Anna #2

di
genere
etero

La receptionist si chiama Lea, così dice la targhetta appuntata sulla giacca azzurra.
È bellissima, è praticamente una top model.
Annoiata, controlla la prenotazione e tippetta sul pc i nostri nomi.
Si ravviva un po’ - ha capito - quando si accorge che solo Anna deve pagare la tassa di soggiorno.

La camera è ampia, luminosissima alla fine di questa giornata d’inizio estate. Anna va a farsi una doccia, poi vado io. Quando esco la trovo seduta sul bordo del lettone che sta chiudendo il portatile ancora avvolta nell’asciugamento. D’altra parte siamo entrambi stimati professionisti, siamo abituati a cenare tardi.

Mi slaccio l’accappatoio e lei prende a leccarmi il cazzo ancora a riposo, con dedizione finché non si tende e svetta gonfio, durissimo verso l’alto. Lo afferra, come a soppesarlo, lo scappella e cerca di infilarselo quanto più possibile in bocca mentre mi allungo per scioglierla dall’asciugamano.
Le afferro la nuca e le scopo un po’ la bocca. Senza troppa convinzione, ma sono tentato, ammetto, di concludere così.

«Sono tutta bagnata», dice lei divincolandosi e stendendosi all’indietro.

È un gran bell’invito e allora mi piego quel che basta per iniziare a sbatterla con foga. Le afferro le caviglie divaricandole le gambe, mi godo lo spettacolo di lei tutta aperta e delle sue tette che sobbalzano ad ogni colpo e ancora più forte, finché non viene con due strilli di cui non la credevo capace.

Il primo schizzo colpisce Anna fin sotto il mento, il secondo atterra oltre le spalle, tra capelli appena lavati e poi ancora, sui seni e sulla pancia e finisce che il suo corpo è zeppo di striature bianche e dense che rendono completamente inutile la doccia di pochi minuti prima. Non sborravo da una settimana.

La cena è ok, attenti solo a non dare troppo nell’occhio qualche isolato più in là.
Anna ha una gonna di jeans cortissima e parigine nere.
Voglio scoparla così.

E allora, una volta risaliti, le do il tempo solo per levarsi la camicetta - la prendo, la bacio, lei risponde con una certa foga, d’altra parte siamo qui per questo, mi aggrappo a quel suo bel sedere pieno e la poggio sulla scrivania della camera. Si solleva quanto basta per permettermi di sfilarle le mutandine mentre mi libera il cazzo.
E le arrotolo un po’ la gonna sui fianchi e mi inginocchio a leccarla, le sue gambe sulle mie spalle e la sua fica lucida e piccola a mia disposizione.
Buona-buonissima, gran gusto ma dura poco, non ce la faccio più nemmeno io e allora la infilzo così.
Spinta dopo spinta, morbida e calda e frenetica. Animali in calore.

«Vieni dentro, vieni dentro!», mugola lei mentre il suo orgasmo monta e io lo lascio andare senza liberarmi.

Quando torna giù da dove si è catapultata, un po’ stordita barcolla verso il lettone e mi si offre oscenamente a quattro zampe, parigine ancora indosso e gonna arrotolata in vita.

Penso che a quel punto nulla rimane della sua eleganza distratta, fatta di piccola ricchezza borghese e dei sorrisi di circostanza che dosa tra le nebbie di queste province. È solo desiderio, e carne, a mia disposizione.

E così sia: schiaffeggio, sputo, accarezzo e rimesto – poi, la inculo. Anna s’imbizzarrisce un poco, come sempre sbuffa, coi capelli corvini scompigliati sulle lenzuola. Urla, per quel che conta. Dura poco: uno, due, tre, cinque colpi e mi svuoto esausto nelle sue viscere.

Dopo l’ennesima doccia, il sonno ci coglie nudi e distanti.
scritto il
2025-04-05
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