Vestiti a festa

di
genere
etero

Erano passate ore ormai, davanti a quello specchio.
Decidere era stata un’impresa parecchio ardua.
A confermarlo sarebbero bastati i vestiti riversi sul pavimento e sul letto, abbandonate in piccole montagne disordinate.
Non potevo che pensare a quanto avrei sofferto a rimetterli in ordine.
E a quanto poco le cose di cui era colmo il mio armadio poco si adattassero a occasioni eleganti.
Di lì a poco, infatti, avrei partecipato ad una festa in famiglia, a casa del io ragazzo.
Avevo conosciuto i suoi parenti giusto il Natale prima.
Non sapevo molto di loro, ma mi avevano accolto senza troppe reticenze.
E il mio poco essere incline a novità ed eventi sociali si era detto fortunato in quell’occasione.
Adesso, dentro a questo vestito blu che mi fascia il corpo fin sopra il ginocchio, la mia sicurezza un po’ vacilla.
Il modo in cui mi fascia la vita, in cui preme sul petto esponendone il generoso volume.
Mi sembra decisamente inopportuno per una festa in famiglia.
“E’ forse troppo?” mi sono chiesta quindi per la sesta volta, piroettando su me stessa e osservandomi da ogni angolazione.
Pur sapendo che la sola alternativa fossero top sopra l’ombelico e qualche jeans tagliuzzato qua e là.
Indecisa sul rinunciare del tutto alla serata, vengo interrotta prontamente dall’arrivo del mio ragazzo.
Mi spia dalla soglia della porta e un sorriso tutt’altro che innocente gli sia allarga in viso.
“Sei pronta?” chiede, notando la mia espressione dubbiosa che lo osserva dallo specchio.
“Guarda che facciamo tardi” rincara poi.
“Secondo me non è adatto, penseranno che..” non faccio in tempo a terminare che mi raggiunge, passandomi una mano attorno ai fianchi e facendo scivolare il suo palmo aperto sul mio fondoschiena.
“E’ perfetto.” sentenzia tirandomi una pacca sul sedere di approvazione e ordinandomi di raggiungerlo di sotto al più presto.

Durante la cena, sono molto più rilassata.
Senza prendere in considerazione qualche occhiata un po’ torva da parte di mia suocera, ho persino ricevuto qualche complimento per la scelta dell’abito.
Ed è mentre sono distratta dal pensiero che troppo spesso mi limito nelle scelte per paura del giudizio che avverto una sensazione strana.
Qualcosa di caldo che mi sfiora la pelle nuda, appena sotto l’orlo del vestito.
Mi giro alla mia destra.
Lui è impegnato in una conversazione accesa con uno dei suoi zii riguardo a qualche questione politica.
Eppure la sua mano è impegnata nello stesso momento a risalire il mio interno coscia, facendo pressione con le dita sulla mia pelle.
Un leggero strofinare, dal basso all’alto che mi fa fremere.
Una piccola scarica elettrica lungo la colonna vertebrale che si ferma sulla nuca.
Sento le mie guance avvampare, e chiudo di scatto le gambe.
L’idea che qualcuno riesca a decifrare il mio imbarazzo mi spaventa.
E allo stesso tempo mi eccita tremendamente.
Continuo ad osservarlo.
E’ calmo, tranquillo e prosegue nel suo discorso.
Ignora ogni obiezione, come ignora il mio tentativo di arginare la sua mano.
Insiste, muovendo le mani contro il tessuto già leggermente umido delle mie mutandine.
Nonostante il poco spazio di manovra, il suo tocco misto a quella situazione di impossibilità mi fa impazzire di voglia.
Separo piano le gambe e lui si addentra al di sotto del tessuto.
Le sue dita si fanno strada tra le labbra gonfie di eccitazione e cominciano a massaggiarmi con movimenti circolatori, scendendo verso il basso di tanto in tanto e spingendo una falange contro l’entrata senza però proseguire.
Trattenersi dall’ansimare è una sfida difficilissima.
Così affondo i denti sul mio labbro inferiore per un tempo che sembra infinito prima che il parente con cui il mio ragazzo sta conversando allegramente mentre è impegnato a toccarmi sotto il tavolo decida di alzarsi e raggiungere gli altri sparsi tra la cucina e il salone.
Siamo rimasti soli, seduti al tavolo della sala da pranzo.
Quando lo zio sparisce dalla nostra vista, lui si china verso di me e mi sposta i capelli sulla spalla opposta con la mano libera.
“Questo vestito mi fa impazzire” mi sussurra all’orecchio, baciandone languidamente il retro.
“Voglio strappartelo di dosso, adesso.” aggiunge, con una lunga scia di baci che percorre il collo e si ferma su una spalla.
Mi spia con gli occhi rivolti verso l’alto.
Un ghigno malizioso accompagna la scintilla che ha negli occhi.
“Posso?” chiede con un filo di voce.
“Ma non possiam-” dall’altra parte della stanza compare mia suocera, un sorriso distratto a suo figlio, un’occhiata di traverso per me.
Non voglio più basare le mie scelte sul giudizio degli altri.
“Sì, ti prego.”

La stanza in cui scivoliamo praticamente l’uno incollato all’altra, e completamente buia.
Fatta eccezione solo per la luce dei lampioni esterni che filtrano tra le serrande.
Uno studio.
Qualche quadro dalla cornice scintillante lungo le pareti, una scrivania massiccia di legno scuro contro una parete e una grossa libreria contro la parete opposta.
“Vieni qui.”
Le sue mani si arrampicano ovunque sul mio corpo.
Mi disfano e rimescolano.
Mi accarezzano il seno, mi stringono i fianchi, si aggrappano al mio fondoschiena.
Il mio respiro impatta pesante contro le sue labbra che si premono con forza sulle mie.
Riesco ad avvertire la sua voglia da ogni impercettibile guizzo del suo corpo.
Le vene del suo collo che pompano velocemente il sangue verso il basso.
I muscoli che si irrigidiscono mentre si preme contro di me.
Camminiamo nel buio barcollando.
Ci stacchiamo per riprendere fiato e senza dire una parola, in mezzo a questo affanno condiviso, lascio che mi osservi.
Che mi spogli di ogni cosa con i suoi occhi.
Poi mi sfilo le mutandine.
Le sue pupille si allargano all’istante, piene di desiderio.
MI spinge all’indietro, e prima che inciampi mi solleva, adagiandomi sulla scrivania.
E’ fredda contro la mia pelle ma ci faccio poco caso.
Un attimo dopo si china.
Mi allarga le cosce con uno strattone e ricoprendomi di baci ogni centimetro delle cosce con foga, si porta le me gambe sule spalle.
Il suo respiro caldo mi investe come un treno ad alta velocità.
Si tuffa all’interno della mia figa con una foga inaudita.
La sua lingua mi invade, assaggiando ogni centimetro di superficie umida e rovente.
Le sue unghie affondano sulle mie cosce e i miei fianchi non fanno che chiederne ancora, seguendo i movimenti della sua bocca in automatico.
Cerco di trattenere i gemiti che prepotenti vogliono fluirmi dalla bocca quasi quanto gli umori tra le sue labbra.
E’ eccitante sapere che la fuori la sua famiglia festeggia animatamente mentre qui dentro il loro amato nipote o figlio, è impegnato a leccarmela per bene.
Questo pensiero mi manda in ecstasi.
Quando aggiunge le dita, penetrandomi con esse velocemente, sono costretta a mordermi anche la lingua per non fiatare.
Lo sento ridere sommessamente mentre risale lungo il mio ventre e poi dritto alle mie labbra.
“Shh” dice, spingendo le dita umide dei miei liquidi nella mia bocca, e baciandomi subito dopo con la lingua.
Gli sbottono i pantaloni mentre lui tira giù la zip del vestito.
Tira giù le maniche a strattoni fino a scoprirmi il seno, avventandosi su di esso con veemenza.
Le mie mani oltrepassano il tessuto e afferro la sua erezione, cominciando a massaggiarlo dal basso verso l’alto.
Ho una voglia assurda di essere scopata.
Non riesco a sopportare a lungo questo scambio limitato di attenzioni.
Intanto mi tiene una mano al collo, stringendo saldamente le presa.
E’ occupato a succhiare avidamente i miei capezzoli, alternandosi tra essi, ma senza riuscire ad evitare di gemere contro di essi sommessamente.
“Scopami” gli sussurro frustrata, passando le dita sul suo glande sensibile. “Ti prego, scopami”.
“Vuoi che ti scopi, troia?” mi chiede lui, mordendomi il lobo dell’orecchio. “Vuoi che ti scopi qui? Non riesci ad aspettare?”
“No, ti voglio. Scopami.” ripeto esasperata, ansimando contro la sua guancia ispida.
“Allora ti accontento”.
Mi passa un braccio attorno alle spalle girandomi su me stessa, e con una spinta decisa preme il suo bacino sul mio sedere costringendomi a piegarmi sulla scrivania.
Le sue mani armeggiano con il vestito, tirandolo verso l’alto quanto basta a scoprirmi il sedere.
Assesta una pacca non troppo forte, nel momento in cui nell’altra stanza scoppia una fragorosa risata generale.
Mi tappa la bocca con una mano, e sento premere la sua erezione contro la mia figa fremente.
Una spinta secca e comincia da subito a scoparmi con forza.
Si tiene al mio seno con la mano libera, strizzando il mio capezzolo turgido in una piacevole morsa.
Il suo ventre sbatte di continuo contro il mio sedere, riverberando contro i muri e disperdendo il suono dei nostri corpi che si uniscono nella penombra.
I miei gemiti invece vengono smorzati dalla pressione della sua mano sulle mie labbra, ma non smettono di replicarsi e replicarsi ancora mentre riempie il mio corpo tremante di piacere.
Stringo le gambe mentre mi scivola dentro, fluido e prepotente, veloce.
L’idea che qualcuno possa aprire la porta è scoprirci accresce la mia eccitazione smisuratamente.
Proseguiamo per poco ancora.
Dopotutto qualcuno potrebbe accorgersi della nostra assenza.
Sono io a interrompere per prima questo segreto.
Infilo una mano tra il bordo della scrivani e la mia figa ormai al limite della sopportazione.
Il clitoride gonfio implora di essere accarezzato, e un orgasmo pulsante finalmente di esplodere.
Così assecondo questo istinto inevitabile e mi lascio andare sotto il peso del suo corpo, contro questa superficie tiepida e rigida, gemendo contro le sue dita.
Qualche secondo più tardi lui affonda i denti e i suoi ultimi gemiti nella mia spalla, riversando il suo seme caldo tra le mie cosce.
Lo raccolgo con le dita quando comincia a colare verso il basso e poi le infilo in bocca con aria soddisfatta.
Ci ricomponiamo e poco prima di lasciare la stanza gli infilo le mie mutandine nella tasca dei pantaloni.
“Queste me le ridai più tardi in macchina.”

E’ mentre lecca la panna con cui è guarnita la torta dal cucchiaio che lo sento dire diretto a sua madre: “Credo che a breve andremo via, devo riaccompagnarla a casa.”
E i suoi occhi affondano nei miei, come un segreto.
scritto il
2022-03-14
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