Erotico di classe, cap 2 (Gli amici di mio marito)
di
elextogether
genere
tradimenti
Dopo che, per la prima volta, una coppia ha aperto la propria intimità ad un complice esterno, la domanda è sempre la stessa: e ora?
Le fantasie che io e Carlo ci eravamo confidati in 20 anni di matrimonio, erano innumerevoli: alcune ordinarie, altre decisamente più estreme.
Ma adesso che mia cugina Rachele aveva squarciato il velo di Maia, facendo diventare realtà una delle fantasie, cosa ne sarebbe stato di tutte le altre?
Neppure io e Carlo avevamo tanta confidenza per concordare un parametro che distinguesse le fantasie accettabili da quelle declinabili.
Così, come spesso capita in una coppia spaesata, seguì il silenzio seppur ambedue percepivano fosse una tacitazione impaziente.
L’omertà si ruppe durante una notte di autunno, quando Carlo, mentre facevamo l’amore, disse che avrebbe voluto vedermi scopare col suo miglior amico, Lucio.
Fantasia non nuova ma questa volta “per davvero”!
Carlo specificò anche il giorno:
“venerdì al rientro dal calcetto che i ragazzi sono dai nonni”.
Dettaglio che rendeva decisamente credibile la cosa.
I ragazzi, sono i nostri figli.
Non ne parlammo più nei giorni seguenti.
Arrivato il Venerdì sera, attendevo il rientro di mio marito senza saper bene cosa mi aspettasse.
Alle 22 circa, sentii le chiavi nella toppa della porta: poi la voce di mio marito e …quella di Lucio. Lo aveva portato!
Ma rimasi ancora più sorpresa quando appresi che ambedue erano seguiti da Armando e Luca. Altri due cari amici.
Conoscevo tutti fin dalla scuola, ivi incluso le loro mogli (escluso quella di Armando, dal momento che non era sposato).
Carlo sente i suoi amici quotidianamente su wapp: più volte sono venuti a casa nostra per guardare la partita o per attardarsi con qualche sfogliata di poker.
Io e Carlo siamo il punto di riferimento della combriccola: innanzitutto perché abbiamo la casa grande e poi perché siamo particolarmente ospitali.
Teniamo il frigo sempre pieno e la gente per casa non ci disturba.
Io, da perfetta padrona di casa, offro sempre qualcosa da bere, per poi ricoverarmi a letto, lasciando Carlo e i ragazzi ai loro passatempi.
C’è confidenza: più di una volta non mi sono fatta scrupoli ad accoglierli in tenute casalinghe.
E così, anche quella sera, non ebbi difficoltà a salutarli con un pigiama andante e le ciabatte morbide.
La fantasia di Carlo e Lucio, era stata sostituita da una più ordinaria birretta tra amici (ammesso fosse stata concretamente ipotizzata quella fantasia).
Non so se con mio sollievo o con un briciolo di delusione.
Vallo a capire.
In qualsiasi caso salutai tutti cordialmente, offrendo da bere, come al solito.
Armando era sempre stato il leader del gruppo e prendendomi gentilmente per la mano mi fece accomodare sullo sgabello della cucina.
“Allora Eleonora, siamo qui perché sappiamo che Carlo fa tutto ciò che gli chiedi e quindi vuole che tu oggi sia disponibile a fare altrettanto per lui!”
Lì, calò il silenzio. Ma cosa intendeva?
Rimasi stupefatta dell’approccio così diretto di Armando. Erano appena entrati!
Guardai mio marito che mi sorrideva con complicità.
Era uno scherzo?
E’ vero, l’avevamo fantasticata una situazione simile! Così come quella con mia cugina Rachele. Ma non ricordavo quattro uomini, ne’ tanto meno che fossero i nostri amici.
Una cosa era la sfumata esperienza con Rachele, tutt’altra quella che si stava prospettando.
Carlo voleva che scopassi con Lucio, davanti a tutti?
Nei mesi di silenzio, evidentemente, mio marito si era convinto che non ci fosse differenza tra le diverse fantasie: fatta la prima, tutte potevano divenire realtà.
Forse stavo andando oltre con l’immaginazione: si sarebbe tutto risolto con una goliardata fra vecchi amici.
Provai ad allentare l’atmosfera con una specie di battuta:
“E Carlo cosa mi chiede, Armando?”
Rispose ancora Armando, immediato:
“Lo sai! Che gli fai vedere come scopi davanti a lui”
No. Le intenzioni non erano goliardiche. Sentii un brivido lungo schiena. Provavo a tenere un sorriso di circostanza.
I quattro erano venuti con un chiara strategia: buttare avanti l’ariete Armando che così avrebbe sparigliato le carte, senza che una chiacchierata o un amaro al tavolo, instaurassero una situazione di ordinarietà, molto più difficile da interrompere: specie se io, nel mentre, me ne fossi andata in camera da letto, come sempre facevo.
E infatti, come un rapace che sa di non dover lasciar tempo alle preda, anche solo per riordinare le idee, Armando incalzò:
“Prima di cominciare devi garantirci di non fare la schizzinosa o interrompere l’atmosfera!”
Adesso il prosieguo della serata mi veniva posto a condizione, come se fossi io ad avere interesse per il suo continuo.
Era perverso da ammettere ma, arrivati a quel punto, non capivo più se ero chiamata ad assecondare un desiderio Carlo oppure uno mio.
Guardai per un attimo mio marito, senza parlare ancora.
Armando proseguì, probabilmente più eccitato da quella situazione di premessa che da ciò che sarebbe accaduto dopo.
Per mettermi ancor più in difficoltà, Armando divenne esplicito come non mai:
“Quindi se ti vorremo inculare, schizzare in bocca o venire nella fica, non cominciare ad interromperci!”
Parlava al plurale. Tutti? Non solo Lucio!
Feci una faccia scandalizzata a bocca aperte, mista ad un sorriso.
Ero viola. Imbarazzatissima ma divertita per quanto fosse assurda la cosa.
Armando si permetteva quel linguaggio perché fra noi, tutti, c’era davvero tanta confidenza ma mai utilizzata in quella maniera.
Era quindi il momento del non ritorno: l’ultima possibilità che avevo per svincolarmi, mostrando di non prendere neppure in considerazione quanto mi era stato detto, per ridurre tutto ad una semplice boutade.
Ma il calore nel basso ventre cominciava a farsi sentire.
Le verità è che mi eccitava incredibilmente mostrarmi disponibile a qualsiasi cosa, difronte a mio marito.
Certo, nelle mie fantasie venivo scopata da ignoti: capaci di smaterializzarsi insieme al mio orgasmo.
Ma la realtà è diversa e quella mia fantasia doveva passare per uomini con un volto: nome e cognome. E tutte le implicazioni del caso.
Questo era. Nessuna alternativa.
Guardai ancora Carlo, scossi la testa mentre sorridevo, mettendomi una mano sulla fronte. Indugiai. Sorrisi ancora. Mi imbarazzai. Poi risposi:
“Va bene, va' …”
Come per dire “vediamo che fate succedere, idioti”, sempre con tono divertito.
Ancora non volevo dimostrare di accettare la situazione, mantenendola su un piano di semi ironia.
In realtà ero una tempesta di sensazioni.
Ma cosa stavo facendo? In che situazione mi stavo ficcando?
Come avrei nuovamente accolto gli amici di mio marito in casa, dopo quella sera?
Come avrei guardato in faccia Sonia e Lara, le mogli di Lucio e Luca?
Al solito, troppe domande.
Le porcate di Armando mi avevano fatta bagnare ed ora volevo cominciare.
Si può eccitare un uomo in certe situazioni.
Ma anche una donna.
Alla fine eravamo lì per una cosa sola.
Carlo voleva quello? E quello avrebbe avuto.
Infondo lo avevamo fantasticato.
Nessuno dei ragazzi mi piaceva particolarmente, ma era secondario.
Mi avrebbe intrigato vedere lo spregiudicato Armando diventare fragile mentre mi schizzettava addosso.
E anche Luca, eterno primo della classe, doveva mostrarsi affannato a rincorrere il suo orgasmo dietro gli occhiali appannati.
Lucio poi, amico del cuore di Carlo, aveva l’onere di tirarselo fuori, insieme alla sua pancetta da birra, per far vedere come si scopava la moglie del suo miglior amico che aveva sempre definito “sorella”.
Non parliamo di mio marito che, pur di soddisfare quella fantasia, dal giorno dopo avrebbe avuto i suoi tre amici più intimi che gli avevano scopato la moglie.
La situazione era sconveniente per me. Ma pure per loro, tutti coi cazzetti dipendenti dalla mia fica e disposti a rinnegare la loro storia, la loro identità, le loro mogli per una sborrata fra le mie cosce. Ivi incluso Carlo.
Accettai lo scambio, pensando di poter dettare velate condizioni.
Così, alzandomi in piedi, mi permisi di specificare che non prendevo la pillola.
Un assist imperdibile per Armando (che sciocca!):
“Eh no Eleonora, ce lo devi dire subito: possiamo venirti dentro o no?!”
Perfino quella mia raccomandazione doveva essere rigirata affinché io non ne mostrassi alcuna. Era assurdo, ma bello.
Si stava materializzando il concetto che la moglie di un amico può ridere e scherzare, ma infondo anche concedere una scopatina per togliere quel dogma invalicabile che si erge tra un film sul divano, una birra, una partita a risiko e una schizzata nella fica.
Infondo cosa sarebbe cambiato rispetto a prima? Sarei rimasta la moglie di Carlo.
Avevo visto quei ragazzi perfino pisciare nel cesso di casa di mia: sarebbe stato così diverso vederli sborrare? E perché? Solo perché godevano?
Ci conoscevamo da bambini!
Mentre mi abituavo a questo nuovo piano di confidenza, provai a chiedere almeno un po’ di prudenza, come se stessimo amabilmente parlando del più o del meno:
“Cercate almeno di uscire prima o di non spingere troppo”
Il gruppo sorrise:
“Sì, ok: però se non riusciamo a trattenerci te la facciamo dentro!”
Non dovevano sussistere condizioni.
Armando mi disse di ripeterlo altrimenti nessuno avrebbe iniziato.
Io lo ripetei, ormai in totale sudditanza, cercando di aiutarmi con un sorriso simile a quello di una madre che, rassegnata, accontenta l’ennesimo capriccio dei figli:
“Se non riuscite a trattenervi, potete farmela dentro”
L’apripista Armando, aveva trasferito agli altri il piacere per la mia sottomissione psicologica. Così anche i più timidi presero coraggio. E che coraggio!
Intervenne Lucio:
“Io ti conosco da 30 anni Ele e voglio vederti pisciare a terra perché mi sono fatto un sacco di seghe ripensando a quella volta in gita che ti sei accovacciata dietro al cespuglio“
Luca:
“Io voglio farti proprio pipì addosso come faccio con mia moglie”
Il gruppo sorrise.
Ancora prima di cominciare si era rotto qualsiasi freno inibitore.
Ora sapevamo anche che, la compita e perbenista Lara, si faceva pisciare addosso dal marito. Cominciavo ad essere parte della confidenza del branco.
E mi piaceva.
Guardavo Carlo che era quasi ipnotizzato dalla situazione, con una erezione evidente sotto i pantaloni.
Armando diede inizio ai giochi, a modo suo, senza aiutarmi con qualche effusione che scaldasse l’atmosfera:
“Benissimo, allora cominciamo ad aprirti un po’ la fica, Ele: togliti pantaloni e mutande, e mettiti a cosce aperte sul divano!”
Era pervadente che, amici che fino a quel giorno mi avevano salutato con rispetto e formalità, ora mi stavano ordinando di spogliarmi e di aprire le cosce.
Come basta poco per mutare totalmente gli equilibri.
Chissà quante altre cose nella vita, ci sembrano lontane anni luce, per poi palesarsi con un semplice cambio di prospettiva.
Raggiunsi il divano nel mio pigiama da notte.
Sentivo gli occhi dei ragazzi fissarmi i seni nudi dentro la maglietta: sobbalzavano ad ogni mio passo; anche l’informalità del pantalone, con elastico un po’ allentato, accresceva la loro eccitazione, facendo capire che mi avrebbero posseduta in uno stato di totale intimità.
Niente gonne, calze a rete o reggiseno a balconcino.
La stessa tenuta da casa che li aveva accolti per tutti quegli anni.
E chissà quante volte, mentre facevano gli amiconi, si erano eccitati a guardare i miei seni liberi nel pigiama o l’elastico largo del pantalone.
Ora mi avrebbero tolto quegli indumenti.
Proprio come fossero Carlo.
Solo un marito, denuda la moglie dal proprio pigiama. Questa, era l’eccitazione.
Appena sul divano mi tolsi velocemente i pantaloni e le mutande.
Allargai le gambe davanti a tutti.
Non volli conceder loro, un ulteriore sadico piacere, per miei eventuali imbarazzi: resi il gesto automatico, come si fa dal ginecologo per non lasciar tempo all’insorgenza di eventuali inibizioni.
Anzi, desideravo rigirare la patata bollente dell’imbarazzo a loro (nel vero senso della parola!): togliermi un paio di pantaloni, e mostrare la passera, per me non era chissà cosa! Soprattutto se fatto repentinamente.
Ora volevo vedere come se la gestivano, loro!
Avrebbero davvero fatto succedere qualcosa di serio ? O sarebbe rimasta la serata goliardica in cui la Ele aveva fatto vedere loro la fica?! E basta …
Tuttavia sapevo che avrei mostrato una passera già bagnata e che la cosa non sarebbe passata inosservata.
Quel particolare rendeva un po’ avventata la mia mossa, dimostrando che non fossi poi così disinvolta.
Non ce l’avevo neanche ben depilata: pelo corto ma alla buona.
E chi se ne fregava, infondo eravamo amici.
Guardavo il soffitto, lasciando ammirare la mia fica spalancata agli spettatori.
Se Lucio aveva trascorso l’adolescenza a farsi seghe, mentre pensava alla mia fica accovacciata dietro un cespuglio, ora poteva guardarla aperta e bagnata.
Luca, dopo aver fatto sempre finta di essere interessato solo ai voti, certamente si era immaginato le fiche di tutte le mie compagne di classe: finalmente ne vedeva una.
Armando poi, nonostante tutte le sue ostentate avventure amorose, pareva essere il più impaziente: dimostrasse pure la sua fama.
E Carlo poteva finalmente apprezzare come tutti i suoi amici ammirassero la fica della moglie, ormai, non più sua esclusiva.
Guardavo ancora il soffitto. Ancora nulla cominciava.
Se quella situazione di impasse fosse durata qualche altro attimo, mi sarei alzata prendendoli in giro: a dimostrazione che potevamo farci solo due risate.
Ma proprio mentre avevo deciso di chiudere le gambe ed alzarmi, 8 mani avide si avvinghiarono lungo le mie cosce e nel loro mezzo: incluse quelle di mio marito.
Mi perlustravano, allargandomi le labbra:
“E’ già tutta bagnata” sorrisero;
“Che vacca che sei Ele” altri sorrisi;
“ Guarda qua, cola!” Sorrisero ancora.
E cosa si aspettavano?
Poi due dita mi strinsero il clitoride, sobbalzai.
Due mani mi alzarono la blusa del pigiama.
I miei seni nudi vennero scoperti, mentre percepivo la soddisfazione dei presenti a poterli finalmente guardare dopo averli tanto immaginati.
Ho ancora le aureole rosee e le mammelle candide.
Penso che quella visione, riportò tutti quanti agli anni della scuola, come se il tempo non fosse mai passato.
Le tette mi venivano strette con forza e libidine vendicativa: per troppi anni, il loro movimento sotto la blusa, aveva torturato l’altrui desiderio.
I ragazzi non le stavano palpando ma impastando, come si fa con il pane.
Ebbi la sensazione che qualche mano ricercasse addirittura le ghiandole, per accedere ad una mia intimità ancora più interna.
"Più piano, ragazzi ..."
I miei capezzoli si indurirono per difesa.
La fica era bollente, dopo le ispezioni che avevano certificato quanto fosse fradicia.
Avevo bisogno di un paio di sfregate per venire già una prima volta.
Non capivo più nulla!
Armando me lo ricordò:
“Vuoi già venire, Eleonora?”
Dissi di sì. Luca:
“ Ragazzi neanche io ce la faccio più, devo scoparla”
Luca si slacciò velocemente i pantaloni e si mise sopra di me.
I nostri corpi erano spalmati uno sull’altro dopo che Lui, per 30 anni, si era imbarazzato solo per concedere una mano durante la recita di fine anno.
Impacciato pure in quello.
Qualsiasi contatto fisico, con me o con chi altro, aveva sempre inibito Luca: adesso mi era sdraiato addosso, mentre sbavava sopra i miei capezzoli, dietro i suoi occhiali appannati.
Teneva ancora il cazzo appoggiato all’ingresso della mia fica, senza entrare.
Lo sentivo, lì, all’ingresso.
Per un attimo ridemmo, tanto che era strana quella situazione.
Rise anche Carlo.
Poi guardai negli occhi Luca e gli dissi con complicità:
“Dai, entra”
Finalmente Luca me lo buttò dentro. La cappella non fece fatica a ficcarmi: sia per le dimensioni ordinarie che per la mia fica fradicia.
Era quasi dolce, Luca: gli misi una mano materna dietro il collo, in attesa si sfogasse. Sapevo che non mi avrebbe fatto godere.
Gli bastarono due colpi per schizzarmi dentro: spinse più affondo che poteva. Altro che venire fuori! I ragazzi sorrisero:
“Bravo Luca, ti sei già svuotato nelle fica della Ele. E brava anche Ele che ha mantenuto la promessa di non batter ciglio”
Uscito Luca, il branco rimase concentrato fra le mie gambe:
“Quanta gliene ne hai fatta, Luca: fra la tua sborra e quella di Eleonora è tutto fradicio!”.
Fu subito il turno di Armando:
“Voglio farla anche io nella fica piena di Eleonora. Non ho mai riempito una fica due volte”
Sentii entrare il cazzo di Armando, forse un po’ più grosso di quello di Luca.
Con lui mi aspettavo di essere soddisfatta: non ci fu alcun indugio o sorriso.
Mi iniziò a scopare dandomi piacere.
Ci guardavamo: ansimava lui, ansimavo io.
Ora, qualsiasi premessa o preliminare goliardico, era davvero finito.
Il leader, ovviamente, non si accontentava di stantuffarmi: con la lingua cercava la mia bocca. Pensai che Carlo non avrebbe gradito.
Per un attimo mi ritrassi.
Ma quanti problemi mi facevo!
Mio marito mi aveva fatto scopare dai suoi amici ed ora avevo scrupoli per un bacio appassionato?
Aprii la bocca per accogliere la lingua desiderosa di Armando.
Non ci baciammo con passione, perché quella necessita di un trasporto intimo.
Ci baciamo certamente coinvolti, ma animalescamente: così come era la natura della scopata.
Armando durò più di Luca, tra le mie cosce. Sentivo la sua cappella che faceva un rumore di pozzanghera nella fica già piena.
Ma non ebbi il tempo di godere che il mio utero si riempì nuovamente di un' abbondante e calda colata.
Stavano usando la mia fica per svuotarsi le palle senza ritegno.
Ero rimasta accaldata, con le gambe aperte, mentre i ragazzi contemplavano la mia passera nuovamente annaffiata.
Paradossalmente, mi sembrò il momento più imbarazzante della serata: rimanevo esposta in tutta la mia intimità, mentre mostravo di attendere che qualcuno ricominciasse a scoparmi, per farmi venire.
Si era creata l’anomala situazione nella quale ero più bramosa dei miei aguzzini. Dopo quelle stantuffate, non potevo rimanere con l’orgasmo sospeso.
Era una tortura.
Lucio sembrò percepire la mia condizione e, quasi sfidandomi, mi affondò due dita nella fica: “ancora non hai goduto? vediamo quanto ci metti!”.
Cominciò a masturbarmi con le dita, forte e fino infondo. Poi aggiunse un terzo dito. Spingeva velocissimo, dentro e fuori. Sentivo che il suo movimento faceva schizzare la sborra degli amici, dall’interno della fica sulle mie gambe.
Dopo qualche istante ebbi un orgasmo intensissimo fino a dover restringere le gambe.
Qualche risolino dimostrò che il mio godimento aveva appagato tutti i presenti.
“Ora però riapri queste gambe” disse Carlo. Proprio mio marito.
Ero in stato confusionale. Non capivo più nulla.
Le divaricai mentre provavo a riacquisire lucidità.
Sentii qualcuno che mi toccava il clitoride, ma era troppo sensibile così lo ritrassi.
Altre risa:
“Ok, se non vuoi che ti tocchiamo il clito riapri almeno le gambe”
Lo feci. Sentivo che tutti erano ancora concentrati sulla mia fica aperta. Volevo del tempo per riprendermi a occhi chiusi. Per il resto li avrei lasciati fare con lo stesso distacco che si usa dal ginecologo …
Ed infatti, assai similmente, sentii penetrarmi, dilatarmi, ispezionarmi …
Questo fino a quando quattro dita, mi aprirono tutte le labbra.
Provai a richiudere le gambe, ma questa volta varie mani mi tenevano le cosce aperte, tra cui quelle di Carlo.
Sentivo dolore ma anche piacere. Ero quasi sollevata che qualcuno mi aiutasse a tenere aperte le gambe senza consentirmi di chiuderle.
Quindi pian piano le rilassai: alzai la testa e cominciai a guardarmi fra le cosce come si fa durante un parto.
Armando spingeva su e giù la sua mano cercando di farla entrare tutta: ora mi sembrava di essere scopata da un enorme cazzo.
Più mi eccitavo, più sentivo che, seppur a fatica, la mia fica accoglieva qualche millimetro in più della mano di Armando …
Poco dopo, un grande orgasmo, dilatò ancora più le mie pareti, e Armando infilò anche un quinto dito.
Mi stavo facendo slabbrare come una vacca dai miei amici, davanti a mio marito. E in più, godevo. Meglio del Risiko!
Stavo mostrando a tutti, non solo la fica, ma il collo dell’utero fino alle ovaie.
Volevano vedermi tutta, dentro.
Ero già venuta due volte, in maniera fortissima: adesso cominciavo ad essere stanca e appagata.
Ma l’esperienza non sembrava volgere al termine.
“Eleonora, Carlo deve ancora venire!”
Il gruppo mi accompagnò sul tavolo della sala, mettendo il mio culo a novanta gradi e dimostrando che, nella serata, non ci fosse molto di improvvisato.
Carlo si avvicinò, slacciandosi i pantaloni. Poi mi penetrò forte nella fica ormai arrossata: cominciò a stantuffarmi per bene e non potevo credere che, per la terza volta, mi stava salendo il piacere fra le gambe.
Devo essere onesta, mio marito mi scopava meglio di tutti.
Prima di dirigermi verso l’orgasmo, Carlo estrasse il cazzo e me lo infilò con un colpo secco nel culo. Tirai un urlo di dolore.
“Facci vedere come fai urlare Ele, la tua mogliettina”
Mordevo ubbidiente la manica del pigiama.
Certo, non mi sarei ritratta proprio a mio marito.
Carlo era visibilmente sopraffatto dall’eccitazione d’incularmi con forza, davanti ai nostri amici.
Non appena il dolore si trasformò in godimento, le mie urla divennero più forti.
Mi guardavo intorno e il gruppo pareva molto eccitato ad osservare quel mio stato confusionale.
Armando e Luca se lo erano già ripresi in mano, per masturbarsi.
“Mamma mia Ele, come lo prendi bene nel culo”
Vedevo cazzi ovunque mentre pensavo che mi ero già fatta riempire due volte, con mio marito che adesso mi inculava.
Diciamo che il passaggio dalla fantasia di Rachele, a quella, era stato piuttosto brusco.
A differenza di altre volte, il mio culo era così aperto che Carlo lo stava scopando come fosse una fica: infilava il cazzo dentro e fuori, fino alle palle.
E sentivo che il mio culo si era lubrificato meglio della passera.
Ripresi ad avere un orgasmo fortissimo e tanto bastò per sentire Carlo seguirmi con una schizzata nel fondo del retto.
Pensavo che a quel punto l’esperienza fosse davvero finita.
Ero stata riempita davanti e dietro.
Anche la fantasia più inconfessabile di mio marito, era stata soddisfatta.
Ora volevo andare in bagno.
Pensavo che appena raggiunto il bidè, avrei cominciato a grondare come uno scolapasta, colando sborre tutte diverse …
Chissà se avrei distinto quelle nuove da quella di Carlo.
Non vedevo un liquido di un altro uomo, da più di vent’anni.
Mio marito ed Armando uscirono della sala per andare a prendere qualcosa da bere in cucina. A maggior ragione la serata era finita.
Ma inaspettatamente, mentre provavo a rialzarmi dalla postura a novanta gradi sul tavolo, sentii la mano di Luca che mi tenne ferma:
“Aspetta un attimo!”
Mi mise il suo cazzo vicino al viso, invitandomi a prenderlo in bocca.
Ne era passato di tempo dall’imbarazzo di darmi la mano durante una recita: ora pretendeva la sua cappella fra le mie labbra.
L’uscita di scena di Carlo e Armando mi facevano ritenere che il gioco fosse finito, e che io non dovevo più nulla a nessuno.
Ma proprio per quel motivo la situazione mi stava eccitando ancor di più: mio marito era in un’altra stanza e quindi sarebbe rientrato vedendo che sua moglie, anche senza di lui, aveva continuato ad intrattenersi con i cazzi dei suoi amici.
E non gli stalloni della serata, ma i due profili più innocui che comunque bastavano per soddisfare qualche altro mio piacere, tanto che ero porca.
D’altra parte, era una serata di sesso.
E ora la scelta era mia, non sua.
Ammesso non fosse stata mia anche fino a quel momento.
Mentre pensavo a tutto questo, il cazzo di Lucio mi entrò nella fica. Ancora!
L’amico del cuore. Mai sazio di quella che aveva sempre definito “sua sorella”.
Ora Lucio non stava certo assecondando una fantasia di Carlo, ma solo quella delle proprie palle, le uniche ancora piene.
Prese a scoparmi.
In assenza di Carlo mi lasciai andare all’unica frase della serata:
“La scopi così Sonia? Dai Lucio, fallo vedere alla tua sorellastra …”
Lucio non rispose ma iniziò a darmi colpi così forti da spostare il tavolo.
A quel punto presi in bocca il cazzo di Luca e iniziai il mio pompino.
Era la prima volta, dopo 20 anni, che mettevo in bocca un cazzo diverso da quello di Carlo. Sentivo un sapore diverso e mi piaceva.
Chissà se qualcuno avesse raccontato all’occhialuto Luca, durante l’ora di matematica, che la Ele nel futuro avrebbe goduto a succhiargli il cazzo …
E chissà se qualcuno lo avesse raccontato a me …
Mentre Lucio mi scopava la fica a novanta gradi, Luca mi spingeva il cazzo fino in gola: ora volevo che mi sborrasse in bocca.
Ero stata riempita nella la fica e nel culo, ma prima di fine serata volevo assaporare un piacere diverso da quello di Carlo. Non importava di chi.
Intanto la stantuffata di Lucio non mi lasciava indifferente e un nuovo piacere cresceva tra le mie cosce.
Luca finalmente mi sborrò in bocca. Fu strano. Ero così pervasa dai sensi che non ebbi alcun istinto di ritrarmi. Cosa che talvolta mi capita persino con Carlo: continuai il mio pompino ingoiando tutto ciò che non trattenevo con lingua.
Succhiavo avida.
Venni per la quarta volta: mai successo, in così poco tempo.
Vedevo Lucio e Luca quasi increduli nel farmi godere così tanto. E invece erano più che capaci!
Ero davvero distrutta: sdraiata sul tavolo, cercavo di ripulire le labbra dalla poca sborra che non ero riuscita ad ingoiare.
Restavo ubbidiente a novanta gradi: una che avevo goduto ero totalmente indifferente agli stantuffi del cazzo di Lucio nella fica: lui si rivelò il più duraturo; attendevo che venisse, come una serva che sa di dover aspettare che il padrone finisca. Ma Lucio estrasse il suo cazzo dalla mia fica:
“Eleonora, ora piscia a terra”
Capivo poco. Effettivamente avevo lo stimolo di urinare, assai complementare al mio desiderio di rilassarmi.
Ma non sapevo se fosse il caso di pisciare sul pavimento della mia sala.
Tra l’altro non c’era neanche Carlo: quanto ordinatomi pareva quasi una richiesta non autorizzata (forse volutamente arrivata all’assenza di Carlo).
“Dai ragazzi, forse è meglio che …”
Ma Lucio me lo ordinò nuovamente.
Poi anche Luca …
“Eleonora piscia a terra!”
Poi nuovamente Lucio, afferrandomi con forza un seno.
Ero stanca, confusa. Forse anche un po’ intrigata da questa ennesima sottomissione. Volevo rilassarmi.
Così chiusi gli occhi e quasi naturalmente lasciai sgorgare un primo fiotto che scorse lungo le mie gambe.
Lucio, dandomi degli schiaffetti sul culo, mi intimò di continuare, mentre se lo toccava.
La percezione che la mia pipì facesse arrapare i miei ex compagni di classe, cominciava a gratificarmi e così mi abbandonai ad un altro spruzzo.
Erano davvero dei maiali. Ma chi se lo immaginava.
“Continua…continua …”
Mi voltai per guardare Lucio sempre più eccitato che si masturbava velocemente: rilassai la mia vescica, cominciando a pisciarmi fra le gambe e sul pavimento.
Proprio in quel momento rientrò Carlo con Armando, per osservare Lucio che si masturbava mentre mi vedeva urinare.
Guardai per un attimo mio marito, poi ripresi a guardare il cazzo di Lucio che mi sborrava sopra il culo mentre io lasciavo cadere le ultime gocce di pipì.
Quella sera adoravo guardare le cappelle gonfie eruttare di piacere. Pensavo già che avrei voluto vedere altri cazzi, di lì in poi.
Non immaginavo che osservare i miei amici masturbarsi, mentre mi guardavano la fica e le tette, potesse essere così appagante.
Avrei desiderato vedere altri uomini sfogarsi come animali, sulle mie nudità.
La scena risultò assai eccitante per Armando e mio marito: quasi sentendosi traditi, per quanto accaduto in loro assenza, dissero di mettermi in ginocchio.
Io eseguì. Non sapevo davvero che altro avrei dovuto fare.
Infatti nulla.
Carlo e Armando volevano semplicemente liberarsi della nuova erezione sopraggiunta, sopra di me.
Tirarono di nuovo fuori cazzi.
Cominciarono a masturbarsi forte, anche loro.
Luca approfittò della mia sottomissione in ginocchio, per eseguire la fantasia riservata alla moglie: cominciò a ad urinarmi sui seni. E poi salendo, fino sulla labbra.
Io conoscevo Lara, sua moglie. Immediatamente pensai che non mi aspettavo fosse così troia: quella borghese moretta, si eccitava a farsi pisciare addosso dal marito. E io che pensavo non andassero neppure più a letto insieme.
Luca, da perenne impacciato, quella sera aveva preteso tutto da me: sborrata nella fica, pompino con ingoio e pure pisciata addosso.
Diciamo che aveva davvero riscosso tutti gli arretrati.
Io non mostrai mai alcuna resistenza.
Neppure quando Luca, adesso, mi chiedeva di tirare fuori la lingua, senza più mantenere la bocca serrata.
Avevo ingoiato la sua sborra, sapeva che non mi sarei rifiutata ad assaggiare altro di lui.
Sentivo innaffiarmi da un getto bollente, dal sapore completamente nuovo, mentre mio marito si affrettava per sborrarmi addosso insieme ad Armando.
Quasi contemporaneamente gettarono i primi zampilli, sporcandomi tutti i seni: Carlo e Armando si avvicinarono coi cazzi alla mia lingua affinché assaporassi anche il loro piacere.
Pulii le loro cappelle come ordinatomi.
La sborra di Carlo era più dolce e densa. Quella di Armando più liquida e acre.
Ora era davvero finita.
Luca e Lucio mi vollero congedare con un ultima, e lunghissima, palpata alle tette, totalmente indifferenti alla circostanza che fossero sporche di qualsiasi tipo di liquido.
Guardavo i quattro cazzi intorno a me, allentare la tensione.
Li toccai, uno ad uno, scappellandoli leggermente con un sorriso: volli chiarire che avevo concesso non più di quanto presomi. I loro quattro cazzi.
Forse, in ginocchio e completamente sborrata, avrei pure ricominciato a succhiarne qualcuno. Ne avevo quasi voglia.
Ma ero venuta quattro volte, riempita ovunque.
Poteva davvero bastare.
Dovevo convenire che erano standard di appagamento davvero notevoli, sia per numero di volte che per intensità: livelli difficilmente raggiungibili da una coppia quarantenne, in solitaria autonomia.
Non ero mai venuta quattro volte con Carlo, in così poco tempo: neppure ai tempi d’oro. Mentre mi avviavo al bagno, per farmi la doccia, pensavo a tutto questo.
Mi ero spinta ogni oltre fantasia: avevo concesso ai miei amici, molte cose per le quali ero resistente a mio marito stesso.
Dopo la doccia indossai nuovamente il pigiama, quel pigiama, e non nego che fu strano salutare i ragazzi, come se non fosse successo nulla.
Mi ritrovai ad accompagnarli alla porta, come tante altre volte e come se mai, solo un quarto d’ora prima, stessi con le gambe aperte davanti a loro per farmi scopare in ogni modo, spompinando i loro cazzi e godendo come una vacca.
Se ne andavano, conoscendomi meglio del mio ginecologo. Molto meglio.
Chissà come li avrei guardati da quel giorno. Meglio non pensarci.
Raggiunsi finalmente il letto, pensando che il giorno dopo ricominciava la scuola di Francesco e il calcio di Luca: le mie mani sarebbero passate dai cazzi dei nostri amici, alle cartelle dei ragazzi; le mie labbra, dalle cappelle bagnate a baci sulla fronte.
Dopo quasi un’ora sentii Carlo tornare in camera.
Non immaginavo avesse ancore forze. Non appena nel letto mi sfilò i pantaloni e le mutandine. Probabilmente, ripensando alla serata, era già in erezione per la terza volta.
Avevo la fica che mi bruciava, ma adesso la priorità non era più lei, un altro organo: il cuore e la volontà di sentirmi ancora unita a mio marito.
Quindi mi concessi con dolcezza, da moglie innamorata.
Le fantasie che io e Carlo ci eravamo confidati in 20 anni di matrimonio, erano innumerevoli: alcune ordinarie, altre decisamente più estreme.
Ma adesso che mia cugina Rachele aveva squarciato il velo di Maia, facendo diventare realtà una delle fantasie, cosa ne sarebbe stato di tutte le altre?
Neppure io e Carlo avevamo tanta confidenza per concordare un parametro che distinguesse le fantasie accettabili da quelle declinabili.
Così, come spesso capita in una coppia spaesata, seguì il silenzio seppur ambedue percepivano fosse una tacitazione impaziente.
L’omertà si ruppe durante una notte di autunno, quando Carlo, mentre facevamo l’amore, disse che avrebbe voluto vedermi scopare col suo miglior amico, Lucio.
Fantasia non nuova ma questa volta “per davvero”!
Carlo specificò anche il giorno:
“venerdì al rientro dal calcetto che i ragazzi sono dai nonni”.
Dettaglio che rendeva decisamente credibile la cosa.
I ragazzi, sono i nostri figli.
Non ne parlammo più nei giorni seguenti.
Arrivato il Venerdì sera, attendevo il rientro di mio marito senza saper bene cosa mi aspettasse.
Alle 22 circa, sentii le chiavi nella toppa della porta: poi la voce di mio marito e …quella di Lucio. Lo aveva portato!
Ma rimasi ancora più sorpresa quando appresi che ambedue erano seguiti da Armando e Luca. Altri due cari amici.
Conoscevo tutti fin dalla scuola, ivi incluso le loro mogli (escluso quella di Armando, dal momento che non era sposato).
Carlo sente i suoi amici quotidianamente su wapp: più volte sono venuti a casa nostra per guardare la partita o per attardarsi con qualche sfogliata di poker.
Io e Carlo siamo il punto di riferimento della combriccola: innanzitutto perché abbiamo la casa grande e poi perché siamo particolarmente ospitali.
Teniamo il frigo sempre pieno e la gente per casa non ci disturba.
Io, da perfetta padrona di casa, offro sempre qualcosa da bere, per poi ricoverarmi a letto, lasciando Carlo e i ragazzi ai loro passatempi.
C’è confidenza: più di una volta non mi sono fatta scrupoli ad accoglierli in tenute casalinghe.
E così, anche quella sera, non ebbi difficoltà a salutarli con un pigiama andante e le ciabatte morbide.
La fantasia di Carlo e Lucio, era stata sostituita da una più ordinaria birretta tra amici (ammesso fosse stata concretamente ipotizzata quella fantasia).
Non so se con mio sollievo o con un briciolo di delusione.
Vallo a capire.
In qualsiasi caso salutai tutti cordialmente, offrendo da bere, come al solito.
Armando era sempre stato il leader del gruppo e prendendomi gentilmente per la mano mi fece accomodare sullo sgabello della cucina.
“Allora Eleonora, siamo qui perché sappiamo che Carlo fa tutto ciò che gli chiedi e quindi vuole che tu oggi sia disponibile a fare altrettanto per lui!”
Lì, calò il silenzio. Ma cosa intendeva?
Rimasi stupefatta dell’approccio così diretto di Armando. Erano appena entrati!
Guardai mio marito che mi sorrideva con complicità.
Era uno scherzo?
E’ vero, l’avevamo fantasticata una situazione simile! Così come quella con mia cugina Rachele. Ma non ricordavo quattro uomini, ne’ tanto meno che fossero i nostri amici.
Una cosa era la sfumata esperienza con Rachele, tutt’altra quella che si stava prospettando.
Carlo voleva che scopassi con Lucio, davanti a tutti?
Nei mesi di silenzio, evidentemente, mio marito si era convinto che non ci fosse differenza tra le diverse fantasie: fatta la prima, tutte potevano divenire realtà.
Forse stavo andando oltre con l’immaginazione: si sarebbe tutto risolto con una goliardata fra vecchi amici.
Provai ad allentare l’atmosfera con una specie di battuta:
“E Carlo cosa mi chiede, Armando?”
Rispose ancora Armando, immediato:
“Lo sai! Che gli fai vedere come scopi davanti a lui”
No. Le intenzioni non erano goliardiche. Sentii un brivido lungo schiena. Provavo a tenere un sorriso di circostanza.
I quattro erano venuti con un chiara strategia: buttare avanti l’ariete Armando che così avrebbe sparigliato le carte, senza che una chiacchierata o un amaro al tavolo, instaurassero una situazione di ordinarietà, molto più difficile da interrompere: specie se io, nel mentre, me ne fossi andata in camera da letto, come sempre facevo.
E infatti, come un rapace che sa di non dover lasciar tempo alle preda, anche solo per riordinare le idee, Armando incalzò:
“Prima di cominciare devi garantirci di non fare la schizzinosa o interrompere l’atmosfera!”
Adesso il prosieguo della serata mi veniva posto a condizione, come se fossi io ad avere interesse per il suo continuo.
Era perverso da ammettere ma, arrivati a quel punto, non capivo più se ero chiamata ad assecondare un desiderio Carlo oppure uno mio.
Guardai per un attimo mio marito, senza parlare ancora.
Armando proseguì, probabilmente più eccitato da quella situazione di premessa che da ciò che sarebbe accaduto dopo.
Per mettermi ancor più in difficoltà, Armando divenne esplicito come non mai:
“Quindi se ti vorremo inculare, schizzare in bocca o venire nella fica, non cominciare ad interromperci!”
Parlava al plurale. Tutti? Non solo Lucio!
Feci una faccia scandalizzata a bocca aperte, mista ad un sorriso.
Ero viola. Imbarazzatissima ma divertita per quanto fosse assurda la cosa.
Armando si permetteva quel linguaggio perché fra noi, tutti, c’era davvero tanta confidenza ma mai utilizzata in quella maniera.
Era quindi il momento del non ritorno: l’ultima possibilità che avevo per svincolarmi, mostrando di non prendere neppure in considerazione quanto mi era stato detto, per ridurre tutto ad una semplice boutade.
Ma il calore nel basso ventre cominciava a farsi sentire.
Le verità è che mi eccitava incredibilmente mostrarmi disponibile a qualsiasi cosa, difronte a mio marito.
Certo, nelle mie fantasie venivo scopata da ignoti: capaci di smaterializzarsi insieme al mio orgasmo.
Ma la realtà è diversa e quella mia fantasia doveva passare per uomini con un volto: nome e cognome. E tutte le implicazioni del caso.
Questo era. Nessuna alternativa.
Guardai ancora Carlo, scossi la testa mentre sorridevo, mettendomi una mano sulla fronte. Indugiai. Sorrisi ancora. Mi imbarazzai. Poi risposi:
“Va bene, va' …”
Come per dire “vediamo che fate succedere, idioti”, sempre con tono divertito.
Ancora non volevo dimostrare di accettare la situazione, mantenendola su un piano di semi ironia.
In realtà ero una tempesta di sensazioni.
Ma cosa stavo facendo? In che situazione mi stavo ficcando?
Come avrei nuovamente accolto gli amici di mio marito in casa, dopo quella sera?
Come avrei guardato in faccia Sonia e Lara, le mogli di Lucio e Luca?
Al solito, troppe domande.
Le porcate di Armando mi avevano fatta bagnare ed ora volevo cominciare.
Si può eccitare un uomo in certe situazioni.
Ma anche una donna.
Alla fine eravamo lì per una cosa sola.
Carlo voleva quello? E quello avrebbe avuto.
Infondo lo avevamo fantasticato.
Nessuno dei ragazzi mi piaceva particolarmente, ma era secondario.
Mi avrebbe intrigato vedere lo spregiudicato Armando diventare fragile mentre mi schizzettava addosso.
E anche Luca, eterno primo della classe, doveva mostrarsi affannato a rincorrere il suo orgasmo dietro gli occhiali appannati.
Lucio poi, amico del cuore di Carlo, aveva l’onere di tirarselo fuori, insieme alla sua pancetta da birra, per far vedere come si scopava la moglie del suo miglior amico che aveva sempre definito “sorella”.
Non parliamo di mio marito che, pur di soddisfare quella fantasia, dal giorno dopo avrebbe avuto i suoi tre amici più intimi che gli avevano scopato la moglie.
La situazione era sconveniente per me. Ma pure per loro, tutti coi cazzetti dipendenti dalla mia fica e disposti a rinnegare la loro storia, la loro identità, le loro mogli per una sborrata fra le mie cosce. Ivi incluso Carlo.
Accettai lo scambio, pensando di poter dettare velate condizioni.
Così, alzandomi in piedi, mi permisi di specificare che non prendevo la pillola.
Un assist imperdibile per Armando (che sciocca!):
“Eh no Eleonora, ce lo devi dire subito: possiamo venirti dentro o no?!”
Perfino quella mia raccomandazione doveva essere rigirata affinché io non ne mostrassi alcuna. Era assurdo, ma bello.
Si stava materializzando il concetto che la moglie di un amico può ridere e scherzare, ma infondo anche concedere una scopatina per togliere quel dogma invalicabile che si erge tra un film sul divano, una birra, una partita a risiko e una schizzata nella fica.
Infondo cosa sarebbe cambiato rispetto a prima? Sarei rimasta la moglie di Carlo.
Avevo visto quei ragazzi perfino pisciare nel cesso di casa di mia: sarebbe stato così diverso vederli sborrare? E perché? Solo perché godevano?
Ci conoscevamo da bambini!
Mentre mi abituavo a questo nuovo piano di confidenza, provai a chiedere almeno un po’ di prudenza, come se stessimo amabilmente parlando del più o del meno:
“Cercate almeno di uscire prima o di non spingere troppo”
Il gruppo sorrise:
“Sì, ok: però se non riusciamo a trattenerci te la facciamo dentro!”
Non dovevano sussistere condizioni.
Armando mi disse di ripeterlo altrimenti nessuno avrebbe iniziato.
Io lo ripetei, ormai in totale sudditanza, cercando di aiutarmi con un sorriso simile a quello di una madre che, rassegnata, accontenta l’ennesimo capriccio dei figli:
“Se non riuscite a trattenervi, potete farmela dentro”
L’apripista Armando, aveva trasferito agli altri il piacere per la mia sottomissione psicologica. Così anche i più timidi presero coraggio. E che coraggio!
Intervenne Lucio:
“Io ti conosco da 30 anni Ele e voglio vederti pisciare a terra perché mi sono fatto un sacco di seghe ripensando a quella volta in gita che ti sei accovacciata dietro al cespuglio“
Luca:
“Io voglio farti proprio pipì addosso come faccio con mia moglie”
Il gruppo sorrise.
Ancora prima di cominciare si era rotto qualsiasi freno inibitore.
Ora sapevamo anche che, la compita e perbenista Lara, si faceva pisciare addosso dal marito. Cominciavo ad essere parte della confidenza del branco.
E mi piaceva.
Guardavo Carlo che era quasi ipnotizzato dalla situazione, con una erezione evidente sotto i pantaloni.
Armando diede inizio ai giochi, a modo suo, senza aiutarmi con qualche effusione che scaldasse l’atmosfera:
“Benissimo, allora cominciamo ad aprirti un po’ la fica, Ele: togliti pantaloni e mutande, e mettiti a cosce aperte sul divano!”
Era pervadente che, amici che fino a quel giorno mi avevano salutato con rispetto e formalità, ora mi stavano ordinando di spogliarmi e di aprire le cosce.
Come basta poco per mutare totalmente gli equilibri.
Chissà quante altre cose nella vita, ci sembrano lontane anni luce, per poi palesarsi con un semplice cambio di prospettiva.
Raggiunsi il divano nel mio pigiama da notte.
Sentivo gli occhi dei ragazzi fissarmi i seni nudi dentro la maglietta: sobbalzavano ad ogni mio passo; anche l’informalità del pantalone, con elastico un po’ allentato, accresceva la loro eccitazione, facendo capire che mi avrebbero posseduta in uno stato di totale intimità.
Niente gonne, calze a rete o reggiseno a balconcino.
La stessa tenuta da casa che li aveva accolti per tutti quegli anni.
E chissà quante volte, mentre facevano gli amiconi, si erano eccitati a guardare i miei seni liberi nel pigiama o l’elastico largo del pantalone.
Ora mi avrebbero tolto quegli indumenti.
Proprio come fossero Carlo.
Solo un marito, denuda la moglie dal proprio pigiama. Questa, era l’eccitazione.
Appena sul divano mi tolsi velocemente i pantaloni e le mutande.
Allargai le gambe davanti a tutti.
Non volli conceder loro, un ulteriore sadico piacere, per miei eventuali imbarazzi: resi il gesto automatico, come si fa dal ginecologo per non lasciar tempo all’insorgenza di eventuali inibizioni.
Anzi, desideravo rigirare la patata bollente dell’imbarazzo a loro (nel vero senso della parola!): togliermi un paio di pantaloni, e mostrare la passera, per me non era chissà cosa! Soprattutto se fatto repentinamente.
Ora volevo vedere come se la gestivano, loro!
Avrebbero davvero fatto succedere qualcosa di serio ? O sarebbe rimasta la serata goliardica in cui la Ele aveva fatto vedere loro la fica?! E basta …
Tuttavia sapevo che avrei mostrato una passera già bagnata e che la cosa non sarebbe passata inosservata.
Quel particolare rendeva un po’ avventata la mia mossa, dimostrando che non fossi poi così disinvolta.
Non ce l’avevo neanche ben depilata: pelo corto ma alla buona.
E chi se ne fregava, infondo eravamo amici.
Guardavo il soffitto, lasciando ammirare la mia fica spalancata agli spettatori.
Se Lucio aveva trascorso l’adolescenza a farsi seghe, mentre pensava alla mia fica accovacciata dietro un cespuglio, ora poteva guardarla aperta e bagnata.
Luca, dopo aver fatto sempre finta di essere interessato solo ai voti, certamente si era immaginato le fiche di tutte le mie compagne di classe: finalmente ne vedeva una.
Armando poi, nonostante tutte le sue ostentate avventure amorose, pareva essere il più impaziente: dimostrasse pure la sua fama.
E Carlo poteva finalmente apprezzare come tutti i suoi amici ammirassero la fica della moglie, ormai, non più sua esclusiva.
Guardavo ancora il soffitto. Ancora nulla cominciava.
Se quella situazione di impasse fosse durata qualche altro attimo, mi sarei alzata prendendoli in giro: a dimostrazione che potevamo farci solo due risate.
Ma proprio mentre avevo deciso di chiudere le gambe ed alzarmi, 8 mani avide si avvinghiarono lungo le mie cosce e nel loro mezzo: incluse quelle di mio marito.
Mi perlustravano, allargandomi le labbra:
“E’ già tutta bagnata” sorrisero;
“Che vacca che sei Ele” altri sorrisi;
“ Guarda qua, cola!” Sorrisero ancora.
E cosa si aspettavano?
Poi due dita mi strinsero il clitoride, sobbalzai.
Due mani mi alzarono la blusa del pigiama.
I miei seni nudi vennero scoperti, mentre percepivo la soddisfazione dei presenti a poterli finalmente guardare dopo averli tanto immaginati.
Ho ancora le aureole rosee e le mammelle candide.
Penso che quella visione, riportò tutti quanti agli anni della scuola, come se il tempo non fosse mai passato.
Le tette mi venivano strette con forza e libidine vendicativa: per troppi anni, il loro movimento sotto la blusa, aveva torturato l’altrui desiderio.
I ragazzi non le stavano palpando ma impastando, come si fa con il pane.
Ebbi la sensazione che qualche mano ricercasse addirittura le ghiandole, per accedere ad una mia intimità ancora più interna.
"Più piano, ragazzi ..."
I miei capezzoli si indurirono per difesa.
La fica era bollente, dopo le ispezioni che avevano certificato quanto fosse fradicia.
Avevo bisogno di un paio di sfregate per venire già una prima volta.
Non capivo più nulla!
Armando me lo ricordò:
“Vuoi già venire, Eleonora?”
Dissi di sì. Luca:
“ Ragazzi neanche io ce la faccio più, devo scoparla”
Luca si slacciò velocemente i pantaloni e si mise sopra di me.
I nostri corpi erano spalmati uno sull’altro dopo che Lui, per 30 anni, si era imbarazzato solo per concedere una mano durante la recita di fine anno.
Impacciato pure in quello.
Qualsiasi contatto fisico, con me o con chi altro, aveva sempre inibito Luca: adesso mi era sdraiato addosso, mentre sbavava sopra i miei capezzoli, dietro i suoi occhiali appannati.
Teneva ancora il cazzo appoggiato all’ingresso della mia fica, senza entrare.
Lo sentivo, lì, all’ingresso.
Per un attimo ridemmo, tanto che era strana quella situazione.
Rise anche Carlo.
Poi guardai negli occhi Luca e gli dissi con complicità:
“Dai, entra”
Finalmente Luca me lo buttò dentro. La cappella non fece fatica a ficcarmi: sia per le dimensioni ordinarie che per la mia fica fradicia.
Era quasi dolce, Luca: gli misi una mano materna dietro il collo, in attesa si sfogasse. Sapevo che non mi avrebbe fatto godere.
Gli bastarono due colpi per schizzarmi dentro: spinse più affondo che poteva. Altro che venire fuori! I ragazzi sorrisero:
“Bravo Luca, ti sei già svuotato nelle fica della Ele. E brava anche Ele che ha mantenuto la promessa di non batter ciglio”
Uscito Luca, il branco rimase concentrato fra le mie gambe:
“Quanta gliene ne hai fatta, Luca: fra la tua sborra e quella di Eleonora è tutto fradicio!”.
Fu subito il turno di Armando:
“Voglio farla anche io nella fica piena di Eleonora. Non ho mai riempito una fica due volte”
Sentii entrare il cazzo di Armando, forse un po’ più grosso di quello di Luca.
Con lui mi aspettavo di essere soddisfatta: non ci fu alcun indugio o sorriso.
Mi iniziò a scopare dandomi piacere.
Ci guardavamo: ansimava lui, ansimavo io.
Ora, qualsiasi premessa o preliminare goliardico, era davvero finito.
Il leader, ovviamente, non si accontentava di stantuffarmi: con la lingua cercava la mia bocca. Pensai che Carlo non avrebbe gradito.
Per un attimo mi ritrassi.
Ma quanti problemi mi facevo!
Mio marito mi aveva fatto scopare dai suoi amici ed ora avevo scrupoli per un bacio appassionato?
Aprii la bocca per accogliere la lingua desiderosa di Armando.
Non ci baciammo con passione, perché quella necessita di un trasporto intimo.
Ci baciamo certamente coinvolti, ma animalescamente: così come era la natura della scopata.
Armando durò più di Luca, tra le mie cosce. Sentivo la sua cappella che faceva un rumore di pozzanghera nella fica già piena.
Ma non ebbi il tempo di godere che il mio utero si riempì nuovamente di un' abbondante e calda colata.
Stavano usando la mia fica per svuotarsi le palle senza ritegno.
Ero rimasta accaldata, con le gambe aperte, mentre i ragazzi contemplavano la mia passera nuovamente annaffiata.
Paradossalmente, mi sembrò il momento più imbarazzante della serata: rimanevo esposta in tutta la mia intimità, mentre mostravo di attendere che qualcuno ricominciasse a scoparmi, per farmi venire.
Si era creata l’anomala situazione nella quale ero più bramosa dei miei aguzzini. Dopo quelle stantuffate, non potevo rimanere con l’orgasmo sospeso.
Era una tortura.
Lucio sembrò percepire la mia condizione e, quasi sfidandomi, mi affondò due dita nella fica: “ancora non hai goduto? vediamo quanto ci metti!”.
Cominciò a masturbarmi con le dita, forte e fino infondo. Poi aggiunse un terzo dito. Spingeva velocissimo, dentro e fuori. Sentivo che il suo movimento faceva schizzare la sborra degli amici, dall’interno della fica sulle mie gambe.
Dopo qualche istante ebbi un orgasmo intensissimo fino a dover restringere le gambe.
Qualche risolino dimostrò che il mio godimento aveva appagato tutti i presenti.
“Ora però riapri queste gambe” disse Carlo. Proprio mio marito.
Ero in stato confusionale. Non capivo più nulla.
Le divaricai mentre provavo a riacquisire lucidità.
Sentii qualcuno che mi toccava il clitoride, ma era troppo sensibile così lo ritrassi.
Altre risa:
“Ok, se non vuoi che ti tocchiamo il clito riapri almeno le gambe”
Lo feci. Sentivo che tutti erano ancora concentrati sulla mia fica aperta. Volevo del tempo per riprendermi a occhi chiusi. Per il resto li avrei lasciati fare con lo stesso distacco che si usa dal ginecologo …
Ed infatti, assai similmente, sentii penetrarmi, dilatarmi, ispezionarmi …
Questo fino a quando quattro dita, mi aprirono tutte le labbra.
Provai a richiudere le gambe, ma questa volta varie mani mi tenevano le cosce aperte, tra cui quelle di Carlo.
Sentivo dolore ma anche piacere. Ero quasi sollevata che qualcuno mi aiutasse a tenere aperte le gambe senza consentirmi di chiuderle.
Quindi pian piano le rilassai: alzai la testa e cominciai a guardarmi fra le cosce come si fa durante un parto.
Armando spingeva su e giù la sua mano cercando di farla entrare tutta: ora mi sembrava di essere scopata da un enorme cazzo.
Più mi eccitavo, più sentivo che, seppur a fatica, la mia fica accoglieva qualche millimetro in più della mano di Armando …
Poco dopo, un grande orgasmo, dilatò ancora più le mie pareti, e Armando infilò anche un quinto dito.
Mi stavo facendo slabbrare come una vacca dai miei amici, davanti a mio marito. E in più, godevo. Meglio del Risiko!
Stavo mostrando a tutti, non solo la fica, ma il collo dell’utero fino alle ovaie.
Volevano vedermi tutta, dentro.
Ero già venuta due volte, in maniera fortissima: adesso cominciavo ad essere stanca e appagata.
Ma l’esperienza non sembrava volgere al termine.
“Eleonora, Carlo deve ancora venire!”
Il gruppo mi accompagnò sul tavolo della sala, mettendo il mio culo a novanta gradi e dimostrando che, nella serata, non ci fosse molto di improvvisato.
Carlo si avvicinò, slacciandosi i pantaloni. Poi mi penetrò forte nella fica ormai arrossata: cominciò a stantuffarmi per bene e non potevo credere che, per la terza volta, mi stava salendo il piacere fra le gambe.
Devo essere onesta, mio marito mi scopava meglio di tutti.
Prima di dirigermi verso l’orgasmo, Carlo estrasse il cazzo e me lo infilò con un colpo secco nel culo. Tirai un urlo di dolore.
“Facci vedere come fai urlare Ele, la tua mogliettina”
Mordevo ubbidiente la manica del pigiama.
Certo, non mi sarei ritratta proprio a mio marito.
Carlo era visibilmente sopraffatto dall’eccitazione d’incularmi con forza, davanti ai nostri amici.
Non appena il dolore si trasformò in godimento, le mie urla divennero più forti.
Mi guardavo intorno e il gruppo pareva molto eccitato ad osservare quel mio stato confusionale.
Armando e Luca se lo erano già ripresi in mano, per masturbarsi.
“Mamma mia Ele, come lo prendi bene nel culo”
Vedevo cazzi ovunque mentre pensavo che mi ero già fatta riempire due volte, con mio marito che adesso mi inculava.
Diciamo che il passaggio dalla fantasia di Rachele, a quella, era stato piuttosto brusco.
A differenza di altre volte, il mio culo era così aperto che Carlo lo stava scopando come fosse una fica: infilava il cazzo dentro e fuori, fino alle palle.
E sentivo che il mio culo si era lubrificato meglio della passera.
Ripresi ad avere un orgasmo fortissimo e tanto bastò per sentire Carlo seguirmi con una schizzata nel fondo del retto.
Pensavo che a quel punto l’esperienza fosse davvero finita.
Ero stata riempita davanti e dietro.
Anche la fantasia più inconfessabile di mio marito, era stata soddisfatta.
Ora volevo andare in bagno.
Pensavo che appena raggiunto il bidè, avrei cominciato a grondare come uno scolapasta, colando sborre tutte diverse …
Chissà se avrei distinto quelle nuove da quella di Carlo.
Non vedevo un liquido di un altro uomo, da più di vent’anni.
Mio marito ed Armando uscirono della sala per andare a prendere qualcosa da bere in cucina. A maggior ragione la serata era finita.
Ma inaspettatamente, mentre provavo a rialzarmi dalla postura a novanta gradi sul tavolo, sentii la mano di Luca che mi tenne ferma:
“Aspetta un attimo!”
Mi mise il suo cazzo vicino al viso, invitandomi a prenderlo in bocca.
Ne era passato di tempo dall’imbarazzo di darmi la mano durante una recita: ora pretendeva la sua cappella fra le mie labbra.
L’uscita di scena di Carlo e Armando mi facevano ritenere che il gioco fosse finito, e che io non dovevo più nulla a nessuno.
Ma proprio per quel motivo la situazione mi stava eccitando ancor di più: mio marito era in un’altra stanza e quindi sarebbe rientrato vedendo che sua moglie, anche senza di lui, aveva continuato ad intrattenersi con i cazzi dei suoi amici.
E non gli stalloni della serata, ma i due profili più innocui che comunque bastavano per soddisfare qualche altro mio piacere, tanto che ero porca.
D’altra parte, era una serata di sesso.
E ora la scelta era mia, non sua.
Ammesso non fosse stata mia anche fino a quel momento.
Mentre pensavo a tutto questo, il cazzo di Lucio mi entrò nella fica. Ancora!
L’amico del cuore. Mai sazio di quella che aveva sempre definito “sua sorella”.
Ora Lucio non stava certo assecondando una fantasia di Carlo, ma solo quella delle proprie palle, le uniche ancora piene.
Prese a scoparmi.
In assenza di Carlo mi lasciai andare all’unica frase della serata:
“La scopi così Sonia? Dai Lucio, fallo vedere alla tua sorellastra …”
Lucio non rispose ma iniziò a darmi colpi così forti da spostare il tavolo.
A quel punto presi in bocca il cazzo di Luca e iniziai il mio pompino.
Era la prima volta, dopo 20 anni, che mettevo in bocca un cazzo diverso da quello di Carlo. Sentivo un sapore diverso e mi piaceva.
Chissà se qualcuno avesse raccontato all’occhialuto Luca, durante l’ora di matematica, che la Ele nel futuro avrebbe goduto a succhiargli il cazzo …
E chissà se qualcuno lo avesse raccontato a me …
Mentre Lucio mi scopava la fica a novanta gradi, Luca mi spingeva il cazzo fino in gola: ora volevo che mi sborrasse in bocca.
Ero stata riempita nella la fica e nel culo, ma prima di fine serata volevo assaporare un piacere diverso da quello di Carlo. Non importava di chi.
Intanto la stantuffata di Lucio non mi lasciava indifferente e un nuovo piacere cresceva tra le mie cosce.
Luca finalmente mi sborrò in bocca. Fu strano. Ero così pervasa dai sensi che non ebbi alcun istinto di ritrarmi. Cosa che talvolta mi capita persino con Carlo: continuai il mio pompino ingoiando tutto ciò che non trattenevo con lingua.
Succhiavo avida.
Venni per la quarta volta: mai successo, in così poco tempo.
Vedevo Lucio e Luca quasi increduli nel farmi godere così tanto. E invece erano più che capaci!
Ero davvero distrutta: sdraiata sul tavolo, cercavo di ripulire le labbra dalla poca sborra che non ero riuscita ad ingoiare.
Restavo ubbidiente a novanta gradi: una che avevo goduto ero totalmente indifferente agli stantuffi del cazzo di Lucio nella fica: lui si rivelò il più duraturo; attendevo che venisse, come una serva che sa di dover aspettare che il padrone finisca. Ma Lucio estrasse il suo cazzo dalla mia fica:
“Eleonora, ora piscia a terra”
Capivo poco. Effettivamente avevo lo stimolo di urinare, assai complementare al mio desiderio di rilassarmi.
Ma non sapevo se fosse il caso di pisciare sul pavimento della mia sala.
Tra l’altro non c’era neanche Carlo: quanto ordinatomi pareva quasi una richiesta non autorizzata (forse volutamente arrivata all’assenza di Carlo).
“Dai ragazzi, forse è meglio che …”
Ma Lucio me lo ordinò nuovamente.
Poi anche Luca …
“Eleonora piscia a terra!”
Poi nuovamente Lucio, afferrandomi con forza un seno.
Ero stanca, confusa. Forse anche un po’ intrigata da questa ennesima sottomissione. Volevo rilassarmi.
Così chiusi gli occhi e quasi naturalmente lasciai sgorgare un primo fiotto che scorse lungo le mie gambe.
Lucio, dandomi degli schiaffetti sul culo, mi intimò di continuare, mentre se lo toccava.
La percezione che la mia pipì facesse arrapare i miei ex compagni di classe, cominciava a gratificarmi e così mi abbandonai ad un altro spruzzo.
Erano davvero dei maiali. Ma chi se lo immaginava.
“Continua…continua …”
Mi voltai per guardare Lucio sempre più eccitato che si masturbava velocemente: rilassai la mia vescica, cominciando a pisciarmi fra le gambe e sul pavimento.
Proprio in quel momento rientrò Carlo con Armando, per osservare Lucio che si masturbava mentre mi vedeva urinare.
Guardai per un attimo mio marito, poi ripresi a guardare il cazzo di Lucio che mi sborrava sopra il culo mentre io lasciavo cadere le ultime gocce di pipì.
Quella sera adoravo guardare le cappelle gonfie eruttare di piacere. Pensavo già che avrei voluto vedere altri cazzi, di lì in poi.
Non immaginavo che osservare i miei amici masturbarsi, mentre mi guardavano la fica e le tette, potesse essere così appagante.
Avrei desiderato vedere altri uomini sfogarsi come animali, sulle mie nudità.
La scena risultò assai eccitante per Armando e mio marito: quasi sentendosi traditi, per quanto accaduto in loro assenza, dissero di mettermi in ginocchio.
Io eseguì. Non sapevo davvero che altro avrei dovuto fare.
Infatti nulla.
Carlo e Armando volevano semplicemente liberarsi della nuova erezione sopraggiunta, sopra di me.
Tirarono di nuovo fuori cazzi.
Cominciarono a masturbarsi forte, anche loro.
Luca approfittò della mia sottomissione in ginocchio, per eseguire la fantasia riservata alla moglie: cominciò a ad urinarmi sui seni. E poi salendo, fino sulla labbra.
Io conoscevo Lara, sua moglie. Immediatamente pensai che non mi aspettavo fosse così troia: quella borghese moretta, si eccitava a farsi pisciare addosso dal marito. E io che pensavo non andassero neppure più a letto insieme.
Luca, da perenne impacciato, quella sera aveva preteso tutto da me: sborrata nella fica, pompino con ingoio e pure pisciata addosso.
Diciamo che aveva davvero riscosso tutti gli arretrati.
Io non mostrai mai alcuna resistenza.
Neppure quando Luca, adesso, mi chiedeva di tirare fuori la lingua, senza più mantenere la bocca serrata.
Avevo ingoiato la sua sborra, sapeva che non mi sarei rifiutata ad assaggiare altro di lui.
Sentivo innaffiarmi da un getto bollente, dal sapore completamente nuovo, mentre mio marito si affrettava per sborrarmi addosso insieme ad Armando.
Quasi contemporaneamente gettarono i primi zampilli, sporcandomi tutti i seni: Carlo e Armando si avvicinarono coi cazzi alla mia lingua affinché assaporassi anche il loro piacere.
Pulii le loro cappelle come ordinatomi.
La sborra di Carlo era più dolce e densa. Quella di Armando più liquida e acre.
Ora era davvero finita.
Luca e Lucio mi vollero congedare con un ultima, e lunghissima, palpata alle tette, totalmente indifferenti alla circostanza che fossero sporche di qualsiasi tipo di liquido.
Guardavo i quattro cazzi intorno a me, allentare la tensione.
Li toccai, uno ad uno, scappellandoli leggermente con un sorriso: volli chiarire che avevo concesso non più di quanto presomi. I loro quattro cazzi.
Forse, in ginocchio e completamente sborrata, avrei pure ricominciato a succhiarne qualcuno. Ne avevo quasi voglia.
Ma ero venuta quattro volte, riempita ovunque.
Poteva davvero bastare.
Dovevo convenire che erano standard di appagamento davvero notevoli, sia per numero di volte che per intensità: livelli difficilmente raggiungibili da una coppia quarantenne, in solitaria autonomia.
Non ero mai venuta quattro volte con Carlo, in così poco tempo: neppure ai tempi d’oro. Mentre mi avviavo al bagno, per farmi la doccia, pensavo a tutto questo.
Mi ero spinta ogni oltre fantasia: avevo concesso ai miei amici, molte cose per le quali ero resistente a mio marito stesso.
Dopo la doccia indossai nuovamente il pigiama, quel pigiama, e non nego che fu strano salutare i ragazzi, come se non fosse successo nulla.
Mi ritrovai ad accompagnarli alla porta, come tante altre volte e come se mai, solo un quarto d’ora prima, stessi con le gambe aperte davanti a loro per farmi scopare in ogni modo, spompinando i loro cazzi e godendo come una vacca.
Se ne andavano, conoscendomi meglio del mio ginecologo. Molto meglio.
Chissà come li avrei guardati da quel giorno. Meglio non pensarci.
Raggiunsi finalmente il letto, pensando che il giorno dopo ricominciava la scuola di Francesco e il calcio di Luca: le mie mani sarebbero passate dai cazzi dei nostri amici, alle cartelle dei ragazzi; le mie labbra, dalle cappelle bagnate a baci sulla fronte.
Dopo quasi un’ora sentii Carlo tornare in camera.
Non immaginavo avesse ancore forze. Non appena nel letto mi sfilò i pantaloni e le mutandine. Probabilmente, ripensando alla serata, era già in erezione per la terza volta.
Avevo la fica che mi bruciava, ma adesso la priorità non era più lei, un altro organo: il cuore e la volontà di sentirmi ancora unita a mio marito.
Quindi mi concessi con dolcezza, da moglie innamorata.
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