Una splendida carriera

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saffico

UNA SPLENDIDA CARRIERA


Quel disgraziato di mio padre decise di andarsene alla chetichella. Approfittò del fatto che io e mia madre Salvina eravamo andate a far visita alla nonna, per un paio di giorni al mare. Lui fece su i bagagli e se n’andò. Come commiato lasciò una lettera a mia madre, con un po’ di soldi... A me, sua figlia Ginevra di 18 anni, non una parola o due righe.
Mia madre non sembrò troppo sorpresa e non volle dirmi cosa ci fosse nella lettera d’addio dello stronzo.
Sta di fatto che ogni mese arrivavano 1500 €uro che ci rimpannucciavano un po’, ma non bastavano. È qui che Salvina in cinque mesi compì il miracolo, rispolverò le arti giovanili e a quarant’anni si mise a fare la sarta…Non proprio la sarta, si mise d’accordo con la lavanderia del rione e prese a riparare splendidamente i vestiti delle signore.
Io, nelle ore libere del liceo e dei compiti, facevo le consegne dopo che in lavanderia mi avevano insegnato a fare i pacchi.
Il mio ragazzo, Raffaele, dovette ingoiare il rospo, ché adesso avevo da fare altro e così ci vedevamo più o meno solo il sabato.
Confesso che ero ancora vergine, ma mica scema, certi lavoretti di lingua li sapevo ben fare e alle mie godutine non rinunciavo.
Ben presto il nostro appartamento si popolò di donne per lo più in età che al mattino portavano i vestiti da rimettere in sesto. Qualcuna anche di pomeriggio, allora stavano in camera con mia madre a chiacchierare e a fare, mentre io ero sui libri nello studio che era stato di mio padre.
Quel mercoledì 27 ottobre, saranno state le cinque del pomeriggio, diedi un colpetto alla porta della camera di mia madre e subito entrai.
Sorpresa! La signora M. aveva la testa tra le gambe di Salvina, lei era rovesciata indietro e tutte e due se la stavano godendo di brutto. Mia madre mi vide, io le feci un cenno di silenzio e scivolai via chiudendo piano la porta.
Le cose stavano quindi così, c’era il lavoro, c’era una banda di lesbiche e mia madre ci sguazzava e noi s’incassavano bei soldini senza tasse.
Né quel giorno, né dopo io e mia madre facemmo cenno alla cosa, dopotutto erano fatti suoi, pensai un po’ ipocritamente.
Invece d’indignarmi, scopersi che la cosa m’intrigava e non poco….
Qualche giorno dopo portai due gonne riparate alla signora M., lei mi offrì un caffè: “A me piace molto anche di pomeriggio – disse – ma da sola non mi va. Mio marito è andato via presto al mattino, così tu Ginevra sei arrivata proprio al momento giusto” e mi accarezzò quasi distrattamente la mano. Seduti in salotto, col caffè e due biscotti mi chiese se mi era piaciuto e mi accarezzò quasi distrattamente la mano. La lasciai fare…Passò qualche minuto ed eccola notare una macchiolina di caffè sul mio labbro, la fece notare sorridendo e con il pollice soffregò il mio labbro e il dito di M. sostò un po’ più del dovuto…”Mica ti dispiace” mi disse e restò in attesa.
Io sorrisi in risposta ”Data la sua età – signora – può permettersi questo e altro (si spostò sul divano e mi venne incontro) ma niente è gratis a questo mondo”.
Restò impietrita, si alzò, girò sui tacchi e uscì dalla stanza. Avevo chiuso…Anzi no, rientrò che ancora non era uscita e posò 200 € accanto alle tazzine.
Mi venne sopra come un turbine, con i suoi cinquant’anni o giù di lì ben portati, s’era ringalluzzita, mi abbracciò stretta come un boa, infilò la sua lingua nella mia bocca - già tutta umidosa – e iniziò a spogliarmi.
Era una specialista dello sfintere, in un lampo capii mia madre e le sue amicizie, quando passò al clitoride. Non c’ero più con la testa, ero un lago. Questa M. me ne fece di tutti colori, poi si stese a gambe larghe, mi tirò giù per i capelli sulla sua figa rasata e col ciuffetto sbarazzino, iniziai a succhiarla e a baciarla. Non l’avevo mai neppure immaginato eppure me la cavai benissimo, anche se ho il sospetto che godessi più io di lei.
Non mi resi neppure conto del momento in cui tirò fuori dal cassetto l’arnese per prendermi, m’infilò con maestria, sentii un poco di dolore poi andai in sollucchero, forse gridai…
Dopo restammo abbracciate, così nude, per un po’. “Non sapevo che eri vergine”, M. mi accarezzava con dolcezza, mi dava piccoli baci….”Sei stata deliziosa non mi dimenticherò mai di te”. Ci rivestimmo e mi accompagnò alla porta, mi diede i soldi e mi accorsi che aveva più che raddoppiato la cifra iniziale.
Fu così che smisi di andare a scuola. Non rimpiango certo né questo, né i tre anni trascorsi. Ho fatto carriera, qualche viaggetto in compagnia e ora vivo da sola. Mi mantengo alla grande e faccio un…lavoro che mi piace. Solo con donne, ho anche imparato a valutarle. Le voglio di classe…Pagano meglio.

scritto il
2021-10-28
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