Uscire di nascosto dal letto di uno sconosciuto
di
Greta in cerca di un paparino
genere
etero
Riprendo piano i sensi, strizzo gli occhi prima di aprirli e trovo una penombra avvolgente ad accogliermi. Sento delle lenzuola fresche che mi avvolgono il ventre. Il seno è scoperto e il freddo mi procura un brivido. Ci metto un attimo a capire dove sono, l’alcool non mi aiuta in questo momento. Di certo non è casa mia, dopo la festa di ieri devo essere finita a letto con qualcuno. Niente di nuovo o insolito, ma prima o poi dovrò cercare di ricordarmi almeno il nome di quelli da cui mi faccio scopare.
Non credo che mio padre approverebbe, ma sarei una delusione per lui in ogni caso. Del resto farmi beccare alla festa dei miei diciotto anni, mentre succhiavo avidamente il cazzo del suo ormai ex migliore amico, non deve aver aiutato.
Qualcuno vicino a me si muove inquieto, potrebbe svegliarsi da un momento all’altro e non voglio esserci in quel momento. Mi siedo e a tentoni cerco di recuperare intimo e vestito, spero di non perdere le mutandine come l’ultima volta. Attraversare la città in metro senza era stata una sensazione strana. Mi sentivo tutti gli occhi addosso, come se nonostante i jeans qualcuno avesse potuto saperlo. Beh, ad essere onesta non era stato poi così spiacevole. Se non mi piacesse essere al centro dell’attenzione probabilmente mi comporterei in maniera molto diversa.
Metto il perizoma in pizzo blu notte e infilo velocemente il reggiseno nella borsa per non perdere tempo. Inizio ad indossare il vestitino in seta e raso che ho trovato ai miei piedi e raccolgo i tacchi per non fare rumore mentre esco.
Non so esattamente dove andare, non riesco ad orientarmi e barcollo anche senza tacchi. Sono in un piccolo corridoio, ma non so quale sarà la porta che mi condurrà fuori di qui.
Provo ad aprire la prima alla mia destra, ma quello che vedo è solo un bagno vuoto. Chiudo la porta che scricchiola e mi fa rabbrividire leggermente. Giurerei di essere in un film horror, ma probabilmente sono solo i postumi della sbronza e i miei sensi alterati. Provo la porta seguente, ma quella che trovo è una stanza con al centro un letto matrimoniale. Nella penombra, vedo una figura stesa nel lato sinistro, mentre dall’altra parte ci sono solo lenzuola sfatte. Non faccio in tempo ad elaborare l’informazione, che mi sento tappare la bocca, mentre qualcuno mi afferra alle spalle bloccandomi. Cerco di divincolarmi e urlare, ma è inutile. Chi mi sta tenendo stretta è molto più grande di me e non posso fare niente per liberarmi.
«Che diavolo vuoi fare nella mia stanza?» Quello che arriva alle mie orecchie sembra quasi un ringhio. La voce è calda e roca, sembra davvero pericoloso.
Allenta la presa sulla mia bocca, ma capisco che è pronto a zittirmi se provassi ad urlare. «Non sono una ladra!», ci tengo a precisare. «Me ne stavo andando, ma non so dov’è l’uscita.»
«Di là...» Dice indicando quella che sarebbe stata sicuramente l’ultima porta del corridoio che avrei controllato. Allenta la presa sul mio corpo e si affretta a chiudere la porta della sua stanza affinché non possa più guardarci dentro.
Non so che dire, perciò mi limito ad un cenno del capo e mi dirigo verso la direzione che mi ha appena indicato.
Sento i suoi passi dietro di me e quando sto per aprire la porta la blocca tenendola chiusa con una mano. «La prossima volta potreste fare meno rumore?»
«Voi ci avete... oh...» Mi viene da ridere, ma cerco di trattenermi.
«Sì, vi abbiamo sentiti e allo: “Sì, ti prego scopami figlio di puttana!”, credo che mia moglie si sia pure offesa. Ha dovuto prendere dei sonniferi per riuscire a prendere sonno».
«Avete delle pareti molto sottili.» Dico senza vergogna. Non mi sono ancora voltata, ma sento la sua presenza alle mie spalle sempre più vicina.
«Stavi urlando come una cagna in calore.», afferma mentre sento quella che probabilmente è un’erezione appoggiarsi piano contro il mio fondoschiena. «Con frasi come, cito testualmente: “Montami. Sfondami. Sono la tua troia. Spaccami in due. Fottimi, Dio ti prego, fottimi!»
“Devo essermi divertita parecchio”, penso mentre mi muovo contro il suo pacco, quasi senza rendermene conto.
«Ad essere onesta non me lo ricordo.», dico sincera. «Devo aver bevuto troppo e poi non so nemmeno chi sia suo figlio o se lo conosco. Perché quello di là è suo figlio, vero?».
Si china sul mio collo e sento il suo fiato caldo solleticarmi la pelle. «È molto pericoloso entrare in casa di uno sconosciuto a farsi scopare. Soprattutto da ubriaca.»
Fingere di non essere brilla sarebbe totalmente inutile e anche poco divertente, mi è bastato sculettare un po’ fino alla porta e già sento il suo cazzo duro che preme desideroso di entrare e fottermi. «Pericoloso quanto?» Chiedo in tono lascivo.
Sento che mi scosta il perizoma di lato e le sue dita hanno immediatamente accesso alla mia vulva. La accarezza e lo sento sbuffare quando la trova ancora umida dagli umori del sesso. Inizia a frugare la mia carne con le dita fredde e mi procura un brivido lungo la schiena. La inarco dandogli un accesso più comodo, mentre sento premere più forte il suo cazzo sul mio culo. Trattengo a stento un imprecazione quando all’improvviso mi penetra con due dita. Deciso e in profondità.
Mi tappa la bocca nuovamente, stringendomi con possessività. Affonda di nuovo dentro di me e mi fa sussultare per la forza che impiega. Sembra voglia farmi male, sembra che mi voglia punire. Aggiunge un terzo dito e non è per niente delicato nel farlo. Fa male, ma mi sto bagnando sempre di più e questo gli permette di aumentare il ritmo e fottermi con maggiore foga. Mi schiaccia contro la porta e mi sento impotente, sono alla sua mercé e ora capisco che cosa intendesse con pericoloso.
«Ti piace ancora puttana?» Mi chiede a bassa voce per non farsi sentire.
L’alcool annebbia ancora le mie percezioni e forse non mi rendo conto davvero di quello che sta succedendo, ma so solo che una parte di me sta apprezzando la sua foga.
Annuisco e questo lo fa infervorare. Toglie le sue dita dalla mia figa e sento che si abbassa i boxer. Con un piede mi obbliga ad allargare le gambe per essere più comodo. Sento una punta calda spingere sull’entrata della mia vagina per poi strusciare e bagnarsi dei miei umori. Quando scivola dentro di me, il tempo sembra fermarsi. La sua mano preme sulle mie labbra e soffoca un mugolio di piacere. Sento il suo cazzo aprirmi in due e farsi largo nelle mie membra. Se quello di suo figlio era come il suo, non mi ricordo una gran bella scopata, ma ho l’occasione di rifarmi.
Ogni affondo mi spinge contro la porta e fa aderire sempre di più il suo corpo contro il mio. Mi sbatte con forza e la cosa mi sta piacendo più del dovuto. Non c’è grazia, gentilezza o amore nel modo in cui mi sta scopando. Sembra più un animale intento a sfogare le sue pulsioni e lo sta facendo su di me. Mi sta impedendo di muovermi, forse dovrei avere paura, ma non posso reprimere o negare l’eccitazione che cresce dentro di me. Paradossalmente, se mi permettesse di parlare, probabilmente lo inciterei ad essere ancora più rude e violento.
Dio… mi sto facendo sbattere di nascosto da quello che spero sia il padre del tizio che mi ha rimorchiato e fatto sbronzare in un bar. Come faccio sempre a cacciarmi in situazioni così incasinate?
«Che lurida cagna!», lo sento dire soddisfatto mentre riprende fiato per un secondo. Mi fa voltare, vuole guardarmi negli occhi, ma l’oscurità della casa non gli facilita le cose. «Sei capace di stare zitta?»
«Se sua moglie ha preso dei sonniferi, al massimo si sveglia suo figlio. Un cazzo in più per me non fa differenza.»
Vedo che sta pensando male di me, molto. Onestamente non potrebbe fregarmene di meno, fintanto che mi fa godere può pensare di me ciò che preferisce. Fa vagare le sue mani sul mio corpo, afferra i miei seni e li stringe con foga, ma la lussuria che ha negli occhi mi fa capire che non ha ancora finito con me. Scende verso i miei glutei e li stringe con forza, poi mi solleva e subito mi aggrappo alle sue spalle per non cadere. Mi fa appoggiare con la schiena alla porta e appena è sicuro della stabilità della posizione, mi abbassa fino a farmi penetrare nuovamente dal suo cazzo di marmo. Scivola velocemente dentro di me riempiendomi e appagandomi immediatamente. Inizia a sbattermi lentamente ma con vigore, facendomi fremere di piacere. Per ora soffoco ogni gemito e cerco di fare attenzione mentre lui continua a fottermi.
«Sei davvero una grandissima troia!»
Gli affondi con cui si sta spingendo sempre di più dentro di me, mi stanno piacendo davvero. Sento il calore infiammarmi i lombi e penso che se andrà avanti così, potrei esplodere presto in un orgasmo. Tenermi in bilico contro la porta però lo sta stancando e percepisco lo sforzo mentre rallenta inesorabilmente.
«Divano.» Suggerisco prima che il mio piacere si spenga.
Lo vedo incerto, ma alla fine si convince e mi mette a terra senza però staccarsi da me. Mi infila una mano tra le gambe e continua a stuzzicarmi mentre mi guida verso il salotto.
«Mettiti in ginocchio!» Mi ordina facendomi salire sul divano in modo che il fondoschiena sia rivolto verso di lui.
Mi prende di nuovo a pecorina e senza lo sforzo di dovermi tenere in equilibrio, questa volta sento che ci sta dando dentro parecchio. Cerca di trattenere versi gutturali e mi sembra un cavernicolo che scopa con vigore la sua donna.
Mi afferra i capelli e li tira indietro con forza, la sua pelle che sbatte contro la mia è rumorosa, così mi lascio andare a qualche piccolo gemito di dolore misto a piacere.
«Ti ho detto che devi stare zitta, stupida puttana!» Mi infila un dito in bocca per farmi tacere ed io inizio a succhiarlo leccandolo e lasciando che la mia saliva lo lubrifichi.
Spingo i fianchi contro il suo cazzo, sento di esserci quasi, ma ho bisogno che mi sfondi fino in fondo per godere al massimo.
Continua a fottermi a ritmo cadenzato, ma quando si abbassa leggermente sento finalmente il ventre esplodere, mentre tutto il corpo è attraversato da spasmi.
L'uomo si ferma per ammirare l'estasi in cui mi ha condotto, ma non mi lascia molto per riprendermi e subito ricomincia a scoparmi assecondando il ritmo che più gli dà piacere.
Mugulo e mi lamento, ma lui mi zittisce ancora tappandomi la bocca. Lo sento ansimare più forte e il suo cazzo si gonfia procurandomi altro piacere. Poche spinte ben assestate e si svuota completamente dentro di me.
Un fiotto di sperma caldo invade la mia figa è ci vuole poco prima che lo senta iniziare a colare lungo le cosce. Devo essere davvero piena là sotto… Chissà se anche suo figlio ha fatto lo stesso.
Non ricordo. Potrei essere rimasta incinta e non saprei chi dei due è il padre. Imbarazzante da spiegare.
La mia testa si perde in fantasie sciocche, mentre lui si accascia contro la mia schiena sfinito.
«Ti è piaciuto troietta?»
«Molto!» Rispondo sincera. «Mi hai proprio sbattuta come si deve.»
«Torna un'altra sera per scopare con mio figlio e poi ci penso io a fotterti davvero!»
È una proposta allettante, ma l'unico modo per poter restare, è tornare nel letto da cui stavo cercando di scappare.
Sorrido all'idea, recupero i tacchi e la borsa e mi incammino nuovamente verso la stanza da letto del giovane. L'uomo mi accompagna, non lasciandosi sfuggire l'opportunità di giocare con le pieghe calde e fradice del mio sesso. Sembra proprio che non riesca proprio a togliermi le mani di dosso.
«Come ti chiami?» Mi chiede prima di lasciarmi tornare da suo figlio.
«Greta, tu?»
«Puoi chiamarmi papà.» Sogghigna sornione.
«Buona notte, paparino.» Indugio sull'ultima parola, mentre lo guardo negli occhi, poi lo bacio sulle labbra come a suggellare una promessa e mi tolgo il vestitino per regalargli un ultimo panorama mozzafiato per quella notte.
"Penso che mi divertirò davvero tanto in questa casa".
Non credo che mio padre approverebbe, ma sarei una delusione per lui in ogni caso. Del resto farmi beccare alla festa dei miei diciotto anni, mentre succhiavo avidamente il cazzo del suo ormai ex migliore amico, non deve aver aiutato.
Qualcuno vicino a me si muove inquieto, potrebbe svegliarsi da un momento all’altro e non voglio esserci in quel momento. Mi siedo e a tentoni cerco di recuperare intimo e vestito, spero di non perdere le mutandine come l’ultima volta. Attraversare la città in metro senza era stata una sensazione strana. Mi sentivo tutti gli occhi addosso, come se nonostante i jeans qualcuno avesse potuto saperlo. Beh, ad essere onesta non era stato poi così spiacevole. Se non mi piacesse essere al centro dell’attenzione probabilmente mi comporterei in maniera molto diversa.
Metto il perizoma in pizzo blu notte e infilo velocemente il reggiseno nella borsa per non perdere tempo. Inizio ad indossare il vestitino in seta e raso che ho trovato ai miei piedi e raccolgo i tacchi per non fare rumore mentre esco.
Non so esattamente dove andare, non riesco ad orientarmi e barcollo anche senza tacchi. Sono in un piccolo corridoio, ma non so quale sarà la porta che mi condurrà fuori di qui.
Provo ad aprire la prima alla mia destra, ma quello che vedo è solo un bagno vuoto. Chiudo la porta che scricchiola e mi fa rabbrividire leggermente. Giurerei di essere in un film horror, ma probabilmente sono solo i postumi della sbronza e i miei sensi alterati. Provo la porta seguente, ma quella che trovo è una stanza con al centro un letto matrimoniale. Nella penombra, vedo una figura stesa nel lato sinistro, mentre dall’altra parte ci sono solo lenzuola sfatte. Non faccio in tempo ad elaborare l’informazione, che mi sento tappare la bocca, mentre qualcuno mi afferra alle spalle bloccandomi. Cerco di divincolarmi e urlare, ma è inutile. Chi mi sta tenendo stretta è molto più grande di me e non posso fare niente per liberarmi.
«Che diavolo vuoi fare nella mia stanza?» Quello che arriva alle mie orecchie sembra quasi un ringhio. La voce è calda e roca, sembra davvero pericoloso.
Allenta la presa sulla mia bocca, ma capisco che è pronto a zittirmi se provassi ad urlare. «Non sono una ladra!», ci tengo a precisare. «Me ne stavo andando, ma non so dov’è l’uscita.»
«Di là...» Dice indicando quella che sarebbe stata sicuramente l’ultima porta del corridoio che avrei controllato. Allenta la presa sul mio corpo e si affretta a chiudere la porta della sua stanza affinché non possa più guardarci dentro.
Non so che dire, perciò mi limito ad un cenno del capo e mi dirigo verso la direzione che mi ha appena indicato.
Sento i suoi passi dietro di me e quando sto per aprire la porta la blocca tenendola chiusa con una mano. «La prossima volta potreste fare meno rumore?»
«Voi ci avete... oh...» Mi viene da ridere, ma cerco di trattenermi.
«Sì, vi abbiamo sentiti e allo: “Sì, ti prego scopami figlio di puttana!”, credo che mia moglie si sia pure offesa. Ha dovuto prendere dei sonniferi per riuscire a prendere sonno».
«Avete delle pareti molto sottili.» Dico senza vergogna. Non mi sono ancora voltata, ma sento la sua presenza alle mie spalle sempre più vicina.
«Stavi urlando come una cagna in calore.», afferma mentre sento quella che probabilmente è un’erezione appoggiarsi piano contro il mio fondoschiena. «Con frasi come, cito testualmente: “Montami. Sfondami. Sono la tua troia. Spaccami in due. Fottimi, Dio ti prego, fottimi!»
“Devo essermi divertita parecchio”, penso mentre mi muovo contro il suo pacco, quasi senza rendermene conto.
«Ad essere onesta non me lo ricordo.», dico sincera. «Devo aver bevuto troppo e poi non so nemmeno chi sia suo figlio o se lo conosco. Perché quello di là è suo figlio, vero?».
Si china sul mio collo e sento il suo fiato caldo solleticarmi la pelle. «È molto pericoloso entrare in casa di uno sconosciuto a farsi scopare. Soprattutto da ubriaca.»
Fingere di non essere brilla sarebbe totalmente inutile e anche poco divertente, mi è bastato sculettare un po’ fino alla porta e già sento il suo cazzo duro che preme desideroso di entrare e fottermi. «Pericoloso quanto?» Chiedo in tono lascivo.
Sento che mi scosta il perizoma di lato e le sue dita hanno immediatamente accesso alla mia vulva. La accarezza e lo sento sbuffare quando la trova ancora umida dagli umori del sesso. Inizia a frugare la mia carne con le dita fredde e mi procura un brivido lungo la schiena. La inarco dandogli un accesso più comodo, mentre sento premere più forte il suo cazzo sul mio culo. Trattengo a stento un imprecazione quando all’improvviso mi penetra con due dita. Deciso e in profondità.
Mi tappa la bocca nuovamente, stringendomi con possessività. Affonda di nuovo dentro di me e mi fa sussultare per la forza che impiega. Sembra voglia farmi male, sembra che mi voglia punire. Aggiunge un terzo dito e non è per niente delicato nel farlo. Fa male, ma mi sto bagnando sempre di più e questo gli permette di aumentare il ritmo e fottermi con maggiore foga. Mi schiaccia contro la porta e mi sento impotente, sono alla sua mercé e ora capisco che cosa intendesse con pericoloso.
«Ti piace ancora puttana?» Mi chiede a bassa voce per non farsi sentire.
L’alcool annebbia ancora le mie percezioni e forse non mi rendo conto davvero di quello che sta succedendo, ma so solo che una parte di me sta apprezzando la sua foga.
Annuisco e questo lo fa infervorare. Toglie le sue dita dalla mia figa e sento che si abbassa i boxer. Con un piede mi obbliga ad allargare le gambe per essere più comodo. Sento una punta calda spingere sull’entrata della mia vagina per poi strusciare e bagnarsi dei miei umori. Quando scivola dentro di me, il tempo sembra fermarsi. La sua mano preme sulle mie labbra e soffoca un mugolio di piacere. Sento il suo cazzo aprirmi in due e farsi largo nelle mie membra. Se quello di suo figlio era come il suo, non mi ricordo una gran bella scopata, ma ho l’occasione di rifarmi.
Ogni affondo mi spinge contro la porta e fa aderire sempre di più il suo corpo contro il mio. Mi sbatte con forza e la cosa mi sta piacendo più del dovuto. Non c’è grazia, gentilezza o amore nel modo in cui mi sta scopando. Sembra più un animale intento a sfogare le sue pulsioni e lo sta facendo su di me. Mi sta impedendo di muovermi, forse dovrei avere paura, ma non posso reprimere o negare l’eccitazione che cresce dentro di me. Paradossalmente, se mi permettesse di parlare, probabilmente lo inciterei ad essere ancora più rude e violento.
Dio… mi sto facendo sbattere di nascosto da quello che spero sia il padre del tizio che mi ha rimorchiato e fatto sbronzare in un bar. Come faccio sempre a cacciarmi in situazioni così incasinate?
«Che lurida cagna!», lo sento dire soddisfatto mentre riprende fiato per un secondo. Mi fa voltare, vuole guardarmi negli occhi, ma l’oscurità della casa non gli facilita le cose. «Sei capace di stare zitta?»
«Se sua moglie ha preso dei sonniferi, al massimo si sveglia suo figlio. Un cazzo in più per me non fa differenza.»
Vedo che sta pensando male di me, molto. Onestamente non potrebbe fregarmene di meno, fintanto che mi fa godere può pensare di me ciò che preferisce. Fa vagare le sue mani sul mio corpo, afferra i miei seni e li stringe con foga, ma la lussuria che ha negli occhi mi fa capire che non ha ancora finito con me. Scende verso i miei glutei e li stringe con forza, poi mi solleva e subito mi aggrappo alle sue spalle per non cadere. Mi fa appoggiare con la schiena alla porta e appena è sicuro della stabilità della posizione, mi abbassa fino a farmi penetrare nuovamente dal suo cazzo di marmo. Scivola velocemente dentro di me riempiendomi e appagandomi immediatamente. Inizia a sbattermi lentamente ma con vigore, facendomi fremere di piacere. Per ora soffoco ogni gemito e cerco di fare attenzione mentre lui continua a fottermi.
«Sei davvero una grandissima troia!»
Gli affondi con cui si sta spingendo sempre di più dentro di me, mi stanno piacendo davvero. Sento il calore infiammarmi i lombi e penso che se andrà avanti così, potrei esplodere presto in un orgasmo. Tenermi in bilico contro la porta però lo sta stancando e percepisco lo sforzo mentre rallenta inesorabilmente.
«Divano.» Suggerisco prima che il mio piacere si spenga.
Lo vedo incerto, ma alla fine si convince e mi mette a terra senza però staccarsi da me. Mi infila una mano tra le gambe e continua a stuzzicarmi mentre mi guida verso il salotto.
«Mettiti in ginocchio!» Mi ordina facendomi salire sul divano in modo che il fondoschiena sia rivolto verso di lui.
Mi prende di nuovo a pecorina e senza lo sforzo di dovermi tenere in equilibrio, questa volta sento che ci sta dando dentro parecchio. Cerca di trattenere versi gutturali e mi sembra un cavernicolo che scopa con vigore la sua donna.
Mi afferra i capelli e li tira indietro con forza, la sua pelle che sbatte contro la mia è rumorosa, così mi lascio andare a qualche piccolo gemito di dolore misto a piacere.
«Ti ho detto che devi stare zitta, stupida puttana!» Mi infila un dito in bocca per farmi tacere ed io inizio a succhiarlo leccandolo e lasciando che la mia saliva lo lubrifichi.
Spingo i fianchi contro il suo cazzo, sento di esserci quasi, ma ho bisogno che mi sfondi fino in fondo per godere al massimo.
Continua a fottermi a ritmo cadenzato, ma quando si abbassa leggermente sento finalmente il ventre esplodere, mentre tutto il corpo è attraversato da spasmi.
L'uomo si ferma per ammirare l'estasi in cui mi ha condotto, ma non mi lascia molto per riprendermi e subito ricomincia a scoparmi assecondando il ritmo che più gli dà piacere.
Mugulo e mi lamento, ma lui mi zittisce ancora tappandomi la bocca. Lo sento ansimare più forte e il suo cazzo si gonfia procurandomi altro piacere. Poche spinte ben assestate e si svuota completamente dentro di me.
Un fiotto di sperma caldo invade la mia figa è ci vuole poco prima che lo senta iniziare a colare lungo le cosce. Devo essere davvero piena là sotto… Chissà se anche suo figlio ha fatto lo stesso.
Non ricordo. Potrei essere rimasta incinta e non saprei chi dei due è il padre. Imbarazzante da spiegare.
La mia testa si perde in fantasie sciocche, mentre lui si accascia contro la mia schiena sfinito.
«Ti è piaciuto troietta?»
«Molto!» Rispondo sincera. «Mi hai proprio sbattuta come si deve.»
«Torna un'altra sera per scopare con mio figlio e poi ci penso io a fotterti davvero!»
È una proposta allettante, ma l'unico modo per poter restare, è tornare nel letto da cui stavo cercando di scappare.
Sorrido all'idea, recupero i tacchi e la borsa e mi incammino nuovamente verso la stanza da letto del giovane. L'uomo mi accompagna, non lasciandosi sfuggire l'opportunità di giocare con le pieghe calde e fradice del mio sesso. Sembra proprio che non riesca proprio a togliermi le mani di dosso.
«Come ti chiami?» Mi chiede prima di lasciarmi tornare da suo figlio.
«Greta, tu?»
«Puoi chiamarmi papà.» Sogghigna sornione.
«Buona notte, paparino.» Indugio sull'ultima parola, mentre lo guardo negli occhi, poi lo bacio sulle labbra come a suggellare una promessa e mi tolgo il vestitino per regalargli un ultimo panorama mozzafiato per quella notte.
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