Zia Giusy: Sorpresi da un provvidenziale acquazzone
di
Insonnia
genere
incesti
E' consigliabile leggere prima: "Una zia allo specchio"
Sorpresi da un provvidenziale acquazzone
Finite le vacanze estive ero tornato a fare i conti con gli esami all’università. Era il mio secondo anno alla facoltà di ingegneria ed ero sempre ospite dei miei zii a Roma. Rispetto all’anno precedente le uniche cose che erano cambiate riguardavano me e mio cugino Andrea. Lui quest’anno si era iscritto alla facoltà di lettere, dopo aver superato brillantemente la maturità. Andava più spesso a Bologna dalla sua fidanzata. Il suo corso di laurea non richiedeva una assidua presenza alle lezioni e lui ne approfittava spesso per andare da lei. Qualche volta si fermava l’intera settimana. Io, con molto di ritardo, ero riuscito a trovare una fidanzata ed avevo iniziato una vera vita sessuale: Finalmente avevo smesso di farmi le seghe. Si chiamava Giulia: Magrolina, capelli biondi, sedere piccolo, una seconda di seno ma un sorriso dolcissimo. Faceva l’estetista in un salone di bellezza. La paga non era alta ma i clienti apprezzavano il suo lavoro e lasciavano spesso mance generose. Nei suoi sogni c’era una casa con un bel giardino per tenere tutti i cani e i gatti abbandonati che raccoglieva in giro; fino a quel momento però, era riuscita a comprarsi solo una vecchia Panda, con lo sportello destro che non si apriva se non con una decisa spallata. Era così entusiasta di quel catorcio che le aveva dato anche un nome: “Penny”. Mia madre era contenta, aveva capito subito che era una brava ragazza, anche se mi prendeva in giro dicendomi che non capiva purché ci fosse voluto tanto tempo per fidanzarmi con un “manico di scopa”. Io però, con quel manico di scopa, ci stavo benissimo. Più ci conoscevamo più scoprivamo di stare bene insieme. Fare l’amore con lei era pura poesia: All’inizio ero stato premuroso, cercavo di essere delicato, per non farle male. Non ci misi molto a capire che anche il sesso duro era molto apprezzato: Zia Giusy era stata una brava maestra.
Abitava vicino casa mia e, quando mi trasferivo a Roma dagli zii, ci vedevamo poco. Inizialmente tornavo a casa tutti i venerdì ma quando mi resi conto che stavo rimanendo indietro con gli esami decisi di tornare ogni due settimane. Qualche volta veniva lei ed andavamo in un B&B: Niente studio solo sesso e coccole per un paio di giorni. Quando scendevo veniva sempre a prendermi alla stazione con Penny. Lungo il tragitto verso casa, ogni tanto, allungava la mano sui miei jeans per sentire la durezza de mio uccello. Mi diceva che doveva verificare che non l’avessi tradita. Ovviamente il mio cazzo era sempre in tiro e lei, soddisfatta, continuava a stringerlo in attesa di trovare un posticino appartato per una verifica più approfondita.
Non era una maestra del sesso, in compenso, era una brava allieva: Imparava in fretta. Il primo bacio era stato emozionante, ma quello che non dimenticherò mai, è stato Il primo pompino. C’eravamo conosciuti da poco ed eravamo in macchina, a raccontarci le cose, come tutti i ragazzi della nostra età. In pochi minuti ci ritrovammo abbracciati, con le bocche incollate l’una all’altra. La mia mano era entrata coraggiosamente nella sua camicetta e le stava accarezzando delicatamente il seno. La sua scivolò sui miei jeans, fermandosi sul mio cazzo che, apprezzò il gesto, e divenne duro come una pietra. Attratta dalla quella durezza, rimase lì e continuò a tenerlo stretto per due o tre lunghissimi minuti. Quando sentii le sue dita che cercavano di abbassare la zip dei pantaloni, le nostre bocche ai separarono. Cercai i suoi occhi e vidi che si stava guardando intorno per controllare se ci fosse qualche passante in giro: Era una gelida serata d’inverno e fuori non c’era nessuno. Abbassai la zip dei jeans ma dovetti sbottonarli completamente e slacciare la cintura per liberare il mio cazzo. Lei lo strinse delicatamente nella sua mano, poi fissò i miei occhi alla ricerca di un cenno di approvazione. Rimasi a guardarla per un attimo, poi appoggiai la mia mano sulla sua ed Iniziai a guidarla con un movimento lento e profondo. La sua stretta si fece forte e sicura. Diede un’altra fugace occhiata fuori, poi si piegò in avanti e la bocca arrivò a sfiorare il mio cazzo. Posai mia mano sui suoi capelli e li sentii morbidi tra le mie dita.
Stringeva il mio cazzo, facendolo scivolare nella sua mano, mentre le labbra socchiuse sfioravano il glande. Dopo un paio di minuti si aprirono lentamente e lo lasciarono entrare. Scesero fino a sfiorare la mano che continuava a tenerlo stretto. I suoi capelli iniziarono a muoversi sotto le mie dita mentre il glande entrava ed usciva dalla sua bocca. Trattenni il respiro per ascoltare i rumori che venivano dalle sue labbra; erano leggeri, delicati, quasi impercettibili, la bocca si muoveva lentamente. Una ciocca di capelli scese sul suo viso, lei la tirò indietro, lasciando per un attimo il mio cazzo. Approfittai di quella piccola distrazione: Spinsi leggermente verso il basso, le sue labbra si dischiusero e sentii il mio cazzo entrare più in profondità.
– Oh, si!... così … così è stupendo! Amore.-
Non ci mise molto a capire che la sua mano non era necessaria e quanto mi piacesse sentire tutto cazzo nella sua bocca. Un attimo dopo sollevò la testa e mi disse:
– Sì, ma… non ce la faccio a farlo entrare tutto! -
Sembrava dispiaciuta. Come se volesse scusarsi.
– Amore, sei bravissima! … non ti preoccupare… va bene così! -
L’abbracciai e ci scambiammo un lungo bacio, poi il suo viso tornò a ad abbassarsi sul mio cazzo. Aprì bene la bocca per farlo entrare quasi tutto mentre la mano accarezzava la mia schiena: Era già meglio.
Quando sentii che stavo per venire l’avvertii; lei mi disse che c’erano dei fazzolettini nella tasca dello sportello. La sua mano si muoveva frettolosamente in attesa di avere uno. Ne presi un paio e li avvicinai fino a sfiorare la sua mano. Li prese e li tenne stretti mentre la bocca continuava a scivolare sul mio cazzo.
– Amore, sto per venire… ecco… vengo… sì… eccomi…
Immediatamente sollevò la testa e usò i fazzolettini per frenare i fiotti di sborra che schizzavano dal mio cazzo: Non era il miglior pompino del mondo, ma per me era stato bellissimo, e poi: C’era tempo per migliorare. Le porsi altri fazzolettini e rimasi a guardarla mentre ripuliva il mio cazzo. Raccolse qualche goccia di sperma che era finita sulle sue mani. Guardò fuori poi tornò a guardare la sua mano, sembrava che evitasse il mio sguardo.
– Ehi! Che c’è? … Qualcosa che non va?… - Le chiesi sollevando leggermente il suo viso.
– Amore, mi dispiace… lo so che avresti preferito un altro genere di finale ma… non ce l‘ho fatta… è stato più forte di me. -
– Amore, sei stata bravissima… devi fare sempre quello che ti senti di fare. Per me va bene così… mi piaci per quello che sei… non devi sforzarti di essere diversa. -
La mia bocca si avvicinò alla sua. Rimasi a sfiorare le sue labbra con le mie. Poi sentii la sua lingua entrare timidamente nella mia bocca: La succhiai e scivolò morbida tra le mie labbra. Era soffice e sentii un vago sapore di menta: Avrei preferito sentire il sapore del mio sperma ma sapevo che un giorno sarebbe successo.
Poco dopo si sollevò, sistemò la camicetta. Era ora di accompagnarla a casa ma volevo stare ancora un po’ con lei.
– Devi proprio andare? … Non possiamo stare ancora un minuto? - Le chiesi.
Lei rimase a guardarmi per un attimo, poi raccolse le braccia sul seno e si abbandonò tra le mie. Non avevo nemmeno finito di sistemare i miei jeans. La tenni stretta per una decina di minuti. Poi sentii le sue mani che armeggiavano chiudere la mia zip.
– Aspetta! Lascia fare a me… le zip sono pericolose per noi maschietti! -
Sistemai i jeans mentre lei continuava sorridere pensando al guaio che avrebbe potuto combinare con le sue mani. Restammo ancora un paio di minuti poi l’accompagnai a casa.
Anche zia Giusy apprezzava Giulia. Diceva che era una brava ragazza: Glielo si leggeva negli occhi. Si informava sempre su come andasse la nostra relazione. Lo faceva con discrezione, senza essere invadente. D’altra parte, non ne aveva bisogno, mi conosceva bene, aveva capito che nella mia vita sessuale c’era stato un cambiamento: Guardavo sempre le sue cosce, quando si scoprivano un po’, ma non andavo più in bagno a farmi le seghe.
Un pomeriggio, rientrando a casa, dopo una faticosissima lezione di chimica, trovai zia Giusy e zio Tonino che discutevano con tono alterato. Era già capitato l’anno prima e non ne fui sorpreso. Con un po’ d’imbarazzo andai in camera mia, ma non riuscii fare ameno di ascoltare la loro lite. Il motivo era lo stesso: Lui aveva organizzato la solita cena di lavoro con la sua segretaria. Zia Giusy però, questa volta, era intenzionata a scompigliargli i piani: Voleva partecipare anche lei. Dopo aver sistemato in fretta i miei libri, uscii dalla mi camera e inventai una scusa per uscire di casa: dissi che stavo andando a prendere degli appunti a casa di un amico.
– Tesoro, portati le chiavi che usciamo anche noi… questa sera! – Disse la Zia con particolare enfasi. Ovviamente era un messaggio per lo Zio ed aveva alzato la voce per essere sicura che lui sentisse.
– Ok. Non vi preoccupate – Dissi, mentre mostravo le chiavi che avevo appena preso dalla mia tasca.
Uscito di casa, non sapevo dove andare. Era una giornata cupa e si sentiva il brontolio dei tuoni in lontananza. Mentre vagavo per il quartiere, ripensavo agli zii: Chissà come sarebbe andata la loro serata. Li immaginai seduti al ristorante: “Zia Giusy che scrutava gli occhi dello Zio e della segretaria per vedere se ci fosse qualche furtivo cenno d’intesa. Zio Tonino che fingeva di guardare il menu mentre faceva piedino alla sua segretaria”. Avevo già fatto un bel pezzo di strada ma continuavo a camminare. Soprattutto continuavo a fantasticare e la storia al ristorante andava avanti: “Zia Giusy aveva subodorato l’inganno perché lo Zio leggeva senza occhiali e senza allungare le braccia. Quando si accorse che il menu era al rovescio non ebbe più dubbi. In un attimo sollevò il lembo della tovaglia ed ebbe la prova dei suoi sospetti: La gamba dello Zio era protesa colpevolmente verso le cosce aperte della segretaria. Il rumore di un sonoro ceffone rompe il silenzio della sala. Interviene la segretaria, le due donne si afferrano per i capelli tra lo stupore degli atri commensali e …”. Il clacson di un’auto mi riportò immediatamente alla realtà. Peccato! Non saprò mai come è andata a finire.
Mi guardai intorno, Il cielo si stava facendo sempre più cupo. Sarei rientrato ben volentieri ma era troppo presto: Ripresi a camminare. Casualmente capitai davanti alla vetrina di una fumetteria, ci pensai un attimo, poi decisi di entrare per dare un’occhiata. I manga erano sempre stati la mia passione e provavo ancora una certa emozione quando sfogliavo un fumetto raro. Mi piacevano i disegni ma anche il rumore della carta e l’odore dell’inchiostro. Ero lì, a curiosare tra gli scaffali da almeno una decina di minuti, quando sentii distintamente il rumore di un tuono, seguìto da un raffica di vento. Il gestore del negozio mi rassicurò dicendo che era tutta scena: Non ci sarebbe stato nessun temporale, al massimo qualche goccia di pioggia. Era difficile pensare che avesse ragione. In ogni caso, controllai l’orologio: Non ero stato fuori molto, poco meno di un’ora, ma il temporale era troppo minaccioso e decisi di rientrare. Rimisi accuratamente al suo posto il fumetto che avevo in mano. Uscii in fretta e presi la strada del ritorno.
Arrivato a casa, aprii con le mie chiavi. Non ebbi nemmeno il tempo di chiudere la porta: il fragore di un altro tuono fece vibrare i piatti e i bicchieri nella dispensa, la finestra del soggiorno si spalancò lasciando entrare una folata di vento che fece svolazzare le tende. Mi affrettai a chiudere le finestre. Per fortuna ero rientrato in tempo: Il temporale stava arrivando. Mi guardai intorno e nel silenzio della casa sentii dei rumori che venivano dalla camera da letto. Ebbi subito la sensazione che gli zii fossero in casa e che avessero risolto la loro lite nel modo più comune che può capitare tra moglie e marito. Mi avvicinai con calma. La porta era aperta, mi fermai ad un passo e rimasi ad ascoltare: Non erano urla e nemmeno sospiri. Era un altro genere di rumore: Lo conoscevo bene. Trattenni il fiato e mi avvicinai ancora un po’. Non c’erano dubbi: Era lo stesso rumore che faceva il mio cazzo quando entrava ed usciva dalla gola di zia Giusy. Rimasi ad ascoltare per qualche secondo poi feci capolino. Vidi Lo zio che era in piedi, girato quasi di spalle. la zia era in ginocchio davanti a lui. Riuscivo a vedere il suo viso ed anche il cazzo che entrava ed usciva prepotentemente nella sua bocca.
Non si erano accorti che ero rientrato. Forse per il rumore del temporale o forse perché troppo impegnati nel loro amplesso. Rimasi a guardarli furtivamente. Le mani di lui appoggiate dietro la testa di lei. La tiravano con forza facendo entrare tutto il cazzo nella bocca e qualche volta ancora più giù. La schiena della Zia s’inarcava ogni volta che il cazzo scendeva giù dentro la gola. Quel rumore profondo, come una grossa deglutizione, usciva dalla sua bocca insieme a qualche fiotto di saliva: Era il rumore più eccitante del mondo. Il mio cazzo reagì immediatamente e in un attimo divenne duro come una pietra. Io invece sentii una stretta allo stomaco, come una morsa che mi stingeva dentro.
Mi tirai un po’ indietro per essere sicuro di non essere visto e rimasi ad ascoltare. Dopo appena un paio di minuti, cedetti alla tentazione: Mi sporsi un po’ e lasciai che zia Giusy vedesse i miei occhi. Come immaginavo, fece finta di niente e continuò ad ingoiare quel grosso cazzo mentre i suoi occhi continuavano a fissare i miei. La sua bocca si staccò dal cazzo dello zio, giusto qualche secondo per riprendere fiato, sentii il ritmo affannato del suo respiro prima di tornare a riprenderlo in bocca. Ebbi la sensazione che, per un attimo, mi avesse sorriso come per incoraggiarmi a guardarla. Decisi di rimanere ancora un po’.
Feci ancora mezzo passo per uscire allo scoperto. Mi toccai ripetutamente il cazzo; lo feci istintivamente, con un gesto molto carico di livore e di orgoglio, davanti agli occhi di zia Giusy. Volevo che sapesse quanto il mio cazzo fosse duro mentre lei ne ingoiava un altro. In fondo le era sempre piaciuto vedere che mi eccitavo quando guardavo di nascosto le sue cosce. Sicuramente avrebbe provato lo stesso piacere nel vedere che era capace di eccitarmi anche ingoiando un altro cazzo. Continuavo a toccarmi mentre guardavo quel cazzo enorme che spadroneggiava nella sua bocca. Il suo viso Era bagnato di lacrime che avevano lasciato scie scure sotto i suoi occhi, mentre grossi fiotti di saliva continuavano a colare dalla bocca.
Finalmente, le mani dello zio spinsero indietro e consentirono a zia Giusy di prendere una grossa boccata d’aria. Lei fece scivolare il dorso della mano sulla bocca per togliere l’ultimo fiotto di saliva che ancora pendeva dalle sue labbra. Era esausta, si vedeva che non ce la faceva più, appoggiò la testa sulle cosce di Zio Tonino. Lui iniziò segarsi da solo. Sentii che le chiedeva se volesse smettere, lui avrebbe fatto da solo. Lei non rispose e rimase appoggiata a lui. Zio tonino capì e continuò a segarsi.
Mi tirai indietro e mi appoggiai con le spalle la muro: Feci un profondo respiro. Un attimo dopo sentii l’urlo liberatorio di Zio Tonino. Tornai ad affacciarmi. Zia Giusy aveva sollevato il viso e aveva lasciato che una copiosa sborrata finisse sulla sua faccia. I suoi occhi erano chiusi, li riaprì qualche secondo dopo, quando anche l’ultimo fiotto di sborra aveva raggiunto i suo viso. Si girò verso di me e rimase a guardarmi mentre lo sperma colava sul suo viso. Lasciò che la guardassi per qualche secondo poi, si girò dall’altra parte, chiuse ancora gli occhi e tornò ad appoggiare la testa sulle cosce dello Zio. Finalmente era finito! Avrei voluto non essere mai entrato!
Mi allontanai senza fare il minimo rumore. Raggiunsi la porta d’ingresso ed uscii. Fuori, il marciapiedi era completamente asciutto e non c’era neanche un alito di vento. Il temporale era stata solo una minaccia: come aveva previsto il gestore della fumetteria.
Tornai a vagare per il quartiere. Avevo bisogno di scaricare il livore che avevo dentro ma, questa volta, dovevo stare attento a non rientrare troppo presto: Avrei aspettato almeno mezz’ora per dare tempo alla Zia, di sistemarsi il trucco. Pensai di prendermi un kebab per risolvere il problema della cena: Sapevo che non l’avrei mangiato ma volevo mantenere il gioco e fare finta di non sapere che gli zii fossero a casa. Ci ripensai: Non era necessario e non lo presi.
Quando rientrai, era come se nulla fosse successo. Zia Giusy sembrava serena, aveva il viso completamente senza trucco ed I capelli legati. I suoi movimenti però mostravano una certa inquietudine. Per un attimo incrociai il suo sguardo. Lei rimase a guardarmi, io mi girai dall’altra parte.
Zio Tonino era l’unico che aveva voglia di parlare. Mi chiese qualcosa e scambiammo un paio di parole mentre zia Giusy preparava la cena. Io non toccai cibo. Dissi che non mi sentivo bene e che avrei anticipato il mio rientro settimanale. Zia Giusy approvò la mia decisione e mi consigliò di andare a riposare presto. Lo fece mente posava la mano sulla mia fronte, come per controllare se avessi un po’ di febbre. Ovviamente lei conosceva il motivo del mio malessere e la sua mano era solo una celata carezza: Per rincuorarmi e per cercare di rompere il gelo che s’era creato tra noi. Rimasi in silenzio. Zio Tonino mi diede una pacca sulla spalla e disse che ci avrebbe pensato Giulia a rimettermi in sesto. Sorridemmo, poi mi scusai e mi diressi in camera mia.
Il giorno successivo iniziò con i migliori pronostici: Cielo sereno e un pallido sole era un buon inizio per un gelido mattino d’inverno. Soprattutto a confronto con la giornata precedente. All’università decisi di seguire solo le lezioni del mattino. Nel pomeriggio erano previste un due ore di esercitazioni ma pensai di poterne fare a meno. Andai a studiare in biblioteca per non essere vincolato agli orari delle lezioni. Avevo già preso il biglietto per il treno delle 18:50. Sarei arrivato dopo l’orario di chiusura dei negozi e Giulia sarebbe venuta a prendermi alla stazione. Dovevo solo passare a casa per prendere il trolley.
A casa la situazione non era cambiata: Tra me e zia Giusy c’era ancora un muro di gelo. Era ancora troppo presto per andare alla stazione ma decisi di avviarmi. C’erano due fermate di autobus per arrivare alla stazione della Metro: I tempi d’attesa potevano essere lunghi ma, soprattutto, non volevo stare a casa. Quando Zia vide che stavo per uscire con il trolley si offrì per darmi un passaggio:
– Aspetta… ti accompagno in macchina! – Disse.
– Grazie, ma… non c’è bisogno… sono in largo anticipo. – Risposi
– Tesoro, guarda che tempaccio c’è fuori! Potrebbe iniziare a piovere da un momento all’altro… tua madre mi ammazzerebbe se ti vedesse arrivare bagnato! –
Aveva ragione ed accettai il passaggio. Arrivammo i pochi minuti senza scambiarci nemmeno una parola. Zia si fermò, in doppia fila, davanti l’ingresso della Metro. Quando stavo per scendere fece un ultimo tentativo:
– Se non hai tanta fretta … Potremmo palare un po’. – Mi disse.
Rimase a fissarmi, mentre io continuavo a guardare fuori. Rimasi lì per una decina di lunghissimi secondi. con la mano attaccata alla maniglia della portiera. Non era un “Si” ma si capiva che avevo voglia di parlare. Lei andò dritta al sodo:
– In fondo certe cose… sono normali tra moglie e marito. –
Avevo un nodo in gola e non riuscivo a dire una parola. Quando sentii la sua mano che si posava sulla mia spalla, lasciai la maniglia della portiera e appoggiai la mia mano sulla sua. Sentii una grande sensazione di sollievo e riuscii a dire qualcosa.
– Si, lo so… ma... – Erano solo quattro parole e non riuscii nemmeno dire cosa avevo provato. Lo disse lei.
– Ti sei sentito ferito. –
Abbassai la testa, come per nascondere la mia fragilità, poi le dissi:
– Avrei preferito che mi dicessi la verità. –
– Tesoro! Io ti ho sempre dettola verità! – Disse lei mentre le prime gocce di poggia iniziavano a picchiettare sul parabrezza dell’auto
– Mi avevi detto che… Con zio Tonino… non facevate più… si, insomma… il sesso! – Farfuglia io.
– Tesoro! Era l’anno scorso!... Ed era vero!... – Disse. Poi diede un’occhiata fuori alla pioggia che diventava sempre più intensa e aggiunse:
– Io e tuo Zio siamo sposati da tanti anni. L’anno scorso c’è stato qualche problema… non ho fatto altro che cercare di recuperare il nostro rapporto…–
– Si. Però… potevi dirmelo! –
– Tesoro! Te l’avrei detto ma… non pensavo che fosse così necessario!... Mi dispiace… – Sentii la sua mano tra i miei capelli.
Il pochi minuti la pioggia era quasi diventata un acquazzone. Rivoli d’acqua scendevano sui vetri che cominciavano ad appannarsi. Poco più avanti una macchina usci da un parcheggio. In un attimo Zia mise in moto, diede una pulita al parabrezza e andò a prendere il suo posto. Con tutta quell’acqua dovevamo aspettare che spiovesse per uscire dalla macchina: Meglio stare in un posto tranquillo. Lì potevamo stare senza problemi c’era solo il muro di recinzione ed eravamo fuori dal passaggio delle persone. Per un attimo c’eravamo distratti e dovevamo riprendere il discorso. Presi la sua mano e la riportai tra i miei capelli. Poi, scherzando, le ricordai le sue parole, cambiandone un po’ il senso:
– Mi stavi dicendo che… ti dispiace di avermi tradito con tuo marito –
– Veramente non ho detto proprio così! – Obiettò lei sorridendo, poi tornò ad essere seria e precisò – ho detto che mi dispiace di non averti detto che ero tornata ad avere una vita normale con mio marito!... D’altra parte è nell’ordine delle cose… con il tempo lo avresti capito da solo. –
– Zia! È proprio questo il problema! Lo so come vanno le cose. Certo che lo avrei capito! Ma… da solo. Io avrei voluto che fossi tu a dirmelo… Con le mie mani nelle tue mani, pronta ad asciugare le mie lacrime, se ce ne fosse stato bisogno. – Lei continuava guardarmi. Rimasi un attimo in silenzio poi aggiunsi: – Ci sono storie giuste e storie sbagliate: La nostra era una storia sbagliata. Ma… per chi la vive in prima persona… una storia è solo una storia e può far male.–
Lei rimase a guardare i miei occhi ancora per qualche secondo. Poi sentii un profondo sospiro.
– È vero! Amore mio! Ti ho già chiesto scusa e… te lo chiedo ancora. Lo sai quanto ti voglio bene. Non avrei mai voluto farti del male. So cos’hai provato. Conosco bene quel dolore. L’ho provato anch’io. –
– Lo storia di zio Tonino… con la segretaria? –
– Si. Certo?… e non solo quella! –
– C’è stata un’altra Segretaria? –
– No!. Zio Tonino non c’entra … È stato quel giorno che… ti sei presentato a casa con uno scriccioletto di ragazza… si chiamava Giulia e mi hai detto che era la tua fidanzata. –
– Ma dai! Non è possibile… non ci credo!... Non puoi essere gelosa di Giulia! –
– No, Tesoro! Non è gelosia. Io sapevo che un giorno sarebbe successo… è anche questo nell’ordine delle cose... guai se non fosse successo! – In un attimo l’aria si era diventata gelida. La pioggia scendeva a fiumi su vetri il rumore era forte e faceva paura. Zia Giusy ebbe un brivido di freddo. L’abbracciai. Lei si strinse nelle mie braccia e continuò – Quel giorno però, era come se mi avessi detto che… i tuoi baci non erano più i miei baci … il seno che accarezzavi non era il mio seno… Anch’io avrei voluto sentirmi dire le stesse cose ma… in modo diverso… mentre mi stringevi tra le braccia, mi baciavi e mi accarezzavi seno per l’ultima volta.
In un attimo ci rendemmo conto che tutt’e due avevamo trascurato la nostra storia. L’avevamo vissuta quasi per gioco, e poi messa da parte senza pensare che era diventata parte di noi.
– Adesso sono io che devo chiederti scusa!... – Le dissi mentre era stretta tra le mie braccia. Fuori era un vero e proprio diluvio. Era già buio e la pioggia era così intensa che a malapena si vedevano le sagome delle auto intorno a noi. Un lampo illuminò tutto il piazzale ed fragore del tuono che arrivò subito dopo fece vibrare la nostra auto.
Cercai di staccarmi da lei per guardare i suoi occhi. ma lei chinò la testa e l’appoggiò sua mia spalla. Come se volesse nascondere qualcosa. Non ci misi molto a capire cosa.
– L’ultima volta? – Lei chiesi io.
– Sì! L’ultima volta! – Rispose lei.
In un attimo sentii la sua bocca che cercava la mia. Le sue labbra erano morbide scivolavano sul mio viso. Ci scambiammo un bacio pieno di voluttà. La mia mano iniziò a muoversi sicura dentro la sua maglia, riuscì a sbottonare un paio di bottoni della sua camicetta poi trovò il suo seno morbido e lo strinse con forza. Sentii un leggero lamento
– Ahi!... –
Provai un sottile piacere. Strinsi ancora un po’
– Sì! Amore mio… stringilo… stringilo forte –
Non mi feci pregare e continuai a tenerlo stretto mentre la sua mano si muoveva sui miei jeans premendo sul mio cazzo.
Lasciai il suo seno per sganciare a fibbia della cintura ed abbassare la zip dei jeans. La mano di zia Giusy riuscì ad entrare ma, c’era poco spazio ed il mio cazzo, ormai era diventato troppo grosso, non riuscì a tirarlo fuori. Ma le sue mani erano esperte, sapevano cosa fare: Slacciarono completamente la cintura e allargarono i due lembi della zip mentre Il suo sguardo era rimasto fisso sui miei occhi. Vidi un sorriso di soddisfazione sul suo viso quando riuscì a tirarlo fuori. Lo afferrò e lo tenne stretto muovendo velocemente le sua mano mentre l’acquazzone continuava a gettare secchiate di pioggia sulla nostra auto. Lo scroscio dell’acqua era così forte e continuo che non riuscivamo a sentire altri rumori tranne il fragore dei tuoni. Zia Giusy era stretta tra le mie braccia. Un brivido di freddo fece vibrare il suo corpo. Per un attimo smise di segarmi, portò le dita verso la bocca, prese un po’ di saliva e ritornò sul mio cazzo, lo accarezzò ripetutamente facendolo scivolare nella sua mano per inumidirlo in ogni parte. Quando la sua mano lasciò nuovamente la presa per ripetere quel gesto, afferrai il suo polso e portai le sue dita davanti alla mia bocca. Le mi sorrise, raccolse la mia saliva e tornò a lubrificare la mia asta. Ancora un paio di minuti poi finalmente si piegò in avanti: Sentii il mio cazzo entrare nella sua bocca. Le sue labbra continuavano a scendere per cercare di farlo entrare tutto. Si fermarono per un attimo, poi iniziarono a risalire per riscendere subito dopo. Il rumore della pioggia copriva i rumori che venivano dalle sue labbra. Sentii La sua mano tra le mie gambe, le divaricai e lei riuscì ad afferrare la base del mio cazzo. Strinse senza far male poi iniziò a spingerlo dentro la bocca per cercare di farlo entrare fino in fondo. Dopo pochi minuti sollevò la testa, un filamento di saliva rimase attaccato alle sue labbra. Lo raccolse col la mano e lo riportò sul mio cazzo rimanendo a segarlo. Si girò verso di me e rimase a guardarmi mentre i cazzo continuava scorrere tra le sue mani. Aveva un’aria compiaciuta. Sapeva ogni cosa di me e sapeva farmi godere senza limiti. Ma, soprattutto, aveva capito che Giulia non era brava come lei e un giorno, avrei rimpianto quella bocca.
– Chi l’avrebbe mai detto … alla mia età… in macchina… non ho più l’agilità di una volta! –
Si girò guardandosi intorno. Poi si guardò nello specchietto retrovisore e cercò di sistemarsi i capelli. L’acquazzone stava rallentando, il rumore della pioggia era meno forte, ma ancora non si riusciva a vedere fuori perché i vetri erano completamente appannati.
– A me sembra che ti stai muovendo bene! – Le dissi.
– Sì! però… è scomodo…– Fece una piccola pausa poi a bassa voce aggiunse – Non riesco a farlo entrare fino in fondo! –
– Vuoi che ti dia una mano? – Le chiesi.
Lei sapeva bene cosa intendevo. Sorrise, poi si avvicinò e mi diede un bacio. Con la bocca incollata alla mia mi disse:
– Sì! Tesoro… Lo sai quanto mi piace.–
Un attimo dopo tornò a piegarsi in avanti ed Il cazzo sparì nuovamente nella sua bocca. Le poggiai la mano sulla testa mentre il cazzo continuava a scivolare tra le sue morbide labbra. Spinsi verso il basso ed afferrai una grossa ciocca di capelli. La tenni stretta con forza e iniziai a guidare i suoi movimenti che divennero sempre più profondi. Tirai verso l’alto e sollevai la testa fino a quando il cazzo uscì dalla bocca. Sapevo che le piaceva essere afferrata per i capelli. La guardai negli occhi e ne ebbi la conferma. La spinsi giù per tante altre volte ed ogni volta più giù. Il glande arrivò in fondo alla bocca. L’acquazzone ornai era diventato una leggera pioggerella e, finalmente, riuscivo a sentire i rumori provocati dal mio cazzo che entrava prepotentemente nella sua bocca. Sapevo che stavo per venire. I suoi capelli erano sempre stretti nel mio pugno. Le sollevai la testa per vedere il suo viso ancora una volta prima di sborrare. Negli occhi non c’erano lacrime: Era un bel pompino, non c’erano dubbi, ma io volevo qualcosa di più. Tornai a spingere: La testa affondò sotto la mia mano. Sentii una contrazione dello stomaco poi un’altra: Erano i primi conati vomito. Il cazzo stava per entrare nella gola. Un altro deciso affondo e finalmente sentii il rumore della cupo di una grossa deglutizione: Adesso era una vera ‘gola profonda’.
La tenni ferma e le schizzai in gola tutto il mio sperma. Quando mi sentii svuotato, liberai i suoi capelli. Zia Giusy riemerse da quella lunga apnea e tirò una lunga e rumorosa boccata d’aria. Stava ancora respirando profondamente quando le nostre bocche si avvicinarono. La mia lingua frugò nella sua bocca alla ricerca di tutti i sapori di quell’ultimo bacio. La sua mano rimase tra i miei capelli ed i suoi occhi rimasero a fissare ii miei quando le nostre bocche si separarono. Poi si sistemò sul sedile guardandosi un po’ intorno. Trovò la scatola dei fazzolettini di carta nel vano portaoggetti e asciugò le lacrime che adesso solcavano il suo viso mentre io mi sistemavo i jeans. Si girò verso di me e sorrise soddisfatta. Poi iniziò a rovistare nella sua borsa e in un attimo trovò un flacone di olio detergente per il viso e una confezione di dischetti di cotone. Rimasi a guardarla in silenzio mentre si prendeva cura del suo viso.
– Va meglio ora?… è passato il magone? – Mi chiese senza voltarsi.
– Sì… Sì!... va benissimo! – Diedi un’occhiata all’orologio ma non dissi nulla.
– Credo che sia ora di andare! – Disse lei. Io feci cenno di si con la testa e rimasi con lo sguardo basso.
Rimanemmo qualche secondo fermi, poi lei si avvicinò e mi diede un piccolo bacio sulle labbra.
– Dai!... Giulia ti sta aspettando… devi andare.–
Scesi stando attento a dove mettevo i piedi: c’erano pozzanghere dappertutto. Presi il trolley dal sedile posteriore e, dopo averla ringraziata per il passaggio, mi avviai.
Sorpresi da un provvidenziale acquazzone
Finite le vacanze estive ero tornato a fare i conti con gli esami all’università. Era il mio secondo anno alla facoltà di ingegneria ed ero sempre ospite dei miei zii a Roma. Rispetto all’anno precedente le uniche cose che erano cambiate riguardavano me e mio cugino Andrea. Lui quest’anno si era iscritto alla facoltà di lettere, dopo aver superato brillantemente la maturità. Andava più spesso a Bologna dalla sua fidanzata. Il suo corso di laurea non richiedeva una assidua presenza alle lezioni e lui ne approfittava spesso per andare da lei. Qualche volta si fermava l’intera settimana. Io, con molto di ritardo, ero riuscito a trovare una fidanzata ed avevo iniziato una vera vita sessuale: Finalmente avevo smesso di farmi le seghe. Si chiamava Giulia: Magrolina, capelli biondi, sedere piccolo, una seconda di seno ma un sorriso dolcissimo. Faceva l’estetista in un salone di bellezza. La paga non era alta ma i clienti apprezzavano il suo lavoro e lasciavano spesso mance generose. Nei suoi sogni c’era una casa con un bel giardino per tenere tutti i cani e i gatti abbandonati che raccoglieva in giro; fino a quel momento però, era riuscita a comprarsi solo una vecchia Panda, con lo sportello destro che non si apriva se non con una decisa spallata. Era così entusiasta di quel catorcio che le aveva dato anche un nome: “Penny”. Mia madre era contenta, aveva capito subito che era una brava ragazza, anche se mi prendeva in giro dicendomi che non capiva purché ci fosse voluto tanto tempo per fidanzarmi con un “manico di scopa”. Io però, con quel manico di scopa, ci stavo benissimo. Più ci conoscevamo più scoprivamo di stare bene insieme. Fare l’amore con lei era pura poesia: All’inizio ero stato premuroso, cercavo di essere delicato, per non farle male. Non ci misi molto a capire che anche il sesso duro era molto apprezzato: Zia Giusy era stata una brava maestra.
Abitava vicino casa mia e, quando mi trasferivo a Roma dagli zii, ci vedevamo poco. Inizialmente tornavo a casa tutti i venerdì ma quando mi resi conto che stavo rimanendo indietro con gli esami decisi di tornare ogni due settimane. Qualche volta veniva lei ed andavamo in un B&B: Niente studio solo sesso e coccole per un paio di giorni. Quando scendevo veniva sempre a prendermi alla stazione con Penny. Lungo il tragitto verso casa, ogni tanto, allungava la mano sui miei jeans per sentire la durezza de mio uccello. Mi diceva che doveva verificare che non l’avessi tradita. Ovviamente il mio cazzo era sempre in tiro e lei, soddisfatta, continuava a stringerlo in attesa di trovare un posticino appartato per una verifica più approfondita.
Non era una maestra del sesso, in compenso, era una brava allieva: Imparava in fretta. Il primo bacio era stato emozionante, ma quello che non dimenticherò mai, è stato Il primo pompino. C’eravamo conosciuti da poco ed eravamo in macchina, a raccontarci le cose, come tutti i ragazzi della nostra età. In pochi minuti ci ritrovammo abbracciati, con le bocche incollate l’una all’altra. La mia mano era entrata coraggiosamente nella sua camicetta e le stava accarezzando delicatamente il seno. La sua scivolò sui miei jeans, fermandosi sul mio cazzo che, apprezzò il gesto, e divenne duro come una pietra. Attratta dalla quella durezza, rimase lì e continuò a tenerlo stretto per due o tre lunghissimi minuti. Quando sentii le sue dita che cercavano di abbassare la zip dei pantaloni, le nostre bocche ai separarono. Cercai i suoi occhi e vidi che si stava guardando intorno per controllare se ci fosse qualche passante in giro: Era una gelida serata d’inverno e fuori non c’era nessuno. Abbassai la zip dei jeans ma dovetti sbottonarli completamente e slacciare la cintura per liberare il mio cazzo. Lei lo strinse delicatamente nella sua mano, poi fissò i miei occhi alla ricerca di un cenno di approvazione. Rimasi a guardarla per un attimo, poi appoggiai la mia mano sulla sua ed Iniziai a guidarla con un movimento lento e profondo. La sua stretta si fece forte e sicura. Diede un’altra fugace occhiata fuori, poi si piegò in avanti e la bocca arrivò a sfiorare il mio cazzo. Posai mia mano sui suoi capelli e li sentii morbidi tra le mie dita.
Stringeva il mio cazzo, facendolo scivolare nella sua mano, mentre le labbra socchiuse sfioravano il glande. Dopo un paio di minuti si aprirono lentamente e lo lasciarono entrare. Scesero fino a sfiorare la mano che continuava a tenerlo stretto. I suoi capelli iniziarono a muoversi sotto le mie dita mentre il glande entrava ed usciva dalla sua bocca. Trattenni il respiro per ascoltare i rumori che venivano dalle sue labbra; erano leggeri, delicati, quasi impercettibili, la bocca si muoveva lentamente. Una ciocca di capelli scese sul suo viso, lei la tirò indietro, lasciando per un attimo il mio cazzo. Approfittai di quella piccola distrazione: Spinsi leggermente verso il basso, le sue labbra si dischiusero e sentii il mio cazzo entrare più in profondità.
– Oh, si!... così … così è stupendo! Amore.-
Non ci mise molto a capire che la sua mano non era necessaria e quanto mi piacesse sentire tutto cazzo nella sua bocca. Un attimo dopo sollevò la testa e mi disse:
– Sì, ma… non ce la faccio a farlo entrare tutto! -
Sembrava dispiaciuta. Come se volesse scusarsi.
– Amore, sei bravissima! … non ti preoccupare… va bene così! -
L’abbracciai e ci scambiammo un lungo bacio, poi il suo viso tornò a ad abbassarsi sul mio cazzo. Aprì bene la bocca per farlo entrare quasi tutto mentre la mano accarezzava la mia schiena: Era già meglio.
Quando sentii che stavo per venire l’avvertii; lei mi disse che c’erano dei fazzolettini nella tasca dello sportello. La sua mano si muoveva frettolosamente in attesa di avere uno. Ne presi un paio e li avvicinai fino a sfiorare la sua mano. Li prese e li tenne stretti mentre la bocca continuava a scivolare sul mio cazzo.
– Amore, sto per venire… ecco… vengo… sì… eccomi…
Immediatamente sollevò la testa e usò i fazzolettini per frenare i fiotti di sborra che schizzavano dal mio cazzo: Non era il miglior pompino del mondo, ma per me era stato bellissimo, e poi: C’era tempo per migliorare. Le porsi altri fazzolettini e rimasi a guardarla mentre ripuliva il mio cazzo. Raccolse qualche goccia di sperma che era finita sulle sue mani. Guardò fuori poi tornò a guardare la sua mano, sembrava che evitasse il mio sguardo.
– Ehi! Che c’è? … Qualcosa che non va?… - Le chiesi sollevando leggermente il suo viso.
– Amore, mi dispiace… lo so che avresti preferito un altro genere di finale ma… non ce l‘ho fatta… è stato più forte di me. -
– Amore, sei stata bravissima… devi fare sempre quello che ti senti di fare. Per me va bene così… mi piaci per quello che sei… non devi sforzarti di essere diversa. -
La mia bocca si avvicinò alla sua. Rimasi a sfiorare le sue labbra con le mie. Poi sentii la sua lingua entrare timidamente nella mia bocca: La succhiai e scivolò morbida tra le mie labbra. Era soffice e sentii un vago sapore di menta: Avrei preferito sentire il sapore del mio sperma ma sapevo che un giorno sarebbe successo.
Poco dopo si sollevò, sistemò la camicetta. Era ora di accompagnarla a casa ma volevo stare ancora un po’ con lei.
– Devi proprio andare? … Non possiamo stare ancora un minuto? - Le chiesi.
Lei rimase a guardarmi per un attimo, poi raccolse le braccia sul seno e si abbandonò tra le mie. Non avevo nemmeno finito di sistemare i miei jeans. La tenni stretta per una decina di minuti. Poi sentii le sue mani che armeggiavano chiudere la mia zip.
– Aspetta! Lascia fare a me… le zip sono pericolose per noi maschietti! -
Sistemai i jeans mentre lei continuava sorridere pensando al guaio che avrebbe potuto combinare con le sue mani. Restammo ancora un paio di minuti poi l’accompagnai a casa.
Anche zia Giusy apprezzava Giulia. Diceva che era una brava ragazza: Glielo si leggeva negli occhi. Si informava sempre su come andasse la nostra relazione. Lo faceva con discrezione, senza essere invadente. D’altra parte, non ne aveva bisogno, mi conosceva bene, aveva capito che nella mia vita sessuale c’era stato un cambiamento: Guardavo sempre le sue cosce, quando si scoprivano un po’, ma non andavo più in bagno a farmi le seghe.
Un pomeriggio, rientrando a casa, dopo una faticosissima lezione di chimica, trovai zia Giusy e zio Tonino che discutevano con tono alterato. Era già capitato l’anno prima e non ne fui sorpreso. Con un po’ d’imbarazzo andai in camera mia, ma non riuscii fare ameno di ascoltare la loro lite. Il motivo era lo stesso: Lui aveva organizzato la solita cena di lavoro con la sua segretaria. Zia Giusy però, questa volta, era intenzionata a scompigliargli i piani: Voleva partecipare anche lei. Dopo aver sistemato in fretta i miei libri, uscii dalla mi camera e inventai una scusa per uscire di casa: dissi che stavo andando a prendere degli appunti a casa di un amico.
– Tesoro, portati le chiavi che usciamo anche noi… questa sera! – Disse la Zia con particolare enfasi. Ovviamente era un messaggio per lo Zio ed aveva alzato la voce per essere sicura che lui sentisse.
– Ok. Non vi preoccupate – Dissi, mentre mostravo le chiavi che avevo appena preso dalla mia tasca.
Uscito di casa, non sapevo dove andare. Era una giornata cupa e si sentiva il brontolio dei tuoni in lontananza. Mentre vagavo per il quartiere, ripensavo agli zii: Chissà come sarebbe andata la loro serata. Li immaginai seduti al ristorante: “Zia Giusy che scrutava gli occhi dello Zio e della segretaria per vedere se ci fosse qualche furtivo cenno d’intesa. Zio Tonino che fingeva di guardare il menu mentre faceva piedino alla sua segretaria”. Avevo già fatto un bel pezzo di strada ma continuavo a camminare. Soprattutto continuavo a fantasticare e la storia al ristorante andava avanti: “Zia Giusy aveva subodorato l’inganno perché lo Zio leggeva senza occhiali e senza allungare le braccia. Quando si accorse che il menu era al rovescio non ebbe più dubbi. In un attimo sollevò il lembo della tovaglia ed ebbe la prova dei suoi sospetti: La gamba dello Zio era protesa colpevolmente verso le cosce aperte della segretaria. Il rumore di un sonoro ceffone rompe il silenzio della sala. Interviene la segretaria, le due donne si afferrano per i capelli tra lo stupore degli atri commensali e …”. Il clacson di un’auto mi riportò immediatamente alla realtà. Peccato! Non saprò mai come è andata a finire.
Mi guardai intorno, Il cielo si stava facendo sempre più cupo. Sarei rientrato ben volentieri ma era troppo presto: Ripresi a camminare. Casualmente capitai davanti alla vetrina di una fumetteria, ci pensai un attimo, poi decisi di entrare per dare un’occhiata. I manga erano sempre stati la mia passione e provavo ancora una certa emozione quando sfogliavo un fumetto raro. Mi piacevano i disegni ma anche il rumore della carta e l’odore dell’inchiostro. Ero lì, a curiosare tra gli scaffali da almeno una decina di minuti, quando sentii distintamente il rumore di un tuono, seguìto da un raffica di vento. Il gestore del negozio mi rassicurò dicendo che era tutta scena: Non ci sarebbe stato nessun temporale, al massimo qualche goccia di pioggia. Era difficile pensare che avesse ragione. In ogni caso, controllai l’orologio: Non ero stato fuori molto, poco meno di un’ora, ma il temporale era troppo minaccioso e decisi di rientrare. Rimisi accuratamente al suo posto il fumetto che avevo in mano. Uscii in fretta e presi la strada del ritorno.
Arrivato a casa, aprii con le mie chiavi. Non ebbi nemmeno il tempo di chiudere la porta: il fragore di un altro tuono fece vibrare i piatti e i bicchieri nella dispensa, la finestra del soggiorno si spalancò lasciando entrare una folata di vento che fece svolazzare le tende. Mi affrettai a chiudere le finestre. Per fortuna ero rientrato in tempo: Il temporale stava arrivando. Mi guardai intorno e nel silenzio della casa sentii dei rumori che venivano dalla camera da letto. Ebbi subito la sensazione che gli zii fossero in casa e che avessero risolto la loro lite nel modo più comune che può capitare tra moglie e marito. Mi avvicinai con calma. La porta era aperta, mi fermai ad un passo e rimasi ad ascoltare: Non erano urla e nemmeno sospiri. Era un altro genere di rumore: Lo conoscevo bene. Trattenni il fiato e mi avvicinai ancora un po’. Non c’erano dubbi: Era lo stesso rumore che faceva il mio cazzo quando entrava ed usciva dalla gola di zia Giusy. Rimasi ad ascoltare per qualche secondo poi feci capolino. Vidi Lo zio che era in piedi, girato quasi di spalle. la zia era in ginocchio davanti a lui. Riuscivo a vedere il suo viso ed anche il cazzo che entrava ed usciva prepotentemente nella sua bocca.
Non si erano accorti che ero rientrato. Forse per il rumore del temporale o forse perché troppo impegnati nel loro amplesso. Rimasi a guardarli furtivamente. Le mani di lui appoggiate dietro la testa di lei. La tiravano con forza facendo entrare tutto il cazzo nella bocca e qualche volta ancora più giù. La schiena della Zia s’inarcava ogni volta che il cazzo scendeva giù dentro la gola. Quel rumore profondo, come una grossa deglutizione, usciva dalla sua bocca insieme a qualche fiotto di saliva: Era il rumore più eccitante del mondo. Il mio cazzo reagì immediatamente e in un attimo divenne duro come una pietra. Io invece sentii una stretta allo stomaco, come una morsa che mi stingeva dentro.
Mi tirai un po’ indietro per essere sicuro di non essere visto e rimasi ad ascoltare. Dopo appena un paio di minuti, cedetti alla tentazione: Mi sporsi un po’ e lasciai che zia Giusy vedesse i miei occhi. Come immaginavo, fece finta di niente e continuò ad ingoiare quel grosso cazzo mentre i suoi occhi continuavano a fissare i miei. La sua bocca si staccò dal cazzo dello zio, giusto qualche secondo per riprendere fiato, sentii il ritmo affannato del suo respiro prima di tornare a riprenderlo in bocca. Ebbi la sensazione che, per un attimo, mi avesse sorriso come per incoraggiarmi a guardarla. Decisi di rimanere ancora un po’.
Feci ancora mezzo passo per uscire allo scoperto. Mi toccai ripetutamente il cazzo; lo feci istintivamente, con un gesto molto carico di livore e di orgoglio, davanti agli occhi di zia Giusy. Volevo che sapesse quanto il mio cazzo fosse duro mentre lei ne ingoiava un altro. In fondo le era sempre piaciuto vedere che mi eccitavo quando guardavo di nascosto le sue cosce. Sicuramente avrebbe provato lo stesso piacere nel vedere che era capace di eccitarmi anche ingoiando un altro cazzo. Continuavo a toccarmi mentre guardavo quel cazzo enorme che spadroneggiava nella sua bocca. Il suo viso Era bagnato di lacrime che avevano lasciato scie scure sotto i suoi occhi, mentre grossi fiotti di saliva continuavano a colare dalla bocca.
Finalmente, le mani dello zio spinsero indietro e consentirono a zia Giusy di prendere una grossa boccata d’aria. Lei fece scivolare il dorso della mano sulla bocca per togliere l’ultimo fiotto di saliva che ancora pendeva dalle sue labbra. Era esausta, si vedeva che non ce la faceva più, appoggiò la testa sulle cosce di Zio Tonino. Lui iniziò segarsi da solo. Sentii che le chiedeva se volesse smettere, lui avrebbe fatto da solo. Lei non rispose e rimase appoggiata a lui. Zio tonino capì e continuò a segarsi.
Mi tirai indietro e mi appoggiai con le spalle la muro: Feci un profondo respiro. Un attimo dopo sentii l’urlo liberatorio di Zio Tonino. Tornai ad affacciarmi. Zia Giusy aveva sollevato il viso e aveva lasciato che una copiosa sborrata finisse sulla sua faccia. I suoi occhi erano chiusi, li riaprì qualche secondo dopo, quando anche l’ultimo fiotto di sborra aveva raggiunto i suo viso. Si girò verso di me e rimase a guardarmi mentre lo sperma colava sul suo viso. Lasciò che la guardassi per qualche secondo poi, si girò dall’altra parte, chiuse ancora gli occhi e tornò ad appoggiare la testa sulle cosce dello Zio. Finalmente era finito! Avrei voluto non essere mai entrato!
Mi allontanai senza fare il minimo rumore. Raggiunsi la porta d’ingresso ed uscii. Fuori, il marciapiedi era completamente asciutto e non c’era neanche un alito di vento. Il temporale era stata solo una minaccia: come aveva previsto il gestore della fumetteria.
Tornai a vagare per il quartiere. Avevo bisogno di scaricare il livore che avevo dentro ma, questa volta, dovevo stare attento a non rientrare troppo presto: Avrei aspettato almeno mezz’ora per dare tempo alla Zia, di sistemarsi il trucco. Pensai di prendermi un kebab per risolvere il problema della cena: Sapevo che non l’avrei mangiato ma volevo mantenere il gioco e fare finta di non sapere che gli zii fossero a casa. Ci ripensai: Non era necessario e non lo presi.
Quando rientrai, era come se nulla fosse successo. Zia Giusy sembrava serena, aveva il viso completamente senza trucco ed I capelli legati. I suoi movimenti però mostravano una certa inquietudine. Per un attimo incrociai il suo sguardo. Lei rimase a guardarmi, io mi girai dall’altra parte.
Zio Tonino era l’unico che aveva voglia di parlare. Mi chiese qualcosa e scambiammo un paio di parole mentre zia Giusy preparava la cena. Io non toccai cibo. Dissi che non mi sentivo bene e che avrei anticipato il mio rientro settimanale. Zia Giusy approvò la mia decisione e mi consigliò di andare a riposare presto. Lo fece mente posava la mano sulla mia fronte, come per controllare se avessi un po’ di febbre. Ovviamente lei conosceva il motivo del mio malessere e la sua mano era solo una celata carezza: Per rincuorarmi e per cercare di rompere il gelo che s’era creato tra noi. Rimasi in silenzio. Zio Tonino mi diede una pacca sulla spalla e disse che ci avrebbe pensato Giulia a rimettermi in sesto. Sorridemmo, poi mi scusai e mi diressi in camera mia.
Il giorno successivo iniziò con i migliori pronostici: Cielo sereno e un pallido sole era un buon inizio per un gelido mattino d’inverno. Soprattutto a confronto con la giornata precedente. All’università decisi di seguire solo le lezioni del mattino. Nel pomeriggio erano previste un due ore di esercitazioni ma pensai di poterne fare a meno. Andai a studiare in biblioteca per non essere vincolato agli orari delle lezioni. Avevo già preso il biglietto per il treno delle 18:50. Sarei arrivato dopo l’orario di chiusura dei negozi e Giulia sarebbe venuta a prendermi alla stazione. Dovevo solo passare a casa per prendere il trolley.
A casa la situazione non era cambiata: Tra me e zia Giusy c’era ancora un muro di gelo. Era ancora troppo presto per andare alla stazione ma decisi di avviarmi. C’erano due fermate di autobus per arrivare alla stazione della Metro: I tempi d’attesa potevano essere lunghi ma, soprattutto, non volevo stare a casa. Quando Zia vide che stavo per uscire con il trolley si offrì per darmi un passaggio:
– Aspetta… ti accompagno in macchina! – Disse.
– Grazie, ma… non c’è bisogno… sono in largo anticipo. – Risposi
– Tesoro, guarda che tempaccio c’è fuori! Potrebbe iniziare a piovere da un momento all’altro… tua madre mi ammazzerebbe se ti vedesse arrivare bagnato! –
Aveva ragione ed accettai il passaggio. Arrivammo i pochi minuti senza scambiarci nemmeno una parola. Zia si fermò, in doppia fila, davanti l’ingresso della Metro. Quando stavo per scendere fece un ultimo tentativo:
– Se non hai tanta fretta … Potremmo palare un po’. – Mi disse.
Rimase a fissarmi, mentre io continuavo a guardare fuori. Rimasi lì per una decina di lunghissimi secondi. con la mano attaccata alla maniglia della portiera. Non era un “Si” ma si capiva che avevo voglia di parlare. Lei andò dritta al sodo:
– In fondo certe cose… sono normali tra moglie e marito. –
Avevo un nodo in gola e non riuscivo a dire una parola. Quando sentii la sua mano che si posava sulla mia spalla, lasciai la maniglia della portiera e appoggiai la mia mano sulla sua. Sentii una grande sensazione di sollievo e riuscii a dire qualcosa.
– Si, lo so… ma... – Erano solo quattro parole e non riuscii nemmeno dire cosa avevo provato. Lo disse lei.
– Ti sei sentito ferito. –
Abbassai la testa, come per nascondere la mia fragilità, poi le dissi:
– Avrei preferito che mi dicessi la verità. –
– Tesoro! Io ti ho sempre dettola verità! – Disse lei mentre le prime gocce di poggia iniziavano a picchiettare sul parabrezza dell’auto
– Mi avevi detto che… Con zio Tonino… non facevate più… si, insomma… il sesso! – Farfuglia io.
– Tesoro! Era l’anno scorso!... Ed era vero!... – Disse. Poi diede un’occhiata fuori alla pioggia che diventava sempre più intensa e aggiunse:
– Io e tuo Zio siamo sposati da tanti anni. L’anno scorso c’è stato qualche problema… non ho fatto altro che cercare di recuperare il nostro rapporto…–
– Si. Però… potevi dirmelo! –
– Tesoro! Te l’avrei detto ma… non pensavo che fosse così necessario!... Mi dispiace… – Sentii la sua mano tra i miei capelli.
Il pochi minuti la pioggia era quasi diventata un acquazzone. Rivoli d’acqua scendevano sui vetri che cominciavano ad appannarsi. Poco più avanti una macchina usci da un parcheggio. In un attimo Zia mise in moto, diede una pulita al parabrezza e andò a prendere il suo posto. Con tutta quell’acqua dovevamo aspettare che spiovesse per uscire dalla macchina: Meglio stare in un posto tranquillo. Lì potevamo stare senza problemi c’era solo il muro di recinzione ed eravamo fuori dal passaggio delle persone. Per un attimo c’eravamo distratti e dovevamo riprendere il discorso. Presi la sua mano e la riportai tra i miei capelli. Poi, scherzando, le ricordai le sue parole, cambiandone un po’ il senso:
– Mi stavi dicendo che… ti dispiace di avermi tradito con tuo marito –
– Veramente non ho detto proprio così! – Obiettò lei sorridendo, poi tornò ad essere seria e precisò – ho detto che mi dispiace di non averti detto che ero tornata ad avere una vita normale con mio marito!... D’altra parte è nell’ordine delle cose… con il tempo lo avresti capito da solo. –
– Zia! È proprio questo il problema! Lo so come vanno le cose. Certo che lo avrei capito! Ma… da solo. Io avrei voluto che fossi tu a dirmelo… Con le mie mani nelle tue mani, pronta ad asciugare le mie lacrime, se ce ne fosse stato bisogno. – Lei continuava guardarmi. Rimasi un attimo in silenzio poi aggiunsi: – Ci sono storie giuste e storie sbagliate: La nostra era una storia sbagliata. Ma… per chi la vive in prima persona… una storia è solo una storia e può far male.–
Lei rimase a guardare i miei occhi ancora per qualche secondo. Poi sentii un profondo sospiro.
– È vero! Amore mio! Ti ho già chiesto scusa e… te lo chiedo ancora. Lo sai quanto ti voglio bene. Non avrei mai voluto farti del male. So cos’hai provato. Conosco bene quel dolore. L’ho provato anch’io. –
– Lo storia di zio Tonino… con la segretaria? –
– Si. Certo?… e non solo quella! –
– C’è stata un’altra Segretaria? –
– No!. Zio Tonino non c’entra … È stato quel giorno che… ti sei presentato a casa con uno scriccioletto di ragazza… si chiamava Giulia e mi hai detto che era la tua fidanzata. –
– Ma dai! Non è possibile… non ci credo!... Non puoi essere gelosa di Giulia! –
– No, Tesoro! Non è gelosia. Io sapevo che un giorno sarebbe successo… è anche questo nell’ordine delle cose... guai se non fosse successo! – In un attimo l’aria si era diventata gelida. La pioggia scendeva a fiumi su vetri il rumore era forte e faceva paura. Zia Giusy ebbe un brivido di freddo. L’abbracciai. Lei si strinse nelle mie braccia e continuò – Quel giorno però, era come se mi avessi detto che… i tuoi baci non erano più i miei baci … il seno che accarezzavi non era il mio seno… Anch’io avrei voluto sentirmi dire le stesse cose ma… in modo diverso… mentre mi stringevi tra le braccia, mi baciavi e mi accarezzavi seno per l’ultima volta.
In un attimo ci rendemmo conto che tutt’e due avevamo trascurato la nostra storia. L’avevamo vissuta quasi per gioco, e poi messa da parte senza pensare che era diventata parte di noi.
– Adesso sono io che devo chiederti scusa!... – Le dissi mentre era stretta tra le mie braccia. Fuori era un vero e proprio diluvio. Era già buio e la pioggia era così intensa che a malapena si vedevano le sagome delle auto intorno a noi. Un lampo illuminò tutto il piazzale ed fragore del tuono che arrivò subito dopo fece vibrare la nostra auto.
Cercai di staccarmi da lei per guardare i suoi occhi. ma lei chinò la testa e l’appoggiò sua mia spalla. Come se volesse nascondere qualcosa. Non ci misi molto a capire cosa.
– L’ultima volta? – Lei chiesi io.
– Sì! L’ultima volta! – Rispose lei.
In un attimo sentii la sua bocca che cercava la mia. Le sue labbra erano morbide scivolavano sul mio viso. Ci scambiammo un bacio pieno di voluttà. La mia mano iniziò a muoversi sicura dentro la sua maglia, riuscì a sbottonare un paio di bottoni della sua camicetta poi trovò il suo seno morbido e lo strinse con forza. Sentii un leggero lamento
– Ahi!... –
Provai un sottile piacere. Strinsi ancora un po’
– Sì! Amore mio… stringilo… stringilo forte –
Non mi feci pregare e continuai a tenerlo stretto mentre la sua mano si muoveva sui miei jeans premendo sul mio cazzo.
Lasciai il suo seno per sganciare a fibbia della cintura ed abbassare la zip dei jeans. La mano di zia Giusy riuscì ad entrare ma, c’era poco spazio ed il mio cazzo, ormai era diventato troppo grosso, non riuscì a tirarlo fuori. Ma le sue mani erano esperte, sapevano cosa fare: Slacciarono completamente la cintura e allargarono i due lembi della zip mentre Il suo sguardo era rimasto fisso sui miei occhi. Vidi un sorriso di soddisfazione sul suo viso quando riuscì a tirarlo fuori. Lo afferrò e lo tenne stretto muovendo velocemente le sua mano mentre l’acquazzone continuava a gettare secchiate di pioggia sulla nostra auto. Lo scroscio dell’acqua era così forte e continuo che non riuscivamo a sentire altri rumori tranne il fragore dei tuoni. Zia Giusy era stretta tra le mie braccia. Un brivido di freddo fece vibrare il suo corpo. Per un attimo smise di segarmi, portò le dita verso la bocca, prese un po’ di saliva e ritornò sul mio cazzo, lo accarezzò ripetutamente facendolo scivolare nella sua mano per inumidirlo in ogni parte. Quando la sua mano lasciò nuovamente la presa per ripetere quel gesto, afferrai il suo polso e portai le sue dita davanti alla mia bocca. Le mi sorrise, raccolse la mia saliva e tornò a lubrificare la mia asta. Ancora un paio di minuti poi finalmente si piegò in avanti: Sentii il mio cazzo entrare nella sua bocca. Le sue labbra continuavano a scendere per cercare di farlo entrare tutto. Si fermarono per un attimo, poi iniziarono a risalire per riscendere subito dopo. Il rumore della pioggia copriva i rumori che venivano dalle sue labbra. Sentii La sua mano tra le mie gambe, le divaricai e lei riuscì ad afferrare la base del mio cazzo. Strinse senza far male poi iniziò a spingerlo dentro la bocca per cercare di farlo entrare fino in fondo. Dopo pochi minuti sollevò la testa, un filamento di saliva rimase attaccato alle sue labbra. Lo raccolse col la mano e lo riportò sul mio cazzo rimanendo a segarlo. Si girò verso di me e rimase a guardarmi mentre i cazzo continuava scorrere tra le sue mani. Aveva un’aria compiaciuta. Sapeva ogni cosa di me e sapeva farmi godere senza limiti. Ma, soprattutto, aveva capito che Giulia non era brava come lei e un giorno, avrei rimpianto quella bocca.
– Chi l’avrebbe mai detto … alla mia età… in macchina… non ho più l’agilità di una volta! –
Si girò guardandosi intorno. Poi si guardò nello specchietto retrovisore e cercò di sistemarsi i capelli. L’acquazzone stava rallentando, il rumore della pioggia era meno forte, ma ancora non si riusciva a vedere fuori perché i vetri erano completamente appannati.
– A me sembra che ti stai muovendo bene! – Le dissi.
– Sì! però… è scomodo…– Fece una piccola pausa poi a bassa voce aggiunse – Non riesco a farlo entrare fino in fondo! –
– Vuoi che ti dia una mano? – Le chiesi.
Lei sapeva bene cosa intendevo. Sorrise, poi si avvicinò e mi diede un bacio. Con la bocca incollata alla mia mi disse:
– Sì! Tesoro… Lo sai quanto mi piace.–
Un attimo dopo tornò a piegarsi in avanti ed Il cazzo sparì nuovamente nella sua bocca. Le poggiai la mano sulla testa mentre il cazzo continuava a scivolare tra le sue morbide labbra. Spinsi verso il basso ed afferrai una grossa ciocca di capelli. La tenni stretta con forza e iniziai a guidare i suoi movimenti che divennero sempre più profondi. Tirai verso l’alto e sollevai la testa fino a quando il cazzo uscì dalla bocca. Sapevo che le piaceva essere afferrata per i capelli. La guardai negli occhi e ne ebbi la conferma. La spinsi giù per tante altre volte ed ogni volta più giù. Il glande arrivò in fondo alla bocca. L’acquazzone ornai era diventato una leggera pioggerella e, finalmente, riuscivo a sentire i rumori provocati dal mio cazzo che entrava prepotentemente nella sua bocca. Sapevo che stavo per venire. I suoi capelli erano sempre stretti nel mio pugno. Le sollevai la testa per vedere il suo viso ancora una volta prima di sborrare. Negli occhi non c’erano lacrime: Era un bel pompino, non c’erano dubbi, ma io volevo qualcosa di più. Tornai a spingere: La testa affondò sotto la mia mano. Sentii una contrazione dello stomaco poi un’altra: Erano i primi conati vomito. Il cazzo stava per entrare nella gola. Un altro deciso affondo e finalmente sentii il rumore della cupo di una grossa deglutizione: Adesso era una vera ‘gola profonda’.
La tenni ferma e le schizzai in gola tutto il mio sperma. Quando mi sentii svuotato, liberai i suoi capelli. Zia Giusy riemerse da quella lunga apnea e tirò una lunga e rumorosa boccata d’aria. Stava ancora respirando profondamente quando le nostre bocche si avvicinarono. La mia lingua frugò nella sua bocca alla ricerca di tutti i sapori di quell’ultimo bacio. La sua mano rimase tra i miei capelli ed i suoi occhi rimasero a fissare ii miei quando le nostre bocche si separarono. Poi si sistemò sul sedile guardandosi un po’ intorno. Trovò la scatola dei fazzolettini di carta nel vano portaoggetti e asciugò le lacrime che adesso solcavano il suo viso mentre io mi sistemavo i jeans. Si girò verso di me e sorrise soddisfatta. Poi iniziò a rovistare nella sua borsa e in un attimo trovò un flacone di olio detergente per il viso e una confezione di dischetti di cotone. Rimasi a guardarla in silenzio mentre si prendeva cura del suo viso.
– Va meglio ora?… è passato il magone? – Mi chiese senza voltarsi.
– Sì… Sì!... va benissimo! – Diedi un’occhiata all’orologio ma non dissi nulla.
– Credo che sia ora di andare! – Disse lei. Io feci cenno di si con la testa e rimasi con lo sguardo basso.
Rimanemmo qualche secondo fermi, poi lei si avvicinò e mi diede un piccolo bacio sulle labbra.
– Dai!... Giulia ti sta aspettando… devi andare.–
Scesi stando attento a dove mettevo i piedi: c’erano pozzanghere dappertutto. Presi il trolley dal sedile posteriore e, dopo averla ringraziata per il passaggio, mi avviai.
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