Io sodomizzata da un aggeggio infernale

di
genere
prime esperienze

Dopo una esperienza lavorativa presso uno Studio professionale, vinsi un concorso bandito da una Amministrazione statale.
Il primo sito di lavoro era lontano da casa. Mio marito, di fronte al “posto fisso” accettò la situazione e rimase nella nostra residenza con il nostro piccolo virgulto, amorevolmente assistito dai nonni.
Prendevo il treno per tornare a casa il venerdì pomeriggio e ripartivo la domenica sera. La mia massima aspirazione sarebbe stata quella di tornare a casa (o ritornare al lavoro) nella cabina di un TIR con due bei camionisti che mi avrebbero posseduta a turno, magari neanche in un percorso autostradale, ma su strade piene di curve e tornanti, in maniera da potersi girare e rigirare al meglio nella cuccetta sopra la cabina di guida. Sarei arrivata bella e soddisfatta. Desiderio purtroppo mai avveratosi.
Presi una cameretta in fitto che condividevo con una studentessa universitaria: una bravissima ragazza, studiosa e metodica che programmava ogni minuto della sua vita. Superato un esame, si concedeva una settimana di riposo e tornava nel suo paese di origine. In quei periodi la stanzetta era tutta mia. Vi era un piccolo bagno ad uso della cameretta ma la cucina era in comune.
L’ambiente di lavoro non era particolare: tutti padri di famiglia con ampio senso di fedeltà coniugale. Tutti con la fotografia di moglie e figli sulla scrivania o appesa al muro alle loro spalle. Ciò rendeva un po’ difficoltosa la possibilità di qualche serata particolare.
Superai senza difficoltà il periodo di prova e sottoscrissi, finalmente, il contratto a tempo indeterminato.
Un giorno, in ufficio, nello spostare un faldone, feci cadere in terra, davvero inavvertitamente, la borsetta di una mia collega di nome Lisetta.
Dalla borsetta fuoriuscirono chiavi, telefonino, rossetto ed un altro aggeggio che non riuscii a identificare.
“E che cavolo!” disse Lisetta. “Stai attenta”
“Scusami, non l’ho fatto apposta….”
Ma ero curiosa, tremendamente curiosa….
A fine giornata lavorativa, feci in modo di avvicinarmi a Lisetta durante la timbratura del cartellino magnetico.
“Perdonami per quel che è successo. Ma te lo devo chiedere: cosa è quello aggeggio che è fuoriuscito?”
Mi rispose: “Tu non hai fatto niente, né hai visto niente. Promettimelo”.
“Certo, stai sicura.” Risposi.
“Ebbene, questo è un vibratore. Costava un sacco di soldi, aveva tante funzioni, era bello usarlo, ma si è rotto.”
“Cosa?”
“Come si dice ai bambini, “Si è rotto il giocattolo”. Qui ci sono microinterruttori ed ognuno ha una funzione: vibra, puoi regolare la velocità, il moto ondulatorio, persino la espansione. Ma si è rotto. A volte non funziona più il tasto principale dello spegnimento, cosicchè rimane in funzione fino a quasi all’esaurirsi delle batterie. Quando le batterie sono al minimo, si spegne da solo, come avviene per i cellulari”
Mi feci coraggio e le dissi: “Me lo vendi?”
E lei. “Vendi? Scherzi! Te lo regalo. A me non serve più. Devo acquistare uno nuovo. Ma stai attenta all’uso. Molte persone si sono fatte male per un uso improprio. Usa sempre un lubrificante. Per l’acquisto di questo vai in farmacia e prendi un gel lubrificante rinfrescante che si usa per i preservativi.”
“Grazie, grazie, Sarò attenta.”
C’è da dire che da quando iniziai il lavoro statale mi comportai in maniera integerrima, affinchè nessuno potesse avere motivo di dubitare della mia persona. Ma la lontananza da casa, il non aver avuto rapporti, persino la mancanza di un’auto propria, LA SOLITUDINE, LA MALEDETTA SOLITUDINE, e la curiosità femminile, crearono una serie di circostanze che mi indussero dapprima a prendere solo in considerazione, poi a decidermi ad usare quell’infernale aggeggio.
Alla prima occasione della stanzetta libera per la breve vacanza della studentessa, predisposi tutto. Una frugale cenetta, un programmino osè trasmesso da una delle tante emittenti private dopo la mezzanotte, letti uniti e lenzuola pulite. Era la prima volta che mi accingevo a fare l’amore da sola.
Iniziai dalla velocità minima, massaggiando tutto il mio corpo, passando alternativamente da una zona più sensibile a quella meno sensibile, poi di nuovo ad una sensibile e così via: una tecnica insegnatami dal vecchio porco.
Poi pian piano aumentando la velocità, senza mai arrivare al massimo. Mi strofinai le tette, da sopra e da sotto, poi l’aureola, poi il capezzolo…..
La sensazione iniziò ad essere dolce, poi piacevole, poi piacevolissima. Non riuscivo a credere come quel misero oggetto potesse dare tanta goduria. Ma dovevo andare oltre. Quell’oggetto mi doveva penetrare la vagina.
Iniziai alla minima velocità dalle parti esterne, con il proposito di far durare il più possibile l’azione, ma l’idea era irrealizzabile. L’amore ARRETRATO che era nel mio corpo non me lo permise. Sentivo che sarei arrivata all’orgasmo in un tempo breve. Aumentai la velocità e spinsi tutto dentro di me quell’infernale aggeggio.
“Infernale”, sì, proprio “infernale”. Sembrava che il diavolo mi avesse penetrato, vista la foga ed il piacere che avevo ottenuto. Mi divincolai sul letto, purtroppo da sola.
Non volli andare oltre, almeno per quella sera.
Spensi l’interruttore; poi una veloce doccia e a nanna.
La notte passò tranquillamente.
Due giorni dopo pensai di ripetere la esperienza, ma questa volta nel mio bel dietro. “Ora o mai più” pensai.” Infatti la mattina seguente sarebbe tornata la ragazza con cui condividevo la stanza e riusare il giocattolino non mi sarebbe stato più possibile, almeno per un bel po’ di tempo.
Nessuno era penetrato nel mio culo. Era bellissimo, faceva arrapare il mondo intero, ed era ancora vergine.
Presi ogni precauzione possibile: quasi nulla per cena, bidet, sapone liquido a portata di mano. Per le mie piccole emorroidi presi una bustina di un antiinfiammatorio che usavo qualche volta per evitare appunto infiammazioni dovute quasi sempre al cibo piccante assunto.
Proprio la presenza di quelle piccole emorroidi – come peraltro “DIAGNOSTICATO” dal vecchio porcellone, mi aveva consentito di mantenere il mio culetto ancora integro nel tempo, nonostante i vari incontri avuti. Quasi un risultato invidiabile, paragonandolo a quello di tante altre ragazze.
Ero pronta. Iniziai come la prima volta, dolcemente ed alla velocità minima massaggiandomi tutto il corpo. Lubrificai il mio buchetto, poi mi avvicinai a quell’organo ancora vergine, poi con la mano destra spinsi un po’ l’aggeggio mentre premevo verso il di fuori i miei muscoletti. Subii la prima penetrazione. Iniziai ad ondeggiare con il bacino, portandolo questo in su ed in giù, mentre con lo stesso ritmo facevo entrare e uscire l’aggeggio.
Quella situazione iniziava a piacermi. Avevo voglia di fare di più ed aumentai la velocità senza tuttavia mai arrivare la massimo. Poi spinsi il tasto della “estensione”. Una gran bella cosa. Sentivo quell’aggeggio aprirsi e massaggiarmi contemporaneamente. Una grande bella esperienza. Decisa a terminare quel giorno ma con la precisa intenzione di rifare il tutto alla prima occasione possibile, tentai di spegnere il giocattolo. Ma qui la più grande infame sorpresa. Il microinterruttore si era bloccato e non vi era modo di fermarlo. Iniziai a batterlo, a girarlo, a cambiare posizione. Nulla. Quell’aggeggio infernale, oltretutto posizionato nella posizione “estensione” mi stava sodomizzando nella maniera più strana.
Il dolore intanto stava iniziando a farsi sentire. Pian piano aumentava ed aumentava ancora di più se provavo a spostarmi. Cambiai posizione. Nulla. Tentai di far scivolare un po’ di sapone liquido lungo le pareti, del lubrificante, nulla.
Si era verificata quella condizione paventata dalla mia amica Lina: il blocco del microinterruttore accendi/spegni.
Il dolore era lancinante. Mi toccai con la mano e vidi che iniziavo a sanguinare: una miscela di sangue e liquido bianco iniziava a colare sulle mie cosce.
Mi sentii persa. L’iniziale godimento era ormai un lontano ricordo. Mi rendevo conto di essere stata sodomizzata nella maniera più infame possibile, non da un essere umano, ma da un arnese! Rimasi circa dieci minuti pancia in giù ed attesi che le pile si scaricassero. Poi sfilai quell’aggeggio maledetto.
Mi rialzai con molta fatica e sentivo il mio culo distrutto. Allo specchio era in una situazione indescrivibile. Non potevo far altro che recarmi al Pronto Soccorso.
Con grande sforzo nascosi il vibratore, riunii i letti, presi due asciugamani e li posi dietro, indossai una gonna larga e chiamai un taxi.
Erano le due di notte. Ero sola nel Pronto Soccorso. Qui due infermieri: un uomo ed una donna e due medici, un uomo ed una donna, freschi di laurea.
I due dottori mi vistarono. La dottoressa, quasi vomitando, telefonò al primario. Ascoltai quello che disse: “Un caso grave. La prego venga subito. Intanto provvedo con degli antidolorifici.”
Mi fecero due iniezioni e persi conoscenza.
Mi svegliai in un’altra stanza, con il primario, un sant’uomo.
“Signora, ho davvero poche notizie buone da darle. C’è stata la lacerazione di vari tessuti. Alcuni, in gergo, sono stati demoliti. Andrà in sala operatoria quanto prima, poi avrà la febbre e si tratterà in ospedale non fino a quando la febbre le sarà passata, ma fino a quando saremo certi che non sarà possibile contrarre alcuna infezione. Prevedo una lunga degenza. Ma mi dica come è andata”.
“Sono stata con un uomo che non è mio marito. Dottore, la prego, mi salvi dallo scandalo.”
“E’ stata con un uomo? Oppure con un toro da monta di razza piemontese? I suoi tessuti sono lacerati!”
Non potevo far altro che raccontare tra pianti, lacrime e vergogna, tutta la verità.
Quel sant’uomo capì tutto al volo.
Mi fecero un’altra iniezione e tra il dormiveglia sentivo di essere in sala operatoria.
L’intervento – mi fu detto – durò oltre sei ore. Mi ripulirono delle emorroidi e con un’operazione di chirurgia plastica ricostruttiva riportarono il mio ANO alla forma originale.
IN ALTRI TERMINI, MI AVEVANO RIFATTO IL BUCO DEL CULO!!
Tornai in stanza in barella e fu un infermiere – di nome Donato (nome di fantasia) – che con le sue vigorose braccia mi adagiò, praticamente nuda, pancia in giù sul letto, coperta solo da un lenzuolo e con la testa ben posizionata fra cuscini per permettermi una adeguata respirazione. Ero ancora intontita ma capii immediatamente che quella persona mi avrebbe aiutata.
Come?
…….Tutto ciò nel prossimo racconto!
scritto il
2021-11-09
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