Teresa #2

È una giornata di sole pieno - quindi una di quelle in cui la casa che Teresa divide con altre tre tizie che non ho mai visto si riempie di luce come una specie di risveglio.

Dalla terrazza, alti quassù, c’è una vista talmente bella da dimenticarsi che nel parco sotto ci sono più drogati che fili d’erba.

Quando sono arrivato stava prendendo il sole in bikini, quindi ci ha messo poco a farmi accomodare su quello strambo divano-futon e montarmi un po’. Placidamente, pigramente, senza nemmeno togliersi il costumino arancione, fino a sbuffarmi un orgasmo tra spalla e collo.

Forse dovevamo uscire, che programmi avevamo? Boh.

Adesso si sta mettendo d’impegno per far venire me. Mi tiene lì a gambe larghe e succhia, lecca, accarezza, titilla, sento il cazzo fradicio d’un misto di umori e saliva. Mi piace. Gioca con l’asta mentre si dedica alle palle con cura frenetica. Quando intrappola un testicolo tra le labbra e lo succhia via, Cristo santissimo.

Poi scende più giù. Sotto lo scroto. Con la bocca, la lingua, fino ad infilarmela nel culo. (Ohhhh!).

Va avanti così per un po’, il cazzo raggiunge un livello di durezza sconosciuto e lei se ne accorge eccome. È per questo che smette?

«E così te l’avevano mai fatto?»
«in effetti no»
«ti piace»

Non è una domanda. Teresa beve un bel sorso d’acqua e si accascia di tre quarti. Non so bene per quali vie ma finisco in ginocchio davanti a lei, che tende la mano come a saggiare l’effetto che mi ha fatto.

E l’effetto che mi ha fatto è che mi tocca appena e vengo. Uno schizzo potente va dritto a spiaccicarsi sulla seduta del futon, volando a meno di dieci centimetri dal suo orecchio, impiastricciando il tessuto rosso.

«Oddio!», ride lei di gusto, e immola le sue tettine alla causa fino a svuotarmi del tutto.