Master Tony II - Prigioniero
di
macxill
genere
dominazione
“Allora Chiara, hai capito tutto o hai ancora qualche dubbio?”
“Si, penso di aver capito. Anzi, sono sicura. Ho capito quello che devo fare. Sicura, certo. Non ti preoccupare”.
Due occhi dietro la maschera di pelle nera borchiata mi scrutano a lungo, prima di abbassarsi come in una muta preghiera: “Certo, anche io sono certa che tu hai compreso tutto quanto. Ma è meglio essere sicure al 100%. E allora perché non mi ripeti quello che ci siamo dette? Male non farà.”
“Certo, male non farà” gli rispondo, anche se dentro mi sento ribollire per l’ennesimo esame, l’ennesima mancanza di fiducia nei miei confronti. Certo io sono la sua più cara amica, ma io sono Chiara, la svampita, quella che si mette sempre nei guai. Chiara la sciocchina. Ma questa volta la sorprenderò; farò tutto quello che c’è da fare, senza esitazioni o errori. Per cui, ingoio il rospo, e ripeto la lezione ad alta voce, come quando studiavamo insieme le lezioni di scuola.
“Quando si sveglia lo costringo al muro dove si trovano le manette. Lui si ammanetta piedi e un braccio, poi entro e gli ammanetto il braccio rimasto libero. A questo punto prendo il succhia cazzi, il masturbatore, e lo aziono finché non viene. Poi gli metto il collare, i bracciali e cavigliere, dove faccio passare le catene che gli impediscono i movimenti. Solo a questo punto gli libero un braccio e gli ordino di liberarsi dalle altre manette. Va bene così? Che voto mi dai?”
“Smettila di scherzare. E’ una cosa seria. Sai quanto sia pericoloso. E’ una bestia. La tua bestia, ti vorrei ricordare.”
“Si hai ragione, scusami. Ma se puoi, c’è una cosa che ancora non capisco. Perché non gli posso lasciare collare, bracciali e cavigliere addosso, e invece ogni santo giorno, gliele faccio mettere e togliere? Non è uno spreco di tempo?”
“No tesoro. Non si tratta di perdere tempo, ma di creare un legame tra di voi. Ogni santo giorno lui si deve ricordare della sua posizione. Lui è lo schiavo, è sottomesso a te, e tu sei la sua padrona. Per cui, ogni santo giorno, lui deve indossare il collare, le manette, le cavigliere, dove passano le sue catene. Ogni santo giorno lui deve sentire sulla sua pelle tuta l’umiliazione della sua posizione di essere inferiore. E poi non ti preoccupare, vedrai che piacerà anche a te.”
“Ok, capito. Legame e umiliazione. Io sono la padrona, lui lo schiavo. E io glielo ricorderò ogni giorno. Ma io lo conosco bene. Questa storia dell’umiliazione non farà che allontanarlo da me, e io non voglio. Io voglio che lui mi ami, che pensi solo a me. Che voglia stare tutto il tempo con me”.
“Questa è la parte difficile. Lui è un master, un maschio alfa. Dobbiamo resettarlo, farlo diventare quello che non è. È un processo di trasformazione difficile, ma non impossibile. Anche pericoloso. È per questo motivo che sono così puntigliosa nel prepararti. Anche tu devi cambiare, se vuoi che la cosa funzioni. Soprattutto devi capire, che lo stai facendo per voi due. O non sei tu quella che non può vivere senza di lui, la bestia?”
“Si, giusto. L’ho voluto io, anche se non pensavo fosse così difficile. Ma hai ragione tu, come al solito.” Ha ragione, so che ha ragione. Ma è tutto così difficile, tutto così strano per me, e non so se sarò in grado di arrivare fino in fondo.
“Stai tranquilla Chiara. Ci riuscirai. Sono certa che ci riuscirai. Anzi ci riusciremo, perché saremo insieme. Ti starò sempre vicina, accanto. Io e te, amica mia. Anzi, io, te e la bestia”
E ora di andare. Mi piego sulle gambe, prendo un profondo respiro, rialzo la testa e scuoto vigorosamente i capelli prima di indossare i guanti di latex neri. Mi guardo allo specchio e non mi riconosco. Pelle e latex nero lucente, in un gioco di vedo non vedo. Sono io, mi vedo, ma non sono io. Non mi riconosco, e per un attimo quella persona che mi fissa dall’altro lato dello specchio mi fa paura. Un altro respiro profondo, e mentalmente ripeto la routine.
Dolore, tanto dolore sul sedere e sulla pianta dei piedi. Apro gli occhi ma fatico a capire cosa sta accadendo. Sono in penombra, non sono a casa mia nel mio letto, ma sdraiato per terra. Dove sono, cosa mi sta accadendo? Un’altra scossa sul costato, un’altra lama di dolore nel cervello. Urlo per il dolore. Poi sento una voce che mi ordina di alzarmi.
“Sveglia animale, è ora di alzarsi”
Vedo il bastone con le due punte rosse, e realizzo che è quella la fonte del dolore. Cerco di allontanarmi, ma c’è un muro dietro di me. Un muro su cui faccio forza con la schiena per alzarmi, sempre tenendo d’occhio il bastone, con le due piccole punte rosse, e la donna che lo maneggia, che lo usa contro di me.
“Chiara” urlo tra lo stupore e il dolore di un’altra scossa elettrica che mi arrivare sul ventre nudo. Sono nudo, sono completamente nudo. Troppe informazioni, troppo dolore. Non capsico cosa sta accadendo. Ma dove mi trovo? Dove ci troviamo?
“Chiara, smettila con quel bastone” ma non serve, perché un’altra scossa, ancora più dolorosa mi raggiunge sul sedere. Inciampo e cado a terra, con il viso a qualche centimetro dalle sbarre. Sbarre. Ecco cos’erano, che non vedevo bene. Sbarre, sono in una gabbia, nudo. E Chiara, la mia ex schiava, mi sta tormentando con un bastone elettrificato.
“Padrona Chiara per te. Padrona. Non ti rivolgere più in altro modo, se non vuoi che ti punisca ancora.”
Padrona, non posso fare a meno di sorridere. Padrona Chiara? Ma lei se ne accorge, e una fitta mi attraversa il cazzo fino al cervello. Fa male, tremendamente male. Mi accartoccio su me stesso urlando tra le lacrime “Si padrona. Padrona Chiara”
Boccheggio a terra per almeno un minuto, prima che il dolore mi abbandoni.
“Alzati verme, che abbiamo già perso troppo tempo”
Mi alzo, allontanandomi dal bastone, da quella persona che non riconosco più. Non è Chiara, non può essere Chiara.
“Vai al muro, rivolto verso di me, e ammanettati gambe e braccio destro. Immediatamente”
Manette? Ma dove? Eccole, due manette per le caviglie, distanti quel che basta per divaricare le gambe. Le serro, e poi cerco l’altra, per il braccio, ma non la vedo.
“In alto a destra, schiavo. Guarda in alto sulla tua destra”
Eccola, ora la vedo la manetta. Ci arrivo con difficoltà, ma serro anche questa. Ora sono imprigionato al muro, con il solo braccio sinistro libero.
Lei, Chiara, apre la porta della gabbia ed entra. Mi si avvicina e mi accorgo che è più alta di me. Ma come può essere? Abbasso lo sguardo e la vedo con le gambe inguainate da stivali neri lucenti, che le slanciano con dei tacchi vertiginosi. E anche se in quella scomoda posizione, non posso pensare che comunque è una splendida donna.
Si avvicina, mi prende il braccio libero e lo serra anche questo al muro. Non mi posso muovere. Non parlo per non prendere un’altra scossa. Ora sono lucido e realizzo completamente. Sono prigioniero in una gabbia, completamente nudo. E il mio carnefice è Chiara che, ricordo, è stata l’ultima cosa che ho visto alla festa prima di svenire. Ma lei era per terra, davanti a me. Allora chi è stato a colpirmi e perché ora mi trovo qui?
“Ora la tua padrona darà un premio al suo schiavo per essere stato così bravo”
Gli prendo il cazzo in mano, e anche se non dovrei, ripenso a come mi piacerebbe sentirlo dentro di me. Ma è un attimo, perché mi tornano in mente anche le volte in cui mi è entrato con dolore, senza passione, solo per il suo piacere.
Lo vedo interdetto dubbioso, mentre con la mano lo masturbo, ma resta in attesa muto, per paura di una punizione. Ecco, ora è abbastanza duro perché entri nel tira seghe, nella vagina meccanica. Gliela infilo sul suo cazzo, i suoi occhi sono un vortice di domande e sorpresa. La accedendo e si mette in moto, su e giù sul suo bel cazzo, tirandolo nella sua vagina meccanica, masturbando il mio schiavo.
Mi allontano di un passo e lo guardo mentre si fotte una macchina. Mentre una macchina gli fotte il suo cazzo. Capisco che si vergogna di essere lì, attaccato al muro, impotente mentre lo osservo masturbarsi. Vorrebbe nascondersi, glielo leggo negli occhi, ma non può, e allora li chiude, finché non viene.
“Si, penso di aver capito. Anzi, sono sicura. Ho capito quello che devo fare. Sicura, certo. Non ti preoccupare”.
Due occhi dietro la maschera di pelle nera borchiata mi scrutano a lungo, prima di abbassarsi come in una muta preghiera: “Certo, anche io sono certa che tu hai compreso tutto quanto. Ma è meglio essere sicure al 100%. E allora perché non mi ripeti quello che ci siamo dette? Male non farà.”
“Certo, male non farà” gli rispondo, anche se dentro mi sento ribollire per l’ennesimo esame, l’ennesima mancanza di fiducia nei miei confronti. Certo io sono la sua più cara amica, ma io sono Chiara, la svampita, quella che si mette sempre nei guai. Chiara la sciocchina. Ma questa volta la sorprenderò; farò tutto quello che c’è da fare, senza esitazioni o errori. Per cui, ingoio il rospo, e ripeto la lezione ad alta voce, come quando studiavamo insieme le lezioni di scuola.
“Quando si sveglia lo costringo al muro dove si trovano le manette. Lui si ammanetta piedi e un braccio, poi entro e gli ammanetto il braccio rimasto libero. A questo punto prendo il succhia cazzi, il masturbatore, e lo aziono finché non viene. Poi gli metto il collare, i bracciali e cavigliere, dove faccio passare le catene che gli impediscono i movimenti. Solo a questo punto gli libero un braccio e gli ordino di liberarsi dalle altre manette. Va bene così? Che voto mi dai?”
“Smettila di scherzare. E’ una cosa seria. Sai quanto sia pericoloso. E’ una bestia. La tua bestia, ti vorrei ricordare.”
“Si hai ragione, scusami. Ma se puoi, c’è una cosa che ancora non capisco. Perché non gli posso lasciare collare, bracciali e cavigliere addosso, e invece ogni santo giorno, gliele faccio mettere e togliere? Non è uno spreco di tempo?”
“No tesoro. Non si tratta di perdere tempo, ma di creare un legame tra di voi. Ogni santo giorno lui si deve ricordare della sua posizione. Lui è lo schiavo, è sottomesso a te, e tu sei la sua padrona. Per cui, ogni santo giorno, lui deve indossare il collare, le manette, le cavigliere, dove passano le sue catene. Ogni santo giorno lui deve sentire sulla sua pelle tuta l’umiliazione della sua posizione di essere inferiore. E poi non ti preoccupare, vedrai che piacerà anche a te.”
“Ok, capito. Legame e umiliazione. Io sono la padrona, lui lo schiavo. E io glielo ricorderò ogni giorno. Ma io lo conosco bene. Questa storia dell’umiliazione non farà che allontanarlo da me, e io non voglio. Io voglio che lui mi ami, che pensi solo a me. Che voglia stare tutto il tempo con me”.
“Questa è la parte difficile. Lui è un master, un maschio alfa. Dobbiamo resettarlo, farlo diventare quello che non è. È un processo di trasformazione difficile, ma non impossibile. Anche pericoloso. È per questo motivo che sono così puntigliosa nel prepararti. Anche tu devi cambiare, se vuoi che la cosa funzioni. Soprattutto devi capire, che lo stai facendo per voi due. O non sei tu quella che non può vivere senza di lui, la bestia?”
“Si, giusto. L’ho voluto io, anche se non pensavo fosse così difficile. Ma hai ragione tu, come al solito.” Ha ragione, so che ha ragione. Ma è tutto così difficile, tutto così strano per me, e non so se sarò in grado di arrivare fino in fondo.
“Stai tranquilla Chiara. Ci riuscirai. Sono certa che ci riuscirai. Anzi ci riusciremo, perché saremo insieme. Ti starò sempre vicina, accanto. Io e te, amica mia. Anzi, io, te e la bestia”
E ora di andare. Mi piego sulle gambe, prendo un profondo respiro, rialzo la testa e scuoto vigorosamente i capelli prima di indossare i guanti di latex neri. Mi guardo allo specchio e non mi riconosco. Pelle e latex nero lucente, in un gioco di vedo non vedo. Sono io, mi vedo, ma non sono io. Non mi riconosco, e per un attimo quella persona che mi fissa dall’altro lato dello specchio mi fa paura. Un altro respiro profondo, e mentalmente ripeto la routine.
Dolore, tanto dolore sul sedere e sulla pianta dei piedi. Apro gli occhi ma fatico a capire cosa sta accadendo. Sono in penombra, non sono a casa mia nel mio letto, ma sdraiato per terra. Dove sono, cosa mi sta accadendo? Un’altra scossa sul costato, un’altra lama di dolore nel cervello. Urlo per il dolore. Poi sento una voce che mi ordina di alzarmi.
“Sveglia animale, è ora di alzarsi”
Vedo il bastone con le due punte rosse, e realizzo che è quella la fonte del dolore. Cerco di allontanarmi, ma c’è un muro dietro di me. Un muro su cui faccio forza con la schiena per alzarmi, sempre tenendo d’occhio il bastone, con le due piccole punte rosse, e la donna che lo maneggia, che lo usa contro di me.
“Chiara” urlo tra lo stupore e il dolore di un’altra scossa elettrica che mi arrivare sul ventre nudo. Sono nudo, sono completamente nudo. Troppe informazioni, troppo dolore. Non capsico cosa sta accadendo. Ma dove mi trovo? Dove ci troviamo?
“Chiara, smettila con quel bastone” ma non serve, perché un’altra scossa, ancora più dolorosa mi raggiunge sul sedere. Inciampo e cado a terra, con il viso a qualche centimetro dalle sbarre. Sbarre. Ecco cos’erano, che non vedevo bene. Sbarre, sono in una gabbia, nudo. E Chiara, la mia ex schiava, mi sta tormentando con un bastone elettrificato.
“Padrona Chiara per te. Padrona. Non ti rivolgere più in altro modo, se non vuoi che ti punisca ancora.”
Padrona, non posso fare a meno di sorridere. Padrona Chiara? Ma lei se ne accorge, e una fitta mi attraversa il cazzo fino al cervello. Fa male, tremendamente male. Mi accartoccio su me stesso urlando tra le lacrime “Si padrona. Padrona Chiara”
Boccheggio a terra per almeno un minuto, prima che il dolore mi abbandoni.
“Alzati verme, che abbiamo già perso troppo tempo”
Mi alzo, allontanandomi dal bastone, da quella persona che non riconosco più. Non è Chiara, non può essere Chiara.
“Vai al muro, rivolto verso di me, e ammanettati gambe e braccio destro. Immediatamente”
Manette? Ma dove? Eccole, due manette per le caviglie, distanti quel che basta per divaricare le gambe. Le serro, e poi cerco l’altra, per il braccio, ma non la vedo.
“In alto a destra, schiavo. Guarda in alto sulla tua destra”
Eccola, ora la vedo la manetta. Ci arrivo con difficoltà, ma serro anche questa. Ora sono imprigionato al muro, con il solo braccio sinistro libero.
Lei, Chiara, apre la porta della gabbia ed entra. Mi si avvicina e mi accorgo che è più alta di me. Ma come può essere? Abbasso lo sguardo e la vedo con le gambe inguainate da stivali neri lucenti, che le slanciano con dei tacchi vertiginosi. E anche se in quella scomoda posizione, non posso pensare che comunque è una splendida donna.
Si avvicina, mi prende il braccio libero e lo serra anche questo al muro. Non mi posso muovere. Non parlo per non prendere un’altra scossa. Ora sono lucido e realizzo completamente. Sono prigioniero in una gabbia, completamente nudo. E il mio carnefice è Chiara che, ricordo, è stata l’ultima cosa che ho visto alla festa prima di svenire. Ma lei era per terra, davanti a me. Allora chi è stato a colpirmi e perché ora mi trovo qui?
“Ora la tua padrona darà un premio al suo schiavo per essere stato così bravo”
Gli prendo il cazzo in mano, e anche se non dovrei, ripenso a come mi piacerebbe sentirlo dentro di me. Ma è un attimo, perché mi tornano in mente anche le volte in cui mi è entrato con dolore, senza passione, solo per il suo piacere.
Lo vedo interdetto dubbioso, mentre con la mano lo masturbo, ma resta in attesa muto, per paura di una punizione. Ecco, ora è abbastanza duro perché entri nel tira seghe, nella vagina meccanica. Gliela infilo sul suo cazzo, i suoi occhi sono un vortice di domande e sorpresa. La accedendo e si mette in moto, su e giù sul suo bel cazzo, tirandolo nella sua vagina meccanica, masturbando il mio schiavo.
Mi allontano di un passo e lo guardo mentre si fotte una macchina. Mentre una macchina gli fotte il suo cazzo. Capisco che si vergogna di essere lì, attaccato al muro, impotente mentre lo osservo masturbarsi. Vorrebbe nascondersi, glielo leggo negli occhi, ma non può, e allora li chiude, finché non viene.
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