Un buco da usare - Finale 2

di
genere
incesti

Mi premo il tessuto sul viso, e l'odore di donna mi manda in estasi. La mia eccitazione sale a livelli estremi: mi avvolgo le mutandine di mamma intorno al cazzo, sento il cotone che accarezza la mia virilità mentre mi masturbo con foga.

Sento la porta che si apre di scatto.
"Puoi almeno smettere di usare quelle di mamma? Guarda che se n'è già accorta che ci sborri dentro." Camilla non suona molto convinta nell'accusarmi, sa che non posso farci niente.
"E comunque puoi smetterla per un attimo? È una cosa seria."
Capisco immediatamente cosa intende.
Apre la borsa e mi mostra il suo ultimo acquisto: un test di gravidanza fai da te.

L'euforia è stata così grande dopo la nostra prima volta che ci abbiamo pensato solo il giorno dopo: sono venuto dentro Camilla a secchiate, e lei era in pieno periodo fertile. Non ci siamo preoccupati molto per i primi giorni, finché lei non ha cominciato a notare un ritardo. A quel punto abbiamo capito che la cosa era seria, e lei ha deciso di andare a comprare il test in farmacia (il più lontano possibile da casa, ovviamente).
"Vado in bagno a fare il test. Tu aspettami qui," mi dice lei.
Rimango da solo, sdraiato sul letto, ancora con le mutande di mamma avvolte intorno al cazzo. Decido di smaltire un po' di tensione completando la sega lasciata a metà: aumento il ritmo, sempre di più, fino a schizzare dentro l'intimo. Mi pulisco con dei fazzoletti e vado a buttare le mutandine inzuppate di sperma nel cesto dei panni sporchi.
Torno a sedermi sul letto, e dopo un tempo che mi sembra interminabile Camilla rientra in camera con il test in mano. Non mi sono mai sentito così in ansia come adesso.

Stiamo per minuti in silenzio, guardandoci negli occhi. Vedo che le lacrime cominciano a velarle gli occhi dietro alle lenti degli occhiali, e poi a rigarle le guance.
"Coco..." mi dice dandomi il test "... sono incinta."
Capisco che non sta scherzando ancora prima di vedere le due linee sul test.
"Coco..." mi dice lei vedendomi rimanere in silenzio, mentre le lacrime cominciano a scenderle lungo il viso, "cosa... cosa facciamo ora?"
Non dico niente. La abbraccio, la sento che comincia a singhiozzarmi sulla spalla. Dopo pochi minuti comincia calmarsi e l'abbraccio si scioglie, la guardo negli occhi scuri, ancora velati.
È un attimo, la bacio: stavolta non si stacca, e anzi accoglie la mia lingua, che si insinua nella sua bocca e comincia a danzare con la sua. Comincio a toccarle il seno delicatamente, da sopra la maglia, mentre la mia lingua esce dalla sua bocca e passa alle sue guance, per leccare via il sale delle lacrime. Le sue mani si infilano sotto la mia maglietta, e le mie presto fanno lo stesso. La felpa, i leggings, il reggiseno, le mutandine finiscono sul pavimento, insieme ai miei pantaloni, alla mia maglia e alle mie mutande. Rimaniamo per vari minuti seduti sul letto, stretti l'uno nell'altra, accarezzando i nostri corpi nudi. Ci stendiamo: finalmente entro dentro di lei, delicatamente, con lentezza, quasi per non farmi sentire. Non ci riesco: lei geme dolcemente, mentre io aumento di poco il ritmo. Le carezzo i fianchi, le bacio il collo, mentre affondo la mia eccitazione dentro di lei. Sento il mio orgasmo che si avvicina: aumento il ritmo della penetrazione, finché non sento che anche Camilla sta per arrivare, e riverso il mio piacere nel suo ventre mentre sento il suo corpo che mi si irrigidisce tra le mani, in preda all'estasi. Rimaniamo abbracciati sul letto, io resto dentro di lei. Esco solo quando il pene mi si affloscia, e quando succede un lago di sperma si riversa sul letto: pazienza, puliremo dopo.
È Camilla che rompe il silenzio.
"Coco, cosa facciamo adesso?"
Non so cosa dirle. O meglio, so cosa dirle ma non conosco le parole per farlo. È lei quella intelligente della famiglia, dopotutto. Le accarezzo la pancia: la pancia che porta dentro di sé il frutto del peccato di una notte, e dell'amore di una vita. Perché io sento di amarla. E non solo come una sorella. Siamo cresciuti insieme, e abbiamo sempre condiviso tutto. E adesso sento di essere unito a lei ancora più di prima. E sento che non è sbagliato.

"'Arianna' ti piace?" mi chiede Camilla.
"Sì, è davvero un bel nome. A te piace?"
Le accarezzo il pancione: ormai è all'ottavo mese, è davvero enorme.
Ripenso a tutto quello che è successo nel frattempo. Mamma e papà non hanno preso bene la notizia della gravidanza: credevano che Camilla fosse una ragazza per bene, non una da farsi mettere incinta da qualcuno di cui non ricorda neanche il nome. Papà era devastato, mamma non le ha parlato per un mese. Ma questo era quattro anni fa: alla fine hanno accettato il fatto che sarebbero diventati nonni di una bellissima bambina, che Camilla ha chiamato Irene. Oggi sono felicissimi tutte le volte che la vedono. Nel frattempo io mi sono diplomato e ho trovato lavoro, mentre Camilla è riuscita a laurearsi in tempo nonostante la gravidanza: l'ho sempre detto che è lei quella intelligente della famiglia.
Ci siamo trovati un appartamento insieme, fuori dal paese e più vicino al centro della città. Io ovviamente dico di vivere insieme a lei perché sono un buon fratello e voglio aiutare economicamente mia sorella e la mia nipotina. La verità è che Camilla non è solo mia sorella: è la donna che amo, e l'unica donna con cui voglio passare la mia vita. Non importa se non può essere mia moglie, per me è come se lo fosse.
"Sì, mi piace tantissimo" risponde lei.
"Allora non vedo l'ora di conoscere la piccola Arianna" le dico io baciandole la fronte, e pensando a quanto sarà felice Irene quando finalmente avrà una sorellina.
scritto il
2022-05-01
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