La Clessidra - Terzo
di
vengeance
genere
pulp
I furgoni avevano viaggiato almeno per venti minuti. Quando le portiere si aprirono Rodolfo si ritrovo' in un parcheggio sotterraneo, e non c'era traccia della moglie e delle figlie.
Non riconosceva quell'edificio, non aveva idea di dove fosse.
Le guardie lo fecero saltar giu' e lo condussero, porta dopo porta, all'interno della struttura.
«Dove le avete portate?», urlo' agitato mentre due agenti lo trascinavano percorrendo un asettico corridoio con numerose porte a destra e a sinistra.
Si fermarono davanti ad una di queste e lo consegnarono, ammanettato. Nella stanza Rodolfo trovo' Francesca seduta vicino alla parete, su un lato. Una forte luce era puntata su di lei, mentre nell'angolo piu' buio vi erano quattro uomini. Due di loro si fecero avanti per prenderlo in custodia: erano Franco e Manfredi. Con forza lo spinsero a sedersi dalla stessa parte della moglie; poi dal buio si fece avanti Mirone, seguito dall'altro agente che Rodolfo riconobbe essere Stefano. I suoi amici e il suo carceriere erano tutti li', e Rodolfo e Francesca erano alla loro merce'.
«Legato» - prese la parola Mirone - «devo constatare con rammarico che non ha saputo ripagare la nostra generosita'. L'avevamo rilasciata nonostante i pesanti sospetti a suo carico e lei cosa fa? Dopo un giorno aggredisce tre membri della forza pubblica e organizza una fuga dal paese, dopo che le era stato espressamente vietato di allontanarsi.»
Rodolfo non riusciva ad ascoltarlo, guardava la moglie per sincerarsi che stesse bene. «Dove sono le mie figlie?» - grido'.
Stefano allora lo colpi' con un violentissimo schiaffo: «Bastardo, qui le domande non le fai certo tu. Non ti permettere di interrompere il dottor Mirone un'altra volta!».
Francesca urlo' dalla paura.
Mirone gli fece cenno che bastava cosi' e riprese a parlare con la consueta calma: «Le sue figlie sono custodite in una confortevolissima cella. Ce ne occuperemo dopo. Adesso lei invece comincera' a dirci tutto quello che sa della resistenza organizzata. Nomi, luoghi, date e contatti».
Rodolfo fu travolto da un turbine di pensieri. Cosa doveva fare? Come potevano salvarsi? Se avesse venduto la resistenza le sue speranze di lasciare il paese sarebbero andate in frantumi. Doveva cercare di gestire la situazione in qualche modo, di uscire sano e salvo da quella prigionia senza perdere tutto.
Mirone lo incalzo': «Non ha niente da dire? Potremmo chiedere ad altri componenti della sua famiglia. Immagino che sappiano qualcosa... una famiglia cosi' unita come la vostra!»
«Rodolfo, per l'amor del cielo, se sai qualcosa di' tutto!», imploro' Francesca.
«Dottore» - inizio' Rodolfo - «i miei anni nella Resistenza sono finiti con la guerra. Sono un normale cittadino rispettoso delle leggi, non ho contatti e non so nulla. Ho gia' detto tutto quello che sapevo, ieri.»
Mirone lo osservo' pensieroso. «Bene!» - sbotto' - «Mandate un po' di guardie dalle figlie. Questi uomini fanno turni massacranti, hanno pure il diritto al loro svago. Anzi, volete andare voi per primi?», disse rivolto ai tre.
Francesca trasali'. In lei erano ancora vive tutte le sensazioni del pomeriggio precedente, di tutto cio' che era accaduto nell'ufficio di Mirone.
«No! No...» - proruppe - «...lasciatele stare. Ci sono io qua per voi. Basto io.»
«Francesca, cosa dici??» - domando' Rodolfo con sgomento. Lei lo guardo' negli occhi, con fare materno, come a rassicurarlo che lei poteva far si' che fossero rilasciati.
«Signora» - rispose Mirone - «il suo attaccamento alla famiglia mi commuove sempre. Di certo questo e' uno dei valori fondanti della nostra nazione».
Fece qualche passo indietro verso la grande libreria che occupava la parte buia della stanza, apri' uno sportello e ne prelevo' un oggetto.
«Vede questa?» - domando' a Francesca mentre le mostrava la clessidra che ella gli aveva portato il giorno precedente.
«Faccia eiaculare gli uomini in questa stanza prima che tutta la sabbia sia caduta. Questo ci dimostrera' l'attaccamento che ha per le sue figlie», disse mentre capovolgeva il pregiato manufatto e lo poggiava sul pavimento.
Rodolfo ebbe un sussulto: «Che cosa state facendo, siete impazziti?». Si dimenava, ammanettato e bloccato alla sua sedia.
Francesca si alzo' e fece qualche passo al centro della stanza. Poi, abbassando gli occhi, mormoro': «...venite, presto.»
Franco si fece avanti per primo. Cerco' di baciarla, mentre Francesca si ritraeva; allora comincio' a baciarle il collo scendendo sempre piu' verso la scollatura del vestito.
Stefano e Manfredi la circondarono da dietro. Stefano comincio' ad alzarle la gonna lanciando sguardi verso Rodolfo.
«Non potete! Non potete!», urlo' lui.
Francesca non aveva idea di quanto durasse quella clessidra. Dieci minuti, quindici, non lo sapeva. Doveva fare in fretta.
Si abbasso' le spalline del vestito rimanendo con il seno scoperto e si inginocchio' sul pavimento. I tre amici allora si sfibbiarono i pantaloni e tirarono fuori i loro peni: Manfredi e Franco erano gia' in piena erezione. Lei, senza esitazioni, comincio' a masturbarli con le mani mentre con la bocca cercava il pene di Stefano per farlo inturgidire. Stefano porto' il pube sopra la sua faccia e lei comincio' a leccargli i testicoli. Lui sospiro' rumorosamente, mentre l'asta diventava sempre piu' grande.
In pochi secondi Francesca ebbe a circondarla tre cazzi che doveva pompare e succhiare. Rodolfo era pietrificato, mentre la sabbia scorreva. Nonostante la scena che aveva davanti agli occhi, con la moglie inginocchiata davanti a tre uomini, sentiva che nessuno l'aveva ancora violata, che tutto poteva essere fermato.
Ma in quel momento Francesca porto' la cappella del pene di Stefano davanti alle bocca, comincio' a leccarla cosi' come prima gli stava leccando i testicoli, e poi la poggio' sulle labbra. E dentro, gli prese il cazzo interamente in bocca.
«Si'! Succhiamelo, tesoro» - disse Franco portando la mano dietro la testa di Francesca, spingendola a se' e affondando ancora di piu' il pene nella sua gola.
«Sono vent'anni che volevo infilarle il cazzo in bocca» - si rivolse a Rodolfo con sfrontatezza - «vedrai come la facciamo diventare la nostra troia adesso».
Francesca fece scivolare il pene di Franco fuori dalla sua bocca con uno schiocco osceno. Prese la sua asta con una mano e mentre lo masturbava disse chiaro: «Si', sono la vostra troia». Doveva eccitarli, doveva farli venire prima che il suo tempo scadesse. Li prendeva in bocca a turno, con un ritmo sempre piu' incalzante. La saliva mista agli umori dei tre uomini le colava dalla bocca lungo il collo e i seni.
Manfredi si era abbassato per infilarle una mano sotto la gonna e toccarla. Le sue dita si fecero strada sotto il vestito e dentro le sue mutandine. Era sempre stato un bravo ragazzo: la sua metamorfosi, trascinato da quella banda di aguzzini, era la piu' sconcertante.
La palpo' generosamente mentre Francesca aveva il suo cazzo in mano ed esclamo': «comincia a bagnarsi, la puttana!».
Francesca gli lancio' uno sguardo, poi tirando fuori dalla bocca il pene di Stefano gli disse: «mi vuoi scopare, vero?». Si rialzo' in piedi e fece scivolare il vestito giu' sul pavimento. Poi, inarcando la schiena, abbasso' le mutandine rivelando a tutti la sua vulva carnosa. «Avanti, fottimi», ordino' freddamente a Manfredi, che senti' un brivido di eccitazione percorrergli il ventre.
Rodolfo tento' di ribellarsi: «Fermi! Voglio parlare, voglio dire delle cose.»
Mirone, che aveva assistito a tutta la scena in silenzio fino a quel momento, intervenne: «Lei non conduce gli interrogatori qui. Parlera' quando glielo chiederemo».
Francesca si era chinata per offrire la sua femminilita' a Manfredi, che stava dietro di lei, mentre Franco le metteva il cazzo in bocca da davanti.
Stefano si avvicino' a Rodolfo e gli sussurro' sottovoce: «A me non me ne frega un cazzo della resistenza. Io oggi mi voglio solo scopare tua moglie davanti ai tuoi occhi». E, dette queste parole, torno' davanti a Francesca prendendo il posto di Franco. Le infilo' il pene in bocca e comincio' a spingere ritmicamente mentre Franco continuava a farsi segare. Manfredi, dietro Francesca, sentiva mancarsi il respiro davanti alle forme perfette dei fianchi di lei, alla sua vagina che lo invitava, umida, pronta ad accoglierlo. Come paralizzato, era rimasto li' fermo, davanti a quella scena di pura lussuria.
Francesca si volto' verso di lui ordinandogli: «Sbattimelo dentro.» Manfredi senti' un calore pervadere il suo ventre, poggio' le mani sui fianchi di Francesca e lentamente entro' dentro di lei.
Rodolfo vedeva chiaramente il pene di Manfredi penetrare la moglie. Non poteva vederla in viso mentre dava piacere agli altri due, i quali lo guardavano con perversa soddisfazione mentre si approfittavano di lei.
Stefano, sapendo che il vecchio amico non poteva vedere tutto, indugiava su particolari per umiliarlo: «Rodolfo, questo rumore sono io che me la sto scopando in gola». Manfredi dietro di lei stantuffava sempre piu' forte; la prese per i capelli e le spinse la testa verso il pube di Stefano.
«Cosi', succhiagli il cazzo», le diceva ormai totalmente trasportato dagli altri, e stava per venire quando Franco volle prendere il suo posto. Avevano cominciato a scoparsela a turno.
La sabbia della clessidra non era caduta nemmeno per meta'. Francesca si girava a guardarla implorando i granelli di cadere lentamente.
«Ma avrebbero rispettato la parola?», pensava. Avrebbero lasciato stare Cristina e Valeria? Era persa in questi pensieri, mentre meccanicamente spompinava Manfredi e Stefano davanti a se', quando quest'ultimo disse con tono compiaciuto': «Ma diamo uno spettacolo piu' vario al nostro amico».
Cosi' dicendo si distese per terra e ordino' a Francesca di montare sopra di lui. Mentre lo faceva ebbe cura di rivolgersi verso Rodolfo e quando lei si fece penetrare egli sapeva che Rodolfo poteva vedere tutto: il culo di sua moglie che ondeggiava sotto i colpi, le muscolose gambe e i testicoli che andavano su e giu', mentre l'asta entrava dentro di lei fino in fondo e si ricopriva man mano dei liquidi della sua vagina.
- «Guarda come cavalca bene», commento' Stefano.
Intanto Francesca continuava con i suoi pompini agli altri due, che l'avevano affiancata in piedi a destra e a sinistra.
In quel momento il livello della sabbia arrivo' a meta'. Mirone si alzo' e si avvicino' ad un grande schermo montato sulla parete.
«Forse le fara' piacere vedere che le sue figlie stanno bene in questo momento», e mentre diceva queste parole sullo schermo apparve un'immagine di sorveglianza che colpi' Francesca e Rodolfo come mille pugnali. Le due ragazze erano ammanettate, nude, assicurate ai pilastri del grande parcheggio sotterraneo. Alcuni fari delle auto parcheggiate le illuminavano: Cristina, col suo corpo bruno e affusolato, tentava di nascondere i peli del suo pube sollevando una coscia e girandosi su un fianco; Valeria aveva entrambe le braccia sopra la testa, era stata ammanettata ad una sbarra trasversale sopra di lei, e i suoi bianchi seni cadevano mollemente.
Attorno a loro diversi agenti le guardavano; erano almeno cinque o sei, e due di loro si stavano masturbando.
«Quegli uomini stanno a distanza perche' io glielo ordino. Vede, la disciplina e' tutto», disse Mirone esplicitando la sua minaccia.
- «Ma voi siete degli assassini!», urlo' con rabbia e disperazione Rodolfo.
- «Assassini?» - rispose Mirone stupito - «Assassini sono coloro che hanno ucciso, che hanno spento vite negli attentati terroristici che hanno colpito la citta'.»
- «Ma noi non c'entriamo nulla!», gli occhi di Francesca si riempirono di lacrime.
«Le lascerete andare? Le lascerete andare, vero?», disse chiedendo conferma del sordido patto che avevano stipulato, mentre Stefano sotto di lei la scopava con sempre piu' volutta'.
Mirone fece un cenno di assenso con il capo e Francesca si senti' pervasa dalla stessa determinazione del giorno precedente, quando il suo pensiero era stato solo accorciare la sofferenza di suo marito.
Guardo' Manfredi negli occhi e gli disse sicura: «adesso ti faccio venire, carino». E cosi' dicendo prese il suo cazzo in bocca e comincio' spompinarlo con due mani. L'espressione di Manfredi venne stravolta dal piacere.
- «La puttana di tua moglie se li gode proprio i nostri cazzi, Rodolfo!», commento' Franco.
Udite queste parole Francesca lo guardo': «Ti piace, eh? Tra poco tocca a te», disse staccandosi dal pene di Manfredi. E poi, rivolta a quest'ultimo: «dai, sborrami in faccia, sborrami in faccia!», e riprese a pompare piu' intensamente di prima. «Si! Date a questa troia quello che vuole!», incitava da sotto Stefano che non aveva mai smesso di spingere ritmicamente il cazzo dentro di lei.
Manfredi non riusciva piu' a trattenersi. «Sto venendo, sto venendo...», mormoro' a labbra socchiuse.
«Vienimi in faccia, porco!» fu l'ultimo incitamento di Francesca. Rodolfo ebbe a gridare «No!», ma in quel momento lo sperma di Manfredi esplodeva nella bocca di Francesca.
Quando si senti' investire la da quei fiotti caldi Francesca tiro' fuori il pene di lui e continuo' a farlo eiaculare sulle sue labbra e sul viso. Manfredi continuava a schizzarle il suo seme, non aveva mai goduto cosi' tanto in vita sua, e Rodolfo chiuse gli occhi voltandosi indietro per lo sgomento.
«Fuori uno, eh? Faresti venire pure un morto, troia», disse Stefano. E poi, togliendosi da sotto di lei: «dai, succhiami il cazzo». Francesca si tolse da sopra il ventre di Stefano, si giro' dall'altra parte per portare alla bocca il suo pene e cosi' facendo gli mise il culo in faccia. Rodolfo poteva osservarla, ancora tutta sporca di sperma sul viso, mentre affondava con volutta' sul cazzo di Stefano. Lui intanto le aveva abbracciato i fianchi con forza e, anche se Rodolfo non poteva vederlo direttamente, si capiva che le stava leccando voracemente la fica.
Manfredi si sedette per terra, sfinito. Franco si avvicino' a Rodolfo e lo ammoni': «Noi non sborriamo prima della clessidra, tranquillo. Non vedo l'ora che i nostri compagni si facciano anche le tue figlie». E cosi' dicendo torno' dietro Francesca e reclamo' per se' la sua vulva. Stefano tolse la bocca dai suoi umori, fradicio, mentre l'amico si faceva largo infilando il suo pene. Comincio' a scoparla violentemente a pecorina rivolto verso Rodolfo. Il suono del suo pube che sbatteva sulle natiche di Francesca riempiva la stanza, e alcuni dei colpi erano cosi' forti che lei veniva spinta avanti, con il pene di Stefano che le scappava fuori dalla bocca.
La clessidra ormai aveva solamente un quarto della sua sabbia. Stefano si tolse da sotto Francesca, alzandosi in piedi e mettendosi davanti a lei.
Francesca non si faceva nemmeno piu' dare ordini, li assecondava, preveniva i loro desideri, cercava di eccitarli in qualunque modo. «Dai, dammi il tuo cazzo» - disse a Stefano, il quale non se lo fece ripetere e ricomincio' a farsi spompinare. Rodolfo vedeva il pene del vecchio amico scomparire dentro la bocca della moglie, una, due volte, tre... poi lei lo tirava fuori, vi sputava sopra e continuava a pomparlo con entrambe le mani tenendo la cappella in bocca.
Sapeva di non avere piu' molto tempo: «Franco», disse voltandosi verso l'uomo, «scopami nel culo come una puttana». Franco ormai era troppo su di giri per gestire la sua eccitazione: tiro' fuori il suo pene, bagnato da tutti i liquidi vaginali, poggio' la cappella sull'ano di Francesca e spinse dentro. In un colpo solo fu in fondo al suo retto, e Francesca emise come un ruggito: «Si! Si!».
Comincio' a incularsela con grande foga. «Le sto sfondando il culo!» - grido' a Rodolfo senza ormai alcun freno inibitorio.
«Si', sfondami il culo», replico' lei per fargli perdere il controllo, ma Stefano subito le rimise il cazzo in bocca.
Franco affondava i suoi colpi decisi mentre Francesca mugolava col cazzo di Stefano in fondo alla gola.
«Riempiamola per bene questa troia» - esclamo' Stefano, e cosi' dicendo si chino' verso Francesca e, carezzandole il mento con una dolcezza maligna, aggiunse sussurrando: «li vuoi tutti dentro, vero?».
Rodolfo guardava impotente, non sapeva quando quell'incubo sarebbe finito. Tutto diventava sempre peggiore, piu' degradante e umiliante ad ogni attimo. Vide Franco togliere il pene dall'ano di sua moglie e stendersi per terra per scoparla di nuovo da sotto. Stefano prese il posto dell'amico dietro di lei, per incularsela.
La penetravano insieme ora e il corpo di Francesca era scosso da colpi sempre piu' violenti. Ella penso' che non avrebbero potuto controllarsi a lungo.
«Si', sbattimi il cazzo in culo», mormoro' a Stefano.
«Ma dille al tuo maritino queste cose», rispose beffardo lui.
Francesca, col viso ancora imbrattato di sperma, ebbe la forza di guardare Rodolfo. Fu sopraffatta dalla pena e dal senso di violazione che avvolgeva il marito; non voleva essere lei ad umiliarlo ancora di piu'. Ebbe un momento di esitazione, guardo' il monitor di sorveglianza alla parete, ma questo non mostrava piu' le immagini del parcheggio sotterraneo; cosi' non c'era modo di sapere cosa stesse succedendo li' sotto.
Rivolse lo sguardo alla clessidra e capi' che non c'era piu' tempo per alcuna esitazione.
«Rodolfo...», mormoro'. «Rodolfo, mi stanno aprendo il culo», urlo' come presa da un furore lussurioso, «sto godendo come una puttana!».
«Si', la nostra puttana!», fece seguito Stefano, e comincio' a sbattersela piu' forte e veloce che poteva.
Francesca, mentre i due uomini entravano a fondo dentro di lei, si chino' su Franco e gli mise la lingua in bocca. Poi comincio' a leccargli l'orecchio e a sussurargli: «voglio la tua sborra in faccia».
Franco si senti' esplodere. Si tolse da sotto di lei, alzandosi in piedi per farselo succhiare. Non capiva piu' nulla, non ricordava nemmeno come tutto fosse iniziato.
«Che stai facendo, non e' ancora ora di finire!!» - lo riprese Stefano, ma le sue parole furono coperte da Francesca che incitava Franco e aveva ripreso a segarlo con due mani.
«Vienimi in faccia!» - diceva guardandolo negli occhi - «vienimi in faccia mentre ho il cazzo di Stefano in culo. Dai, voglio ingoiare il tuo sperma!». E ricomincio' a pomparlo come una forsennata.
«La clessidra...» - provo' ad ammonire Stefano fermandosi. Francesca si volto' allora verso di lui e comincio' a spingere ritmicamente i fianchi verso il suo pube in modo da venire penetrata ancora piu' a fondo. Le pareti del suo ano avvolgevano il pene di Stefano che si sentiva sopraffare dal piacere.
«Voglio che mi sfondi il culo adesso!». Su queste parole spalanco' la bocca davanti al pene di Franco, pronta a farsi inondare di sperma.
«Sborra! Sborra!», gli disse Francesca protendendo la lingua verso la cappella, leccandone la punta con veloci colpi mentre lo masturbava. Franco senti' il seme sul punto di esplodere copiosamente, prese la testa di Francesca tra le mani e la spinse a se' infilandole il membro in bocca a fondo e tenendola stretta. Lo sperma riempiva la gola di Francesca mentre Franco si abbandonava a quella sensazione irripetibile.
Rodolfo guardava sconcertato l'amico eiaculare mentre il suo corpo veniva percorso da fremiti. Infine Franco lascio' andare la testa di Francesca; lei si stacco' da lui e il seme comincio' a colarle dalle labbra. Poi si giro' verso Stefano, che aveva chiuso gli occhi nei suoi sforzi per non raggiungere l'orgasmo, e, mentre ancora spingeva il suo culo verso di lui per farsi penetrare a fondo, lo guardo' mostrandogli la bocca piena di sperma. Ingoio' tutto quello che aveva in bocca e con un tono di disinibita volutta' pronuncio': «Dai, riempimi il culo, Stefano».
Stefano senti' di non potersi piu' trattenere. Francesca lo stava facendo venire con le sue oscenita' e scopandolo a un ritmo sempre piu' forte. Sarebbe venuto comunque, poteva solo scegliere di portare a termine quell'abuso nel modo piu' umiliante possibile per i due prigionieri, smettendo di subire tutto cio' che Francesca gli faceva pur di farlo cedere.
Cosi' afferro' nuovamente i fianchi di lei pronto a scaricare tutta la sua eccitazione: «Rodolfo, adesso le spacco il culo!», e ricomincio' a sbattersela con foga. L'intero corpo di Francesca veniva spinto in avanti dalla forza di quei colpi. Stefano le prese le braccia facendole inarcare la schiena, e la tirava all'indietro mentre il suo pene sempre piu' a fondo vinceva ogni residua resistenza del suo ano.
«Ti apro il culo!», disse mentre sentiva l'eiaculazione avvicinarsi sempre piu'. «Si'!» - grugni' Francesca - «Rompimi il culo. Riempilo di sborra».
«Ti voglio venire in faccia», rispose Stefano, e le tiro' fuori il pene dall'ano, prendendola per i capelli e facendola inginocchiare.
«Dammi il cazzo, dammi il cazzo», lo esorto' lei, cercandolo con una mano. Ma Stefano strinse la presa e le rovescio' la testa, cominciando a segarsi da solo sopra la bocca di lei.
«Ingoia tutto, puttana», le ordino' mentre si masturbava sopra la sua faccia. Francesca spalanco' la bocca, pronta a farsi venire in faccia.
«Dammi la sborra», lo esorto' lei.
«Cosa sei tu?», le chiese Stefano al culmine dell'eccitazione. «Sono la tua troia», rispose lei.
Su quella parola Stefano comincio' a eiacularle in faccia e in bocca. Lo sperma le inondava il viso e colava dalle sua guance sul suo corpo nudo.
«No, basta!», imploro' Rodolfo.
La lingua di Francesca riceveva abbondanti schizzi; lei ingoiava e riapriva la bocca per coglierne ancora.
«Che puttana...» mormoro' Stefano con un lungo sospiro, mentre Francesca leccava la sua cappella guardandolo negli occhi.
In quel momento un sottile filo di sabbia scendeva ancora dalla clessidra. Sempre piu' sottile e frammentato, fino agli ultimi pochi granelli. E l'ultimo granello infine cadde.
Non riconosceva quell'edificio, non aveva idea di dove fosse.
Le guardie lo fecero saltar giu' e lo condussero, porta dopo porta, all'interno della struttura.
«Dove le avete portate?», urlo' agitato mentre due agenti lo trascinavano percorrendo un asettico corridoio con numerose porte a destra e a sinistra.
Si fermarono davanti ad una di queste e lo consegnarono, ammanettato. Nella stanza Rodolfo trovo' Francesca seduta vicino alla parete, su un lato. Una forte luce era puntata su di lei, mentre nell'angolo piu' buio vi erano quattro uomini. Due di loro si fecero avanti per prenderlo in custodia: erano Franco e Manfredi. Con forza lo spinsero a sedersi dalla stessa parte della moglie; poi dal buio si fece avanti Mirone, seguito dall'altro agente che Rodolfo riconobbe essere Stefano. I suoi amici e il suo carceriere erano tutti li', e Rodolfo e Francesca erano alla loro merce'.
«Legato» - prese la parola Mirone - «devo constatare con rammarico che non ha saputo ripagare la nostra generosita'. L'avevamo rilasciata nonostante i pesanti sospetti a suo carico e lei cosa fa? Dopo un giorno aggredisce tre membri della forza pubblica e organizza una fuga dal paese, dopo che le era stato espressamente vietato di allontanarsi.»
Rodolfo non riusciva ad ascoltarlo, guardava la moglie per sincerarsi che stesse bene. «Dove sono le mie figlie?» - grido'.
Stefano allora lo colpi' con un violentissimo schiaffo: «Bastardo, qui le domande non le fai certo tu. Non ti permettere di interrompere il dottor Mirone un'altra volta!».
Francesca urlo' dalla paura.
Mirone gli fece cenno che bastava cosi' e riprese a parlare con la consueta calma: «Le sue figlie sono custodite in una confortevolissima cella. Ce ne occuperemo dopo. Adesso lei invece comincera' a dirci tutto quello che sa della resistenza organizzata. Nomi, luoghi, date e contatti».
Rodolfo fu travolto da un turbine di pensieri. Cosa doveva fare? Come potevano salvarsi? Se avesse venduto la resistenza le sue speranze di lasciare il paese sarebbero andate in frantumi. Doveva cercare di gestire la situazione in qualche modo, di uscire sano e salvo da quella prigionia senza perdere tutto.
Mirone lo incalzo': «Non ha niente da dire? Potremmo chiedere ad altri componenti della sua famiglia. Immagino che sappiano qualcosa... una famiglia cosi' unita come la vostra!»
«Rodolfo, per l'amor del cielo, se sai qualcosa di' tutto!», imploro' Francesca.
«Dottore» - inizio' Rodolfo - «i miei anni nella Resistenza sono finiti con la guerra. Sono un normale cittadino rispettoso delle leggi, non ho contatti e non so nulla. Ho gia' detto tutto quello che sapevo, ieri.»
Mirone lo osservo' pensieroso. «Bene!» - sbotto' - «Mandate un po' di guardie dalle figlie. Questi uomini fanno turni massacranti, hanno pure il diritto al loro svago. Anzi, volete andare voi per primi?», disse rivolto ai tre.
Francesca trasali'. In lei erano ancora vive tutte le sensazioni del pomeriggio precedente, di tutto cio' che era accaduto nell'ufficio di Mirone.
«No! No...» - proruppe - «...lasciatele stare. Ci sono io qua per voi. Basto io.»
«Francesca, cosa dici??» - domando' Rodolfo con sgomento. Lei lo guardo' negli occhi, con fare materno, come a rassicurarlo che lei poteva far si' che fossero rilasciati.
«Signora» - rispose Mirone - «il suo attaccamento alla famiglia mi commuove sempre. Di certo questo e' uno dei valori fondanti della nostra nazione».
Fece qualche passo indietro verso la grande libreria che occupava la parte buia della stanza, apri' uno sportello e ne prelevo' un oggetto.
«Vede questa?» - domando' a Francesca mentre le mostrava la clessidra che ella gli aveva portato il giorno precedente.
«Faccia eiaculare gli uomini in questa stanza prima che tutta la sabbia sia caduta. Questo ci dimostrera' l'attaccamento che ha per le sue figlie», disse mentre capovolgeva il pregiato manufatto e lo poggiava sul pavimento.
Rodolfo ebbe un sussulto: «Che cosa state facendo, siete impazziti?». Si dimenava, ammanettato e bloccato alla sua sedia.
Francesca si alzo' e fece qualche passo al centro della stanza. Poi, abbassando gli occhi, mormoro': «...venite, presto.»
Franco si fece avanti per primo. Cerco' di baciarla, mentre Francesca si ritraeva; allora comincio' a baciarle il collo scendendo sempre piu' verso la scollatura del vestito.
Stefano e Manfredi la circondarono da dietro. Stefano comincio' ad alzarle la gonna lanciando sguardi verso Rodolfo.
«Non potete! Non potete!», urlo' lui.
Francesca non aveva idea di quanto durasse quella clessidra. Dieci minuti, quindici, non lo sapeva. Doveva fare in fretta.
Si abbasso' le spalline del vestito rimanendo con il seno scoperto e si inginocchio' sul pavimento. I tre amici allora si sfibbiarono i pantaloni e tirarono fuori i loro peni: Manfredi e Franco erano gia' in piena erezione. Lei, senza esitazioni, comincio' a masturbarli con le mani mentre con la bocca cercava il pene di Stefano per farlo inturgidire. Stefano porto' il pube sopra la sua faccia e lei comincio' a leccargli i testicoli. Lui sospiro' rumorosamente, mentre l'asta diventava sempre piu' grande.
In pochi secondi Francesca ebbe a circondarla tre cazzi che doveva pompare e succhiare. Rodolfo era pietrificato, mentre la sabbia scorreva. Nonostante la scena che aveva davanti agli occhi, con la moglie inginocchiata davanti a tre uomini, sentiva che nessuno l'aveva ancora violata, che tutto poteva essere fermato.
Ma in quel momento Francesca porto' la cappella del pene di Stefano davanti alle bocca, comincio' a leccarla cosi' come prima gli stava leccando i testicoli, e poi la poggio' sulle labbra. E dentro, gli prese il cazzo interamente in bocca.
«Si'! Succhiamelo, tesoro» - disse Franco portando la mano dietro la testa di Francesca, spingendola a se' e affondando ancora di piu' il pene nella sua gola.
«Sono vent'anni che volevo infilarle il cazzo in bocca» - si rivolse a Rodolfo con sfrontatezza - «vedrai come la facciamo diventare la nostra troia adesso».
Francesca fece scivolare il pene di Franco fuori dalla sua bocca con uno schiocco osceno. Prese la sua asta con una mano e mentre lo masturbava disse chiaro: «Si', sono la vostra troia». Doveva eccitarli, doveva farli venire prima che il suo tempo scadesse. Li prendeva in bocca a turno, con un ritmo sempre piu' incalzante. La saliva mista agli umori dei tre uomini le colava dalla bocca lungo il collo e i seni.
Manfredi si era abbassato per infilarle una mano sotto la gonna e toccarla. Le sue dita si fecero strada sotto il vestito e dentro le sue mutandine. Era sempre stato un bravo ragazzo: la sua metamorfosi, trascinato da quella banda di aguzzini, era la piu' sconcertante.
La palpo' generosamente mentre Francesca aveva il suo cazzo in mano ed esclamo': «comincia a bagnarsi, la puttana!».
Francesca gli lancio' uno sguardo, poi tirando fuori dalla bocca il pene di Stefano gli disse: «mi vuoi scopare, vero?». Si rialzo' in piedi e fece scivolare il vestito giu' sul pavimento. Poi, inarcando la schiena, abbasso' le mutandine rivelando a tutti la sua vulva carnosa. «Avanti, fottimi», ordino' freddamente a Manfredi, che senti' un brivido di eccitazione percorrergli il ventre.
Rodolfo tento' di ribellarsi: «Fermi! Voglio parlare, voglio dire delle cose.»
Mirone, che aveva assistito a tutta la scena in silenzio fino a quel momento, intervenne: «Lei non conduce gli interrogatori qui. Parlera' quando glielo chiederemo».
Francesca si era chinata per offrire la sua femminilita' a Manfredi, che stava dietro di lei, mentre Franco le metteva il cazzo in bocca da davanti.
Stefano si avvicino' a Rodolfo e gli sussurro' sottovoce: «A me non me ne frega un cazzo della resistenza. Io oggi mi voglio solo scopare tua moglie davanti ai tuoi occhi». E, dette queste parole, torno' davanti a Francesca prendendo il posto di Franco. Le infilo' il pene in bocca e comincio' a spingere ritmicamente mentre Franco continuava a farsi segare. Manfredi, dietro Francesca, sentiva mancarsi il respiro davanti alle forme perfette dei fianchi di lei, alla sua vagina che lo invitava, umida, pronta ad accoglierlo. Come paralizzato, era rimasto li' fermo, davanti a quella scena di pura lussuria.
Francesca si volto' verso di lui ordinandogli: «Sbattimelo dentro.» Manfredi senti' un calore pervadere il suo ventre, poggio' le mani sui fianchi di Francesca e lentamente entro' dentro di lei.
Rodolfo vedeva chiaramente il pene di Manfredi penetrare la moglie. Non poteva vederla in viso mentre dava piacere agli altri due, i quali lo guardavano con perversa soddisfazione mentre si approfittavano di lei.
Stefano, sapendo che il vecchio amico non poteva vedere tutto, indugiava su particolari per umiliarlo: «Rodolfo, questo rumore sono io che me la sto scopando in gola». Manfredi dietro di lei stantuffava sempre piu' forte; la prese per i capelli e le spinse la testa verso il pube di Stefano.
«Cosi', succhiagli il cazzo», le diceva ormai totalmente trasportato dagli altri, e stava per venire quando Franco volle prendere il suo posto. Avevano cominciato a scoparsela a turno.
La sabbia della clessidra non era caduta nemmeno per meta'. Francesca si girava a guardarla implorando i granelli di cadere lentamente.
«Ma avrebbero rispettato la parola?», pensava. Avrebbero lasciato stare Cristina e Valeria? Era persa in questi pensieri, mentre meccanicamente spompinava Manfredi e Stefano davanti a se', quando quest'ultimo disse con tono compiaciuto': «Ma diamo uno spettacolo piu' vario al nostro amico».
Cosi' dicendo si distese per terra e ordino' a Francesca di montare sopra di lui. Mentre lo faceva ebbe cura di rivolgersi verso Rodolfo e quando lei si fece penetrare egli sapeva che Rodolfo poteva vedere tutto: il culo di sua moglie che ondeggiava sotto i colpi, le muscolose gambe e i testicoli che andavano su e giu', mentre l'asta entrava dentro di lei fino in fondo e si ricopriva man mano dei liquidi della sua vagina.
- «Guarda come cavalca bene», commento' Stefano.
Intanto Francesca continuava con i suoi pompini agli altri due, che l'avevano affiancata in piedi a destra e a sinistra.
In quel momento il livello della sabbia arrivo' a meta'. Mirone si alzo' e si avvicino' ad un grande schermo montato sulla parete.
«Forse le fara' piacere vedere che le sue figlie stanno bene in questo momento», e mentre diceva queste parole sullo schermo apparve un'immagine di sorveglianza che colpi' Francesca e Rodolfo come mille pugnali. Le due ragazze erano ammanettate, nude, assicurate ai pilastri del grande parcheggio sotterraneo. Alcuni fari delle auto parcheggiate le illuminavano: Cristina, col suo corpo bruno e affusolato, tentava di nascondere i peli del suo pube sollevando una coscia e girandosi su un fianco; Valeria aveva entrambe le braccia sopra la testa, era stata ammanettata ad una sbarra trasversale sopra di lei, e i suoi bianchi seni cadevano mollemente.
Attorno a loro diversi agenti le guardavano; erano almeno cinque o sei, e due di loro si stavano masturbando.
«Quegli uomini stanno a distanza perche' io glielo ordino. Vede, la disciplina e' tutto», disse Mirone esplicitando la sua minaccia.
- «Ma voi siete degli assassini!», urlo' con rabbia e disperazione Rodolfo.
- «Assassini?» - rispose Mirone stupito - «Assassini sono coloro che hanno ucciso, che hanno spento vite negli attentati terroristici che hanno colpito la citta'.»
- «Ma noi non c'entriamo nulla!», gli occhi di Francesca si riempirono di lacrime.
«Le lascerete andare? Le lascerete andare, vero?», disse chiedendo conferma del sordido patto che avevano stipulato, mentre Stefano sotto di lei la scopava con sempre piu' volutta'.
Mirone fece un cenno di assenso con il capo e Francesca si senti' pervasa dalla stessa determinazione del giorno precedente, quando il suo pensiero era stato solo accorciare la sofferenza di suo marito.
Guardo' Manfredi negli occhi e gli disse sicura: «adesso ti faccio venire, carino». E cosi' dicendo prese il suo cazzo in bocca e comincio' spompinarlo con due mani. L'espressione di Manfredi venne stravolta dal piacere.
- «La puttana di tua moglie se li gode proprio i nostri cazzi, Rodolfo!», commento' Franco.
Udite queste parole Francesca lo guardo': «Ti piace, eh? Tra poco tocca a te», disse staccandosi dal pene di Manfredi. E poi, rivolta a quest'ultimo: «dai, sborrami in faccia, sborrami in faccia!», e riprese a pompare piu' intensamente di prima. «Si! Date a questa troia quello che vuole!», incitava da sotto Stefano che non aveva mai smesso di spingere ritmicamente il cazzo dentro di lei.
Manfredi non riusciva piu' a trattenersi. «Sto venendo, sto venendo...», mormoro' a labbra socchiuse.
«Vienimi in faccia, porco!» fu l'ultimo incitamento di Francesca. Rodolfo ebbe a gridare «No!», ma in quel momento lo sperma di Manfredi esplodeva nella bocca di Francesca.
Quando si senti' investire la da quei fiotti caldi Francesca tiro' fuori il pene di lui e continuo' a farlo eiaculare sulle sue labbra e sul viso. Manfredi continuava a schizzarle il suo seme, non aveva mai goduto cosi' tanto in vita sua, e Rodolfo chiuse gli occhi voltandosi indietro per lo sgomento.
«Fuori uno, eh? Faresti venire pure un morto, troia», disse Stefano. E poi, togliendosi da sotto di lei: «dai, succhiami il cazzo». Francesca si tolse da sopra il ventre di Stefano, si giro' dall'altra parte per portare alla bocca il suo pene e cosi' facendo gli mise il culo in faccia. Rodolfo poteva osservarla, ancora tutta sporca di sperma sul viso, mentre affondava con volutta' sul cazzo di Stefano. Lui intanto le aveva abbracciato i fianchi con forza e, anche se Rodolfo non poteva vederlo direttamente, si capiva che le stava leccando voracemente la fica.
Manfredi si sedette per terra, sfinito. Franco si avvicino' a Rodolfo e lo ammoni': «Noi non sborriamo prima della clessidra, tranquillo. Non vedo l'ora che i nostri compagni si facciano anche le tue figlie». E cosi' dicendo torno' dietro Francesca e reclamo' per se' la sua vulva. Stefano tolse la bocca dai suoi umori, fradicio, mentre l'amico si faceva largo infilando il suo pene. Comincio' a scoparla violentemente a pecorina rivolto verso Rodolfo. Il suono del suo pube che sbatteva sulle natiche di Francesca riempiva la stanza, e alcuni dei colpi erano cosi' forti che lei veniva spinta avanti, con il pene di Stefano che le scappava fuori dalla bocca.
La clessidra ormai aveva solamente un quarto della sua sabbia. Stefano si tolse da sotto Francesca, alzandosi in piedi e mettendosi davanti a lei.
Francesca non si faceva nemmeno piu' dare ordini, li assecondava, preveniva i loro desideri, cercava di eccitarli in qualunque modo. «Dai, dammi il tuo cazzo» - disse a Stefano, il quale non se lo fece ripetere e ricomincio' a farsi spompinare. Rodolfo vedeva il pene del vecchio amico scomparire dentro la bocca della moglie, una, due volte, tre... poi lei lo tirava fuori, vi sputava sopra e continuava a pomparlo con entrambe le mani tenendo la cappella in bocca.
Sapeva di non avere piu' molto tempo: «Franco», disse voltandosi verso l'uomo, «scopami nel culo come una puttana». Franco ormai era troppo su di giri per gestire la sua eccitazione: tiro' fuori il suo pene, bagnato da tutti i liquidi vaginali, poggio' la cappella sull'ano di Francesca e spinse dentro. In un colpo solo fu in fondo al suo retto, e Francesca emise come un ruggito: «Si! Si!».
Comincio' a incularsela con grande foga. «Le sto sfondando il culo!» - grido' a Rodolfo senza ormai alcun freno inibitorio.
«Si', sfondami il culo», replico' lei per fargli perdere il controllo, ma Stefano subito le rimise il cazzo in bocca.
Franco affondava i suoi colpi decisi mentre Francesca mugolava col cazzo di Stefano in fondo alla gola.
«Riempiamola per bene questa troia» - esclamo' Stefano, e cosi' dicendo si chino' verso Francesca e, carezzandole il mento con una dolcezza maligna, aggiunse sussurrando: «li vuoi tutti dentro, vero?».
Rodolfo guardava impotente, non sapeva quando quell'incubo sarebbe finito. Tutto diventava sempre peggiore, piu' degradante e umiliante ad ogni attimo. Vide Franco togliere il pene dall'ano di sua moglie e stendersi per terra per scoparla di nuovo da sotto. Stefano prese il posto dell'amico dietro di lei, per incularsela.
La penetravano insieme ora e il corpo di Francesca era scosso da colpi sempre piu' violenti. Ella penso' che non avrebbero potuto controllarsi a lungo.
«Si', sbattimi il cazzo in culo», mormoro' a Stefano.
«Ma dille al tuo maritino queste cose», rispose beffardo lui.
Francesca, col viso ancora imbrattato di sperma, ebbe la forza di guardare Rodolfo. Fu sopraffatta dalla pena e dal senso di violazione che avvolgeva il marito; non voleva essere lei ad umiliarlo ancora di piu'. Ebbe un momento di esitazione, guardo' il monitor di sorveglianza alla parete, ma questo non mostrava piu' le immagini del parcheggio sotterraneo; cosi' non c'era modo di sapere cosa stesse succedendo li' sotto.
Rivolse lo sguardo alla clessidra e capi' che non c'era piu' tempo per alcuna esitazione.
«Rodolfo...», mormoro'. «Rodolfo, mi stanno aprendo il culo», urlo' come presa da un furore lussurioso, «sto godendo come una puttana!».
«Si', la nostra puttana!», fece seguito Stefano, e comincio' a sbattersela piu' forte e veloce che poteva.
Francesca, mentre i due uomini entravano a fondo dentro di lei, si chino' su Franco e gli mise la lingua in bocca. Poi comincio' a leccargli l'orecchio e a sussurargli: «voglio la tua sborra in faccia».
Franco si senti' esplodere. Si tolse da sotto di lei, alzandosi in piedi per farselo succhiare. Non capiva piu' nulla, non ricordava nemmeno come tutto fosse iniziato.
«Che stai facendo, non e' ancora ora di finire!!» - lo riprese Stefano, ma le sue parole furono coperte da Francesca che incitava Franco e aveva ripreso a segarlo con due mani.
«Vienimi in faccia!» - diceva guardandolo negli occhi - «vienimi in faccia mentre ho il cazzo di Stefano in culo. Dai, voglio ingoiare il tuo sperma!». E ricomincio' a pomparlo come una forsennata.
«La clessidra...» - provo' ad ammonire Stefano fermandosi. Francesca si volto' allora verso di lui e comincio' a spingere ritmicamente i fianchi verso il suo pube in modo da venire penetrata ancora piu' a fondo. Le pareti del suo ano avvolgevano il pene di Stefano che si sentiva sopraffare dal piacere.
«Voglio che mi sfondi il culo adesso!». Su queste parole spalanco' la bocca davanti al pene di Franco, pronta a farsi inondare di sperma.
«Sborra! Sborra!», gli disse Francesca protendendo la lingua verso la cappella, leccandone la punta con veloci colpi mentre lo masturbava. Franco senti' il seme sul punto di esplodere copiosamente, prese la testa di Francesca tra le mani e la spinse a se' infilandole il membro in bocca a fondo e tenendola stretta. Lo sperma riempiva la gola di Francesca mentre Franco si abbandonava a quella sensazione irripetibile.
Rodolfo guardava sconcertato l'amico eiaculare mentre il suo corpo veniva percorso da fremiti. Infine Franco lascio' andare la testa di Francesca; lei si stacco' da lui e il seme comincio' a colarle dalle labbra. Poi si giro' verso Stefano, che aveva chiuso gli occhi nei suoi sforzi per non raggiungere l'orgasmo, e, mentre ancora spingeva il suo culo verso di lui per farsi penetrare a fondo, lo guardo' mostrandogli la bocca piena di sperma. Ingoio' tutto quello che aveva in bocca e con un tono di disinibita volutta' pronuncio': «Dai, riempimi il culo, Stefano».
Stefano senti' di non potersi piu' trattenere. Francesca lo stava facendo venire con le sue oscenita' e scopandolo a un ritmo sempre piu' forte. Sarebbe venuto comunque, poteva solo scegliere di portare a termine quell'abuso nel modo piu' umiliante possibile per i due prigionieri, smettendo di subire tutto cio' che Francesca gli faceva pur di farlo cedere.
Cosi' afferro' nuovamente i fianchi di lei pronto a scaricare tutta la sua eccitazione: «Rodolfo, adesso le spacco il culo!», e ricomincio' a sbattersela con foga. L'intero corpo di Francesca veniva spinto in avanti dalla forza di quei colpi. Stefano le prese le braccia facendole inarcare la schiena, e la tirava all'indietro mentre il suo pene sempre piu' a fondo vinceva ogni residua resistenza del suo ano.
«Ti apro il culo!», disse mentre sentiva l'eiaculazione avvicinarsi sempre piu'. «Si'!» - grugni' Francesca - «Rompimi il culo. Riempilo di sborra».
«Ti voglio venire in faccia», rispose Stefano, e le tiro' fuori il pene dall'ano, prendendola per i capelli e facendola inginocchiare.
«Dammi il cazzo, dammi il cazzo», lo esorto' lei, cercandolo con una mano. Ma Stefano strinse la presa e le rovescio' la testa, cominciando a segarsi da solo sopra la bocca di lei.
«Ingoia tutto, puttana», le ordino' mentre si masturbava sopra la sua faccia. Francesca spalanco' la bocca, pronta a farsi venire in faccia.
«Dammi la sborra», lo esorto' lei.
«Cosa sei tu?», le chiese Stefano al culmine dell'eccitazione. «Sono la tua troia», rispose lei.
Su quella parola Stefano comincio' a eiacularle in faccia e in bocca. Lo sperma le inondava il viso e colava dalle sua guance sul suo corpo nudo.
«No, basta!», imploro' Rodolfo.
La lingua di Francesca riceveva abbondanti schizzi; lei ingoiava e riapriva la bocca per coglierne ancora.
«Che puttana...» mormoro' Stefano con un lungo sospiro, mentre Francesca leccava la sua cappella guardandolo negli occhi.
In quel momento un sottile filo di sabbia scendeva ancora dalla clessidra. Sempre piu' sottile e frammentato, fino agli ultimi pochi granelli. E l'ultimo granello infine cadde.
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