Ditalino all'ora d'Italiano
di
Lisa02
genere
masturbazione
Grazie per i commenti e l’interesse per il mio primo racconto, quindi ecco a voi una nuova storia, spero vi piaccia e vi faccia eccitare tanto!!
Alcune settimane fa, all’ultima ora avevo lezione d’Italiano. Il prof faceva avanti e indietro mentre spiegava il Decadentismo e ogni tanto mi lanciava occhiate con quella sua faccia da maniaco. Io avevo un semplice maglioncino bordeaux, un po’ attillato, ok, ma nulla di che, non era neanche scollato come tutte le altre volte in cui il porco mi fissava con la bava alla bocca; nonostante ciò, ogni volta che si girava per cambiare direzione il suo sguardo cadeva palesemente sulle mie tette, il che anche se mi lusingava un po’ mi metteva a disagio e in imbarazzo. Tra l’altro ho solo una seconda abbondante, quasi terza, mica chissà che: anche se con un bel push up fanno il loro effetto!
All’improvviso sentii prendermi dal forte desiderio di toccarmi… Non fraintendetemi, non c’entra affatto il prof, non è che mi fossi eccitata per lui. L’ora prima avevo ricevuto un messaggio da un tipo che mi stuzzicava e mi sfidava a farlo in classe, in mezzo a tutti. Se ce l’avessi fatta mi avrebbe dato una bella ricompensa.
"Ma ti pare!", gli avevo risposto, e invece più i minuti passavano più quell’idea mi entrava in testa e mi dicevo “deve essere una cosa davvero eccitante, chissà se riesco a farlo senza che nessuno se ne accorga… Un ditalino all’ora d’italiano!” Curioso come ditalino e d’italiano suonassero così simili, cambiavano di una sola lettera, mi sorpresi a pensare. Possibile che fosse solo una coincidenza che si somigliassero così tanto? Che fosse un segno del destino, che fosse davvero quella l’ora predestinata a fare quella cosa?
Io sedevo in prima fila, all’angolo destro, contro il muro, e quindi da quella parte ero coperta. Con la scusa che avevo freddo mi alzai per prendere il cappotto e dopo averlo indossato tornai a sedermi in modo che, dal lato sinistro che non era protetto dal muro l’ampiezza del cappotto nascondesse a tutti quello che facevo. Poi mi spinsi bene con la sedia sotto al banco così anche dal davanti, per gli occhi di quel porco del prof, non si vedesse nulla; e stando appoggiata col braccio sinistro sul banco iniziai con l’altra mano a scendere in basso. La poggiai prima sulla coscia, poi pian piano la feci scivolare fino ad arrivare in mezzo alle gambe mentre il cuore mi batteva sempre più forte. Appena mi sfiorai, sarà per la situazione, sarà perché ero lì in mezzo a tutti e potevo essere sorpresa da un momento all’altro, sentii un brivido scuotermi tutta e un’eccitazione assurda che mi faceva fremere e mi spingeva a non fermarmi. Iniziai a toccarmi molto delicatamente, controllando che nessuno mi osservasse e continuando a guardare il prof e annuendo alle sue spiegazioni con un lieve sorrisetto che egli pensava fosse rivolto a lui. E invece mi stavo masturbando in pubblico, dal vivo, in mezzo a venti persone ignare di tutto! Era una sensazione bellissima, mi sentivo quasi in paradiso, leggera, come sospesa in una dimensione eterea, con quell’ansia sottile di essere scoperta che mi rendeva più viva e amplificava tutte le sensazioni.
Indossavo dei leggings molto attillati per cui con le dita, da fuori, riuscivo a sentire tutti i rilievi e le concavità della mia fica e potevo massaggiarmela per bene come se fossi stata in mutande e percepire ogni minimo tocco e le pressioni più intense.
All’improvviso sentii il telefono vibrarmi in tasca. Era un messaggio di lui.
"Allora Lisa… Lo stai facendo?"
"Chissà…"
"Scommetto che ce l’hai bagnata."
"Un po’…"
"Voglio che allaghi tutti i pantaloni."
"Se continuo così, lascerò una pozzanghera sulla sedia!"
"Brava piccola mia… che peccato non essere lì con te a guardarti."
La mia mano prese a vorticare in piccoli cerchi sulle morbide labbra della mia fica che diventavano sempre più evidenti attraverso lo strato sottile dei leggings, e mi lasciai sfuggire un piccolissimo gemito, quasi un singhiozzo, ma subito ripresi il controllo tornando impassibile in volto. Mi guardai velocemente attorno per controllare che nessuno si fosse accorto di niente o mi fissasse. Giorgio, un tipo che ha una cotta per me, abbassò subito gli occhi sul suo banco: lo sgamavo almeno una volta ogni ora a osservarmi incantato, ma non me ne preoccupai, dalla sua posizione era assolutamente impossibile che notasse qualcosa di strano. Chissà come l’avrebbe fatto eccitare sapere che la sua amata si stava facendo un ditalino a pochi metri, proprio davanti ai suoi occhi! Il solo pensiero avrebbe fatto sborrare il suo cazzetto nei pantaloni in pochi secondi, senza che neanche se lo toccasse. Tutti gli altri invece erano concentrati a seguire la lezione o farsi i fatti propri. Nessuno avrebbe potuto scoprirmi. Solo le mie dita si muovevano, silenziose e invisibili, senza destare alcun sospetto: non un movimento del braccio o del busto né un mutamento della mia espressione. I miei occhi si spostavano dal libro al prof e viceversa come se stessi normalmente seguendo anch’io la lezione.
Poco dopo il tipo mi scrisse di nuovo. Presi il telefono interrompendo per un po’ il mio piacere e riprendendo fiato.
"Ti stai divertendo, piccola mia?"
"Sì, tanto."
"Ricordati le regole, non puoi venire e non puoi entrare con le dita dentro finché non te lo dico io. Vediamo quanto riesci a resistere ancora…"
"Posso andare avanti quanto vuoi", lo sfidai. Ma sapevo che non era vero, ero già quasi sul punto di cedere.
Ripresi a massaggiarmi la fica. Mi sentivo avvampare, le labbra erano gonfissime e lasciavano dei solchi profondi nel tessuto aderente dei leggings. Passai le dita sul clitoride premendomelo come meglio potevo, sentendo di impazzire per non riuscire a toccarlo direttamente, poi scivolai in mezzo e spinsi il cotone più a fondo che potevo cercando di penetrarmi come possibile con le dita. Dio quanto ero eccitata! Dovevo assolutamente infilarmi la mano nelle mutande, entrare nella mia fica bagnata e sditalinarmi selvaggiamente con tre, quattro dita fino a squirtare come una fontana! Mantenere il controllo fu durissima, mi morsi le labbra lasciando trasparire qualcosa dall’espressione del viso senza riuscire però a frenare le dita che continuavano a correre sul cotone dei leggings che ormai era diventato tutto umido.
A un tratto forse il prof si accorse di qualcosa, lo vidi arrestarsi paralizzato, e poi correre a sedersi alla cattedra. Che avesse capito che mi stavo toccando la fica in classe, proprio davanti a lui? Scommetto che era andato a sedersi perché gli era diventato duro a quel pensiero! E in effetti da quel momento non si era più rialzato e mi lanciava occhiata ancora più frequenti e viscide.
Io iniziavo a essere molto accaldata, sentivo le guance rosse e bollenti e la fonte grondante di sudore, ma non potevo fermarmi.
-Tutto bene, Lisa? Mi sembri accaldata, non è che hai la febbre?- mi chiese allora il prof.
-Nono, ho solo un po’ di freddo- mentii.
-Se vuoi uscire un attimo e controllare la febbre, non farti problemi.-
-Grazie, prof.-
In effetti forse era il momento di alzarmi e uscire e andare a concludere in bagno, non resistevo più.
"Non provare ad alzarti finché non suona la campanella", mi scrisse lui proprio in quell’istante come percependo i miei pensieri.
"Per favore, sono davvero al limite!", lo supplicai.
"Alla fine della lezione."
"Non ce la faccio più, devo assolutamente infilarmi quattro dita nella figa e masturbarmela tutta e venire urlando come una troia!"
I miei leggings erano completamente fradici e la mia mano continuava a massaggiare frenetica la fica. Sentivo di non avere più nemmeno il controllo sul mio corpo, ora mi muovevo tutta come in preda a delle piccole convulsioni e la mia faccia bramava di contorcersi in un’espressione di godimento e mi mordevo le labbra per impedirlo. Stavo avvampando, sentivo anche tutto il sudore sotto le ascelle bagnarmi il maglione.
Il prof continuava a guardarmi sempre più spesso deglutendo a fatica, sembrava sudare freddo.
-Lisa, sei davvero sicura che non hai bisogno di misurare la febbre o di uscire per prendere un po’ d’aria fresca?-
-No no prof, stia tranquillo, ho solo un po’ di mal di testa- ansimai, come se fossi proprio febbricitante.
"Per favore! Fra un po’ mi becca anche il prof!", implorai il tipo.
"Ancora cinque minuti, so che ce la puoi fare", mi rispose irremovibile.
Cinque dannati minuti, e che poteva mai essere? Mi ero già fatta metà lezione così, quasi mezz’ora da quando avevo iniziato a toccarmi, cosa potevano essere ormai solo cinque minuti? E invece sembravano non passare mai. Il sudore mi gocciolava dalla fronte lasciando grosse chiazze sul libro d’Italiano.
-Mettiti un po’ giù, se vuoi, con la testa- mi suggerì il prof.
Ascoltai il suo consiglio e mi accasciai sul banco poggiando la testa sul braccio sinistro. Chiusi gli occhi. Un po’ meglio. Forse. Sentivo gli occhi di tutti puntati su di me, avevo la sensazione di essere nuda e che tutti vedessero cosa stavo facendo e sentissero l'odore dei miei liquidi, ma non riuscivo a smettere di toccarmi e la cosa mi faceva eccitare ancora di più. Mi morsi il braccio per non strillare di piacere. Dio, quanto mancava ancora?!
Tre minuti.
Ce l’avrei fatta a resistere ancora tre minuti? Era impossibile. Cercai di pensare ad altro, pensai a ciò che avevo sul banco, le penne, le matite, gli evidenziatori, la colla, ma qualsiasi cosa mi venisse in mente subito mi immaginavo a come avrebbe potuto farmi godere se me la fossi infilata nella fica; pensai ai miei compagni di classe, ai maschi e mi vedevo i loro cazzi duri pronti per farmi godere, alle femmine e mi vedevo le loro dita e le loro lingue che si infilavano sempre nella mia fica facendomi gemere, e la mia mano strofinava sempre più forte e veloce sul cotone dei leggings e le mie labbra erano gonfissime e pulsanti ed ero così bagnata che sentivo le gocce schizzare sulla sedia e sul pavimento e dio quanto stavo godendo, ancora un istante, ancora un istante e sarei venuta come un fiume in piena, sì cazzo che goduria, perché fermarsi ormai, perché controllarsi e trattenersi, perché soffocare i gemiti, che importava se ero in classe se ero in mezzo a tutti se ero davanti al prof, a lui avrebbe fatto solo piacere vedermi venire, sì cazzo voglio venire, non ce la faccio, non ce la faccio più!
E poi finalmente suonò la campanella! Mi ero salvata per un istante. Mi alzai di scatto coprendomi bene col cappotto, sentivo tutte le gambe fradice e il bagnato colarmi lungo le cosce. Buttai la cartella sulla sedia per non far vedere la chiazza che avevo lasciato e corsi in bagno senza guardare in faccia nessuno, mi chiusi dentro e, finalmente libera di calarmi i pantaloni e le mutande, mi strofinai tutta la fica morbida con una mano e l’altra me la ficcai tutta dentro scopandomi con violenza finché non squirtai allagando il pavimento e raggiunsi un orgasmo fortissimo, mentre i miei gemiti e le mie grida venivano coperte dal frastuono degli altri studenti che uscivano da scuola. Mi accasciai sul cesso sfinita e in estasi a riprendere fiato.
"Hai fatto la brava bambina?"
"Sì."
"Fammi vedere la tua piccola figa bagnata."
Gli inviai la foto che voleva e gli feci vedere anche il lago che avevo lasciato in bagno e poi, tornata in classe dove ormai non c’era più nessuno, gli scattai anche una foto della mia sedia in cui c’era ancora una macchia scura di umido.
"Bene, Lisa. Ti sei proprio meritata un bel premio, piccola mia."
Alcune settimane fa, all’ultima ora avevo lezione d’Italiano. Il prof faceva avanti e indietro mentre spiegava il Decadentismo e ogni tanto mi lanciava occhiate con quella sua faccia da maniaco. Io avevo un semplice maglioncino bordeaux, un po’ attillato, ok, ma nulla di che, non era neanche scollato come tutte le altre volte in cui il porco mi fissava con la bava alla bocca; nonostante ciò, ogni volta che si girava per cambiare direzione il suo sguardo cadeva palesemente sulle mie tette, il che anche se mi lusingava un po’ mi metteva a disagio e in imbarazzo. Tra l’altro ho solo una seconda abbondante, quasi terza, mica chissà che: anche se con un bel push up fanno il loro effetto!
All’improvviso sentii prendermi dal forte desiderio di toccarmi… Non fraintendetemi, non c’entra affatto il prof, non è che mi fossi eccitata per lui. L’ora prima avevo ricevuto un messaggio da un tipo che mi stuzzicava e mi sfidava a farlo in classe, in mezzo a tutti. Se ce l’avessi fatta mi avrebbe dato una bella ricompensa.
"Ma ti pare!", gli avevo risposto, e invece più i minuti passavano più quell’idea mi entrava in testa e mi dicevo “deve essere una cosa davvero eccitante, chissà se riesco a farlo senza che nessuno se ne accorga… Un ditalino all’ora d’italiano!” Curioso come ditalino e d’italiano suonassero così simili, cambiavano di una sola lettera, mi sorpresi a pensare. Possibile che fosse solo una coincidenza che si somigliassero così tanto? Che fosse un segno del destino, che fosse davvero quella l’ora predestinata a fare quella cosa?
Io sedevo in prima fila, all’angolo destro, contro il muro, e quindi da quella parte ero coperta. Con la scusa che avevo freddo mi alzai per prendere il cappotto e dopo averlo indossato tornai a sedermi in modo che, dal lato sinistro che non era protetto dal muro l’ampiezza del cappotto nascondesse a tutti quello che facevo. Poi mi spinsi bene con la sedia sotto al banco così anche dal davanti, per gli occhi di quel porco del prof, non si vedesse nulla; e stando appoggiata col braccio sinistro sul banco iniziai con l’altra mano a scendere in basso. La poggiai prima sulla coscia, poi pian piano la feci scivolare fino ad arrivare in mezzo alle gambe mentre il cuore mi batteva sempre più forte. Appena mi sfiorai, sarà per la situazione, sarà perché ero lì in mezzo a tutti e potevo essere sorpresa da un momento all’altro, sentii un brivido scuotermi tutta e un’eccitazione assurda che mi faceva fremere e mi spingeva a non fermarmi. Iniziai a toccarmi molto delicatamente, controllando che nessuno mi osservasse e continuando a guardare il prof e annuendo alle sue spiegazioni con un lieve sorrisetto che egli pensava fosse rivolto a lui. E invece mi stavo masturbando in pubblico, dal vivo, in mezzo a venti persone ignare di tutto! Era una sensazione bellissima, mi sentivo quasi in paradiso, leggera, come sospesa in una dimensione eterea, con quell’ansia sottile di essere scoperta che mi rendeva più viva e amplificava tutte le sensazioni.
Indossavo dei leggings molto attillati per cui con le dita, da fuori, riuscivo a sentire tutti i rilievi e le concavità della mia fica e potevo massaggiarmela per bene come se fossi stata in mutande e percepire ogni minimo tocco e le pressioni più intense.
All’improvviso sentii il telefono vibrarmi in tasca. Era un messaggio di lui.
"Allora Lisa… Lo stai facendo?"
"Chissà…"
"Scommetto che ce l’hai bagnata."
"Un po’…"
"Voglio che allaghi tutti i pantaloni."
"Se continuo così, lascerò una pozzanghera sulla sedia!"
"Brava piccola mia… che peccato non essere lì con te a guardarti."
La mia mano prese a vorticare in piccoli cerchi sulle morbide labbra della mia fica che diventavano sempre più evidenti attraverso lo strato sottile dei leggings, e mi lasciai sfuggire un piccolissimo gemito, quasi un singhiozzo, ma subito ripresi il controllo tornando impassibile in volto. Mi guardai velocemente attorno per controllare che nessuno si fosse accorto di niente o mi fissasse. Giorgio, un tipo che ha una cotta per me, abbassò subito gli occhi sul suo banco: lo sgamavo almeno una volta ogni ora a osservarmi incantato, ma non me ne preoccupai, dalla sua posizione era assolutamente impossibile che notasse qualcosa di strano. Chissà come l’avrebbe fatto eccitare sapere che la sua amata si stava facendo un ditalino a pochi metri, proprio davanti ai suoi occhi! Il solo pensiero avrebbe fatto sborrare il suo cazzetto nei pantaloni in pochi secondi, senza che neanche se lo toccasse. Tutti gli altri invece erano concentrati a seguire la lezione o farsi i fatti propri. Nessuno avrebbe potuto scoprirmi. Solo le mie dita si muovevano, silenziose e invisibili, senza destare alcun sospetto: non un movimento del braccio o del busto né un mutamento della mia espressione. I miei occhi si spostavano dal libro al prof e viceversa come se stessi normalmente seguendo anch’io la lezione.
Poco dopo il tipo mi scrisse di nuovo. Presi il telefono interrompendo per un po’ il mio piacere e riprendendo fiato.
"Ti stai divertendo, piccola mia?"
"Sì, tanto."
"Ricordati le regole, non puoi venire e non puoi entrare con le dita dentro finché non te lo dico io. Vediamo quanto riesci a resistere ancora…"
"Posso andare avanti quanto vuoi", lo sfidai. Ma sapevo che non era vero, ero già quasi sul punto di cedere.
Ripresi a massaggiarmi la fica. Mi sentivo avvampare, le labbra erano gonfissime e lasciavano dei solchi profondi nel tessuto aderente dei leggings. Passai le dita sul clitoride premendomelo come meglio potevo, sentendo di impazzire per non riuscire a toccarlo direttamente, poi scivolai in mezzo e spinsi il cotone più a fondo che potevo cercando di penetrarmi come possibile con le dita. Dio quanto ero eccitata! Dovevo assolutamente infilarmi la mano nelle mutande, entrare nella mia fica bagnata e sditalinarmi selvaggiamente con tre, quattro dita fino a squirtare come una fontana! Mantenere il controllo fu durissima, mi morsi le labbra lasciando trasparire qualcosa dall’espressione del viso senza riuscire però a frenare le dita che continuavano a correre sul cotone dei leggings che ormai era diventato tutto umido.
A un tratto forse il prof si accorse di qualcosa, lo vidi arrestarsi paralizzato, e poi correre a sedersi alla cattedra. Che avesse capito che mi stavo toccando la fica in classe, proprio davanti a lui? Scommetto che era andato a sedersi perché gli era diventato duro a quel pensiero! E in effetti da quel momento non si era più rialzato e mi lanciava occhiata ancora più frequenti e viscide.
Io iniziavo a essere molto accaldata, sentivo le guance rosse e bollenti e la fonte grondante di sudore, ma non potevo fermarmi.
-Tutto bene, Lisa? Mi sembri accaldata, non è che hai la febbre?- mi chiese allora il prof.
-Nono, ho solo un po’ di freddo- mentii.
-Se vuoi uscire un attimo e controllare la febbre, non farti problemi.-
-Grazie, prof.-
In effetti forse era il momento di alzarmi e uscire e andare a concludere in bagno, non resistevo più.
"Non provare ad alzarti finché non suona la campanella", mi scrisse lui proprio in quell’istante come percependo i miei pensieri.
"Per favore, sono davvero al limite!", lo supplicai.
"Alla fine della lezione."
"Non ce la faccio più, devo assolutamente infilarmi quattro dita nella figa e masturbarmela tutta e venire urlando come una troia!"
I miei leggings erano completamente fradici e la mia mano continuava a massaggiare frenetica la fica. Sentivo di non avere più nemmeno il controllo sul mio corpo, ora mi muovevo tutta come in preda a delle piccole convulsioni e la mia faccia bramava di contorcersi in un’espressione di godimento e mi mordevo le labbra per impedirlo. Stavo avvampando, sentivo anche tutto il sudore sotto le ascelle bagnarmi il maglione.
Il prof continuava a guardarmi sempre più spesso deglutendo a fatica, sembrava sudare freddo.
-Lisa, sei davvero sicura che non hai bisogno di misurare la febbre o di uscire per prendere un po’ d’aria fresca?-
-No no prof, stia tranquillo, ho solo un po’ di mal di testa- ansimai, come se fossi proprio febbricitante.
"Per favore! Fra un po’ mi becca anche il prof!", implorai il tipo.
"Ancora cinque minuti, so che ce la puoi fare", mi rispose irremovibile.
Cinque dannati minuti, e che poteva mai essere? Mi ero già fatta metà lezione così, quasi mezz’ora da quando avevo iniziato a toccarmi, cosa potevano essere ormai solo cinque minuti? E invece sembravano non passare mai. Il sudore mi gocciolava dalla fronte lasciando grosse chiazze sul libro d’Italiano.
-Mettiti un po’ giù, se vuoi, con la testa- mi suggerì il prof.
Ascoltai il suo consiglio e mi accasciai sul banco poggiando la testa sul braccio sinistro. Chiusi gli occhi. Un po’ meglio. Forse. Sentivo gli occhi di tutti puntati su di me, avevo la sensazione di essere nuda e che tutti vedessero cosa stavo facendo e sentissero l'odore dei miei liquidi, ma non riuscivo a smettere di toccarmi e la cosa mi faceva eccitare ancora di più. Mi morsi il braccio per non strillare di piacere. Dio, quanto mancava ancora?!
Tre minuti.
Ce l’avrei fatta a resistere ancora tre minuti? Era impossibile. Cercai di pensare ad altro, pensai a ciò che avevo sul banco, le penne, le matite, gli evidenziatori, la colla, ma qualsiasi cosa mi venisse in mente subito mi immaginavo a come avrebbe potuto farmi godere se me la fossi infilata nella fica; pensai ai miei compagni di classe, ai maschi e mi vedevo i loro cazzi duri pronti per farmi godere, alle femmine e mi vedevo le loro dita e le loro lingue che si infilavano sempre nella mia fica facendomi gemere, e la mia mano strofinava sempre più forte e veloce sul cotone dei leggings e le mie labbra erano gonfissime e pulsanti ed ero così bagnata che sentivo le gocce schizzare sulla sedia e sul pavimento e dio quanto stavo godendo, ancora un istante, ancora un istante e sarei venuta come un fiume in piena, sì cazzo che goduria, perché fermarsi ormai, perché controllarsi e trattenersi, perché soffocare i gemiti, che importava se ero in classe se ero in mezzo a tutti se ero davanti al prof, a lui avrebbe fatto solo piacere vedermi venire, sì cazzo voglio venire, non ce la faccio, non ce la faccio più!
E poi finalmente suonò la campanella! Mi ero salvata per un istante. Mi alzai di scatto coprendomi bene col cappotto, sentivo tutte le gambe fradice e il bagnato colarmi lungo le cosce. Buttai la cartella sulla sedia per non far vedere la chiazza che avevo lasciato e corsi in bagno senza guardare in faccia nessuno, mi chiusi dentro e, finalmente libera di calarmi i pantaloni e le mutande, mi strofinai tutta la fica morbida con una mano e l’altra me la ficcai tutta dentro scopandomi con violenza finché non squirtai allagando il pavimento e raggiunsi un orgasmo fortissimo, mentre i miei gemiti e le mie grida venivano coperte dal frastuono degli altri studenti che uscivano da scuola. Mi accasciai sul cesso sfinita e in estasi a riprendere fiato.
"Hai fatto la brava bambina?"
"Sì."
"Fammi vedere la tua piccola figa bagnata."
Gli inviai la foto che voleva e gli feci vedere anche il lago che avevo lasciato in bagno e poi, tornata in classe dove ormai non c’era più nessuno, gli scattai anche una foto della mia sedia in cui c’era ancora una macchia scura di umido.
"Bene, Lisa. Ti sei proprio meritata un bel premio, piccola mia."
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