Disattenzione fatale
di
la puttana
genere
dominazione
Le disattenzioni possono costare davvero molto…
Anni addietro facevo il cameriere in un american bar per pagarmi gli studi universitari.
Era una sera come tante altre e mi avvicinai al tavolo di una signora molto curata, giovane e distinta. “Cosa le posso portare?” – “Una russian vodka, grazie” – mi rispose guardandomi negli occhi. Un piccolo brivido scorreva sulla mia pelle: uno sguardo penetrante, magnetico, unito ad un corpo decisamente da urlo. Andai al banco per fare l’ordinazione ma intanto non riuscivo a staccare il mio sguardo da quella bellezza decisamente inconsueta. Il barman mi pose l’ordinazione sul vassoio e mi avvicinai a quella cliente. A malapena misi sul tavolo bicchiere e salatini: le mani mi tremavano, quasi inconsciamente fossi consapevole di quello che mi stava per accadere. Un assaggio ai salatini ed un pezzo di questi si infilò del decoltee. Elegantemente la signora prese il pezzo di salatino con la punta delle dita ed io, quasi ipnotizzato, non potevo non notare due tette sode e formose. Iniziavo ad avere qualche fantasia erotica: la mia testa mi portava su piccanti scenari da sogno. “Mi scusi”- disse lei - “Sì, si signora, dica” – “Mi porta un’altra russian?” – “Certamente, arriva subito”. Mentre mi recavo nuovamente al banco sentivo il pene che si gonfiava, iniziavo ad avere caldo ed il tremore alle mani si fece più intenso. Quando tornai con l’ordinazione accadde il fattaccio: le mani tremule fecero cadere il bicchiere sul tavolo, bagnando l’avvenente signora. Lei mi guardò con calma ma severamente: lo sguardo era ancora più magnetico e penetrante: “Guarda cosa hai combinato!” – mi disse – “Mi scusi, mi scusi tanto, pulisco subito” – replicai con un filo di voce. Per mia sfortuna il proprietario del locale si accorse di tutto ed arrivò al tavolo. Scusandosi con la cliente, si offrì di pagare le spese di lavanderia e mi lanciò uno sguardo severissimo; con un cenno mi fece capire che voleva dirmi qualcosa in privato: un minuto dopo, in un angolo del locale ci fu una lavata di capo veramente coi fiocchi e mentre venivo ricoperto da minacce ed insulti, la cliente comparve proprio dietro di noi. “Lasci stare” –disse – “Posso parlare col cameriere?” – “Certamente, prego” – replicò il titolare allontanandosi. “Signora, sono mortificato e…” – “Silenzio” – replicò subito impedendomi di continuare a parlare “Se adesso dovessi parlare in un certo modo col titolare del bar passeresti guai seri” – “Ho visto sai? Mi guardavi il seno e non mi staccavi gli occhi di dosso” – Io arrossii come un bimbo e non ebbi il coraggio di dire nulla – “Comunque a tutto c’è rimedio. Quando finisci di lavorare?” – “Io..io..tra circa mezz’ora” – balbettai a malapena. “Bene, se non vuoi guai col tuo lavoro ti aspetto e poi vieni con me. Voglio delle scuse, ma le voglio privatamente fuori da qui”. “Va…va bene, co.. come desidera”.
Passò la mezz’ora ed uscimmo dal locale. Io mi sentivo come quei bimbi sorpresi a rubacchiare i dolci e la cliente non disse nulla. Ci avviammo alla sua macchina ed in pochi minuti arrivammo a casa. Entrai in casa sua mentre lei chiuse la porta a chiave da dentro. Mi sentivo in trappola ed in effetti la signora, con un’aria quasi militare si pose dinanzi a me: mani sui fianchi, sguardo fisso e severo. “ Allora, adesso per porgermi le tue scuse vorrei che tu mi lavassi la camicetta”. “Va bene signora, non c’è problema”. “Davvero? Però se devi farmi da sguattero occorre un abbigliamento appropriato. Seguimi”. Ci ritrovammo in una stanza con la porta imbottita, l’arredo in stile dark-gotico, luci soffuse. “Spogliati emetti tutto in quel cesto” – quando sentii quelle parole il cuore mi sobbalzò in gola – “Scusi, temo di non capire…” – ma fui interrotto da una inattesa scudisciata – “Non voglio commenti, spogliati e basta! E togliti tutto, anche le mutande!”. Sarà stato l’ambiente, il suo sguardo, non saprei: ero come ipnotizzato e mi spogliai ritrovandomi nudo. “Bene, i tuoi vestiti li metto qui”. Le vesti vennero riposte in un cesto che venne chiuso a chiave con un lucchetto. “Adesso ti vestirai in modo adatto. Iniziamo dalle mutande. Dunque, ah, eccole qui: vedrai che starai comodissimo” – disse con aria ironica. Mi pose delle mutande nere, in lattice, con un fallo anale di gomma all’interno. “Guardi, no, lasciamo perdere, non le metto quelle” – dissi . Un’altra terribile scudisciata venne abbattuta sulle mie natiche ed un’altra subito dopo sulle gambe. Chinai la schiena dal dolore, la pelle bruciava. “Allora non ci siamo capiti vero? Bello mio, tu qui fai quello che ti dico e senza discutere!” “Vuoi uscire? Per me va bene ma uscirai nudo e se tenti di cercare aiuto, sappi che inizierò ad urlare dicendo che volevi violentarmi”. Capii di essere alla mercè di una sadomasochista e non me la sentivo neppure di ingaggiare una lotta. Presi le mutande in lattice e mentre le infilavano la signora si avvicinò con un tubetto di gel, lubrificando quel pene di gomma che sarebbe presto entrato nel mio deretano.
Mise lei il gel, aiutando quell’arnese a penetrarmi. “Stai rilassato, entrerà in un attimo senza problemi” Sollevò le mutande con decisione mentre sentivo il fallo di gomma iniziare a penetrarmi – “Non stringere, rilassati, non fa male se non cerchi di resistere” -disse lei- ed in breve mi sentivo “riempito” nel culo, una sensazione mai provata prima. Stranamente non provai il dolore che mi aspettavo, anzi, provai piacere e sentivo il mio pene gonfiarsi alla grande dentro il lattice. La vestizione continuò con capi femminili. Fui trasformato in una cameriera alla francese con tanto di collant, completamente vestito in lattice nero.
“Siediti così ti trucco per bene”. Sedendomi sentivo il fallo farsi spazio ben bene dentro il culo. Fondo tinta e rossetto, persino lo smalto sulle unghie che lady mi metteva con estrema cura. Ero imbambolato ed in un certo senso curioso di continuare. Finimmo con una parrucca dai capelli neri e lisci, tipo caschetto.
“Adesso mettiamo il grembiule per lavare, dopo ne metterai uno più piccolo col pizzo” – Un grembiule in pvc colorato venne aggiunto al tutto. Anche questo fu sistemato con cura: lady sistemò bene la pettorina e lo annodò in modo preciso. Sentivo i lacci stringermi in vita mentre lei mi disse : “deve avvolgere per benino”-“Vieni, ora ti puoi occupare delle faccende domestiche”- “Metti anche questi guanti”. Mi ritrovai così agghindato a lavare, rigorosamente a mano, i vestiti della signora. Mentre mi muovevo il lattice mi massaggiava dolcemente facendo crescere la mia eccitazione sessuale. Se non lo avete mai provato spiegare cosa si prova è difficile: ti senti avvolto in modo piacevole ed ogni movimento libera sensazioni dolcissime.
La dark lady nel frattempo si era vestita come mi aspettavo, con un provocante abbigliamento in lattice composto da pantaloni attillatissimi ed un body che impreziosiva il bellissimo seno e poi delle strabilianti scarpe lucidissime con tacco a spillo. Tra le mani, guantate in lattice nero, teneva sempre il suo frustino in cuoio che usava anche come bacchetta per indicarmi cosa fare.
Avevo finito di lavare e mi aspettavo di essere liberato, invece lady mi portò davanti ad uno specchio e mi disse: “Guardati, sei molto carina, sei proprio una troia coi fiocchi”. Mi osservai incredulo arrossendo fortemente. “Bene, slacciati il grembiule da lavoro e metti questo in pizzo. Mi raccomando, odio l’abbigliamento portato male, quindi vedi di annodarlo con cura” - “Allora, troietta, adesso iniziamo con le scuse” – disse lei palpandomi il culo come fanno gli uomini con le donne. Fui fatto sdraiare su un tavolo nero imbottito. Mani e piedi ammanettati . “Adesso arriva la lezioncina” –disse lei- “Apri la bocca” – una sorta di boccaglio da sub legato con fibbie in velcro chiudeva la mia bocca: non potevo parlare ma solo respirare. Ma lady, come ormai la chiamavo dentro di me, sapeva benissimo andare oltre: mi sollevò grembiule, la gonna ed abbassò le mutande sul davanti, scoprendo il mio pene sempre più gonfio. Qualche palpatina ed ecco l’uccello farsi durissimo. “Adesso mettiamo questo, ma non ti fare illusioni”. In breve, un preservativo ricoprì l’uccello.
“Vediamo quanto resisti alla mia manina guantata. Sappi che se vedo anche una sola goccia di sperma nel preservativo sono guai!” La sua mano iniziò a massaggiarmi intensamente. Era impossibile non venire ed infatti dopo meno di un minuto fiotti rigogliosi di sperma riempirono il condom. Respiravo dal boccaglio in modo affannoso mentre socchiudevo gli occhi per il piacere. Le mani di lady intanto mi levarono il preservativo. “Guarda quanto sperma” – disse lady sollevando il preservativo e mostrandomelo penzolante dalle sue mani – “Ti avevo avvisato che non dovevi venire, ora per punizione ti faccio bere tutto” – il condom venne messo sull’apertura del boccaglio ed il liquido venne fatto scivolare dentro. Inutile ribellarsi: dovevo respirare e quindi forzatamente accettare di bere il mio stesso sperma. “Fai conto che sia una medicina” – disse lady – “butta giù tutto in fretta e non vomitare. Noi donne lo sperma lo assaggiamo prima o poi e se non fa male a noi non farà male neppure a te, troietta”. Buttai giù il tutto con gli occhi chiusi: un sapore salaticcio ben presto mitigato da un sapore dolciastro. Aprii gli occhi e vidi che lady stava buttando nel boccaglio delle gocce da una boccettina. Il sapore dolciastro era quello. “Sei stato bravo, ti do un leggero sedativo”. Passarono alcuni minuti ed il farmaco fece effetto: mi sentivo rilassato, quasi privo di forze. Lady mi aiutò a rialzarmi ed a togliermi il boccaglio e le mutande con fallo. “Ancora una cosina e poi ti lascio andare” – “Ecco girati su un fianco e rilassati” – ero ormai come una bambola di pezza nelle sue mani. Provato dall’orgasmo e sedato, obbedii senza neppure pensare di oppormi. Mi sentii penetrare nel sedere qualcosa, pensando al solito fallo di gomma. Invece lady mi avvisò: “Ti faccio un bel clistere” – “Per deliziarti ti ho messo la sonda a palloncino, così ti riempio per bene”. Avevo colto in pieno il sarcasmo: mi sentivo riempire inesorabilmente, senza possibilità di oppormi. Anche se avevo delle contrazioni intestinali, quel palloncino o cosa diavolo fosse, mi tappava davvero per bene e non potevo evacuare nulla. Mentre ero li, sdraiato ed in preda a contrazioni intestinali sempre più forti, lady mi tolse sistematicamente tutto il vestiario. Ad un certo punto mi disse: “Vatti a liberare schiavo, il bagno è lì dietro”. Nudo, con quella sonda nel sedere mi avvicinai al water. Lady mi strappò letteralmente la sonda e dopo un attimo di intenso dolore finalmente potei liberarmi. “Troia, adesso sai cosa significa avere il culo allargato e poi ringraziami! Ti ho fatto anche una bella pulizia interna! Ora ci vuole anche quella esterna” - disse lady mentre con un asciugamano tra le mani mi indicò col solito frustino di farmi una doccia. A doccia terminata lady tirò fuori i miei vestiti e mi fu concesso di andarmene.
Tornai a casa stravolto ma con un senso di eccitazione stranissimo. Meditai a lungo su quanto mi era capitato ed alla fine crollai in un sonno profondo. La mattina dopo mi sembrò tutto un sogno anche se sapevo bene di aver vissuto realmente quei fatti: lo sfintere mi faceva ancora male. La sera, come al solito mi ripresentai al lavoro. Accidenti! Lady era seduta lì proprio come la sera prima e stava già sorseggiando un drink. Mi fece un cenno. Col suo sguardo intenso e magnetico mi sussurrò: “Vuoi giocare anche stasera?” - “Si padrona” – replicai prontamente. Avevo capito che di quelle sensazioni non avrei più potuto farne a meno.
Finito il turno andai via con la mia padrona. Tornammo a casa ed il rituale della vestizione con la mia trasformazione in cameriera abbigliata in lattice ebbe nuovamente luogo, con il trucco sempre curatissimo.
“Bene troia, stasera ho in mente per te l’iniziazione” – ero seriamente preoccupato: quella parola, iniziazione, mi suonava molto male . “Sei sistemata per bene? Fatti vedere…umh…sì, possiamo andare” – “Andare dove?” – replicai – “Andiamo a casa di una persona, non discutere e non fare domande!”. Uscimmo e dopo un breve tragitto arrivammo davanti ad una villetta. Lady suonò alla porta mentre io, col mio vestito in lattice, mi vergognavo come un ladro. Tenevo il capo chino ed a malapena avevo il coraggio di proferire parola. Aprì un signore dall’aspetto benestante. “Oh, bene arrivati!” –disse – e lady replicò: “Ecco, ti presento la mia troietta tuttofare” – “Su, avanti troietta, mostrati al mio amico” – la vergogna aumentò a livelli mai provati. Tenevo la testa bassa e non mi uscì una sillaba dalla bocca. “Andiamo” – disse semplicemente il signore – lady mi strattonò per farmi camminare. Entrammo in una stanza dove fui ammanettato ad una piccola colonna. Davanti a me un tavolo ricoperto da cuscini. Lady senza dire nulla mi fece capire che dovevo mettermi giù, in poche parole alla pecorina. In quel momento capii: stavo per essere sodomizzato ma non potevo fuggire ormai, potevo solo tentare di ribellarmi. Iniziai a balbettare per il nervoso: “No..n…no..vi pre…vi prego…”. “Non parlare! – Non voglio sentire le tue stupide parole!” - detto questo lady prese la sua borsa e tirò fuori un morso, una pallina di gomma con fibbie. Una scudisciata sulle gambe mi fece urlare di dolore e mi ritrovai con quella pallina tra i denti. Era la fine: non avrei potuto neppure gridare. Iniziai a lacrimare mentre lady sentenziò: “Adesso sei una troia completa, dopo il cazzo di gomma assaggerai un cazzo vero!” – Fui ammanettato anche alle gambe e lady mi palpò il culo ricoperto dalle mutande in lattice. “Dietro immagino sia già aperto” – disse il signore – “Oh sì,” – replicò lady, già da ieri l’ho abituato al cazzo di gomma e gli ho fatto anche un bel clistere di pulizia”. Lady mi abbassò le mutande: il fallo anale uscì, lasciandomi la sensazione di avere dietro un’apertura, diciamo così, pronta all’uso. “Troietta, adesso arriva il cazzo, quello vero, ma non ti preoccupare, perché il mio amico userà il preservativo”. Le mani di lady mi cosparsero di gel e subito dopo sentii penetrarmi con violenza. Inesorabili stantuffate sembravano non aver fine. Le mani di quel tipo si erano appropriate dei miei fianchi mentre sentivo gemiti di piacere. Un urlo di godimento pose fine a tutto. A cose fatte lady mi sollevò le mutande in lattice, facendomi penetrare nuovamente dal fallo di gomma. “Brava, brava,” – disse il signore ansimando – “Mi hai portato proprio la troia che desideravo. Il culetto è ancora un po’ stretto ma meglio così”. Ero sconvolto, avevo voglia di vomitare ma ero talmente teso che non riuscivo neppure a fare quello. Provavo immensa vergogna e senza che me ne rendessi conto ero già stato liberato. Mentre ci avviavamo all’uscita lady mi accarezzava come per rincuorarmi. Eccoci nuovamente dopo pochi minuti a casa sua. “Tieni, butta giù” - mi disse lady porgendomi un bicchiere – “E’ acqua con qualche goccia di sedativo, ne hai bisogno” – “dai!” – insistette – ed io buttai giù. Dopo la ormai solita doccia fui congedato in modo inaspettato: lady mi mise in mano 300 Euro dicendo che me li ero guadagnati. “Per altre serate come questa ti pagherò ancora” – “Va bene troia? Allora, sei una troia, vero?” – “Sì padrona” – replicai, stupendomi di me stesso.
Frastornato come non mai, realizzai che ero diventato per davvero una troia! Infatti ci furono altre serate simili a quella della mia iniziazione.
Se solo non avessi mai rovesciato quel drink non avrei mai provato la sodomizzazione, il travestitismo ed il sadomaso. Il prezzo è stato salato, sono diventato uno schiavo perché in fondo tutto questo mi ha procurato sensazioni sconosciute ed intriganti. Un bicchiere rovesciato, una vita cambiata.
Anni addietro facevo il cameriere in un american bar per pagarmi gli studi universitari.
Era una sera come tante altre e mi avvicinai al tavolo di una signora molto curata, giovane e distinta. “Cosa le posso portare?” – “Una russian vodka, grazie” – mi rispose guardandomi negli occhi. Un piccolo brivido scorreva sulla mia pelle: uno sguardo penetrante, magnetico, unito ad un corpo decisamente da urlo. Andai al banco per fare l’ordinazione ma intanto non riuscivo a staccare il mio sguardo da quella bellezza decisamente inconsueta. Il barman mi pose l’ordinazione sul vassoio e mi avvicinai a quella cliente. A malapena misi sul tavolo bicchiere e salatini: le mani mi tremavano, quasi inconsciamente fossi consapevole di quello che mi stava per accadere. Un assaggio ai salatini ed un pezzo di questi si infilò del decoltee. Elegantemente la signora prese il pezzo di salatino con la punta delle dita ed io, quasi ipnotizzato, non potevo non notare due tette sode e formose. Iniziavo ad avere qualche fantasia erotica: la mia testa mi portava su piccanti scenari da sogno. “Mi scusi”- disse lei - “Sì, si signora, dica” – “Mi porta un’altra russian?” – “Certamente, arriva subito”. Mentre mi recavo nuovamente al banco sentivo il pene che si gonfiava, iniziavo ad avere caldo ed il tremore alle mani si fece più intenso. Quando tornai con l’ordinazione accadde il fattaccio: le mani tremule fecero cadere il bicchiere sul tavolo, bagnando l’avvenente signora. Lei mi guardò con calma ma severamente: lo sguardo era ancora più magnetico e penetrante: “Guarda cosa hai combinato!” – mi disse – “Mi scusi, mi scusi tanto, pulisco subito” – replicai con un filo di voce. Per mia sfortuna il proprietario del locale si accorse di tutto ed arrivò al tavolo. Scusandosi con la cliente, si offrì di pagare le spese di lavanderia e mi lanciò uno sguardo severissimo; con un cenno mi fece capire che voleva dirmi qualcosa in privato: un minuto dopo, in un angolo del locale ci fu una lavata di capo veramente coi fiocchi e mentre venivo ricoperto da minacce ed insulti, la cliente comparve proprio dietro di noi. “Lasci stare” –disse – “Posso parlare col cameriere?” – “Certamente, prego” – replicò il titolare allontanandosi. “Signora, sono mortificato e…” – “Silenzio” – replicò subito impedendomi di continuare a parlare “Se adesso dovessi parlare in un certo modo col titolare del bar passeresti guai seri” – “Ho visto sai? Mi guardavi il seno e non mi staccavi gli occhi di dosso” – Io arrossii come un bimbo e non ebbi il coraggio di dire nulla – “Comunque a tutto c’è rimedio. Quando finisci di lavorare?” – “Io..io..tra circa mezz’ora” – balbettai a malapena. “Bene, se non vuoi guai col tuo lavoro ti aspetto e poi vieni con me. Voglio delle scuse, ma le voglio privatamente fuori da qui”. “Va…va bene, co.. come desidera”.
Passò la mezz’ora ed uscimmo dal locale. Io mi sentivo come quei bimbi sorpresi a rubacchiare i dolci e la cliente non disse nulla. Ci avviammo alla sua macchina ed in pochi minuti arrivammo a casa. Entrai in casa sua mentre lei chiuse la porta a chiave da dentro. Mi sentivo in trappola ed in effetti la signora, con un’aria quasi militare si pose dinanzi a me: mani sui fianchi, sguardo fisso e severo. “ Allora, adesso per porgermi le tue scuse vorrei che tu mi lavassi la camicetta”. “Va bene signora, non c’è problema”. “Davvero? Però se devi farmi da sguattero occorre un abbigliamento appropriato. Seguimi”. Ci ritrovammo in una stanza con la porta imbottita, l’arredo in stile dark-gotico, luci soffuse. “Spogliati emetti tutto in quel cesto” – quando sentii quelle parole il cuore mi sobbalzò in gola – “Scusi, temo di non capire…” – ma fui interrotto da una inattesa scudisciata – “Non voglio commenti, spogliati e basta! E togliti tutto, anche le mutande!”. Sarà stato l’ambiente, il suo sguardo, non saprei: ero come ipnotizzato e mi spogliai ritrovandomi nudo. “Bene, i tuoi vestiti li metto qui”. Le vesti vennero riposte in un cesto che venne chiuso a chiave con un lucchetto. “Adesso ti vestirai in modo adatto. Iniziamo dalle mutande. Dunque, ah, eccole qui: vedrai che starai comodissimo” – disse con aria ironica. Mi pose delle mutande nere, in lattice, con un fallo anale di gomma all’interno. “Guardi, no, lasciamo perdere, non le metto quelle” – dissi . Un’altra terribile scudisciata venne abbattuta sulle mie natiche ed un’altra subito dopo sulle gambe. Chinai la schiena dal dolore, la pelle bruciava. “Allora non ci siamo capiti vero? Bello mio, tu qui fai quello che ti dico e senza discutere!” “Vuoi uscire? Per me va bene ma uscirai nudo e se tenti di cercare aiuto, sappi che inizierò ad urlare dicendo che volevi violentarmi”. Capii di essere alla mercè di una sadomasochista e non me la sentivo neppure di ingaggiare una lotta. Presi le mutande in lattice e mentre le infilavano la signora si avvicinò con un tubetto di gel, lubrificando quel pene di gomma che sarebbe presto entrato nel mio deretano.
Mise lei il gel, aiutando quell’arnese a penetrarmi. “Stai rilassato, entrerà in un attimo senza problemi” Sollevò le mutande con decisione mentre sentivo il fallo di gomma iniziare a penetrarmi – “Non stringere, rilassati, non fa male se non cerchi di resistere” -disse lei- ed in breve mi sentivo “riempito” nel culo, una sensazione mai provata prima. Stranamente non provai il dolore che mi aspettavo, anzi, provai piacere e sentivo il mio pene gonfiarsi alla grande dentro il lattice. La vestizione continuò con capi femminili. Fui trasformato in una cameriera alla francese con tanto di collant, completamente vestito in lattice nero.
“Siediti così ti trucco per bene”. Sedendomi sentivo il fallo farsi spazio ben bene dentro il culo. Fondo tinta e rossetto, persino lo smalto sulle unghie che lady mi metteva con estrema cura. Ero imbambolato ed in un certo senso curioso di continuare. Finimmo con una parrucca dai capelli neri e lisci, tipo caschetto.
“Adesso mettiamo il grembiule per lavare, dopo ne metterai uno più piccolo col pizzo” – Un grembiule in pvc colorato venne aggiunto al tutto. Anche questo fu sistemato con cura: lady sistemò bene la pettorina e lo annodò in modo preciso. Sentivo i lacci stringermi in vita mentre lei mi disse : “deve avvolgere per benino”-“Vieni, ora ti puoi occupare delle faccende domestiche”- “Metti anche questi guanti”. Mi ritrovai così agghindato a lavare, rigorosamente a mano, i vestiti della signora. Mentre mi muovevo il lattice mi massaggiava dolcemente facendo crescere la mia eccitazione sessuale. Se non lo avete mai provato spiegare cosa si prova è difficile: ti senti avvolto in modo piacevole ed ogni movimento libera sensazioni dolcissime.
La dark lady nel frattempo si era vestita come mi aspettavo, con un provocante abbigliamento in lattice composto da pantaloni attillatissimi ed un body che impreziosiva il bellissimo seno e poi delle strabilianti scarpe lucidissime con tacco a spillo. Tra le mani, guantate in lattice nero, teneva sempre il suo frustino in cuoio che usava anche come bacchetta per indicarmi cosa fare.
Avevo finito di lavare e mi aspettavo di essere liberato, invece lady mi portò davanti ad uno specchio e mi disse: “Guardati, sei molto carina, sei proprio una troia coi fiocchi”. Mi osservai incredulo arrossendo fortemente. “Bene, slacciati il grembiule da lavoro e metti questo in pizzo. Mi raccomando, odio l’abbigliamento portato male, quindi vedi di annodarlo con cura” - “Allora, troietta, adesso iniziamo con le scuse” – disse lei palpandomi il culo come fanno gli uomini con le donne. Fui fatto sdraiare su un tavolo nero imbottito. Mani e piedi ammanettati . “Adesso arriva la lezioncina” –disse lei- “Apri la bocca” – una sorta di boccaglio da sub legato con fibbie in velcro chiudeva la mia bocca: non potevo parlare ma solo respirare. Ma lady, come ormai la chiamavo dentro di me, sapeva benissimo andare oltre: mi sollevò grembiule, la gonna ed abbassò le mutande sul davanti, scoprendo il mio pene sempre più gonfio. Qualche palpatina ed ecco l’uccello farsi durissimo. “Adesso mettiamo questo, ma non ti fare illusioni”. In breve, un preservativo ricoprì l’uccello.
“Vediamo quanto resisti alla mia manina guantata. Sappi che se vedo anche una sola goccia di sperma nel preservativo sono guai!” La sua mano iniziò a massaggiarmi intensamente. Era impossibile non venire ed infatti dopo meno di un minuto fiotti rigogliosi di sperma riempirono il condom. Respiravo dal boccaglio in modo affannoso mentre socchiudevo gli occhi per il piacere. Le mani di lady intanto mi levarono il preservativo. “Guarda quanto sperma” – disse lady sollevando il preservativo e mostrandomelo penzolante dalle sue mani – “Ti avevo avvisato che non dovevi venire, ora per punizione ti faccio bere tutto” – il condom venne messo sull’apertura del boccaglio ed il liquido venne fatto scivolare dentro. Inutile ribellarsi: dovevo respirare e quindi forzatamente accettare di bere il mio stesso sperma. “Fai conto che sia una medicina” – disse lady – “butta giù tutto in fretta e non vomitare. Noi donne lo sperma lo assaggiamo prima o poi e se non fa male a noi non farà male neppure a te, troietta”. Buttai giù il tutto con gli occhi chiusi: un sapore salaticcio ben presto mitigato da un sapore dolciastro. Aprii gli occhi e vidi che lady stava buttando nel boccaglio delle gocce da una boccettina. Il sapore dolciastro era quello. “Sei stato bravo, ti do un leggero sedativo”. Passarono alcuni minuti ed il farmaco fece effetto: mi sentivo rilassato, quasi privo di forze. Lady mi aiutò a rialzarmi ed a togliermi il boccaglio e le mutande con fallo. “Ancora una cosina e poi ti lascio andare” – “Ecco girati su un fianco e rilassati” – ero ormai come una bambola di pezza nelle sue mani. Provato dall’orgasmo e sedato, obbedii senza neppure pensare di oppormi. Mi sentii penetrare nel sedere qualcosa, pensando al solito fallo di gomma. Invece lady mi avvisò: “Ti faccio un bel clistere” – “Per deliziarti ti ho messo la sonda a palloncino, così ti riempio per bene”. Avevo colto in pieno il sarcasmo: mi sentivo riempire inesorabilmente, senza possibilità di oppormi. Anche se avevo delle contrazioni intestinali, quel palloncino o cosa diavolo fosse, mi tappava davvero per bene e non potevo evacuare nulla. Mentre ero li, sdraiato ed in preda a contrazioni intestinali sempre più forti, lady mi tolse sistematicamente tutto il vestiario. Ad un certo punto mi disse: “Vatti a liberare schiavo, il bagno è lì dietro”. Nudo, con quella sonda nel sedere mi avvicinai al water. Lady mi strappò letteralmente la sonda e dopo un attimo di intenso dolore finalmente potei liberarmi. “Troia, adesso sai cosa significa avere il culo allargato e poi ringraziami! Ti ho fatto anche una bella pulizia interna! Ora ci vuole anche quella esterna” - disse lady mentre con un asciugamano tra le mani mi indicò col solito frustino di farmi una doccia. A doccia terminata lady tirò fuori i miei vestiti e mi fu concesso di andarmene.
Tornai a casa stravolto ma con un senso di eccitazione stranissimo. Meditai a lungo su quanto mi era capitato ed alla fine crollai in un sonno profondo. La mattina dopo mi sembrò tutto un sogno anche se sapevo bene di aver vissuto realmente quei fatti: lo sfintere mi faceva ancora male. La sera, come al solito mi ripresentai al lavoro. Accidenti! Lady era seduta lì proprio come la sera prima e stava già sorseggiando un drink. Mi fece un cenno. Col suo sguardo intenso e magnetico mi sussurrò: “Vuoi giocare anche stasera?” - “Si padrona” – replicai prontamente. Avevo capito che di quelle sensazioni non avrei più potuto farne a meno.
Finito il turno andai via con la mia padrona. Tornammo a casa ed il rituale della vestizione con la mia trasformazione in cameriera abbigliata in lattice ebbe nuovamente luogo, con il trucco sempre curatissimo.
“Bene troia, stasera ho in mente per te l’iniziazione” – ero seriamente preoccupato: quella parola, iniziazione, mi suonava molto male . “Sei sistemata per bene? Fatti vedere…umh…sì, possiamo andare” – “Andare dove?” – replicai – “Andiamo a casa di una persona, non discutere e non fare domande!”. Uscimmo e dopo un breve tragitto arrivammo davanti ad una villetta. Lady suonò alla porta mentre io, col mio vestito in lattice, mi vergognavo come un ladro. Tenevo il capo chino ed a malapena avevo il coraggio di proferire parola. Aprì un signore dall’aspetto benestante. “Oh, bene arrivati!” –disse – e lady replicò: “Ecco, ti presento la mia troietta tuttofare” – “Su, avanti troietta, mostrati al mio amico” – la vergogna aumentò a livelli mai provati. Tenevo la testa bassa e non mi uscì una sillaba dalla bocca. “Andiamo” – disse semplicemente il signore – lady mi strattonò per farmi camminare. Entrammo in una stanza dove fui ammanettato ad una piccola colonna. Davanti a me un tavolo ricoperto da cuscini. Lady senza dire nulla mi fece capire che dovevo mettermi giù, in poche parole alla pecorina. In quel momento capii: stavo per essere sodomizzato ma non potevo fuggire ormai, potevo solo tentare di ribellarmi. Iniziai a balbettare per il nervoso: “No..n…no..vi pre…vi prego…”. “Non parlare! – Non voglio sentire le tue stupide parole!” - detto questo lady prese la sua borsa e tirò fuori un morso, una pallina di gomma con fibbie. Una scudisciata sulle gambe mi fece urlare di dolore e mi ritrovai con quella pallina tra i denti. Era la fine: non avrei potuto neppure gridare. Iniziai a lacrimare mentre lady sentenziò: “Adesso sei una troia completa, dopo il cazzo di gomma assaggerai un cazzo vero!” – Fui ammanettato anche alle gambe e lady mi palpò il culo ricoperto dalle mutande in lattice. “Dietro immagino sia già aperto” – disse il signore – “Oh sì,” – replicò lady, già da ieri l’ho abituato al cazzo di gomma e gli ho fatto anche un bel clistere di pulizia”. Lady mi abbassò le mutande: il fallo anale uscì, lasciandomi la sensazione di avere dietro un’apertura, diciamo così, pronta all’uso. “Troietta, adesso arriva il cazzo, quello vero, ma non ti preoccupare, perché il mio amico userà il preservativo”. Le mani di lady mi cosparsero di gel e subito dopo sentii penetrarmi con violenza. Inesorabili stantuffate sembravano non aver fine. Le mani di quel tipo si erano appropriate dei miei fianchi mentre sentivo gemiti di piacere. Un urlo di godimento pose fine a tutto. A cose fatte lady mi sollevò le mutande in lattice, facendomi penetrare nuovamente dal fallo di gomma. “Brava, brava,” – disse il signore ansimando – “Mi hai portato proprio la troia che desideravo. Il culetto è ancora un po’ stretto ma meglio così”. Ero sconvolto, avevo voglia di vomitare ma ero talmente teso che non riuscivo neppure a fare quello. Provavo immensa vergogna e senza che me ne rendessi conto ero già stato liberato. Mentre ci avviavamo all’uscita lady mi accarezzava come per rincuorarmi. Eccoci nuovamente dopo pochi minuti a casa sua. “Tieni, butta giù” - mi disse lady porgendomi un bicchiere – “E’ acqua con qualche goccia di sedativo, ne hai bisogno” – “dai!” – insistette – ed io buttai giù. Dopo la ormai solita doccia fui congedato in modo inaspettato: lady mi mise in mano 300 Euro dicendo che me li ero guadagnati. “Per altre serate come questa ti pagherò ancora” – “Va bene troia? Allora, sei una troia, vero?” – “Sì padrona” – replicai, stupendomi di me stesso.
Frastornato come non mai, realizzai che ero diventato per davvero una troia! Infatti ci furono altre serate simili a quella della mia iniziazione.
Se solo non avessi mai rovesciato quel drink non avrei mai provato la sodomizzazione, il travestitismo ed il sadomaso. Il prezzo è stato salato, sono diventato uno schiavo perché in fondo tutto questo mi ha procurato sensazioni sconosciute ed intriganti. Un bicchiere rovesciato, una vita cambiata.
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