Filippa 2 - Finalmente a casa!
di
Filippa2
genere
prime esperienze
Per mesi avevo sempre risparmiato il più possibile. Mi arrangiavo a tavola, facevo la spesa con i buoni pasto del datore di lavoro e ben spesso inviavo un pacco postale a casa con generi alimentari non deperibili. Qualche volta includevo anche un capo di abbigliamento acquistato in qualche outlet per mio marito o per il piccolino.
Ma dopo mesi e mesi di privazioni, decisi di spendere un po’ di soldi per me.
Presi contatti con il più elegante resort della zona e prenotai la suite per una notte. Volevo trascorrere l’ultima notte con l’uomo che amavo.
Scelsi il mercoledì, solo per un fatto economico…. La suite nei giorni di fine settimana aveva dei prezzi proibitivi.
Informai Donato e c’incontrammo mercoledì verso le ore 17.
Ma Donato mi apparve diverso.
Mi parlò subito, quasi per precisare qualche circostanza: “Ho finito il mio turno ora e per domani ho preso un giorno di ferie. A casa ho detto che avrei accompagnato un paziente appena dimesso per istruirlo alle cure domiciliari e rimanere con lui la notte. Ma sono nei guai. Sono laureato in scienze infermieristiche; svolgo come sai il mio lavoro nel reparto di chirurgia generale. Credo che per esigenze di organico mi trasferiranno nei reparti operatori. E lì avrò finito di vivere.”
“Pensi che sarà più difficile vederci?” dissi.
“Penso che sarà difficile vedere la mia famiglia! Penso che al mio ritorno a casa troverò i miei figli a letto; che non potrò accompagnarli a scuola il giorno dopo e che dovrò dire addio a tante cose, alla passeggiata al parco con i bambini, allo Stadio la domenica e persino all’allenamento atletico, ormai già ridotto a livello dilettantistico. Si preannuncia una vita di sacrifici, forse anche meglio retribuita, ma con tante privazioni. Ma se tutto questo può servire a salvare una vita o ad alleviare le sofferenze di qualcuno, sono contento.”
Quelle parole dimostravano a chiare lettere che la fiamma del nostro rapporto stava spegnendosi come una candela.
Come una belva ferita, mi feci coraggio e dissi:
“Ti avevo preannunciato che avrei gradito passare un’altra notte. Mi concedi questa grazia oppure desideri riaccompagnarmi a casa?”
E lui: “Non te la prendere. Lo sai benissimo che piace anche a me. Ma ci sono dei limiti per tutto. In Ospedale, dopo l’intervento, il primario in via riservata mi informò su quanto accadutoti e, anche ipotizzando una crisi depressiva mi chiese di avere per te un occhio di riguardo. Ti ho osservata sin dal primo giorno. Eri avvilita e mortificata; non ricevevi la visita di nessun familiare; la stessa vicina di letto – quella antipatica parente del primario – non ti degnava di uno sguardo. Cercavi conforto in una qualsiasi persona che ti rivolgeva la parola: anche con l’ausiliaria che cambiava le lenzuola o con la addetta alla pulizia delle stanze. In occasione della visita del chirurgo plastico ti accompagnai volentieri perché l’operatrice socio sanitaria e l’ausiliario erano occupati ed io ero in break. E quella volta mi sono rivolto dandoti del “tu”, proprio per sollevarti un po’ il morale. Poi la situazione è andata pian piano evolvendosi. Ma non può andare oltre. Ora sei guarita, stai bene; ma bisogna cambiare sistema. Sei sposata; mi dici che tuo marito non è un gran che a letto; e ci posso credere. Ma non è un motivo per tradirlo in continuazione. E lo stesso vale per me. Mia moglie, stanca del lavoro di un’intera giornata spesso non mi soddisfa appieno, ma è la madre dei miei figli ed è una donna che, donando tutto alla famiglia, mi è stata sempre vicino. E non merita il tradimento. Perdonami, non voglio rovinare la nostra serata.”
E poi, a voce alta:
“Filippa, avanti a tutta forza!! Dove andiamo?”
E indicai il luogo della struttura.
Prima la classica pizza e birra da adolescenti, poi, finalmente, l’ingresso nella struttura.
Eravamo consci che il nostro rapporto sarebbe miseramente fallito ma nei nostri animi volevamo assaporare pian piano, centellinare, quella splendida notte che ci attendeva.
Donato dette una occhiata alla stanza con vista mozzafiato e poi al bagno della suite e rimase meravigliato della vasca con idromassaggio.
“Questa è favolosa” disse.
In realtà era una vasca molto grande, di forma triangolare che poteva ospitare – ad occhio e croce – anche quattro persone. Oltre ai vari tasti per la regolazione delle temperature vi erano delle leve che regolavano la potenza delle pompe dell’acqua per l’idromassaggio. Alcuni definiscono ciò “l’effetto turbo”.
Donato disse: “Conosco l’apparecchio. Viene usato nei centri di riabilitazione oppure nelle piscine professionali per far allenare gli atleti a nuotare controcorrente. Usiamolo anche noi”.
E, tutti nudi, ci calammo.
L’acqua, alla giusta temperatura, iniziò a bagnare i nostri corpi. Dopo qualche minuto Donato mi accolse tra le sue braccia e mi disse: ”Apprezza il gettito dell’acqua”.
Mi aprì le gambe e pose la mia farfallina dinanzi all’uscita del flusso d’acqua posizionato in posizione “turbo”. Che sensazione meravigliosa. Il mio corpo e le mie parti intime venivano massaggiate non dalle mani di una persona o da un aggeggio, ma da ondate di acqua che parevano accarezzarmi, solleticarmi, massaggiarmi, lisciarmi in diverse maniere a seconda delle relative e sapienti regolazione delle manopole.
Sarei arrivata ben presto all’orgasmo, se non avessi chiesto a Donato di fermare quel turbine.
E lui si fermò. Quale migliore occasione per stringersi in un abbraccio amoroso, coronato da un bacio passionale? Ci girammo e rigirammo in quella non comune vasca e, tra mille reciproci apprezzamenti, ci spostammo subito sul letto per fare l’amore.
Donato mi penetrò con tutto il suo vigore. Sentivo la sua carne dentro di me e tutto il suo corpo peloso solleticarmi in tutte le parti del corpo: il suo petto villoso contro i capezzoli del mio seno, e le sue gambe irsute nell’interno delle mie cosce…… sensazione unica.
La mia vagina fu inondata di sperma….
Poi ancora la doccia insieme ed a letto tutti nudi, abbracciati. Ero felice come non mai.
La temperatura dell’ambiente era perfettamente regolata. Quindi niente lenzuola o qualche piccolo plaid o altro genere di conforto, alla buona, come avvenne una notte nella casa in cui alloggiavo. Ora tutto automatizzato alla perfezione.
Non dormimmo molto, era prevedibile. Ci aspettava un’altra meraviglia: la stanza del bagno turco riservata alla suite.
Seguimmo le istruzioni del manuale. E pian piano quel piccolo locale iniziò a riscaldarsi ed a riempirci di quei salutari fumi che avevano odore di cirmolo. Io divento matta per il cirmolo. Ed assaporare quegli aromi era una vicenda celestiale. In più, in un angolino, due piccole bottigliette di olio di cirmolo per i messaggi.
Nessuno di noi due aveva fatto quella esperienza.
E vidi Donato entusiasta. Mi disse subito: “Ora ovviamente pretenderai un massaggio? E sia!”
Nella stanza vi era infatti un lettino in legno che si prestava sia per uso massaggi che come seduta.
Donato pose un asciugamano e mi distese pancia in giù. Iniziò a massaggiarmi tutta. Le sue mani esperte sapevano muoversi in maniera eccellente: in quei momenti mi sentii ringiovanita di almeno dieci anni. E quel massaggio mi rinvigorì pe il successivo rapporto.
Donato si pose lui sotto ed io sopra. Da quanto tempo non provavo quella posizione. Ed iniziammo a strofinarci uno contro l’altro. Tutto ciò era facilitato dall’olio di cirmolo che aveva reso i nostri corpi viscidi come anguille. E sempre con la delizia di quelle gambe pelose che accarezzavano le mie cosce, le mie parti intime e, da dietro, il cui culetto. I segni ed i postumi della operazione erano un ricordo ma prudentemente non volli che quella parte mi fosse lambita. La mia idea di usare quel maledetto vibratore mi era costata cara e non volevo assolutamente ripetere quella esperienza.
Continuammo a massaggiarci per un po’. Non ce la facevo più!!
Al momento opportuno aprii le gambe e ricevetti lo sfiatino di Donato tutto dentro di me. Era sempre duro, ma quel che più spiccava era la sua vitalità. Una sensazione unica conclusasi nel migliore dei modi.
Donato ancora una volta schizzò dentro di me. Sentivo il suo liquido penetrarmi e poi colare sulle pareti delle mie cosce.
Da quell’uomo non avrei potuto pretendere di più!!
Seguirono alcuni minuti di attesa, in reciproco silenzio.
Poi Donato: “Credo che basti.”
Ed io: “D’accordo.”
Seguì la classica doccia per liberarci dell’olio e di ogni altra sostanza attaccata alla nostra pelle.
Con un po’ di acqua ingurgitai la pillola del giorno dopo. Donato era molto attento a questa operazione e ciò fu l’unica cosa che mi dispiacque. Faceva chiaramente capire che non avrebbe accettato alcun suo coinvolgimento…... Ma in cuor mio lo perdonai…….L’unica responsabile ero io.
Ci rivestimmo e scendemmo giù per la prima colazione.
Pagai con la carta di credito e mi fu rilasciata regolare ricevuta.
La notte era trascorsa, le ore erano volate, i nostri piaceri soddisfatti.
Ma l’ora dell’addio era vicina.
Donato mi accompagnò fin sotto casa.
Poco prima gli dissi: “Dobbiamo dirci addio?”
E lui: “No, nessun addio, nessun arrivederci. Sono parole che portano soltanto angoscia e dispiacere. Salutiamoci con quella parola che tutto il mondo ci invidia. Diciamoci “CIAO”.
“Sta bene. Ciao Donato”
“Ciao Filippa.”
E la nostra meravigliosa avventura finì in quel momento.
Mai più una telefonata, un messaggino, neanche uno squillo sul cellulare per dire: “Ti ricordo.”
Ma tutto sommato fu meglio così. Avevo pur sempre una casa ed una famiglia da dover accudire. E le ultime notizie, quelle che chiamavo scherzosamente “provenienti dal fronte orientale”, non erano buone. Per mio marito stava per terminare il periodo di cassa integrazione a zero ore e la vecchia zia, ormai ricoverata nella nostra casa, non dava segni di ripresa in salute.
Passarono circa dieci giorni in questa “tregua armata”. Poi il giorno del trasferimento.
Salutai tutti, lasciai lenzuola ed asciugamani nella stanzetta fino allora abitata, lasciai diversi indumenti ed una piccola offerta alla Caritas, poi con due trolley, in taxi, raggiunsi la stazione.
Mio marito mi attese con ansia sul marciapiede arrivo convogli.
Appena mi vide: “Una bella notizia. Credo davvero che mi assumeranno come magazziniere nel grande centro commerciale della città”.
Finalmente qualcosa di buono. In realtà, la manualità del mio consorte nel maneggiare il carello elevatore non aveva pari: riusciva a posizionare grandi contenitori a tanti metri di altezza con precisione millimetrica. Peccato che la precisione nella sistemazione si limitava ai soli contenitori di merce…… sarei stata molto più contenta se negli anni fosse stato in grado di posizionare con precisione il suo pisello…….
Giunti a casa, salutai la vecchia zia…..un grande dolore. La ricordavo piena di vita ed ora la rivedevo allettata, con difficoltà respiratorie e di movimento, ma lucidissima di mente.
Pensai un attimo cosa è la vita: fonte di felicità per alcuni, disgrazie e malattie per altri. Mi vennero in mente le parole del Manzoni ne “I promessi sposi: “la vita non deve essere un peso per molti e una festa per alcuni, ma per tutti un impiego, del quale ognuno renderà conto”.
Assicurai alla zia tutto il mio conforto e tutta la mia partecipazione. Non per nulla, per lei avevo ottenuto il trasferimento ed i benefici legati alla legge 104.
E forse iniziava a nascere in me il concetto di “redenzione”.
Mio marito, nel sistemare le valigie, scorse la ricevuta fiscale della suite.
“E questa cosa è?” disse stupito.
“Cosa vuoi che sia? La ricevuta fiscale del resort XXXX – E’ il presente che ho ritenuto di fare al primario per ringraziarlo. Avrei voluto regalargli uno smart box da utilizzare in seguito, ma la sua segretaria me lo sconsigliò e mi disse: “Per il carattere che ha il Professore, meglio il resort XXXX, è vicino ed offre tutte le comodità. E’ un tipo chiuso, non va in ferie neanche con grande entusiasmo.”
E mio marito: “Brava Filippa, ottima scelta. In questi casi hai sempre una marcia in più.”
Altro che pentimento o redenzione! Stavo diventando sempre più birbante!
Dopo due giorni mio marito venne assunto. Tornò pieno di gioia e disse: “Festeggiamo! Dobbiamo festeggiare!. Quindi, una bella cenetta a casa nostra, poi, FINALMENTE (!!!!) chiusi in camera da letto.
“Filippa, la tua assenza è durata un secolo! Vieni, rimaniamo vicini.” Ed iniziò come un marito normale. Ma la sua foga terminò subito. Mi disse: “Ti riscopro più bella. Girati di spalle.”
Diavolo! Pensai subito al mio culetto. Una ulteriore esperienza mi avrebbe condotto alla morte! Ma ciò – a tal punto dico: ovviamente!! – non avvenne.
Mio marito si inginocchiò sul letto e guardando a pieni occhi il mio culo iniziò a masturbarsi.
Non dissi nulla, ma rimasi turbata da quel comportamento. Come donna non ero riuscita a soddisfare i desideri non di un uomo qualsiasi, ma di mio marito. Ed il che è dequalificante. E da parte sua, il fatto che non riusciva ad avere un rapporto completo, nonostante, sembrava “ce l’avesse messa tutta!!”.
Una situazione anomala che avrei voluto chiarire quanto prima.
Nella settimana seguente si presentarono a casa mia due uomini ed una donna che si qualificarono “vecchi conoscenti della zia” e chiesero di essere da lei ricevuti.
Erano dei strani soggetti. La zia li accolse con cordialità e rimasero un bel po’ di tempo. Poi andarono via, salutando educatamente e precisando che desideravano essere informati delle condizioni della mia parente. Ricordarono la loro vecchia amicizia e lasciarono i loro recapiti telefonici, solo cellulari, non un fisso…. Vicenda un po’ strana….
Chi erano quelle persone?
Il seguito nel prossimo racconto.
Ma dopo mesi e mesi di privazioni, decisi di spendere un po’ di soldi per me.
Presi contatti con il più elegante resort della zona e prenotai la suite per una notte. Volevo trascorrere l’ultima notte con l’uomo che amavo.
Scelsi il mercoledì, solo per un fatto economico…. La suite nei giorni di fine settimana aveva dei prezzi proibitivi.
Informai Donato e c’incontrammo mercoledì verso le ore 17.
Ma Donato mi apparve diverso.
Mi parlò subito, quasi per precisare qualche circostanza: “Ho finito il mio turno ora e per domani ho preso un giorno di ferie. A casa ho detto che avrei accompagnato un paziente appena dimesso per istruirlo alle cure domiciliari e rimanere con lui la notte. Ma sono nei guai. Sono laureato in scienze infermieristiche; svolgo come sai il mio lavoro nel reparto di chirurgia generale. Credo che per esigenze di organico mi trasferiranno nei reparti operatori. E lì avrò finito di vivere.”
“Pensi che sarà più difficile vederci?” dissi.
“Penso che sarà difficile vedere la mia famiglia! Penso che al mio ritorno a casa troverò i miei figli a letto; che non potrò accompagnarli a scuola il giorno dopo e che dovrò dire addio a tante cose, alla passeggiata al parco con i bambini, allo Stadio la domenica e persino all’allenamento atletico, ormai già ridotto a livello dilettantistico. Si preannuncia una vita di sacrifici, forse anche meglio retribuita, ma con tante privazioni. Ma se tutto questo può servire a salvare una vita o ad alleviare le sofferenze di qualcuno, sono contento.”
Quelle parole dimostravano a chiare lettere che la fiamma del nostro rapporto stava spegnendosi come una candela.
Come una belva ferita, mi feci coraggio e dissi:
“Ti avevo preannunciato che avrei gradito passare un’altra notte. Mi concedi questa grazia oppure desideri riaccompagnarmi a casa?”
E lui: “Non te la prendere. Lo sai benissimo che piace anche a me. Ma ci sono dei limiti per tutto. In Ospedale, dopo l’intervento, il primario in via riservata mi informò su quanto accadutoti e, anche ipotizzando una crisi depressiva mi chiese di avere per te un occhio di riguardo. Ti ho osservata sin dal primo giorno. Eri avvilita e mortificata; non ricevevi la visita di nessun familiare; la stessa vicina di letto – quella antipatica parente del primario – non ti degnava di uno sguardo. Cercavi conforto in una qualsiasi persona che ti rivolgeva la parola: anche con l’ausiliaria che cambiava le lenzuola o con la addetta alla pulizia delle stanze. In occasione della visita del chirurgo plastico ti accompagnai volentieri perché l’operatrice socio sanitaria e l’ausiliario erano occupati ed io ero in break. E quella volta mi sono rivolto dandoti del “tu”, proprio per sollevarti un po’ il morale. Poi la situazione è andata pian piano evolvendosi. Ma non può andare oltre. Ora sei guarita, stai bene; ma bisogna cambiare sistema. Sei sposata; mi dici che tuo marito non è un gran che a letto; e ci posso credere. Ma non è un motivo per tradirlo in continuazione. E lo stesso vale per me. Mia moglie, stanca del lavoro di un’intera giornata spesso non mi soddisfa appieno, ma è la madre dei miei figli ed è una donna che, donando tutto alla famiglia, mi è stata sempre vicino. E non merita il tradimento. Perdonami, non voglio rovinare la nostra serata.”
E poi, a voce alta:
“Filippa, avanti a tutta forza!! Dove andiamo?”
E indicai il luogo della struttura.
Prima la classica pizza e birra da adolescenti, poi, finalmente, l’ingresso nella struttura.
Eravamo consci che il nostro rapporto sarebbe miseramente fallito ma nei nostri animi volevamo assaporare pian piano, centellinare, quella splendida notte che ci attendeva.
Donato dette una occhiata alla stanza con vista mozzafiato e poi al bagno della suite e rimase meravigliato della vasca con idromassaggio.
“Questa è favolosa” disse.
In realtà era una vasca molto grande, di forma triangolare che poteva ospitare – ad occhio e croce – anche quattro persone. Oltre ai vari tasti per la regolazione delle temperature vi erano delle leve che regolavano la potenza delle pompe dell’acqua per l’idromassaggio. Alcuni definiscono ciò “l’effetto turbo”.
Donato disse: “Conosco l’apparecchio. Viene usato nei centri di riabilitazione oppure nelle piscine professionali per far allenare gli atleti a nuotare controcorrente. Usiamolo anche noi”.
E, tutti nudi, ci calammo.
L’acqua, alla giusta temperatura, iniziò a bagnare i nostri corpi. Dopo qualche minuto Donato mi accolse tra le sue braccia e mi disse: ”Apprezza il gettito dell’acqua”.
Mi aprì le gambe e pose la mia farfallina dinanzi all’uscita del flusso d’acqua posizionato in posizione “turbo”. Che sensazione meravigliosa. Il mio corpo e le mie parti intime venivano massaggiate non dalle mani di una persona o da un aggeggio, ma da ondate di acqua che parevano accarezzarmi, solleticarmi, massaggiarmi, lisciarmi in diverse maniere a seconda delle relative e sapienti regolazione delle manopole.
Sarei arrivata ben presto all’orgasmo, se non avessi chiesto a Donato di fermare quel turbine.
E lui si fermò. Quale migliore occasione per stringersi in un abbraccio amoroso, coronato da un bacio passionale? Ci girammo e rigirammo in quella non comune vasca e, tra mille reciproci apprezzamenti, ci spostammo subito sul letto per fare l’amore.
Donato mi penetrò con tutto il suo vigore. Sentivo la sua carne dentro di me e tutto il suo corpo peloso solleticarmi in tutte le parti del corpo: il suo petto villoso contro i capezzoli del mio seno, e le sue gambe irsute nell’interno delle mie cosce…… sensazione unica.
La mia vagina fu inondata di sperma….
Poi ancora la doccia insieme ed a letto tutti nudi, abbracciati. Ero felice come non mai.
La temperatura dell’ambiente era perfettamente regolata. Quindi niente lenzuola o qualche piccolo plaid o altro genere di conforto, alla buona, come avvenne una notte nella casa in cui alloggiavo. Ora tutto automatizzato alla perfezione.
Non dormimmo molto, era prevedibile. Ci aspettava un’altra meraviglia: la stanza del bagno turco riservata alla suite.
Seguimmo le istruzioni del manuale. E pian piano quel piccolo locale iniziò a riscaldarsi ed a riempirci di quei salutari fumi che avevano odore di cirmolo. Io divento matta per il cirmolo. Ed assaporare quegli aromi era una vicenda celestiale. In più, in un angolino, due piccole bottigliette di olio di cirmolo per i messaggi.
Nessuno di noi due aveva fatto quella esperienza.
E vidi Donato entusiasta. Mi disse subito: “Ora ovviamente pretenderai un massaggio? E sia!”
Nella stanza vi era infatti un lettino in legno che si prestava sia per uso massaggi che come seduta.
Donato pose un asciugamano e mi distese pancia in giù. Iniziò a massaggiarmi tutta. Le sue mani esperte sapevano muoversi in maniera eccellente: in quei momenti mi sentii ringiovanita di almeno dieci anni. E quel massaggio mi rinvigorì pe il successivo rapporto.
Donato si pose lui sotto ed io sopra. Da quanto tempo non provavo quella posizione. Ed iniziammo a strofinarci uno contro l’altro. Tutto ciò era facilitato dall’olio di cirmolo che aveva reso i nostri corpi viscidi come anguille. E sempre con la delizia di quelle gambe pelose che accarezzavano le mie cosce, le mie parti intime e, da dietro, il cui culetto. I segni ed i postumi della operazione erano un ricordo ma prudentemente non volli che quella parte mi fosse lambita. La mia idea di usare quel maledetto vibratore mi era costata cara e non volevo assolutamente ripetere quella esperienza.
Continuammo a massaggiarci per un po’. Non ce la facevo più!!
Al momento opportuno aprii le gambe e ricevetti lo sfiatino di Donato tutto dentro di me. Era sempre duro, ma quel che più spiccava era la sua vitalità. Una sensazione unica conclusasi nel migliore dei modi.
Donato ancora una volta schizzò dentro di me. Sentivo il suo liquido penetrarmi e poi colare sulle pareti delle mie cosce.
Da quell’uomo non avrei potuto pretendere di più!!
Seguirono alcuni minuti di attesa, in reciproco silenzio.
Poi Donato: “Credo che basti.”
Ed io: “D’accordo.”
Seguì la classica doccia per liberarci dell’olio e di ogni altra sostanza attaccata alla nostra pelle.
Con un po’ di acqua ingurgitai la pillola del giorno dopo. Donato era molto attento a questa operazione e ciò fu l’unica cosa che mi dispiacque. Faceva chiaramente capire che non avrebbe accettato alcun suo coinvolgimento…... Ma in cuor mio lo perdonai…….L’unica responsabile ero io.
Ci rivestimmo e scendemmo giù per la prima colazione.
Pagai con la carta di credito e mi fu rilasciata regolare ricevuta.
La notte era trascorsa, le ore erano volate, i nostri piaceri soddisfatti.
Ma l’ora dell’addio era vicina.
Donato mi accompagnò fin sotto casa.
Poco prima gli dissi: “Dobbiamo dirci addio?”
E lui: “No, nessun addio, nessun arrivederci. Sono parole che portano soltanto angoscia e dispiacere. Salutiamoci con quella parola che tutto il mondo ci invidia. Diciamoci “CIAO”.
“Sta bene. Ciao Donato”
“Ciao Filippa.”
E la nostra meravigliosa avventura finì in quel momento.
Mai più una telefonata, un messaggino, neanche uno squillo sul cellulare per dire: “Ti ricordo.”
Ma tutto sommato fu meglio così. Avevo pur sempre una casa ed una famiglia da dover accudire. E le ultime notizie, quelle che chiamavo scherzosamente “provenienti dal fronte orientale”, non erano buone. Per mio marito stava per terminare il periodo di cassa integrazione a zero ore e la vecchia zia, ormai ricoverata nella nostra casa, non dava segni di ripresa in salute.
Passarono circa dieci giorni in questa “tregua armata”. Poi il giorno del trasferimento.
Salutai tutti, lasciai lenzuola ed asciugamani nella stanzetta fino allora abitata, lasciai diversi indumenti ed una piccola offerta alla Caritas, poi con due trolley, in taxi, raggiunsi la stazione.
Mio marito mi attese con ansia sul marciapiede arrivo convogli.
Appena mi vide: “Una bella notizia. Credo davvero che mi assumeranno come magazziniere nel grande centro commerciale della città”.
Finalmente qualcosa di buono. In realtà, la manualità del mio consorte nel maneggiare il carello elevatore non aveva pari: riusciva a posizionare grandi contenitori a tanti metri di altezza con precisione millimetrica. Peccato che la precisione nella sistemazione si limitava ai soli contenitori di merce…… sarei stata molto più contenta se negli anni fosse stato in grado di posizionare con precisione il suo pisello…….
Giunti a casa, salutai la vecchia zia…..un grande dolore. La ricordavo piena di vita ed ora la rivedevo allettata, con difficoltà respiratorie e di movimento, ma lucidissima di mente.
Pensai un attimo cosa è la vita: fonte di felicità per alcuni, disgrazie e malattie per altri. Mi vennero in mente le parole del Manzoni ne “I promessi sposi: “la vita non deve essere un peso per molti e una festa per alcuni, ma per tutti un impiego, del quale ognuno renderà conto”.
Assicurai alla zia tutto il mio conforto e tutta la mia partecipazione. Non per nulla, per lei avevo ottenuto il trasferimento ed i benefici legati alla legge 104.
E forse iniziava a nascere in me il concetto di “redenzione”.
Mio marito, nel sistemare le valigie, scorse la ricevuta fiscale della suite.
“E questa cosa è?” disse stupito.
“Cosa vuoi che sia? La ricevuta fiscale del resort XXXX – E’ il presente che ho ritenuto di fare al primario per ringraziarlo. Avrei voluto regalargli uno smart box da utilizzare in seguito, ma la sua segretaria me lo sconsigliò e mi disse: “Per il carattere che ha il Professore, meglio il resort XXXX, è vicino ed offre tutte le comodità. E’ un tipo chiuso, non va in ferie neanche con grande entusiasmo.”
E mio marito: “Brava Filippa, ottima scelta. In questi casi hai sempre una marcia in più.”
Altro che pentimento o redenzione! Stavo diventando sempre più birbante!
Dopo due giorni mio marito venne assunto. Tornò pieno di gioia e disse: “Festeggiamo! Dobbiamo festeggiare!. Quindi, una bella cenetta a casa nostra, poi, FINALMENTE (!!!!) chiusi in camera da letto.
“Filippa, la tua assenza è durata un secolo! Vieni, rimaniamo vicini.” Ed iniziò come un marito normale. Ma la sua foga terminò subito. Mi disse: “Ti riscopro più bella. Girati di spalle.”
Diavolo! Pensai subito al mio culetto. Una ulteriore esperienza mi avrebbe condotto alla morte! Ma ciò – a tal punto dico: ovviamente!! – non avvenne.
Mio marito si inginocchiò sul letto e guardando a pieni occhi il mio culo iniziò a masturbarsi.
Non dissi nulla, ma rimasi turbata da quel comportamento. Come donna non ero riuscita a soddisfare i desideri non di un uomo qualsiasi, ma di mio marito. Ed il che è dequalificante. E da parte sua, il fatto che non riusciva ad avere un rapporto completo, nonostante, sembrava “ce l’avesse messa tutta!!”.
Una situazione anomala che avrei voluto chiarire quanto prima.
Nella settimana seguente si presentarono a casa mia due uomini ed una donna che si qualificarono “vecchi conoscenti della zia” e chiesero di essere da lei ricevuti.
Erano dei strani soggetti. La zia li accolse con cordialità e rimasero un bel po’ di tempo. Poi andarono via, salutando educatamente e precisando che desideravano essere informati delle condizioni della mia parente. Ricordarono la loro vecchia amicizia e lasciarono i loro recapiti telefonici, solo cellulari, non un fisso…. Vicenda un po’ strana….
Chi erano quelle persone?
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