Marilena (segue)

di
genere
dominazione

Mari -due-

Prima di congedarci, con le bomboniere in mano, ecco il rito della foto di gruppo, dopo quelle scattate ad ogni singolo tavolo con gli sposi novelli.
Io a fianco a mio marito che aveva la bimba in braccio, risultavamo un po' decentrati sulla sinistra rispetto agli sposi, non completamente in prima fila. Insomma: nel bel mezzo del gruppo.

Mentre ci sistemavamo in attesa degli scatti, ho nettamente percepito il palmo di una mano che con una leggera ma decisa pacca mi si poggiava sulla coscia proprio appena al di sotto della natica. Per come la sentivo ho capito che poteva appartenere a qualcuno che mi stava all'altro fianco rispetto a mio marito, non riuscivo a vederlo muovendo solo gli occhi perché mi stava leggermente dietro.
Quella mano mi sosteneva letteralmente la natica, la soppesava come a volerne constatare pienezza morbidezza e chissà cos'altro. I polpastrelli delle dita mi finivano sulla figa: non avevo il coraggio di voltarmi a guardare a chi appartenesse, ho sperato fosse il porco che mi aveva posseduta in bagno, ma in una panoramica ho individuato il suo volto tra le persone che erano completamente dalla parte opposta del gruppo e mi si è gelato il sangue Nei miei pensieri sgangherati di quegli attimi, lo immaginavo intento a palpeggiare qualche altra donna vicina a lui in quel momento, così come la mano si stava godendo le mie polpe. Ho pensato anche al ragazzino con il cellulare magari eccitato da qualche foto che era riuscito a scattare delle mie cosce palpate sotto il tavolo, ma era a fianco agli sposi con la madre. Cosa mi dovevo aspettare ancora?

Neanche quando la mano mi si è infilata tra le gambe ad accarezzarmi e massaggiarmi la figa, ho avuto il coraggio e la forza di guardare in faccia chi si stava permettendo quegli osceni tocchi approfittando della vicinanza dei corpi come ne più e ne meno accadeva durante il mio periodo da universitaria fuori sede, sugli autobus strapieni di persone nella città capoluogo in cui mi sono laureata. Anch'io ne sono stata vittima più volte e con diverse intensità.
Una di quelle volte era stata in imminenza di un esame. Dovevo necessariamente recuperare degli appunti avendo saltato delle lezioni di una settimana perché mi ero trattenuta a casa al mio paese.
Telefonando ad una collega ci siamo date appuntamento un pomeriggio a casa sua.

Finito di pranzare non avevo voglia di cambiarmi e con lo stesso comodo pantacollant non troppo fine che indossavo a casa lì in città, un paio di scarpe da tennis ed essendo inverno fra l'altro in una giornata abbastanza grigia, un cappotto ben coprente ho raggiunto la fermata del bus. A quell'ora il mezzo non era assolutamente pieno ed ho trovato posto a sedere per tutte le dieci/undici fermate del percorso tra cassa mia e quella della collega.
Vagando tra i pensieri con lo sguardo rivolto fuori dal finestrino, mi sono resa conto che il lembo del cappotto era sceso scoprendo le gambe accavallate coperte comunque dal pantacollant, Sulle mie cosce, un tizio anzianotto grassoccio e abbastanza trasandato, seduto di sbieco nella fila di sedili all'altro lato del bus, ci stava lasciando gli occhi mentre si massaggiava il membro in modo che lo vedessi. Mi stava dicendo che gli piacevo. Ho immediatamente coperto le gambe con il cappotto. Ho sentito un potente brivido sulla schiena immaginando cosa mi avrebbe fatto se fossi stata da sola con lui chissà dove

Arrivata dalla mia amica ci siamo concesse un caffè e un po' di chiacchiere. Mi ha rimproverata dicendomi che ero pazza ad andare in giro vestita in quel modo. In effetti senza il cappotto il pantacollant faceva da seconda pelle sulle forme di cosce sedere e fianchi e non nascondeva niente affatto il monte di venere generoso e le labbra della figa; anzi: li metteva in risalto. Le ho risposto che il cappotto mi assicurava un'ottima copertura e che a quell'ora del pomeriggio non c'era certo la ressa sui mezzi pubblici. Non le ho detto nulla di quello che era capitato mentre arrivavo. Del tipo che fissandomi le cosce mi stava praticamente fottendo con gli occhi e che magari seguendomi, nell'androne della palazzina in cui abitava lei sarebbe riuscito a stuprarmi, per poi vantarsi con chissà chi -mi sono appena fatto un gran bel pezzo di figa. Una di quelle troiette universitarie con delle gran belle cosce che vanno in giro a provocare. Ha trovato cazzo per la sua figa.-

Tra una chiacchiera e l'altra, durante le giornate invernali più corte, stava facendosi buio.
Il viaggio di rientro a casa è stata tutt'altra storia: bus non strapieno ma con spazi davvero molto limitati che costringevano allo sfregamento dei corpi l'uno con l 'altro nel trovare posto da potersi sostenere per non piombare addosso agli altri dai quali la distanza si poteva misurare in pochissimi centimetri, mani maschili libere che svolazzavano alla ricerca di polposità su cui intrattenersi e, perché no, mani o altre parti di corpi femminili pronte a poggiarsi più o meno volontariamente su qualcosa di consistente e duro.
È così che tra un bottone e l'altro del cappotto, all'altezza delle cosce ho sentito delle dita sfiorarmi le gambe.

Lo avevo di fronte mi fissava negli occhi, mezza età vestito in abito e cravatta, occhi scuri e pochi capelli, un paio di baffetti ben curati, sguardo fermo, impassibile. La sua mano tra i nostri corpi quasi attaccati era tutt'altro che ferma.
Sganciato l'ultimo bottone del cappotto dall'asola, la mano mi si infilava tra le cosce che cercavo di tenere ben strette per quanto possibile in piedi, ma le carni soffici non impedivano di salire fino alla figa che ho sentito poggiata su quella mano messa di taglio con il pollice che finiva sul molte di venere e l'indice ad intrufolarsi tra le natiche fasciate si dal pantacollant, ma che assolutamente avvolgevano completamente quel polpastrello. Visti gli indumenti non poteva penetrarmi a fondo ma lo sentivo.... eccome se lo sentivo!

Io, ben attenta a non farmi sentire da nessun altra persona, operazione facilitata dalla costretta vicinanza tra i nostri corpi, bocche ed orecchie: - No. La prego. Basta!-
Lui, con la stessa attenzione - Sei una gran figa, mi piaci moltissimo. Ti ho notata già alla fermata. Ti faccio l'onore di farti diventare la mia troia, così avrai molte cose da poter raccontare al tuo ragazzo-. Volevo rispondergli che è un periodo in cui non ho ragazzo, ma desisto. Forse meglio così.
Meglio non provocare risposte del tipo - ne hai bisogno e a te ci penso io-

La mano che si impossessa meglio del mio sesso poggiandovisi con il palmo; il dito che mi scorre tra le labbra separandomele; il cazzo durissimo che mi si poggia e sfrega sulla coscia....... tutto concorre all'orgasmo, mi mordo il labbro inferiore, non mollo il sostegno e con l'altra mano afferro e stringo la manica della sua giacca. Cerco di dare una parvenza di tranquillità e meno male nessuno fa attenzione a noi. Il viso mi si contrae in una smorfia che potrebbe essere la stessa dopo aver ricevuto un pestone, ma sappiamo bene noi due qual'è la vera causa. Cerco di controllare gli scatti del bacino. Vengo!

Siamo vicino a casa mia, scendo. Voglio andare a casa. Lui scende con me. Pochi passi e mi afferra per un braccio, mi trascina in un angolo nascosto, comunque riparato, chi passa non può vederci a meno che non si avvicini di proposito. Sono terrorizzata. Pigiando su una spalla mi invita a chinarmi. -Fammi un pompino e per oggi va così, tanto ho capito che abiti qui in zona e ti ritrovo; stai sicura!-
Si denuda il pene. Poggiato sulla coscia l'avevo sentito durissimo e in effetti lo è ed è anche grosso. Immaginandolo in figa percepisco quasi il dolore nell'entrare e il piacere del dopo. Mi costringe. Apro la bocca. Entra. La cappella punta verso l 'alto, mi raschia sul palato. Mi sbatte in gola. Fortunatamente è eccitatissimo. Gli bastano pochi vai e vieni., con una mano sulla nuca mi tiene pressati naso e bocca sul suo pube costringendomi ad ingoiare gran parte del suo sperma. Non respiro e mi voglio liberare. Ingoio!
Mi lascia. Scappo cercando le chiavi di casa che ho difficoltà a trovare ma riesco. Prima di richiudere il portone mi volto, è li: mi ha seguita con lo sguardo, sa dove abito.
Entro a casa, fortunatamente sono sola, le coinquiline non ci sono. Mi fiondo in bagno cerco di rimettere ma non ci soni riuscita minimamente. Mi son dovuta portare sullo stomaco la sborra di quel porco. Sono entrata in camera, mi sono buttata a letto e lì sono rimasta fino all'indomani mattina.

Commenti, scambi di idee opinioni o altro MaryCambury@libero.it
scritto il
2022-01-09
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