Io Filippa, reduce da intervento ed ora in convalescenza

di
genere
prime esperienze

Dopo un intervento chirurgico di oltre sei ore tornai in stanza in barella e fu un infermiere – di nome Donato (nome di fantasia) – che con le sue vigorose braccia mi adagiò, praticamente nuda, pancia in giù sul letto, coperta solo da un lenzuolo e con la testa ben posizionata fra cuscini per permettermi una adeguata respirazione. Ero ancora intontita ma capii immediatamente che quella persona mi avrebbe aiutata.
Sentivo a stento la sua voce e quella di una sua collega infermiere; mi accorsi quando mi riposizionavano la flebo e quel maledetto catetere, proprio lì nella farfallina.
Dopo ricevetti la visita del primario (un sant’uomo). Vi erano anche Donato e una infermiera.
Il primario disse: “Signora le è andata bene. Ma la convalescenza sarà lunga.
Raccomando la dieta. Non assuma niente che non sia quella prescritta. Sino a che terrà la flebo e altro, per andare in bagno chieda degli infermieri che provvederanno alla sua pulizia. Mi stia bene.”
L’evenienza di mostrarmi nuda e oltretutto depilata nelle mie parti intime, non mi spaventava assolutamente. Volevo guarire a tutti i costi, presto e subito. Ed in cuor mio sentivo di farcela.
Dopo due ore sentii la necessità di andare in bagno. Suonai il campanello e subito dopo comparve Donato. Gli spiegai la situazione, Lui capì subito e mi sfilò il catetere. Non vidi nei suoi occhi alcuna malizia.
“Le ho tolto il catetere. Cerchi di andare in bagno senza sforzarsi, Poi provvederò alla medicazione”.
Eseguii come un automa gli ordini. Per la medicazione (la prima!): ovviamente senza mutandine, pancia in giù, culo scoperto, gambe divaricate. Sembrava la scena di un film porno. Ma in realtà, nulla di tutto questo. Donato fermo, imperturbabile, deciso. Si infilò i guanti e tirò su le maniche della divisa.
Iniziò la pulizia e finì nel tempo di dieci minuti.
“Per il momento è tutto. Se ha bisogno usi il campanello, cercherò di inviarle una mia collega. Si sentirà più a suo agio.”
Ed intanto si sfilò i guanti. Vidi i suoi avambracci da atleta: polso piuttosto piccolo (in proporzione) da cui si diramavano fasci di muscoli. Non un pelo su quelle parti, completamente glabre.
“Che braccia pulite, quasi lucenti. Come fa?”
“Nulla di che. Mi depilo costantemente per pulizia. Niente orologi, niente anelli, neanche la fede. Lo faccio per sicurezza mia e dei pazienti. Ma oltre quello che vede sono tremendamente peloso, come una scimmia. E’ una afflizione della mia vita. Ho qualche problema persino andare in spiaggia…..”
“Possibile?”
“In spiaggia indosso una camicia bianca a maniche lunghe e delle bermuda. Cerco di entrare in acqua velocemente e mi allontano nuotando. Ma prendere il sole è per me fastidioso. Sono in forte imbarazzo.”
Notavo in Donato una certa voglia di parlare, forse per distrarsi o per creare nel paziente una situazione di tranquillità psicologica. Non so, ma parlare con qualcuno in quella occasione, dopo quello che mi era capitato, per me era un sollievo. Ed iniziai a pungerlo….
“Di medicina non so nulla, ma ho sentito dire che la pelosità negli uomini è dovuta a un mal funzionamento delle ghiandole ormonali.”
“Sì, infatti è così.”
“Ho anche sentito che gli uomini pelosi hanno anche una forte carica di virilità.”
“Mi arragio….” – disse Donato.
Ed io pronta a punzecchiarlo…….”Ma va là!”
Lo avevo colpito al cuore. Ero certa che prima o poi Donato me l’avrebbe fatta pagare. Ed era proprio questo il mio obiettivo.
Intanto Donato, incassato il “Ma va là!”, sempre imperturbabile, mi disse: “Devo andare. Come già detto, se ha bisogno usi il campanello, cercherò di inviarle una mia collega.”
Rispondo: “Ho intenzione di guarire presto e bene. Vada per la infermiera ma deve essere capace come lei.”
E lui: “Qui siamo tutti bravi. Arrivederci.”
Nel pomeriggio altre due chiamate e due medicazioni con due infermiere diverse.
Grazie agli antibiotici ed agli antinfiammatori somministrati tramite flebo, non ebbi né febbre, né forti dolori.
La mattina seguente il letto vuoto nella mia stanza venne occupato da una anziana bisbetica, parente del primario. Non mi ispirava nessuna simpatia ma come si dice: ”Rispetta il cane per il padrone….”.
Passarono così tre giorni interi.
La sera del quarto giorno ricevetti inaspettatamente la visita di Donato.
“Questa sera c’è una visita di controllo con il chirurgo plastico, Dr. XXXX. Lui farà visite a pagamento (intramoenia) fino alle 19,30 circa, poi visiterà i ricoverati del reparto. La preleverò con una sedia a rotelle per quella ora”.
“Va bene.”
Donato arrivò puntuale come un orologio svizzero. Aspettò la fine della ennesima flebo, poi mi adagiò sulla sedia a rotelle. E mi coprì con una coperta.”
“Dobbiamo recarci ad un piano diverso con l’ascensore. Non voglio che prenda né freddo né correnti d’aria. Si copra adeguatamente, se vuole anche la testa.”
Giunti nell’ambulatorio del Dr.XXXX vedemmo due pazienti dell’Ospedale in attesa. Noi eravamo gli ultimi. Iniziammo a parlare del più e del meno e in quella occasione ci scambiammo per la prima volta il “tu”. Mi sentivo più serena.
Sulla sedia a rotelle entrai nella stanza attigua a quella del Dr. XXXX e vidi un letto particolare dal quale fuoriuscivano tubi e fili elettrici. Chiesi a Donato: “Che letto è questo?”
“E’ un tipo di letto particolare. Nel materasso circola distintamente aria ed acqua formando delle piccole palline. Si usa per gli ustionati e per i pazienti a lunga degenza per evitare le piaghe da decubito. Per questo è qui nel reparto di chirurgia plastica ricostruttiva.”
“Mamma mia!” Risposi. Ma la mia mente stava andando oltre….. oltre le mitiche Colonne d’Ercole, ove, un tempo, si pensava finisse il mondo.
Era giunto il mio turno. Entrammo e Donato mi posizionò sul lettino a pancia in giù. Il Dr. XXXX disse:
“Devo controllare la reazione dei muscoli e dei nervi già interessati all’intervento.”
Poi, rivolgendosi a Donato: “La prego….”
Donato capì al volo ed uscì subito, chiudendo bene la porta.
Quindi, solito spettacolo: pancia in giù, culetto in aria e gambe divaricate. Non indossavo le mutandine dall’ingresso al Pronto Soccorso, ma il rimanere nuda per tutto questo tempo iniziava a darmi un po’ di fastidio.
“Signora, le ho detto quel che devo fare. Si rilassi e spinga piano verso i me i muscoli dell’ano senza sforzarsi”.
Non avevo scelta e feci così. Pensai: è il sistema giusto per controllare le parti malate. E sia. Ma notai che il medico se la voleva spassare un po’. Mise le sue due mani sulle mie chiappe ed iniziò a massaggiarle con dei movimenti circolari aprendo e chiudendo il mio culo, in maniera che il mio buchetto fosse ben visibile. Poi ancora:
“Signora, un po’ di pazienza. Devo controllare il plesso di nervi interessanti ..” e pronunciò una parola che non ricordo.
E, approfittando delle mie gambe divaricate a pancia in giù con la sua mano destra afferrò in un sol colpo la mia farfallina e iniziò a massaggiare le grandi labbra. La sua mano sinistra con lo stesso ritmo apriva e chiudeva il mio culetto. Poi disse:
“Abbiamo quasi finito. Spinga ancora una volta senza sforzarsi i suoi muscoli verso l’esterno…..Va bene così……Sta bene. Ho finito.”
Finalmente l’esibizione era giunta al termine. Il Dottore tolse i guanti in lattice e si lavò le mani. Nel frattempo notai che il suo camice, all’altezza dell’inguine, presentava una grossa protuberanza. E pensai: “Evviva il porcellone!”
Il Dottore aprì la porta e fece entrare Donato. Poi disse:
“Tutto bene, meglio del previsto. Tenuto conto che la paziente reagisce bene, aumento di poco le dosi del cicatrizzante. Ora è tardi, scusatemi, devo andare.”
E andò via. Direi quasi: fuggì via, data la fretta con cui abbandonò l’ambulatorio.
Il reparto era quasi vuoto.
Donato mi riadagiò sulla sedia a rotelle e prese il corridoio per il ritorno.
Ma lo fermai. Gli dissi: “Posso rivedere il letto particolare?”
“Va bene, ma cosa ti interessa? Stai bene, stai guarendo. Quel letto per fortuna non ti servirà più. Ma se sei tanto curiosa…”
Entrammo nella stanza ed io mi adagiai per traverso sul letto, non con direzione testa-piedi, ma di traverso, come si dice: “a taglio di letto”. Poi dissi a Donato:
“Come funziona?”
Donato azionò due o tre interruttori. Sentii la mia spalla ed il mio culetto mossi da piccole impercettibili scosse che davano una sensazione di immenso piacere. L’aria e l’acqua dei meccanismi stavano riempiendo quelle deliziose bollicine che iniziavano a farmi godere.
Donato rimase esterrefatto dal mio comportamento. Ed io, VOLUTAMENTE gli raccontai come era andata la visita appena effettuata, arricchendo la vicenda di qualche particolare un po’ piccante. Poi dissi:”
Hai capito cosa ha fatto il dottore?”
E lui: “La colpa è tua, è solo tua! Se così bella che è quasi impossibile resisterti.”
A questo punto iniziai ad aprire le mie meravigliose coscette.
Donato capì subito. Era troppo intelligente per non aver compreso quella situazione.
“Alla mia risposta “MI ARRANGIO” mi avevi mandato al diavolo come se fossi uno spiantato qualunque, con un “MA VA LA’ ”. Guarda ora COME mi arrangio!!”
E FINALMENTE mostrò il suo cazzo! Non enorme, non eccezionale ma pieno di vitalità. Ed è proprio il requisito della “vitalità” quello che conta nel rapporto. Sul punto sarei pronta a scommettere me stessa.
E mi iniziò a penetrare con grande vigore.
FINALMENTE, dopo mesi, ritrovavo il piacere di fare l’amore!
Vidi che Donato dalla sua tasca sinistra dei pantaloni stava prendendo un fazzoletto. Capii subito l’uso a cui era destinato. E continuavo a godere…. Toccavo con le mie mani il suo culo e la sua schiena: erano tutti e due piene di peli come una scimmia. Ma era tutto piacevole, tremendamente piacevole….. Fino a quando Donato non sfilò il suo membro e lo avvolse nel fazzoletto pochi istanti prima della fuoriuscita del liquido.
Ci rendemmo conto di aver tradito i nostri consorti, ma quei momenti rimasero per noi indimenticabili. Quel letto, poi, mi aveva eccitato così tanto al punto che avrei senza dubbio ripetuto l’esperienza.
Dovevamo andar via.
Donato spense gli interruttori, mi rimise sulla sedia a rotelle ed abbandonammo quel reparto.
Giunti in prossimità della mia stanza chiesi a Donato di darmi un sonnifero, altrimenti avrei passato la notte insonne, pensando all’avventura pregressa. Donato mi disse: “Sì, posso farti un’iniezione di…..(non ricordo il nome del medicinale) ma in ambulatorio, altrimenti la tua vicina di letto si scandalizza e avverte il primario suo parente. Lo sai che si è raccomandata affinchè fosse visitata e assistita soltanto da personale femminile?
“Ma che stupida.” Dissi.
Vidi Donato che già stava preparando la siringa. E subito dopo la puntura.
“Ora di corsa a nanna. Non vorrei che ti addormentassi sulla sedia a rotelle.”
Dopo due minuti ero già sistemata nel mio letto.
Una giornata indimenticabile.
Sentivo di stare meglio. Volevo guarire. Dovevo guarire.
Ma la convalescenza a casa che si prospettava almeno di dieci giorni richiedeva cura e assistenza continua.
Come fare?
Lo saprete nel prossimo racconto.
scritto il
2021-11-12
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