La cintura
di
oleandro
genere
dominazione
La cintura
Non so perché mi è venuta in mente una relazione avuta con un grande master diversi, troppi anni fa. In quella storia ero un sottomesso o forse una sottomessa. E ricordo quei momenti con nostalgia.
Cintura. Uno delle situazioni piu intense della nostra relazione era appunto legato alla sua cintura. Una cintura scamosciata di pelle nera, con una fibbia dorata. Un oggetto che diventata cattivissimo nella sue mani. Ricordo benissimo la prime volte che me la fece provare. Io nel suo salone chinata sullo schienale del divano, i piedi a terra le mani sotto il cuscino. Ero arrivata in ritardo, non era la prima volta, ma questa volta s’innervosì parecchio. Mi disse “di nuovo in ritardo? Ma lo fai apposta?” Ed io risposi “ma no, che dici, c’era un traffico pazzesco”. “Capisco, rispose sui freddissimo, vuoi che t’insegni ad essere in orario anche con il traffico, con tua sorella che ti telefona mentre stai uscendo e quant’altro?” “Ma certo, risposi, sapendo di non avere alternative. “Bene chinati sul divano, le mani nell’intercapedine tra il cuscino e la spalliera e non muoverti”. Dopo alcuni minuti in quella posizione, mi carezza il sedere e mi da una sculacciata leggera. Mi viene da sorridere, io amo le sculacciate leggere. “Bene”, dice lui con la sua voce virile, “cominciamo: 15 colpi, quanti i minuti di ritardo”. Mi preparo per le sculacciate, nell’aria c’è una certa tensione. Sento che sarà una sessione più dura del solito, ma mai avrei immaginato il dolore tremendo che provai quando, anziché la mano, uno colpo di cintura ferì le mie natiche. Il sibilo nell’aria, la violenza con cui il primo colpo mi colpì. Gettai un urlo. “Non muoverti,rispose, lui”. Un secondo colpo ancora più doloroso del primo mi fece sobbalzare, alzai prima una gamba, poi un’altra, lui mi abbassò le mutandine e ridacchiando disse, “vediamo se prendi un pò di colore” l’odiai per quella frase. Al quarto colpo, altro grido e mossi di nuovo le gambe e tolsi le mani dalla posizione e le passai sulle natiche in fiamme, non so se per proteggerle o per sentire se ancora erano lì o erano schizzate via con il colpo, girai lo testa verso di lui, era sorridente e fiero. Lui si avvicinò mi diede una carezza sulla testa, e mi disse dolcemente, “non guardarmi mentre ti frusto”. Mi rimisi in posizione e subito un altro colpo e poi un altro. Urlai di nuovo e con voce confusa dissi: “ti prego non ce la faccio piu”. Di nuovo si avvicino a me, e dolcemente mi disse: “non mi deludere, ce la puoi fare, dai che ce la fai”. E cosi altri colpi sempre più violenti o comunque più dolorosi. Al dodicesimo colpo pensai davvero di non farcela e sussurrai, per fortuna solo sussurrai con la voce lamentosa la password. Lui fu bravissimo, fece finta di non capire, e continuò ad incoraggiarmi, mi disse “ci siamo quasi, sono cosi orgoglioso di te. Certo, se proprio non ce la fai, puoi usare la password. Ma che peccato buttare a mare questo sforzo? mi spiacerebbe accorgermi che non sei speciale e che sei una donnetta qualunque”. Non volevo essere una donnetta qualunque volevo essere la sua schiava. Sul divano erano un paio di guanti di pelle. Ne presi uno me lo misi in bocca e rimisi le mani nell’intercapedine. “Brava” ebbi il tempo di sentire, prima che un nuovo colpo terribile mi colpisse. Il cuore a mille, ho temuto anche un infarto ma ero determinata a continuare. Il dolore cresceva ma anche la mia determinazione. “Quattordici, quindici”. Ce l’avevo fatta!
Rimasi immobile avevo vinto contro me stessa, vole godermi la vittoria. Lui si avvicina, dal lato opposto del divano, mi dice “sei bellissima” e avvicina la sua mano alla mia bocca, la bacio, subito dopo mi porge la cintura, bacio anche quella e scoppio a piangere. Lui mi mette una mano tra i capelli e dolcemente mi spinge verso l’alto e dandomi bacio dice: “Sono fiero di te”. Il cuore mi batte a mille, il sedere mi pulsa a duemila, e non mi sono mai sentita cosi bella non mi sono mai sentita così fiera.
Non so perché mi è venuta in mente una relazione avuta con un grande master diversi, troppi anni fa. In quella storia ero un sottomesso o forse una sottomessa. E ricordo quei momenti con nostalgia.
Cintura. Uno delle situazioni piu intense della nostra relazione era appunto legato alla sua cintura. Una cintura scamosciata di pelle nera, con una fibbia dorata. Un oggetto che diventata cattivissimo nella sue mani. Ricordo benissimo la prime volte che me la fece provare. Io nel suo salone chinata sullo schienale del divano, i piedi a terra le mani sotto il cuscino. Ero arrivata in ritardo, non era la prima volta, ma questa volta s’innervosì parecchio. Mi disse “di nuovo in ritardo? Ma lo fai apposta?” Ed io risposi “ma no, che dici, c’era un traffico pazzesco”. “Capisco, rispose sui freddissimo, vuoi che t’insegni ad essere in orario anche con il traffico, con tua sorella che ti telefona mentre stai uscendo e quant’altro?” “Ma certo, risposi, sapendo di non avere alternative. “Bene chinati sul divano, le mani nell’intercapedine tra il cuscino e la spalliera e non muoverti”. Dopo alcuni minuti in quella posizione, mi carezza il sedere e mi da una sculacciata leggera. Mi viene da sorridere, io amo le sculacciate leggere. “Bene”, dice lui con la sua voce virile, “cominciamo: 15 colpi, quanti i minuti di ritardo”. Mi preparo per le sculacciate, nell’aria c’è una certa tensione. Sento che sarà una sessione più dura del solito, ma mai avrei immaginato il dolore tremendo che provai quando, anziché la mano, uno colpo di cintura ferì le mie natiche. Il sibilo nell’aria, la violenza con cui il primo colpo mi colpì. Gettai un urlo. “Non muoverti,rispose, lui”. Un secondo colpo ancora più doloroso del primo mi fece sobbalzare, alzai prima una gamba, poi un’altra, lui mi abbassò le mutandine e ridacchiando disse, “vediamo se prendi un pò di colore” l’odiai per quella frase. Al quarto colpo, altro grido e mossi di nuovo le gambe e tolsi le mani dalla posizione e le passai sulle natiche in fiamme, non so se per proteggerle o per sentire se ancora erano lì o erano schizzate via con il colpo, girai lo testa verso di lui, era sorridente e fiero. Lui si avvicinò mi diede una carezza sulla testa, e mi disse dolcemente, “non guardarmi mentre ti frusto”. Mi rimisi in posizione e subito un altro colpo e poi un altro. Urlai di nuovo e con voce confusa dissi: “ti prego non ce la faccio piu”. Di nuovo si avvicino a me, e dolcemente mi disse: “non mi deludere, ce la puoi fare, dai che ce la fai”. E cosi altri colpi sempre più violenti o comunque più dolorosi. Al dodicesimo colpo pensai davvero di non farcela e sussurrai, per fortuna solo sussurrai con la voce lamentosa la password. Lui fu bravissimo, fece finta di non capire, e continuò ad incoraggiarmi, mi disse “ci siamo quasi, sono cosi orgoglioso di te. Certo, se proprio non ce la fai, puoi usare la password. Ma che peccato buttare a mare questo sforzo? mi spiacerebbe accorgermi che non sei speciale e che sei una donnetta qualunque”. Non volevo essere una donnetta qualunque volevo essere la sua schiava. Sul divano erano un paio di guanti di pelle. Ne presi uno me lo misi in bocca e rimisi le mani nell’intercapedine. “Brava” ebbi il tempo di sentire, prima che un nuovo colpo terribile mi colpisse. Il cuore a mille, ho temuto anche un infarto ma ero determinata a continuare. Il dolore cresceva ma anche la mia determinazione. “Quattordici, quindici”. Ce l’avevo fatta!
Rimasi immobile avevo vinto contro me stessa, vole godermi la vittoria. Lui si avvicina, dal lato opposto del divano, mi dice “sei bellissima” e avvicina la sua mano alla mia bocca, la bacio, subito dopo mi porge la cintura, bacio anche quella e scoppio a piangere. Lui mi mette una mano tra i capelli e dolcemente mi spinge verso l’alto e dandomi bacio dice: “Sono fiero di te”. Il cuore mi batte a mille, il sedere mi pulsa a duemila, e non mi sono mai sentita cosi bella non mi sono mai sentita così fiera.
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