Giorno Libero
di
Rino
genere
sentimentali
Che giorno era? Non lo ricordo con esattezza. Di sicuro lavoravo ancora come consulente d’azienda e vivevo ancora a Milano. E di sicuro era un mio giorno libero, perché avvenne in tarda mattinata. Mi ero alzata presto quella volta, credo per l’abitudine agli orari di lavoro, ma stavo ancora facendo colazione in pigiama. Fuori era brutto tempo, ma non poi così tanto: di quando in quando tra la pioggia filtrava un po’ di luce dalle finestre. Ero nella mia cucina nuova e mangiavo dolci al cioccolato seduta su uno sgabello alto e nero, vicino la penisola bianca all’americana. Le mie casse diffondevano musica classica che non ascoltavo e dalla finestra della cucina si intravedevano le sagome dei grattacieli dietro al velo di pioggia leggera. Il tè era diventato tiepido, ma continuavo a berlo a forza mentre guardavo di traverso gli aerei di linea sorvolare la città. Ricordo che mi ero finalmente decisa a cambiare la musica di sottofondo, quando il rumore acuto del campanello mi fece fare un sobbalzo. Corsi in camera a prendere una vestaglia e andai ad aprire. Il ragazzo che trovai sull’uscio era un corriere. Aveva un pacco per me e aveva bisogno di una firma. Era un po’ troppo alto e un po’ troppo magro, con buffe braccia lunghe e sottili. Mi colpì però subito il suo sorriso, largo e schietto, la maniera impostata che aveva di scandire le parole. Delle goccioline di sudore scendevano dall’attaccatura dei suoi lunghi capelli neri e lisci, passando per la fronte alta, superando le sopracciglia sottili e attraversando un viso dai tratti delicati. Gli proposi di fermarsi un attimo per bere un po’ d’acqua. All’inizio finse di non voler accettare, poi si arrese ed entrò in casa, sedendosi a gambe larghe su di uno sgabello. Aveva ventitré anni e frequentava o il DAMS o Belle Arti, non so più con esattezza. Quello era un lavoro secondario che gli permetteva di mantenersi all’Università, anzi “Uni”, come disse lui. Quando gli chiesi a che punto era con gli studi, iniziò a massaggiarsi con un indice sottile da pianista il piccolo lobo tondo dell’orecchio. Cercai di cambiare argomento, ma in quel momento notai che mi stava guardando il seno. Adesso è solo un peso in più, due borse flaccide e rugose, ma allora erano ancora grandi e turgide. Credo di essere riuscita a non fargli notare che lo avevo notato. Devo però essere arrossita, perché subito dopo comparve del rossore anche sulle sue guance ben rasate. Mi indicò una macchia sul pigiama, probabilmente colpa dello spavento di prima, finendo per toccarmi attraverso il pile. Finsi di sbilanciarmi verso di lui per essere palpata. Lo guardavo mordersi le labbra e sfregare l’altra mano sulle ginocchia, mentre le sue risposte diventavano sempre più monosillabiche. Credeva di aver iniziato lui il gioco e mi sforzai di non fargli pensare il contrario: la sua sicurezza sarebbe diventata mio piacere, quando di lì a poco avrei leccato le sue parti intime. Posso ancora sentire le sue mani stuzzicare i capezzoli, grandi e scuri, molto più di adesso. Nella mia bocca sento ancora il caffè zuccherato e la brioche industriale con cui aveva fatto colazione. Se passo una mano sul mio corpo, riesco ancora a scambiare le mie dita per le sue. Ricordo benissimo il momento in cui gli mostrai il mio nudo corpo, che non avevo mai amato, mentre le sue pupille si dilatavano nei suoi occhi castani. Mi sforzai di fare un sorriso languido, ma forse riuscii a trasmettere solo compiacimento. Sono sicura che presi io l’iniziativa, iniziando a succhiarlo con il ritmo più lento che riuscii ad impormi. Il mio piacere fu interrotto solo quando, volendo forse scimmiottare i pornodivi, iniziò a spingermi la testa contro il suo sesso, affondando la mano in mezzo ai miei ricci. Un gesto scortese, che gli chiesi con delicatezza, scansando la mano, di non ripetere. Il suo glande arrossato dall’eccitazione, in cima ad un pene piuttosto corto, mi fece pensare che, se lo avessi guidato bene, non mi avrebbe deluso. Ho ricordi frammentati di quello che avvenne dopo, solo piccoli attimi di gioia. Le mie parti intime umide e calde a contatto con lo sgabello freddo. Il nostro sbandare mentre andavamo a letto cercando di rimanere eccitati. La sua lingua umida stimolare il mio sesso con piccoli movimenti circolari. Le nostre intimità che si sfregano, un attimo prima di essere penetrata. Il mio primo orgasmo, che mi fece venire dei piccoli crampi alle gambe. Il suo sguardo soddisfatto quando mi venne in bocca. Le nostre risate mentre lui si confessa figlio di borghesi e io figlia di operai. La tranquillità con cui ci promettemmo di non vederci più. Ricordo però molto bene il suo bel sorriso quando ci salutammo e la sua corsa frettolosa giù per le scale del condominio. So molto bene come poi trascorsi il resto della giornata: annoiandomi a morte.
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