Il migliore amico di papà
di
Lili
genere
etero
Giacomo era sempre stato uno di famiglia. Non ricordo festa o riunione in cui non fosse presente.
Era sempre stato un bell'uomo: alto, robusto; con i capelli folti e ricci, di un biondo sporco, e due espressivi occhi azzurri.
Spesso durante l'adolescenza mi ritrovavo a fantasticare su di lui. Mi immaginavo al posto di sua moglie e mi chiedevo come fosse essere trombata da uno come lui. A volte le fantasie sfociavano in qualcosa di più piccante, allora smettevo subito. Mi sentivo sporca. Giacomo era un po' come uno zio, un secondo padre.
Crescendo mi resi conto che quella, in fondo, era una normale attrazione: non conoscevo molti uomini, gli unici che in un modo o nell'altro frequentavo facevano parte della famiglia, quindi per forza di cose i miei occhi di ragazzina e, in particolar modo, i miei ormoni decisero di posarsi su di lui.
Col passare degli anni quella latente attrazione non scemò, rimase solo chiusa in un cassetto della mia mente.
D'altra parte avevo avuto le mie esperienze, avevo un ragazzo... stavo imparando a conoscere il mondo maschile e il mio corpo, le mie esigenze. Non avevo più bisogno delle fantasie.
Tuttavia Giacomo non era scomparso, era ancora il migliore amico di mio padre. Me lo ritrovavo ancora alle feste di famiglia, in casa sul divano a guardare la partita, fuori in giardino ad occuparsi della griglia...
Talvolta ci scambiavamo anche dei messaggi.
Ciao, come stai... Come sei bella in quella foto... Come ci siamo divertiti l'altra sera...
Cose del genere. Assieme a qualche immagine piccante presa da internet. Roba per far ridere più che altro.
Poi il covid, il lockdown... Ero talmente annoiata che avrei dato fuoco alla casa pur di stare fuori per qualche ora.
Inaspettatamente arrivò in soccorso Giacomo.
Cominciammo a scriverci tutti i giorni. I suoi assurdi messaggi mi tenevano impegnata cosicché la noia non prese il sopravvento.
Non ci mettemmo molto ad arrivare ad allusioni sempre più piccanti. Lodava il mio corpo, mi chiedeva di raccontargli le mie esperienze. Ed io lo facevo, raccontavo tutti nei minimi dettagli sperando di aumentare la sua eccitazione.
Dopo qualche settimana mi confessò che i miei racconti lo eccitavano al punto che era costretto a masturbarsi.
La confessione mi inorgoglì ed eccitò allo stesso tempo. Fuori di me, decisi di inviargli una foto di me in reggiseno e mutandine di pizzo.
Ormai era troppo tardi per tornare indietro.
Non erano più fantasie. Lo desideravo. Lo desideravo dentro di me.
Ebbe inizio una lunga sequenza di messaggi, foto, confessioni che non avevano nulla di ingenuo. Eppure, quando finalmente ne avevamo la possibilità, Giacomo si dileguò. Non più un messaggio, nessuna allusione né foto.
L'idillio è finito, pensai. Tuttavia non riuscivo a togliermelo dalla testa. Pensavo e ripensavo al suo grosso cazzo, che avevo visto solo in foto, duro e tozzo. Mi masturbavo fuorisamente con un dildo immaginando fosse lui.
Ebbi sue notizie dopo un mesetto.
Era una calda sera di agosto quando decise di scrivermi.
Sono qui giù, ti va di accompagnarmi a portare il cane al parco?
Mi infilai in fretta una gonnellina a fiori che mi arrivava sopra al ginocchio, una maglietta scura e le scarpe da ginnastica. Ignorai volutamente il reggiseno: volevo che la mia quarta abbondante fosse ben visibile.
Arrivai da lui con il fiatone. Lo salutai con un bacio sentendomi decisamente stupida.
Lui non si scompose. Si comportò come un perfetto amico di famiglia. Cominciò a chiacchierare, faceva battute ma mai allusive... Mi chiesi dove volesse andare a parare.
Il sole era calato, eppure il parco era ancora frequentato.
"Dovrebbero esserci le lucciole in questo periodo, lo sai no? Andiamo a vederle" mi disse con uno strano sorriso.
Era una tattica che conoscevo: spesso si usava la scusa delle lucciole per scoparsi una ragazza lì in qualche anfratto.
Il buio e il luogo erano perfetti.
Lo vidi legare il guinzaglio del cane attorno al tronco di un albero e, senza che me ne rendessi conto, dopo qualche secondo mi afferrò il collo con una mano e mi baciò.
Sentii chiaramente la sua lingua in bocca. Era calda e avvolgente. Ricambiai immediatamente.
Avevo un profumo di pino, pungente e inebriante. Con l'altra mano frugò sotto alla maglietta e mi afferrò un seno.
Stringeva, premeva e ansimava contro le mie labbra.
Ormai sapevo di essere fradicia.
Quindi mi staccai da lui e con un gesto veloce mi sfilai le mutandine.
"Toccami, ti prego..." lo implorai.
Mi adagiai con la schiena contro un tronco ruvido, allargai le gambe e alzai la gonnellina.
Il mio sesso era gonfio e fradicio di umori.
Con le dita mi accarezzò piano la figa depilata, allargò le grandi labbra e cominciò a massaggiare il clitoride. Mi lasciai sfuggire un mugugno di piacere.
"Cazzo sei un lago!" disse estasiato. Tra me e me pensai che lo stavo aspettando da mesi.
Il suo dito si stacco dal clitoride ed entrò decise nel buco della mia figa. Si muoveva velocemente mentre i miei umori aumentavano.
Dovevo mordere le labbra per non urlare di piacere.
Poi, inaspettatamente, inserì un altro dito mentre il pollice toccava con movimenti circolari il clitoride gonfio.
Con le braccia lo spinsi verso di me: gli baciavo il mento, il collo, gli mordevo le labbra mentre lui mi stava facendo godere.
Dopo qualche minuto sentii la mia eccitazione crescere sempre di più.
"Non fermarti... sto per venire, non fermarti" lo pregavo con un filo di voce. Di tutta risposta lui infilò ancora un altro dito.
Mi bastarono pochi secondi per venire con un orgasmo che mi fece tremare.
Mugugnai di disappunto quando tolse le sue dita da dentro di me.
Lo vidi slacciarsi la cintura e abbassarsi i pantaloni. Mi si parò davanti un'erezione di tutto rispetto.
Prese la mia mano e la portò al suo cazzo, così cominciai a fargli una sega.
Tuttavia non mi sembrava abbastanza però, dopo quello che aveva fatto per me. Così mi inginocchiai e lo presi in bocca. Lo sentii ansimare dal piacere.
Gli leccavo la punta, poi tutta l'asta e infine le piccole palle gonfie. Con movimenti dapprima lenti, poi via via sempre più veloci.
"Non resisto, voltati!".
Feci come mi fu chiesto. Mi alzai e mi voltai di spalle. Con le braccia mi appoggiai al tronco dell'albero.
Solo in quel momento mi resi conto che non aveva un preservativo.
Lo sentii sollevare la gonna. Mi accarezzò il culo, poi mi assestò un paio di colpi sulle natiche. Protestai, ma sapevo benissimo che la mia figa era nuovamente bagnata.
Mi allargò le gambe ed entrò con un colpo secco.
Sentirlo dentro mi inebriò.
Le sue spinte era decise ma non troppo veloci. Ogni colpo era una stilettata di piacermi. Ormai gemevo senza ritegno.
All'improvviso il suo ritmo aumentò. Potevo sentire la sua pelle sbattere contro la mia con un rumore inconfondibile.
Mi ritrovai a pensare al cane... Chissà come dovevamo sembrargli. Eravamo due animali in preda alla passione.
"Oh sì, sì..." lo sentivo ansimare. Fino a quando venne copiosamente dentro di me. Sentivo la sua sborra calda scorrermi lungo la figa e le gambe.
Mi voltai verso di lui, ancora stordita.
"Mi concederai il bis, vero?" domandai con un sorriso.
5
voti
voti
valutazione
4.8
4.8
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
L'esaminanda
Commenti dei lettori al racconto erotico