Ancora una volta viva

di
genere
saffico

Due mesi, sono passati due mesi dall'ultima volta che l'ho vista e anche il mio letto ha perso il suo odore, ma non nella mia testa.
La sera nei momenti più bui, mentre la fame feroce si impossessa delle mie carni e sprofonda dentro di me, sento che il mio corpo reagisce, ma non riconosce il mio tocco, anzi ricorda tramite quei gesti i suoi movimenti.
Le mie dita si muovono lungo un percorso che lei ha tracciato.
Quando chiudo gli occhi riesco quasi a rivederla e l'incendio che ne scaturisce mi scotta e riporta alla realtà.

Esco.
Gli amici aiutano, loro sanno che ho fatto bene.
Sanno che stavo solo perdendo vita.
Non sanno quanto ancora brucio quando penso a lei.

Il problema però sono io.
Io che le scrivo, non ero ubriaca, non ero stravolta, ero io.
Lei mi ha ignorata.
Me lo merito, sono stata io ad allontanarmi.
Ma non volevo certo ricominciare a vederla, volevo solo parlare.
Perché con lei parlavo, parlavo come con un amica.
Come con un amica che ti riempie la vita.
Una vita interessante, frenetica, divertente, una vita che lo senti anche attraverso il telefono quanto è colorata.
E ogni sfumatura occupa una parte del tuo sorriso, perché lì a telefono sorridi per ore e te ne accorgi.
Ma lei mi ignora.
Allora cerchi di occupare quella vita, perché ti senti stupida, e magari lo sei.
Stupida, ipocrita, te.
Non basta un breve messaggio vago, pieno di versi non detti, interi tomi impliciti che lei ha riconosciuto e volutamente chiuso.
Non basta.
Lo so io, lo sa anche lei.
Due giorni, mi ha ignorata per quasi due giorni interi.
In due giorni ti dai molte volte della stupida, quasi quante sblocchi il telefono in cerca di una notifica.
Ho 36 anni... Non 12... Devo ricordarlo.
Due giorni e una risposta altrettanto breve e vaga.
Non sono brava come lei, non noto o leggo i rimproveri che non ha scritto, e come una bambina eccomi a sorridere.

Le scrivo.
Mi risponde.
Mi scrive.
Le rispondo.
Il tempo è nostro, i libri, i film, i colleghi, tutto è condiviso nel nostro nuovo io...
O forse...
Nel nostro vecchio io.

Una richiesta.
Un rifiuto.
Ancora parole, ancora giorni ed eccomi lì ad aspettarla.
Ha accettato e il mio corpo freme mentre lei è lì.

Non abbiamo bisogno di scuse, non una cena, non una birra, è il semplice desiderio.
Apro la porta.
Casa mia è esattamente com'era due mesi fa.
In un solo momento è tornata nostra.

I suoi occhi, le sue labbra.
Le sue mani sulla mia pelle.
I vestiti leggeri che fluttuano e si posano, mentre le carni troppo pesanti cadono e urtano.
Eccolo, finalmente, l'odore che cercavo.
Inspiro ancora ed eccomi vittima di quella eterna dipendenza.
Il cuore accelera e le lingue si incontrano e inseguono bruciando di noi.
Le sue mani sul mio corpo.
I miei seni incontrano il suo tocco, umido e feroce, doloroso preambolo di un primo semplice atto.
Non posso che spingermi contro di lei.
Lei che beve i miei sospiri e scopre l'umida richiesta che il mio corpo traditore manifesta.
Lenta è l'agonia delle carni.
Dolce l'incontro tra le sue dita e il buio peccato.
Gemo.
La guardo.
Spingo il mio essere è incontro il suo.
La bacio e ogni nostro movimento è la manifestazione del desiderio.
Continuo.
Pieno.
Ardente.
Urgente.
Profondo.
I sospiri condivisi, i battiti uniti e i suoi occhi sono i miei, le sue labbra le mie… il mio piacere è suo.
Buio piacere.
Soddisfazione di un attimo.
Respiro.
Rallento.
Respiro lei, ancora piena e unita al suo essere e mi sento ancora una volta viva.


*Ps. Siate buoni è una prova... ho già scritto altro come Kohai ma non ricordo i dati del profilo...
scritto il
2021-10-29
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