0,000001%-Atto primo
di
Archie Cooper
genere
gay
Certe volte non sembra vero, ma accadono cose che ci saremmo aspettati di veder succedere solo in un film. Le abbiamo sognate innumerevoli volte, abbiamo fantasticato su tutti i dettagli, eppure sappiamo che sono al limite dell’impossibile. Di avere lo 0,000001% che succeda.
Pietro e Stefania sono stati una coppia di amici che è stata insieme per anni. Classica storia da paesino: lei va ancora a scuola e si fidanza con il solito militare di trent’anni venuto da fuori. Si sono messi insieme che io e lei, oltre che amici, eravamo compagni di scuola ed è andata avanti per anni. Di mezzo c’è stato il mio coming out, loro che si sono trasferiti a vivere in provincia di Milano, lei che gli ha fatto le corna e che è tornata a vivere al paese per stare con quello che le faceva la corte e che non si era mai filato. Intanto i rapporti con lei fra gli anni e le passioni che cambiavano si erano deteriorati, ma ero rimasto molto amico con lui. Un militare interessato alle ragazzine è un amico perfetto per un ragazzotto gay intellettualodie con una decina di anni in meno di lui? Assolutamente no! Molto pragmaticamente i miei propositi d’amicizia, bevute consolotarie, cene e gite insieme sono andati avanti per la matematica certezza che anche lui fosse della parrocchia. E quindi per quello 0,000001% di farmelo. Come ne ero sicuro? Prima ragione è che Stefania assomigliava a un uomo; seconda ragione le crisi d’ansia di lui e l’alcolismo per scappare dal suo esser gay come il peggior clichè dei film anni 50. E in più... noi gay lo sappiamo quando uno è dei nostri, suvvia! È come se ne sentissimo l’odore.
Ma andiamo alla ciccia. Pietro era un F I G O! Alto, rasato, barbetta, occhi mori e sorriso da cucciolo. Fascia tribale tatuata su un braccio. E ad avallare il mio sospetto sulla sua omosessualità c’era il fatto che non perdesse mai occasione per spogliarsi davanti a me. Doveva andare a fare la doccia? Ma sì, spogliamoci del tutto, andiamo un po’ in giro nudi per la stanza e poi entriamo in bagno. Stiamo andando al mare? Via i vestiti e mettiamoci un quarto d’ora a scegliere il costume da bagno. Queste ulteriori conoscenze mi portano a completare la descrizione: un bell’uccello, ma il pezzo forte è il culo liscio con giusto qualche peletto al centro. Pieno e carnoso ti invitava a sprofondarci dentro con la faccia con la lingua che si fa strada nel suo buco mentre sotto le mani gli fai esplodere la natiche. E come reagivo io? Mi pietrificavo. Non avendo il permesso ufficiale, mi immobilizzavo, sudavo freddo e quando c’era occasione gli dedicavo una sega.
La primavera in cui si lasciò con l’ennesima fidanzata dopo una storia di un paio di mesi Pietro ebbe un brutto crollo. Questo mi portò come al solito a fare i bagagli e andarlo a trovare per il weekend. Il suo ultimo trasferimento l’aveva riportato al sud, in un bel paesino e aveva pensato bene di prendersi in affitto una piccola casetta in campagna che aveva però il vantaggio di avere una piccola piscina. L’avevo sentito molto giù al telefono, quando mi venne a prendere alla stagione era già un po’ su di giri per il coktail di alcool e ansiolitici. In macchina fece lo scemo per tutto il tempo strillando, cantando e con qualche battuta stupida. Arrivati a casa non mi diede il tempo di posare i bagagli che già avevo una bottiglietta di spritz in mano. Intanto lui andava a farsi la doccia (e via con lo spogliarello). Bevemmo prosecco per buona parte del pomeriggio e per cena preparammo hamburger e patatine fritte. Dedicammo una parentesi alla sua ex e a come fosse stata l’ennesima stronza di turno che prendeva e se ne andava. Lo consolai, la presi in giro. Mi sentivo eccitato durante la cena, non so perchè, ma era come se nell’aria ci fosse una sorta di elettricità.
Ci spostammo in giardino, alla piscina e continuammo a bere. Poi mi invitò a fare il bagno. Pensavo si spogliasse e invece rimase in mutande, con degli slip bianchi indosso. Sarà stato l’alcool ma decisi di essere io a far l’audace stavolta e decisi di spogliarmi del tutto. Lo guardai mentre tiravo giù i boxer e lui guardava me. E nei suoi occhi apparve qualcosa: il luccichio dell’animale. Gli occhi erano tentati, affamati. Mi volevano scopare.
Entrai in acqua. A lui squillò il telefono. Era lei. Si allontanò dentro per parlare. Io un po’ deluso feci una nuotata e mi adagiai in un angolo con gli occhi chiusi e i gomiti sui bordi della piscina per rilassarmi. Mi rilassai molto. Poi qualcosa mi si posò sulle labbra. Aprii gli occhi. Trovati quelli di Pietro. Mi aveva messo in bocca il filtro di una canna. Feci un bel tiro guardandolo negli occhi. Lui rideva. Poi sentii che poggiava qualcosa affianco al mio gomito ed entrò in acqua.
“Adesso tira indetro la testa e apri la bocca!”
Obbedii.
Prese le bottiglie di vodka che aveva appoggiato vicino a me e me le versò in gola.
“Pesca e melone, così vediamo se vomiti.”
Per fare questo il suo corpo si strofinava contro il mio. A un certo punto scoppiai a ridere. Lui pure, con quella sua risata stupida e posò le bottiglie. Ci guardammo. Mi guardò le labbra. Le nostre bocche erano vicinissime. Si avvicinarono ancora di più.
“Che vuoi fare?”
Sentivo il suo cazzo duro negli slip sul mio stomaco. Diventai duro pure io. Quasi contemporaneamente ci infilammo la lingua in bocca. Gli infilai una mano nelle mutande. Lui fece passare la sua sotto le mie palle e con un dito si fece strada nel mio buco del culo. Io lo masturbavo.
Mi staccai da lui e con la voce e il corpo che mi tremavano gli chiesi di uscire dalla piscina. Ero arrapatissimo. Lo precedetti e mi sedetti sotto la verandina. Lo vidi che veniva verso di me, bagnato, con gli slip trasparenti e mezzi abbassati. Fece per sfilarseli e lo bloccai.
“No, te li tolgo io.” Dissi.
Li presi per i lati e li tirai giù lentamente. Il suo pelo. Quel pene che adesso vedevo duro davanti a me. Aprii la bocca e guardandolo negli occhi presi e poggiai prima la lingua sulla sua cappella per poi coprila tutta con la mia bocca. Lui aspirò un po’ sempre guardandomi negli occhi.
“Sei una porca.”
Chiusi gli occhi e gustandomelo scesi fino alla base del pene. Lei gemette e mi mise una mano dietro la nuca. Dopo un po’ mi aveva proprio afferrato per i capelli e spingeva la mia testa su e giù. Lui colse un’occasione per togliermelo dalla bocca, darmi uno schiaffo e poi baciarmi. Ripresi a succhiarglielo con ancora più gusto. Io colsi un’occasione per annusargli le palle, leccarle e mettermele prima e una e poi l’altra in bocca.
“Sto per venire” a dentri stretti gemette e mi afferrò per i capelli con entrambe le mani e prese a scoparmi la bocca violentemente sospirando e gemendo. Io avevo poggiato le mani sulle mie gambe. A un certo punto tremarono e si inturgidirono. Quindi arrivò. Mi sborrò in bocca. Prima uno enorme, poi un secondo e infine un terzo fiotto caldo che mi strabordavano fuori dalla bocca. Mi scivolano dal mente sulle ginocchia. Leccai la cappella ancora ficcata nella mia bocca e lui la ritrasse. Ci guardammo, io felice come se mi avesse dato il mondo, lui soddisfatto e ansimante.
La prossima volta sarebbe toccato al suo culo...
Pietro e Stefania sono stati una coppia di amici che è stata insieme per anni. Classica storia da paesino: lei va ancora a scuola e si fidanza con il solito militare di trent’anni venuto da fuori. Si sono messi insieme che io e lei, oltre che amici, eravamo compagni di scuola ed è andata avanti per anni. Di mezzo c’è stato il mio coming out, loro che si sono trasferiti a vivere in provincia di Milano, lei che gli ha fatto le corna e che è tornata a vivere al paese per stare con quello che le faceva la corte e che non si era mai filato. Intanto i rapporti con lei fra gli anni e le passioni che cambiavano si erano deteriorati, ma ero rimasto molto amico con lui. Un militare interessato alle ragazzine è un amico perfetto per un ragazzotto gay intellettualodie con una decina di anni in meno di lui? Assolutamente no! Molto pragmaticamente i miei propositi d’amicizia, bevute consolotarie, cene e gite insieme sono andati avanti per la matematica certezza che anche lui fosse della parrocchia. E quindi per quello 0,000001% di farmelo. Come ne ero sicuro? Prima ragione è che Stefania assomigliava a un uomo; seconda ragione le crisi d’ansia di lui e l’alcolismo per scappare dal suo esser gay come il peggior clichè dei film anni 50. E in più... noi gay lo sappiamo quando uno è dei nostri, suvvia! È come se ne sentissimo l’odore.
Ma andiamo alla ciccia. Pietro era un F I G O! Alto, rasato, barbetta, occhi mori e sorriso da cucciolo. Fascia tribale tatuata su un braccio. E ad avallare il mio sospetto sulla sua omosessualità c’era il fatto che non perdesse mai occasione per spogliarsi davanti a me. Doveva andare a fare la doccia? Ma sì, spogliamoci del tutto, andiamo un po’ in giro nudi per la stanza e poi entriamo in bagno. Stiamo andando al mare? Via i vestiti e mettiamoci un quarto d’ora a scegliere il costume da bagno. Queste ulteriori conoscenze mi portano a completare la descrizione: un bell’uccello, ma il pezzo forte è il culo liscio con giusto qualche peletto al centro. Pieno e carnoso ti invitava a sprofondarci dentro con la faccia con la lingua che si fa strada nel suo buco mentre sotto le mani gli fai esplodere la natiche. E come reagivo io? Mi pietrificavo. Non avendo il permesso ufficiale, mi immobilizzavo, sudavo freddo e quando c’era occasione gli dedicavo una sega.
La primavera in cui si lasciò con l’ennesima fidanzata dopo una storia di un paio di mesi Pietro ebbe un brutto crollo. Questo mi portò come al solito a fare i bagagli e andarlo a trovare per il weekend. Il suo ultimo trasferimento l’aveva riportato al sud, in un bel paesino e aveva pensato bene di prendersi in affitto una piccola casetta in campagna che aveva però il vantaggio di avere una piccola piscina. L’avevo sentito molto giù al telefono, quando mi venne a prendere alla stagione era già un po’ su di giri per il coktail di alcool e ansiolitici. In macchina fece lo scemo per tutto il tempo strillando, cantando e con qualche battuta stupida. Arrivati a casa non mi diede il tempo di posare i bagagli che già avevo una bottiglietta di spritz in mano. Intanto lui andava a farsi la doccia (e via con lo spogliarello). Bevemmo prosecco per buona parte del pomeriggio e per cena preparammo hamburger e patatine fritte. Dedicammo una parentesi alla sua ex e a come fosse stata l’ennesima stronza di turno che prendeva e se ne andava. Lo consolai, la presi in giro. Mi sentivo eccitato durante la cena, non so perchè, ma era come se nell’aria ci fosse una sorta di elettricità.
Ci spostammo in giardino, alla piscina e continuammo a bere. Poi mi invitò a fare il bagno. Pensavo si spogliasse e invece rimase in mutande, con degli slip bianchi indosso. Sarà stato l’alcool ma decisi di essere io a far l’audace stavolta e decisi di spogliarmi del tutto. Lo guardai mentre tiravo giù i boxer e lui guardava me. E nei suoi occhi apparve qualcosa: il luccichio dell’animale. Gli occhi erano tentati, affamati. Mi volevano scopare.
Entrai in acqua. A lui squillò il telefono. Era lei. Si allontanò dentro per parlare. Io un po’ deluso feci una nuotata e mi adagiai in un angolo con gli occhi chiusi e i gomiti sui bordi della piscina per rilassarmi. Mi rilassai molto. Poi qualcosa mi si posò sulle labbra. Aprii gli occhi. Trovati quelli di Pietro. Mi aveva messo in bocca il filtro di una canna. Feci un bel tiro guardandolo negli occhi. Lui rideva. Poi sentii che poggiava qualcosa affianco al mio gomito ed entrò in acqua.
“Adesso tira indetro la testa e apri la bocca!”
Obbedii.
Prese le bottiglie di vodka che aveva appoggiato vicino a me e me le versò in gola.
“Pesca e melone, così vediamo se vomiti.”
Per fare questo il suo corpo si strofinava contro il mio. A un certo punto scoppiai a ridere. Lui pure, con quella sua risata stupida e posò le bottiglie. Ci guardammo. Mi guardò le labbra. Le nostre bocche erano vicinissime. Si avvicinarono ancora di più.
“Che vuoi fare?”
Sentivo il suo cazzo duro negli slip sul mio stomaco. Diventai duro pure io. Quasi contemporaneamente ci infilammo la lingua in bocca. Gli infilai una mano nelle mutande. Lui fece passare la sua sotto le mie palle e con un dito si fece strada nel mio buco del culo. Io lo masturbavo.
Mi staccai da lui e con la voce e il corpo che mi tremavano gli chiesi di uscire dalla piscina. Ero arrapatissimo. Lo precedetti e mi sedetti sotto la verandina. Lo vidi che veniva verso di me, bagnato, con gli slip trasparenti e mezzi abbassati. Fece per sfilarseli e lo bloccai.
“No, te li tolgo io.” Dissi.
Li presi per i lati e li tirai giù lentamente. Il suo pelo. Quel pene che adesso vedevo duro davanti a me. Aprii la bocca e guardandolo negli occhi presi e poggiai prima la lingua sulla sua cappella per poi coprila tutta con la mia bocca. Lui aspirò un po’ sempre guardandomi negli occhi.
“Sei una porca.”
Chiusi gli occhi e gustandomelo scesi fino alla base del pene. Lei gemette e mi mise una mano dietro la nuca. Dopo un po’ mi aveva proprio afferrato per i capelli e spingeva la mia testa su e giù. Lui colse un’occasione per togliermelo dalla bocca, darmi uno schiaffo e poi baciarmi. Ripresi a succhiarglielo con ancora più gusto. Io colsi un’occasione per annusargli le palle, leccarle e mettermele prima e una e poi l’altra in bocca.
“Sto per venire” a dentri stretti gemette e mi afferrò per i capelli con entrambe le mani e prese a scoparmi la bocca violentemente sospirando e gemendo. Io avevo poggiato le mani sulle mie gambe. A un certo punto tremarono e si inturgidirono. Quindi arrivò. Mi sborrò in bocca. Prima uno enorme, poi un secondo e infine un terzo fiotto caldo che mi strabordavano fuori dalla bocca. Mi scivolano dal mente sulle ginocchia. Leccai la cappella ancora ficcata nella mia bocca e lui la ritrasse. Ci guardammo, io felice come se mi avesse dato il mondo, lui soddisfatto e ansimante.
La prossima volta sarebbe toccato al suo culo...
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