Confessione
di
Kohai 2.0
genere
masturbazione
Mi chiamo Alberto o Albi.
In Facoltà mi chiamano l' Albi e all'inizio pensavo alla mia povera mamma, matrona Sicula, che amava chiamarmi Birtinu e che urlava e gonfiava il petto per chiamarmi, quando ero troppo vicino a casa per venirmi a cercare, ma troppo lontano per un tono normale.
Urlava Birtinu e ogni donna, uomo o picciriddu sapeva che ero io a dover tornare.
Povera mamma, non sapeva che per i Milanesi sono L' Albi.
L'ha scoperto solo ieri, perché la mia padrona di casa ha deciso che mia mamma doveva sapere.
Non è vero, è stato un caso, mi ha chiamato per la cena quando ero al telefono con mia mamma… da sole due ore… sigh.
Ho riso molto, dopo e ho fatto l'errore di raccontarlo a Elisa, la ragazza che solo un anno prima ha deciso di adottarmi in casa sua.
È un appartamento singolare per essere situato a Milano, sicuramente molto più grande di quelli che ho visitato quando cercavo un alloggio studentesco.
Ci sono due bagni, due stanze da letto un salone e una cucina. Ho anche un piccolo balcone, anche se porta direttamente alle stanze di Elisa, la mia padrona di casa.
Lei è… stupenda, dovrei dire una donna, ha quasi 40 anni, ma è così bella e giovane che non sembra molto più vecchia delle ragazze che frequento.
L’avrete capito, mi piace.
Dio se mi piace.
Occhi grandi e azzurri, labbra carnose e abbondanti, di quelle che ogni volta che si imbronciano sembrano dirti, se me lo mostri un attimo potrei finire per prosciugarti… no ecco, non dovrei pensare a lei in questi termini, soprattutto per il fatto che lei sembra occuparsi di me come una novella mamma.
Ha iniziato preparando pranzo e cena per entrambi, quasi non mi chiede di fare la spesa… all’inizio mi sentivo in colpa, poi pian piano ho recuperato un po’ di orgoglio, anche grazie ai pacchi che mia madre manda ogni mese con ogni tipo di conserva o cibo da Catania.
Sembra ogni mese Natale.
Ora però capita anche che vedendo i panni o la camera in disordine, comincia a pulire freneticamente.
Mi ha fatto decisamente diventare più ordinato e pulito, così da evitare che sia lei a farlo.
Mi sento così tanto un bambino per colpa sua.
Esco con gli amici dell’università e mi ritrovo adulto, torno e sono solo un ragazzino… come possano coesistere queste sensazioni mi turba e confonde.
Preambolo lunghissimo, forse perché in realtà non voglio realmente confessare quel che ho fatto.
Mi sento in colpa e allo stesso modo mi sento un po’ confuso.
Ieri sono tornato a casa abbastanza tardi e trovando tutte le luci spente ho fatto il possibile per essere silenzioso, andando subito in camera mia e evitando di accendere luci moleste.
La casa era silenziosa, così sono uscito sul balcone per una piccola cannetta che ogni tanto la sera mi concedo prima di andare a riposare.
Ero lì seduto al fresco e alla luce del lampione, ancora in jeans e maglietta quando eccola.
Ha aperto la finestra e i suoi piccoli seni e la sua figura sottilissima hanno fatto capolino.
Non era Elisa, ma la conoscevo comunque, qualche mese fa, prima che si lasciassero, era la sua compagna… non ricordo il nome, e la mia mente era un pochino occupata a urlare di sdegno verso qualcosa che tra le mie mutande ha deciso di sottrarsi al torpore dell’ora tarda.
Come darmi torto?
Soprattutto considerando che al di sopra della vita era completamente nuda.
“Brr che freddo” inizia e scherzando mi chiede se fossi tanto gentile da condividere con me la sigaretta.
Potrebbe avere tutto da me, ma le porgo solo la canna e sento un leggero apprezzamento quando me la rende.
“Sei Alberto vero?”
“Si… mi dispiace averti svegliato” dico cercando di tenere gli occhi lontano da lei.
Una sola occhiata all’inizio mi ha già destabilizzato non ho bisogno che questa donna sia impressa a fuoco nella mia mente… giusto?
Guardo il telefono e i miei occhi codardi e traditori vedono la sua figura avvicinarsi alla ringhiera.
Da quell’angolazione è ancor più bella.
La sua piccola figura è esaltata dalla luce gialla dei lampioni.
Le braccia incrociate sulla ringhiera, i piedi nudi leggermente alzati per consentirle di portare lo sguardo oltre la piccola macchia di verde che divide il condominio dalla strada.
Mi ritrovo ad osservarle il sedere, unica pecca in una figura altrimenti perfetta, di certo è Elisa quella che ha maggior dote in tal sostanza.
Il disagio tra le mie gambe è ancor più pressante e già so tra pochi minuti nel mio letto sarà un piacere fantasticare di quella donna.
Un’ultima boccata, e cedo la canna alla mia vicina, per poi abbandonarla sola alla fredda serata.
Socchiudo la finestra e mi preparo per andare a dormire.
Sono stanco e una volta sotto le coperte mi accarezzo pigramente, poi pian piano al buio della camera e nel silenzio della notte mi torna alla mente la figura lasciata sul balcone.
Ricordo quei piccoli piedi e li immagino accanto a me, mentre lentamente li accarezzo e ho le sue mani sul mio membro.
Con movimenti sempre più decisi mi stringe e percorre mentre tocco la pianta di una di quelle meraviglie e risalgo verso il tallone, per poi portare il piede verso di me.
Apro la bocca sognando di leccare una delle affusolate dita, quando… un gemito.
Netto e tagliante prorompe nella mia mente e strappa i muri del mio sogno.
Un gemito profondo.
Sento il silenzio assordante della casa interrompersi quasi regolarmente.
Agisco, prima ancora di pensare.
Mi alzo e sono alla finestra.
Eccolo ancora.
Mi porto la mano al cazzo che interamente eretto e pulsante ascolta con me quella dolce agonia.
Sento i sospiri e mi ritrovo con la mente lì con loro, nella stanza, mentre due corpi caldi si fondono.
Mi avvicino al letto e osservo mentre Elisa giace al centro e si contorce, una mano le accarezza e stringe un seno.
Avida scava le membra lasciando segni sulla pelle chiarissima.
Una mano... Vedo solo una mano, perché l'altra è nascosta nelle pieghe del suo corpo.
Oddio Elisa… ti vedo…
Mentre stringi convulsamente il letto e mugoli di piacere.
Quelle mani profanano le tue carni e una lingua calda e sensuale percorre il morbido ventre.
Oh Elisa.
I tuoi gemiti sempre più urgenti mi dissetano e non posso far altro che arrancare dietro ai vostri affondi.
Mi avvicino ancora e sento il vostro calore.
Ancora gemiti e finalmente vedo i tuoi occhi
Brami me.
Felice che sia lì con voi allunghi una mano.
Mi avvicino ancora e afferri imperiosa la mia erezione.
Il tuo primo urlo mi percorre.
Le tue mani stringono e risucchiano le mie forze, sento arrivare il piacere e spingo il pollice nella tua bocca, calda e ansimante.
Eccolo il primo fiotto che si spinge così oltre da profanare il tuo petto.
Un altro urlo e ti chini, ricevendo il resto del mio piacere tra le tue labbra.
Soddisfatto e ancora preda di quell'incestuoso godimento riprendo fiato, mentre apro gli occhi e mi ritrovo solo e immerso nel buio della mia camera.
*Ps. Diverso, ma spero che vi piaccia.
In Facoltà mi chiamano l' Albi e all'inizio pensavo alla mia povera mamma, matrona Sicula, che amava chiamarmi Birtinu e che urlava e gonfiava il petto per chiamarmi, quando ero troppo vicino a casa per venirmi a cercare, ma troppo lontano per un tono normale.
Urlava Birtinu e ogni donna, uomo o picciriddu sapeva che ero io a dover tornare.
Povera mamma, non sapeva che per i Milanesi sono L' Albi.
L'ha scoperto solo ieri, perché la mia padrona di casa ha deciso che mia mamma doveva sapere.
Non è vero, è stato un caso, mi ha chiamato per la cena quando ero al telefono con mia mamma… da sole due ore… sigh.
Ho riso molto, dopo e ho fatto l'errore di raccontarlo a Elisa, la ragazza che solo un anno prima ha deciso di adottarmi in casa sua.
È un appartamento singolare per essere situato a Milano, sicuramente molto più grande di quelli che ho visitato quando cercavo un alloggio studentesco.
Ci sono due bagni, due stanze da letto un salone e una cucina. Ho anche un piccolo balcone, anche se porta direttamente alle stanze di Elisa, la mia padrona di casa.
Lei è… stupenda, dovrei dire una donna, ha quasi 40 anni, ma è così bella e giovane che non sembra molto più vecchia delle ragazze che frequento.
L’avrete capito, mi piace.
Dio se mi piace.
Occhi grandi e azzurri, labbra carnose e abbondanti, di quelle che ogni volta che si imbronciano sembrano dirti, se me lo mostri un attimo potrei finire per prosciugarti… no ecco, non dovrei pensare a lei in questi termini, soprattutto per il fatto che lei sembra occuparsi di me come una novella mamma.
Ha iniziato preparando pranzo e cena per entrambi, quasi non mi chiede di fare la spesa… all’inizio mi sentivo in colpa, poi pian piano ho recuperato un po’ di orgoglio, anche grazie ai pacchi che mia madre manda ogni mese con ogni tipo di conserva o cibo da Catania.
Sembra ogni mese Natale.
Ora però capita anche che vedendo i panni o la camera in disordine, comincia a pulire freneticamente.
Mi ha fatto decisamente diventare più ordinato e pulito, così da evitare che sia lei a farlo.
Mi sento così tanto un bambino per colpa sua.
Esco con gli amici dell’università e mi ritrovo adulto, torno e sono solo un ragazzino… come possano coesistere queste sensazioni mi turba e confonde.
Preambolo lunghissimo, forse perché in realtà non voglio realmente confessare quel che ho fatto.
Mi sento in colpa e allo stesso modo mi sento un po’ confuso.
Ieri sono tornato a casa abbastanza tardi e trovando tutte le luci spente ho fatto il possibile per essere silenzioso, andando subito in camera mia e evitando di accendere luci moleste.
La casa era silenziosa, così sono uscito sul balcone per una piccola cannetta che ogni tanto la sera mi concedo prima di andare a riposare.
Ero lì seduto al fresco e alla luce del lampione, ancora in jeans e maglietta quando eccola.
Ha aperto la finestra e i suoi piccoli seni e la sua figura sottilissima hanno fatto capolino.
Non era Elisa, ma la conoscevo comunque, qualche mese fa, prima che si lasciassero, era la sua compagna… non ricordo il nome, e la mia mente era un pochino occupata a urlare di sdegno verso qualcosa che tra le mie mutande ha deciso di sottrarsi al torpore dell’ora tarda.
Come darmi torto?
Soprattutto considerando che al di sopra della vita era completamente nuda.
“Brr che freddo” inizia e scherzando mi chiede se fossi tanto gentile da condividere con me la sigaretta.
Potrebbe avere tutto da me, ma le porgo solo la canna e sento un leggero apprezzamento quando me la rende.
“Sei Alberto vero?”
“Si… mi dispiace averti svegliato” dico cercando di tenere gli occhi lontano da lei.
Una sola occhiata all’inizio mi ha già destabilizzato non ho bisogno che questa donna sia impressa a fuoco nella mia mente… giusto?
Guardo il telefono e i miei occhi codardi e traditori vedono la sua figura avvicinarsi alla ringhiera.
Da quell’angolazione è ancor più bella.
La sua piccola figura è esaltata dalla luce gialla dei lampioni.
Le braccia incrociate sulla ringhiera, i piedi nudi leggermente alzati per consentirle di portare lo sguardo oltre la piccola macchia di verde che divide il condominio dalla strada.
Mi ritrovo ad osservarle il sedere, unica pecca in una figura altrimenti perfetta, di certo è Elisa quella che ha maggior dote in tal sostanza.
Il disagio tra le mie gambe è ancor più pressante e già so tra pochi minuti nel mio letto sarà un piacere fantasticare di quella donna.
Un’ultima boccata, e cedo la canna alla mia vicina, per poi abbandonarla sola alla fredda serata.
Socchiudo la finestra e mi preparo per andare a dormire.
Sono stanco e una volta sotto le coperte mi accarezzo pigramente, poi pian piano al buio della camera e nel silenzio della notte mi torna alla mente la figura lasciata sul balcone.
Ricordo quei piccoli piedi e li immagino accanto a me, mentre lentamente li accarezzo e ho le sue mani sul mio membro.
Con movimenti sempre più decisi mi stringe e percorre mentre tocco la pianta di una di quelle meraviglie e risalgo verso il tallone, per poi portare il piede verso di me.
Apro la bocca sognando di leccare una delle affusolate dita, quando… un gemito.
Netto e tagliante prorompe nella mia mente e strappa i muri del mio sogno.
Un gemito profondo.
Sento il silenzio assordante della casa interrompersi quasi regolarmente.
Agisco, prima ancora di pensare.
Mi alzo e sono alla finestra.
Eccolo ancora.
Mi porto la mano al cazzo che interamente eretto e pulsante ascolta con me quella dolce agonia.
Sento i sospiri e mi ritrovo con la mente lì con loro, nella stanza, mentre due corpi caldi si fondono.
Mi avvicino al letto e osservo mentre Elisa giace al centro e si contorce, una mano le accarezza e stringe un seno.
Avida scava le membra lasciando segni sulla pelle chiarissima.
Una mano... Vedo solo una mano, perché l'altra è nascosta nelle pieghe del suo corpo.
Oddio Elisa… ti vedo…
Mentre stringi convulsamente il letto e mugoli di piacere.
Quelle mani profanano le tue carni e una lingua calda e sensuale percorre il morbido ventre.
Oh Elisa.
I tuoi gemiti sempre più urgenti mi dissetano e non posso far altro che arrancare dietro ai vostri affondi.
Mi avvicino ancora e sento il vostro calore.
Ancora gemiti e finalmente vedo i tuoi occhi
Brami me.
Felice che sia lì con voi allunghi una mano.
Mi avvicino ancora e afferri imperiosa la mia erezione.
Il tuo primo urlo mi percorre.
Le tue mani stringono e risucchiano le mie forze, sento arrivare il piacere e spingo il pollice nella tua bocca, calda e ansimante.
Eccolo il primo fiotto che si spinge così oltre da profanare il tuo petto.
Un altro urlo e ti chini, ricevendo il resto del mio piacere tra le tue labbra.
Soddisfatto e ancora preda di quell'incestuoso godimento riprendo fiato, mentre apro gli occhi e mi ritrovo solo e immerso nel buio della mia camera.
*Ps. Diverso, ma spero che vi piaccia.
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