Punti premio alla stazione di benzina
di
LXIX
genere
voyeur
Di nuovo in giro anche oggi. D'altronde è il mio lavoro: faccio il rappresentante e sgaso tutti i giorni su statali, autostrade e vecchie strade che si dimenticano sempre di asfaltare alla ricerca di contatti, contratti, e via andare. Beh, meglio che starsene chiuso in un ufficio, sicuro! Seppellito lì dentro (in maledetti uffici) ne ho fatti troppi di lavori di merda alienanti che ora mi sento rinato a rappresentare (si dice così?) la mia azienda in giro per ‘sta penisola.
Ero dalle parti di Modena, no forse Reggio Emilia, boh non ricordo, quando mi son fermato in un lercio distributore per farmi una bella pisciata e fare il pieno alla mia Ford aziendale. Era il classico distributore con baretto annesso che puzza di gasolio dove i clienti son sempre o assonnati camionisti (simpatici come un cancro alle palle) o vecchi in pensione che non trovano di meglio che scappellarselo dentro un cesso di posto del genere giocando alle loro stupide carte.
Ne conosco fin troppi di posti del genere.
Beh, faccio il pieno, entro dentro a pagare e chiedo del bagno. Il tizio al di là della cassa, un baffone alto e mezzo stempiato, ma fa segno di andarmene da dove sono venuto. Alt, non è che fosse uno stronzo, è che il cesso era proprio fuori la porta, sul retro del locale. Passo quindi accanto un vecchiaccio che se ne sta solo a un tavolo. Mi incuriosisce di lui una cosa: sta guardando un grosso tablet, che tiene stretto tra le mani. Avrà una ottantina di anni e sì, c’ha in mano un tablet. Strano, no? Lo supero e butto un occhio per lumare meglio quel vecchio così lontano da come sono tutti i suoi coetanei. E allora sì che me lo vedo bene quello che sta vedendo sul tablet: una cicciona negra lo stava succhiando ad un tizio palestrato in piedi di fronte a lei, con l’uccello ben in tiro che spuntava grosso e tozzo dalla sua tuta. Poco da aggiungere se non che sto per dire addio all’arzillo vecchiaccio quando noto che il principio di Parkinson di cui mi sembrava affetto (dal momento lo vedevo tenere il tablet con un evidente tremolio), in realtà era ben altro: da sotto il tavolo si sta facendo una sega e per questo fa fatica a stare fermo. A quel punto, prima di rischiare di assistere all’orgasmo di quel vecchio, esco e faccio quello che devo fare in bagno.
Ma ecco che quando esco dal cesso, di fronte a me, in quello delle donne, mi si para davanti uno splendido culo avvolto in pantaloni di pelle. Cristo santo, era uno splendido pezzo di fica (con pantaloni attillati di pelle pure!!!) che stava pulendo il pavimento, chinata a terra a novanta gradi.
Io rimango un attimo lì a godermi lo spettacolo di quel culo burroso da affondarci in mezzo lingua e narici a tutto spiano pensando di essere un furbone, quando la ragazza si gira d’improvviso e mi sgama!
Cerco di fare finta di nulla ed evaporo via senza dire un’acca.
Poi?
Beh, che volete: quel culo m’è rimasto in mente, poco da fare.
Anche perché da quella pompa di benzina ci passavo sì e no cinque se non sei volte quasi tutti i giorni ed era una delle poche in zona che accettava la mia carta carburante aziendale.
Impossibile quindi non doverci tornare!
E la seconda volta beccai proprio la ragazza alla cassa. Del baffone neanche l’ombra. Lei stavolta aveva dei jeans talmente attillati che mi ci potevo immaginare il gusto di fica di cui senza dubbio dovevano essere pregni, cazzo di dio che schianto!
Piglio un caffè e mentre lei me lo prepara non riesco a smettere di guardare quel culo che si porta dietro e che dalla mia posizione, poggiato al bancone di quel lurido bar di vecchi segaioli, potevo vedere moooolto bene. Alla fine le faccio i complimenti per il caffè (che in realtà fa schifo) ed esco a fumarmi una sigaretta cercando di dominare la leggera erezione che mi sta venendo. Ho appena appizzato la Camel che ecco la ragazza esce pure lei. Si piazza a pochi metri da me, sulla destra. Siamo seduti entrambi su due zozze sedie di plastica Algida. Io fumo e, inevitabile, la sbircio. E lei cosa fa? Vedo che prende un piccolo sgabello e se lo piazza di fronte. Poi, lentamente, si slaccia le stringe delle sue Converse e fa spuntare fuori due sporchi calzini che una volta dovevano essere bianchi. E poi, cristo santo (!), se li toglie e poggia sullo sgabello, pochi metri da me sulla destra cazzo di dio (!), due prefetti piedini minuscoli e smaltati di rosso. E comincia a muoverli. Prima uno poi l’altro. E di nuovo, con quell’espressione stanca, l’espressione di chi considerava il mondo attorno insignificante. Un’espressione, la sua, di assoluta superiorità che me lo fece, insieme a quei piedini, rizzare all’istante.
Pensai subito a come doveva scopare divinamente quella ragazza!
Doveva essere una furia!
Bomba nucleare pronta a vaporizzare le palle di qualsiasi uomo, svuotandole che poi, dopo di lei, non sarebbe rimasto più nulla di quel povero cristo crocifisso!
Il mio cazzo si era talmente indurito che risultava evidente cosa stessi provando. E lei, a quel punto, mi concede il colpo di grazia: si gira verso di me e mi sorride. Poi, come una calamita, mi ritrovo ad osservarle la sua mano destra che lentamente si avvicina al cavallo dei suoi jeans per finire proprio lì, in mezzo alla sua fica! E se la passa una, due tre volte contro quella sorca che immagino sicuro pelosa e con un forte odore, bollente e bagnata per giunta.
Io la guardo, cristo, la guardo eccome e non me ne frega più niente del mondo attorno. Dell’intero universo! E lei intanto continua a passarsi la mano sulla figa. Poi si alza e a piedi nudi si avvicina a me e cosa fa? Senza dire una parola mi stampa quella mano che prima s’è passata in mezzo alle cosce dritto in faccia, sussurrandomi di leccargliela.
E lì vado in totale blackout.
Perdo totalmente il senso di quello che ho attorno, dove mi trovavo, nulla. Non sapevo manco più chi cazzo ero e comincio a leccarle la mano come un povero cane bastardo e affamato di figa.
Improvviso poi lei mi libera la faccia dalla sua mano profumata di succo di sorca e sparisce dentro il bar, lasciandomi lì, col cazzo ritto dentro i pantaloni e un gusto di fica e Camel in bocca.
Mi riprendo un attimo quando mi suona il cellulare. È un mio cliente che mi sta chiamando. Se ne vada affanculo, penso, e non lo considero. Entro invece dentro il bar, quando la mia erezione si è un poco attenuata, però non la vedo. Non c’è proprio nessuno e di quella diavola bollente tutta da scopare manco l’ombra.
Me ne vado, straniato e in un certo senso sconfitto, e quella sera a casa mi son dovuto tirare due seghe. La prima immaginandomi di schizzarle i piedi, l’altra (dio mio non mi scendeva più quella sera il cazzo) mentre la montavo sul bancone del bar facendo venir giù, mentre la sbattevo, tutta la fila di gratta e vinci esposti lì sopra.
Nei giorni seguenti ho cominciato a tornarci regolarmente in quella stazione di benzina. E ogni volta, appena arrivavo e parcheggiavo, non sentivo più puzza di gasolio. Ah no. Prima di entrare nel bar mi annusavo invece le dita immaginandomi fossero cariche di odore di fica, ecco.
Ma non successe più nulla d’interessante per me.
Lei era sempre molto sulle sue e molto schiva tutte le volte, sempre con quel suo sguardo stanco e assente da chi ha chiavato tutta la notte precedente, porca troia se lo aveva fatto, oh sì!! Una volta però mi dicesi che dovevo rompere il ghiaccio, mi faceva troppo impazzire quella ragazza e poi cristo quella mano alla fica che mi aveva strofinato in faccia meritava vendetta!!
E proprio quando m’ero deciso a parlarle, provare insomma un approccio, ecco, proprio quel giorno successe tutto.
Arrivai poco prima di pranzo e parcheggiai vicino un Daily Iveco da muratore. Prima di entrare nel bar me ne fumai una seduto sulla solita sedia Algida, ma questa volta su quella dove c’era stata lei la prima volta. Mi venne in mente allora di annusarla, quella sedia, per testare se fosse pregna della sua fica. Poi ragionai: sicuramente dopo quella volta potevano essersi sedute altre persone, come me in quel momento, e lasciai allora perdere. Me ne stetti invece lì a finire la mia Camel quando vidi arrivare sul piazzale una Panda bianca e da quella scendere proprio lei, quella benedetta maldetta fica bollente!
E porco di un dio cosa indossava quel giorno con il termometro che segnava trenta gradi? Aveva una leggera gonnellina bianca che le lasciava agevolmente filtrare in mezzo alle sue cosce la poca aria che spirava sulla Pianura quel giorno. Mi passò accanto e giuro su dio (cazzo, com’ero ridotto da far schifo), ricordo annusai l’aria seguendo la sua scia. Un tentativo (misero e inutile) di sentire il suo aroma di sorca.
A che razza di gioco stava giocando come me quel diavolo???
Entrai bello deciso con il cazzo che già mi prudeva e con mia gioia la ritrovai come la prima volta (anzi la seconda, la volta della mano in faccia insomma). Quel giorno, contrariamente a tutte le altre volte, si muoveva infatti attorno a me come la cagnetta in calore. E io sentivo, lo percepivo, che voleva da me qualcosa, e vero dio gliel’avrei dato porca puttana sì!!
Mi fece accomodare per il pranzo, ma non al solito posto in mezzo ai vecchi o a camionisti con le palle sporche. Mi disse di seguirla (dio mio mentre la seguivo odoravo l’aria in cerca di fica ma purtroppo sentivo solo il puzzo di fritto esausto venire dalla cucina), e mi fece accomodare in una piccola saletta.
Da solo.
E lì glielo dissi.
Le dissi semplicemente che volevo rifarlo. Cosa? chiese lei facendomi impazzire. Volevo rifare quello che lei mia aveva fatto quel giorno, dissi. Volevo sentire ancora il suo gusto, le dissi proprio così. Lei allora mi sorrise, non disse un cazzo e sculettò via. A me stava venendo di nuovo duro e cercai di calmarmi.
Poi arrivò per l’ordinazione … baffone!
Cristo, non l’avevo più visto quel coglione.
E che ci faceva lì proprio quel giorno? E in quel momento poi! Fu un colpo basso ma poteva non significare nulla. Lei sarebbe tornata, pensai. E lì mi venne un pensiero che mi si stampò in testa come un chiodo, e proprio come un chiodo mi faceva sanguinare: insomma, volevo prenderla a tutti i costi quel tizzone ardente di fica, e appena fosse tornata (al posto di ‘sto coglione baffone), beh, insomma, l’avrei forza di cose presa … ecco … io … le avrei gettato all’aria quella gonnellina … strappato le mutandine … me le sarei mangiate quelle mutandine cristo … ci sarei morto con in bocca quelle … e … poi …
Ordinai a baffone primo secondo e quartino di vino e quello sparì.
Io ero un bollore e cominciai a toccarmi la patta dei pantaloni. Strusciavo sul cazzo fino a dovermi fermare per non sborrarmi addosso.
Il pranzo poi passò via normale.
Purtroppo.
Voglio dire che non la vidi per tutta la durata del pasto. Mi servì infatti sempre baffone e io non gli dissi nulla. Che dovevo dire? Dov’è … ecco chi? Tua figlia??? Poteva esserlo tra l’altro, per giunta.
Finii il mio pessimo pranzo (ovvio, la cucina era scadente, all’altezza di un posto dove un vecchio si sega sotto il tavolo) e aspettai il caffè.
Ed ecco che cristo santo a portarmelo a quel punto arrivò lei.
Finalmente!
Era la mia occasione. Unica. Irripetibile.
Appena appoggiò la tazzina sul tavolo mi chiese se volevo lo zucchero.
Che cazzo me ne frega dello zucchero, pensai.
Voglio leccarti la figa, le dissi invece.
Lei di nuovo con quel sorriso stanco da arrizzacazzi fece per andare via. Io allora ero sul punto di scoppiare … stavo per alzarmi e … dio mio no … l’avrei afferrata … e …
Lei invece di andarsene chiuse la porta della stanza.
E rimase lì, fissandomi come a dire che cazzo aspetti?
Cristo santo le saltai addosso.
Non so come ma mi ritrovai subito l’uccello fuori dalla zip dei pantaloni. Lei si mise seduta sopra uno dei tavoli liberi e spalancò le cosce. Cristo santo altro che mutandine in bocca! Non le indossava mica quel diavolo! Presi a leccare come un bastardo, con la testa in mezzo quel suo piccolo cespuglio che portava, affondato e disperso sotto la sua gonna. E leccavo, leccavo, mentre il cazzo mi esplodeva poco più in basso.
Poi lei mi allontanò con la mano e mi disse di stendermi a terra.
Cristo santo sì, subito dio mio!
E mi ritrovai a leccarle di nuovo la figa e stavolta anche il culo, mentre lei a sua volta succhiava la mia cappella in un sessantanove di pura poesia!!!!
Non ce la facevo più.
Mentre soffocavo tra le sue chiappe odorandola tutta, lì dove c’era la sua pregna essenza, sentii la sua lingua leccarmi dolcemente il cazzo, partendo dalla cappella fino alle palle.
Schizzai tre volte chissà dove dentro quella sala, sdraiato a terra tra tavoli vuoti, vecchie sedie di legno fuori moda e il naso spinto dentro le sue chiappe.
Tempo di rialzarmi (lei non ne aveva abbastanza e dovevo riprendermi in fretta perché di certo non mi avrebbe fatto uscire da lì VIVO senza che la scopassi, ci mancherebbe!!) e mi accorsi di una cosa: lì dentro, il mio uccello, non era il solo organo maschile presente.
Baffone, seminascosto nella penombra vicino una porta laterale che non avevo notato prima, si stava sparando una sega!
Lì per lì non sapevo come reagire.
Poi mi dimenticai quasi subito di baffone perché lei riprese a succhiarmelo, ancora grondante della sborrata precedente, tanto che l’uccello mi si riarmò in fretta.
La scopai da dietro, pompandola contro il tavolo dove avevo appena consumato il pasto, tanto che feci cadere a terra piatti, bicchieri, tazzina di caffè, tutto quello che c’era ancora lì, e in mezzo al casino di posate che cadono, vettovaglie che si sfracassano a terra, la chiavai a più non posso e quando la sentii gemere le schizzai dentro la mia seconda sborrata.
Ero in un bagno di sudore.
Ci rivestimmo e io evitai di vedere dove fosse baffone. Probabilmente si era fatto di nuovo una sega ma non m’importava.
Beh, sapete una cosa?
Ero stato scelto.
Ero il predestinato, co-protagonista in mezzo ad altri mille dei loro giochi erotici. Il padre (?), il marito (?), l’amico (?) (non lo seppi mai e mai glielo chiesi) che si sega mentre io mi scopo la sua fica bollente.
Ripetemmo il copione svariate volte.
Io arrivavo sempre per pranzo e, che dire, il dolce me lo pigliavo con lei dopo! Sempre! E (sempre!) baffone era lì, nascosto chissà dove, che se lo menava guardandoci scopare.
Hey, vecchio stronzo, sai che ti dico? Segati mentre me la sbatto per bene, sì dai che mi piace!!! Mi piaceva infatti ‘sta cosa, oh sì! Alla fine mi resi conto che mi dava ancora più voglia di battezzare d’uccello la mia splendida locandiera!!!!!! Una locandiera di una triste e infima stazione di benzina ma che s’illuminava di puro fuoco tra le gambe, gioia del palato, divinità da scopare ad illuminare anche le giornate più tristi e dure (oh quello sì, soprattutto quello, come il marmo!!!!!!).
L’altro giorno mentre scopavamo m’è sembrato, nascosto da qualche parte, di sentire ansimare più forte baffone che forse s’è preso il covid mi sa. Sta di fatto che poi alla cassa lei mi ha dato una piccola cassa bluetooth della Bose: l’avevo vinta coi punti benzina!
Ma quanto bella può essere la vita, non credete??
Ero dalle parti di Modena, no forse Reggio Emilia, boh non ricordo, quando mi son fermato in un lercio distributore per farmi una bella pisciata e fare il pieno alla mia Ford aziendale. Era il classico distributore con baretto annesso che puzza di gasolio dove i clienti son sempre o assonnati camionisti (simpatici come un cancro alle palle) o vecchi in pensione che non trovano di meglio che scappellarselo dentro un cesso di posto del genere giocando alle loro stupide carte.
Ne conosco fin troppi di posti del genere.
Beh, faccio il pieno, entro dentro a pagare e chiedo del bagno. Il tizio al di là della cassa, un baffone alto e mezzo stempiato, ma fa segno di andarmene da dove sono venuto. Alt, non è che fosse uno stronzo, è che il cesso era proprio fuori la porta, sul retro del locale. Passo quindi accanto un vecchiaccio che se ne sta solo a un tavolo. Mi incuriosisce di lui una cosa: sta guardando un grosso tablet, che tiene stretto tra le mani. Avrà una ottantina di anni e sì, c’ha in mano un tablet. Strano, no? Lo supero e butto un occhio per lumare meglio quel vecchio così lontano da come sono tutti i suoi coetanei. E allora sì che me lo vedo bene quello che sta vedendo sul tablet: una cicciona negra lo stava succhiando ad un tizio palestrato in piedi di fronte a lei, con l’uccello ben in tiro che spuntava grosso e tozzo dalla sua tuta. Poco da aggiungere se non che sto per dire addio all’arzillo vecchiaccio quando noto che il principio di Parkinson di cui mi sembrava affetto (dal momento lo vedevo tenere il tablet con un evidente tremolio), in realtà era ben altro: da sotto il tavolo si sta facendo una sega e per questo fa fatica a stare fermo. A quel punto, prima di rischiare di assistere all’orgasmo di quel vecchio, esco e faccio quello che devo fare in bagno.
Ma ecco che quando esco dal cesso, di fronte a me, in quello delle donne, mi si para davanti uno splendido culo avvolto in pantaloni di pelle. Cristo santo, era uno splendido pezzo di fica (con pantaloni attillati di pelle pure!!!) che stava pulendo il pavimento, chinata a terra a novanta gradi.
Io rimango un attimo lì a godermi lo spettacolo di quel culo burroso da affondarci in mezzo lingua e narici a tutto spiano pensando di essere un furbone, quando la ragazza si gira d’improvviso e mi sgama!
Cerco di fare finta di nulla ed evaporo via senza dire un’acca.
Poi?
Beh, che volete: quel culo m’è rimasto in mente, poco da fare.
Anche perché da quella pompa di benzina ci passavo sì e no cinque se non sei volte quasi tutti i giorni ed era una delle poche in zona che accettava la mia carta carburante aziendale.
Impossibile quindi non doverci tornare!
E la seconda volta beccai proprio la ragazza alla cassa. Del baffone neanche l’ombra. Lei stavolta aveva dei jeans talmente attillati che mi ci potevo immaginare il gusto di fica di cui senza dubbio dovevano essere pregni, cazzo di dio che schianto!
Piglio un caffè e mentre lei me lo prepara non riesco a smettere di guardare quel culo che si porta dietro e che dalla mia posizione, poggiato al bancone di quel lurido bar di vecchi segaioli, potevo vedere moooolto bene. Alla fine le faccio i complimenti per il caffè (che in realtà fa schifo) ed esco a fumarmi una sigaretta cercando di dominare la leggera erezione che mi sta venendo. Ho appena appizzato la Camel che ecco la ragazza esce pure lei. Si piazza a pochi metri da me, sulla destra. Siamo seduti entrambi su due zozze sedie di plastica Algida. Io fumo e, inevitabile, la sbircio. E lei cosa fa? Vedo che prende un piccolo sgabello e se lo piazza di fronte. Poi, lentamente, si slaccia le stringe delle sue Converse e fa spuntare fuori due sporchi calzini che una volta dovevano essere bianchi. E poi, cristo santo (!), se li toglie e poggia sullo sgabello, pochi metri da me sulla destra cazzo di dio (!), due prefetti piedini minuscoli e smaltati di rosso. E comincia a muoverli. Prima uno poi l’altro. E di nuovo, con quell’espressione stanca, l’espressione di chi considerava il mondo attorno insignificante. Un’espressione, la sua, di assoluta superiorità che me lo fece, insieme a quei piedini, rizzare all’istante.
Pensai subito a come doveva scopare divinamente quella ragazza!
Doveva essere una furia!
Bomba nucleare pronta a vaporizzare le palle di qualsiasi uomo, svuotandole che poi, dopo di lei, non sarebbe rimasto più nulla di quel povero cristo crocifisso!
Il mio cazzo si era talmente indurito che risultava evidente cosa stessi provando. E lei, a quel punto, mi concede il colpo di grazia: si gira verso di me e mi sorride. Poi, come una calamita, mi ritrovo ad osservarle la sua mano destra che lentamente si avvicina al cavallo dei suoi jeans per finire proprio lì, in mezzo alla sua fica! E se la passa una, due tre volte contro quella sorca che immagino sicuro pelosa e con un forte odore, bollente e bagnata per giunta.
Io la guardo, cristo, la guardo eccome e non me ne frega più niente del mondo attorno. Dell’intero universo! E lei intanto continua a passarsi la mano sulla figa. Poi si alza e a piedi nudi si avvicina a me e cosa fa? Senza dire una parola mi stampa quella mano che prima s’è passata in mezzo alle cosce dritto in faccia, sussurrandomi di leccargliela.
E lì vado in totale blackout.
Perdo totalmente il senso di quello che ho attorno, dove mi trovavo, nulla. Non sapevo manco più chi cazzo ero e comincio a leccarle la mano come un povero cane bastardo e affamato di figa.
Improvviso poi lei mi libera la faccia dalla sua mano profumata di succo di sorca e sparisce dentro il bar, lasciandomi lì, col cazzo ritto dentro i pantaloni e un gusto di fica e Camel in bocca.
Mi riprendo un attimo quando mi suona il cellulare. È un mio cliente che mi sta chiamando. Se ne vada affanculo, penso, e non lo considero. Entro invece dentro il bar, quando la mia erezione si è un poco attenuata, però non la vedo. Non c’è proprio nessuno e di quella diavola bollente tutta da scopare manco l’ombra.
Me ne vado, straniato e in un certo senso sconfitto, e quella sera a casa mi son dovuto tirare due seghe. La prima immaginandomi di schizzarle i piedi, l’altra (dio mio non mi scendeva più quella sera il cazzo) mentre la montavo sul bancone del bar facendo venir giù, mentre la sbattevo, tutta la fila di gratta e vinci esposti lì sopra.
Nei giorni seguenti ho cominciato a tornarci regolarmente in quella stazione di benzina. E ogni volta, appena arrivavo e parcheggiavo, non sentivo più puzza di gasolio. Ah no. Prima di entrare nel bar mi annusavo invece le dita immaginandomi fossero cariche di odore di fica, ecco.
Ma non successe più nulla d’interessante per me.
Lei era sempre molto sulle sue e molto schiva tutte le volte, sempre con quel suo sguardo stanco e assente da chi ha chiavato tutta la notte precedente, porca troia se lo aveva fatto, oh sì!! Una volta però mi dicesi che dovevo rompere il ghiaccio, mi faceva troppo impazzire quella ragazza e poi cristo quella mano alla fica che mi aveva strofinato in faccia meritava vendetta!!
E proprio quando m’ero deciso a parlarle, provare insomma un approccio, ecco, proprio quel giorno successe tutto.
Arrivai poco prima di pranzo e parcheggiai vicino un Daily Iveco da muratore. Prima di entrare nel bar me ne fumai una seduto sulla solita sedia Algida, ma questa volta su quella dove c’era stata lei la prima volta. Mi venne in mente allora di annusarla, quella sedia, per testare se fosse pregna della sua fica. Poi ragionai: sicuramente dopo quella volta potevano essersi sedute altre persone, come me in quel momento, e lasciai allora perdere. Me ne stetti invece lì a finire la mia Camel quando vidi arrivare sul piazzale una Panda bianca e da quella scendere proprio lei, quella benedetta maldetta fica bollente!
E porco di un dio cosa indossava quel giorno con il termometro che segnava trenta gradi? Aveva una leggera gonnellina bianca che le lasciava agevolmente filtrare in mezzo alle sue cosce la poca aria che spirava sulla Pianura quel giorno. Mi passò accanto e giuro su dio (cazzo, com’ero ridotto da far schifo), ricordo annusai l’aria seguendo la sua scia. Un tentativo (misero e inutile) di sentire il suo aroma di sorca.
A che razza di gioco stava giocando come me quel diavolo???
Entrai bello deciso con il cazzo che già mi prudeva e con mia gioia la ritrovai come la prima volta (anzi la seconda, la volta della mano in faccia insomma). Quel giorno, contrariamente a tutte le altre volte, si muoveva infatti attorno a me come la cagnetta in calore. E io sentivo, lo percepivo, che voleva da me qualcosa, e vero dio gliel’avrei dato porca puttana sì!!
Mi fece accomodare per il pranzo, ma non al solito posto in mezzo ai vecchi o a camionisti con le palle sporche. Mi disse di seguirla (dio mio mentre la seguivo odoravo l’aria in cerca di fica ma purtroppo sentivo solo il puzzo di fritto esausto venire dalla cucina), e mi fece accomodare in una piccola saletta.
Da solo.
E lì glielo dissi.
Le dissi semplicemente che volevo rifarlo. Cosa? chiese lei facendomi impazzire. Volevo rifare quello che lei mia aveva fatto quel giorno, dissi. Volevo sentire ancora il suo gusto, le dissi proprio così. Lei allora mi sorrise, non disse un cazzo e sculettò via. A me stava venendo di nuovo duro e cercai di calmarmi.
Poi arrivò per l’ordinazione … baffone!
Cristo, non l’avevo più visto quel coglione.
E che ci faceva lì proprio quel giorno? E in quel momento poi! Fu un colpo basso ma poteva non significare nulla. Lei sarebbe tornata, pensai. E lì mi venne un pensiero che mi si stampò in testa come un chiodo, e proprio come un chiodo mi faceva sanguinare: insomma, volevo prenderla a tutti i costi quel tizzone ardente di fica, e appena fosse tornata (al posto di ‘sto coglione baffone), beh, insomma, l’avrei forza di cose presa … ecco … io … le avrei gettato all’aria quella gonnellina … strappato le mutandine … me le sarei mangiate quelle mutandine cristo … ci sarei morto con in bocca quelle … e … poi …
Ordinai a baffone primo secondo e quartino di vino e quello sparì.
Io ero un bollore e cominciai a toccarmi la patta dei pantaloni. Strusciavo sul cazzo fino a dovermi fermare per non sborrarmi addosso.
Il pranzo poi passò via normale.
Purtroppo.
Voglio dire che non la vidi per tutta la durata del pasto. Mi servì infatti sempre baffone e io non gli dissi nulla. Che dovevo dire? Dov’è … ecco chi? Tua figlia??? Poteva esserlo tra l’altro, per giunta.
Finii il mio pessimo pranzo (ovvio, la cucina era scadente, all’altezza di un posto dove un vecchio si sega sotto il tavolo) e aspettai il caffè.
Ed ecco che cristo santo a portarmelo a quel punto arrivò lei.
Finalmente!
Era la mia occasione. Unica. Irripetibile.
Appena appoggiò la tazzina sul tavolo mi chiese se volevo lo zucchero.
Che cazzo me ne frega dello zucchero, pensai.
Voglio leccarti la figa, le dissi invece.
Lei di nuovo con quel sorriso stanco da arrizzacazzi fece per andare via. Io allora ero sul punto di scoppiare … stavo per alzarmi e … dio mio no … l’avrei afferrata … e …
Lei invece di andarsene chiuse la porta della stanza.
E rimase lì, fissandomi come a dire che cazzo aspetti?
Cristo santo le saltai addosso.
Non so come ma mi ritrovai subito l’uccello fuori dalla zip dei pantaloni. Lei si mise seduta sopra uno dei tavoli liberi e spalancò le cosce. Cristo santo altro che mutandine in bocca! Non le indossava mica quel diavolo! Presi a leccare come un bastardo, con la testa in mezzo quel suo piccolo cespuglio che portava, affondato e disperso sotto la sua gonna. E leccavo, leccavo, mentre il cazzo mi esplodeva poco più in basso.
Poi lei mi allontanò con la mano e mi disse di stendermi a terra.
Cristo santo sì, subito dio mio!
E mi ritrovai a leccarle di nuovo la figa e stavolta anche il culo, mentre lei a sua volta succhiava la mia cappella in un sessantanove di pura poesia!!!!
Non ce la facevo più.
Mentre soffocavo tra le sue chiappe odorandola tutta, lì dove c’era la sua pregna essenza, sentii la sua lingua leccarmi dolcemente il cazzo, partendo dalla cappella fino alle palle.
Schizzai tre volte chissà dove dentro quella sala, sdraiato a terra tra tavoli vuoti, vecchie sedie di legno fuori moda e il naso spinto dentro le sue chiappe.
Tempo di rialzarmi (lei non ne aveva abbastanza e dovevo riprendermi in fretta perché di certo non mi avrebbe fatto uscire da lì VIVO senza che la scopassi, ci mancherebbe!!) e mi accorsi di una cosa: lì dentro, il mio uccello, non era il solo organo maschile presente.
Baffone, seminascosto nella penombra vicino una porta laterale che non avevo notato prima, si stava sparando una sega!
Lì per lì non sapevo come reagire.
Poi mi dimenticai quasi subito di baffone perché lei riprese a succhiarmelo, ancora grondante della sborrata precedente, tanto che l’uccello mi si riarmò in fretta.
La scopai da dietro, pompandola contro il tavolo dove avevo appena consumato il pasto, tanto che feci cadere a terra piatti, bicchieri, tazzina di caffè, tutto quello che c’era ancora lì, e in mezzo al casino di posate che cadono, vettovaglie che si sfracassano a terra, la chiavai a più non posso e quando la sentii gemere le schizzai dentro la mia seconda sborrata.
Ero in un bagno di sudore.
Ci rivestimmo e io evitai di vedere dove fosse baffone. Probabilmente si era fatto di nuovo una sega ma non m’importava.
Beh, sapete una cosa?
Ero stato scelto.
Ero il predestinato, co-protagonista in mezzo ad altri mille dei loro giochi erotici. Il padre (?), il marito (?), l’amico (?) (non lo seppi mai e mai glielo chiesi) che si sega mentre io mi scopo la sua fica bollente.
Ripetemmo il copione svariate volte.
Io arrivavo sempre per pranzo e, che dire, il dolce me lo pigliavo con lei dopo! Sempre! E (sempre!) baffone era lì, nascosto chissà dove, che se lo menava guardandoci scopare.
Hey, vecchio stronzo, sai che ti dico? Segati mentre me la sbatto per bene, sì dai che mi piace!!! Mi piaceva infatti ‘sta cosa, oh sì! Alla fine mi resi conto che mi dava ancora più voglia di battezzare d’uccello la mia splendida locandiera!!!!!! Una locandiera di una triste e infima stazione di benzina ma che s’illuminava di puro fuoco tra le gambe, gioia del palato, divinità da scopare ad illuminare anche le giornate più tristi e dure (oh quello sì, soprattutto quello, come il marmo!!!!!!).
L’altro giorno mentre scopavamo m’è sembrato, nascosto da qualche parte, di sentire ansimare più forte baffone che forse s’è preso il covid mi sa. Sta di fatto che poi alla cassa lei mi ha dato una piccola cassa bluetooth della Bose: l’avevo vinta coi punti benzina!
Ma quanto bella può essere la vita, non credete??
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