole le mani sotto la maglietta, giochicchiando con i suoi capezzoli (ché tanto il reggiseno se l’è sfilato già prima), piccoli baci sul collo.

Ogni tanto lei stuzzica me.
Si struscia, mi dice «togliti i pantaloni, dai, che sei più comodo», così può raggiungermi e ripagare le mie provocazioni. In un attimo ho un’erezione prepotente.

E allora m’accorgo che – porca merda! – siamo al minuto venti su DUECENTOCINQUANTA. Tra l’altro, The Departed l’ho visto. Provo, con grazia, ad accelerare. È capitato anche che il film lo lasciassimo lì, a volte; magari può essere una di quelle volte?
Teresa si diverte a fare la preziosa e non ne vuole sapere, ridacchia; in realtà ha le stesse mie voglie.

Ma è un gioco così e non vuole perdere.

Al minuto cinquanta, dopo essersi sistemata ancora più esplicitamente sul mio pacco, rompe il silenzio.
«Ah mammamia però – dice ridacchiando – che hai mangiato stasera, eh? Ce l’hai duro da un’ora!»
Sfotte. Volentieri la prenderei e la ribalterei a pecora, fosse per me potrebbe anche continuare a guardare il film nel mentre.

Ma è un gioco così, e non voglio perdere.

Passiamo l’ultima mezz’ora con lei che mi fa una sega lentissima – ché ad un certo punto s’è intrufolata con una mano dietro la schiena e mi ha tirato fuori il cazzo dalla patta dei boxer – ed io che le massaggio generosamente le tettine libere dal top – che ormai quello è un brandello di stoffa bianca arrotolato sulla sua pancia - e non so se con la mano libera si sta masturbando ma in fondo non credo.

Ai titoli di coda Teresa si divincola dall’abbraccio per chiudere il pc e fare spazio, quando si gira mi trova dove mi ha lasciato: appoggiato con la schiena alla spalliera del letto, con il cazzo che svetta. Mi fissa, è un’attesa livida.

È un gioco così, e nessuno dei due vuole perdere.

«E quindi.», fa lei constatando la situazione.
«bello»
«ci mettiamo comodi dici?» e lascia cadere il top, si sbottona i pantalocini e li tira giù insieme agli slip.

Mi sfilo la camicia e mi libero dei boxer e siamo nudi e su di giri nella penombra calda della stanza.

Lei si accarezza distrattamente la pancia. Scende verso l’ombelico poi ancora più giù e passando lungo il pelo rado e scuro finisce per accarezzarsi fugacemente tra le gambe, come a controllare.

Mi stendo, occupo tutto il letto per tutta la sua lunghezza e tendo il cazzo verso l’alto. Un invito.

Allora Teresa mi monta a cavalcioni e s’impala. Sì, s’impala – non c’è altro modo di dirlo: è morbida e piccola e stretta, ho sempre la sensazione che faccia fatica, quasi; ma appunto è una sensazione, pur se costante, dato che se c’è una cosa che la manda fuori di testa, così o alla missionaria, è sentirmi tutto dentro.

È una cavalcata lenta, ma visto l’andazzo dei preliminari non so quanto potrò resistere.

«il preservativo...»
«non serve, adesso scendo»

Rotea ancora un po’ il bacino, io m’aggrappo ai suoi fianchi, lei mugola qualcosa e alla fine si disarciona infilandomi la lingua in bocca. Un bacio forte, penso che voglia finirmi così con una sega – in effetti lo sta facendo, stringe l’asta con quelle sue manine e va su e giù veloce.

Invece scende a darmi due leccate svelte sulla cappella e mi prende tra le labbra. È brava, ma non arriva mai fino in fondo. Sono pronto per venire nel caldo della sua bocca ma si stacca e mi fissa con sfida.

Mi tiro su, mi allungo a baciarla e lei mi viene incontro – lì c’è tutto, il sapore della sua figa, il mio, la saliva. Mi piace e mi fa impazzire,
che mi impugni così, spremendomi,
che con le labbra sulle mie chieda affannata «ti piacciono le mie tette?»,
che senza una risposta torni giù a strusciarsi e sbattendosi il cazzo sui capezzoli bruni e appuntiti,
che mi guardi dritto negli occhi e «dai, sporcami tutta qui».

Poi mi mostra il petto, guarda anche lei il risultato, quello che le ho riversato addosso dopo tre ore di giochi. Si spalma lo sperma sulla pelle come fosse una crema – sul collo, nel solco tra i seni, sui capezzoli.

Ridacchiando allegra mi rimonta in grembo.
«anche così ti piacciono le mie tette?»
«moltissimo»
«e me le lecchi adesso?»

È un gioco così, e non voglio perdere.
scritto il
2025-04-05
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